È inammissibile il ricorso per cassazione trasmesso mediante posta elettronica certificata

Corte di Cassazione, penale, Sentenza 14 ottobre 2020, n. 28540.

È inammissibile il ricorso per cassazione trasmesso mediante posta elettronica certificata in quanto l’uso di tale mezzo informatico è riservato alle sole comunicazioni degli atti del giudice, né alcuna deroga a tale disposizione è stata introdotta dall’art. 83, comma 11, d.l. 17 marzo 2020, n. 18, contenente disposizioni per contrastare l’emergenza epidemiologica da Covid-19, conv. nella legge 24 aprile 2020, n. 27, che ha limitato tale possibilità ai soli ricorsi civili.

Sentenza 14 ottobre 2020, n. 28540

Data udienza 15 settembre 2020

Tag – parola chiave: Custodia cautelare in carcere – GIP – Omicidio volontario – Impugnazione proposta personalmente dal ricorrente – Inammissibilità

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IASILLO Adriano – Presidente

Dott. SARACENO Rosa Anna – Consigliere

Dott. BONI Monica – Consigliere

Dott. CENTOFANTI Francesc – rel. Consigliere

Dott. DI GIURO Gaetano – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 13/05/2020 del Tribunale di Catania;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Francesco Centofanti;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Birritteri Luigi Giuseppe, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso, sotto il profilo formale e sostanziale;
udito, per il ricorrente, l’avvocato (OMISSIS), che ha chiesto ammettersi il ricorso sotto il profilo formale ed accogliersi il ricorso stesso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Catania, decidendo ai sensi dell’articolo 309 c.p.p., confermava l’anteriore ordinanza del locale G.i.p., con la quale (OMISSIS) era stato sottoposto alla misura cautelare della custodia in carcere, quale mandante dell’omicidio di (OMISSIS) (risalente al (OMISSIS), capo Q della rubrica), maturato nel contesto di una cruenta guerra di mafia tra gruppi criminali contrapposti. L’uomo era stato raggiunto, all’interno di un bar di (OMISSIS), da piu’ sicari, che lo avevano ucciso, sparando al suo indirizzo piurimi colpi di arma da fuoco.
In relazione all’omicidio era gia’ intervenuta la definitiva condanna di (OMISSIS), quale concorrente morale.
Il compendio indiziario, a carico dell’odierno indagato, risaliva alle dichiarazioni dei medesimi collaboratori di giustizia gia’ considerati ai fini della condanna teste’ menzionata (pronunciata dalla Corte di assise di Catania il 6 dicembre 2016, ribadita in appello e divenuta definitiva il 13 settembre 2019), tra cui quelle, fondamentali, di (OMISSIS); dichiarazioni corroborate dall’apporto narrativo dell’ulteriore collaboratore (OMISSIS), che aveva reso il suo interrogatorio nel luglio 2018.
Il giudice del riesame – valutata la bonta’ e la convergenza delle propalazioni accusatorie – ne confermava la gravita’ e concludenza.
In punto di esigenze cautelari, il Tribunale richiamava l’esistente presunzione, di natura relativa, legata al titolo di reato, e l’assenza di elementi idonei a superarla, alla luce dell’estrema gravita’ del fatto e della negativa personalita’ del suo autore.
2. L’indagato ricorre per cassazione, personalmente (con atto privo di motivi) e per il tramite dei suoi difensori di fiducia.
Nei due connessi motivi, da questi ultimi formulati, il ricorrente deduce la violazione degli articoli 192 e 238-bis c.p.p. e articolo 292 c.p.p., comma 1, lettera c), nonche’ vizio della motivazione.
Il Tribunale del riesame avrebbe accordato rilievo decisivo, in punto di gravi indizi di colpevolezza, alla sentenza irrevocabile pronunciata a carico di (OMISSIS), acquisita nel procedimento cautelare, alle cui valutazioni, in punto di credibilita’ e attendibilita’ dei collaboratori, si sarebbe supinamente piegato, senza operare il necessario autonomo vaglio, e senza ricercare, con la dovuta cura, i dovuti riscontri esterni.
Adeguato riscontro non potrebbe essere ritenuto il narrato di (OMISSIS), il quale rimanderebbe, per la conoscenza dei fatti, allo stesso (OMISSIS), onde il verificarsi di un corto circuito logico-argomentativo.
Le dichiarazioni di (OMISSIS) non sarebbero ne’ precise, ne’ coerenti e circostanziate, ne’ ulteriormente corroborate da riscontri, anche solo di natura logica.
Con riferimento alla causale dell’omicidio, le versioni rese dai collaboratori sarebbero contrastanti e la motivazione giudiziale lacunosa.
In punto di esigenze cautelari, infine, l’articolo 273 c.p.p. richiederebbe la ricorrenza di specifici presupposti, tra i quali non rientrerebbe la valutazione della personalita’ dell’indagato, mentre non si sarebbe tenuto conto del decorso del tempo, capace nella specie di elidere ogni concreto e attuale pericolo di reiterazione del reato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. L’atto di ricorso, proposto direttamente da (OMISSIS), e’ inammissibile, giacche’, con l’entrata in vigore della L. n. 103 del 2017, si e’ esclusa la facolta’ dell’imputato (o indagato) di presentare personalmente ricorso per cassazione, prevedendosi che il ricorso debba essere in ogni caso sottoscritto da difensori iscritti nell’albo speciale della Corte di cassazione (articolo 571 c.p.p., comma 1 e articolo 613 c.p.p., comma 1, nuovo testo).
2. L’atto di ricorso, sottoscritto dai difensori, e’ inammissibile perche’ trasmesso a mezzo di posta elettronica certificata.
Come anche di recente ribadito (Sez. 1, n. 20296 del 25/06/2020, Puglisi), tale modalita’ di presentazione del ricorso di legittimita’ non e’ ammessa, nemmeno a tenore della legislazione emanata per fronteggiare l’emergenza sanitaria in corso, in quanto il Decreto Legge n. 18 del 2020, articolo 83, comma 11, conv. dalla L. n. 27 del 2020, prevede la relativa possibilita’ solo per i ricorsi nella materia civile.
Nessuna deroga, dunque, e’ stata istituita rispetto al generale principio, per cui nel processo penale non e’ consentito alla parte privata l’uso della posta elettronica certificata ne’ per la trasmissione dei propri atti alle altre parti, ne’ per il deposito presso gli uffici, essendo l’utilizzo di tale mezzo informatico – ai sensi della Decreto Legge n. 179 del 2012, articolo 16, comma 4, convertito dalla L. n. 221 del 2012 – riservato alla sola cancelleria (Sez. 4, n. 21056 del 23/01/2018, D’Angelo, Rv. 272741; Sez. E, n. 41283 dei 11/09/2019, Di Nolfo, Rv. 277369).
3. Alla declaratoria d’inammissibilita’ segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della congrua somma indicata in dispositivo alla Cassa delle Ammende, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., non risultando l’assenza di profili di colpa nella determinazione della causa d’inammissibilita’, a tenore della sentenza della Corte Costituzionale n. 186 del 2000.
La cancelleria curera’ gli adempimenti di cui all’articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma ai Euro tremila in favore della cassa per le ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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