Corte di Cassazione, sezione sesta (prima) civile, Ordinanza 16 settembre 2020, n. 19299.

La massima estrapolata:

In caso di divorzio, è illegittima la decisione che disponga il pagamento dell’assegno per il mantenimento del figlio senza fare alcun riferimento alla condizione patrimoniale dell’altro coniuge. Dunque, anche qualora il coniuge più abbiente si offra di versare un assegno cospicuo, la decisione del giudice deve sempre passare per una valutazione di proporzionalità degli apporti di entrambi i genitori.

Ordinanza 16 settembre 2020, n. 19299

Data udienza 2 luglio 2020

Tag/parola chiave: Divorzio – Assegno di mantenimento del figlio – Quantum – Calcolo – Criteri – Raffronto tra i redditi degli ex – Principio di proporzionalità nel determinare i contributi dovuti dai genitori – Applicabilità

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere

Dott. FALASCHI Massimo – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 25998-2018 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 349/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 06/02/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 02/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. FALABELLA MASSIMO.

FATTI DI CAUSA

1. – (OMISSIS) proponeva ricorso per la cessazione degli effetti civili del suo matrimonio con (OMISSIS) domandando la riduzione a Euro 1.000,00 dell’assegno di mantenimento per i figli maggiorenni a privi di autosufficienza economica, gia’ fissato in Euro 3.000,00. Deduceva, in particolare, l’insorgenza di un glaucoma invalidante, tale da compromettere la sua capacita’ lavorativa di medico dentista.
Il Tribunale, vista la flessione della capacita’ reddituale del ricorrente dovuta alla cessazione dell’attivita’ lavorativa, fissava il contributo da lui dovuto per il mantenimento dei figli in Euro 1.900,00, confermando le restanti condizioni pattuite in sede di separazione.
2. – In sede di gravame la Corte di appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza di primo grado, determinava in Euro 1.400,00 il contributo mensile in questione. Rilevava che in sede di separazione l’appellante, che ora godeva di una pensione di circa Euro 15.000,00 annui, si era obbligato a contribuire al mantenimento dei figli per Euro 3.000,00 mensili, somma superiore al reddito di allora, che era pari a Euro 33.118,00 annui: secondo il giudice distrettuale cio’ faceva presumere che l’odierno ricorrente potesse contare “su apporti stabili, dei familiari, dalla (OMISSIS) sempre affermati e da lui mai contestati, tali da consentirgli di versare un contributo di quell’ammontare”: in conseguenza, spiegava la Corte, nella quantificazione dell’assegno doveva tenersi conto di tali elargizioni che, evidentemente, si protraevano con regolarita’.
3. – La sentenza della Corte emiliana e’ impugnata per cassazione da (OMISSIS) con un ricorso che e’ affidato a due motivi ed e’ corredato di memoria. Resiste con controricorso (OMISSIS).
Il Collegio ha autorizzato la redazione della presente ordinanza in forma semplificata.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo e’ cosi’ titolato: “Incongruenza tra le circostanze di fatto accertate e le motivazioni addotte in sentenza per omesso esame di fatti e documenti decisivi per il giudizio in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5”. Il ricorrente imputa alla Corte di merito di aver mancato di considerare l’effettivo, e del tutto insufficiente, reddito personale complessivo da lui documentato: reddito riferito a un invalido totale che aveva dovuto cessare la propria attivita’ professionale di medico dentista.
Il motivo e’ inammssibile.
Rammentato che la fattispecie di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 5, ha riguardo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia) (Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8054), e’ evidente che cio’ di cui si duole l’istante e non gia’ il mancato apprezzamento della percezione, da parte di lui, del trattamento pensionistico di cui si e’ detto – evenienza, questa, che e’ stata invece tenuta in conto dalla Corte di appello -, quanto del complessivo accertamento compiuto dal giudice distrettuale sulla base degli ulteriori elementi acquisiti al giudizio e, segnatamente, della incontestata percezione di ulteriori contribuzioni che andavano a incrementare le risorse di cui lo stesso (OMISSIS) poteva disporre. Ma e’ questo un profilo, estraneo alla previsione del citato articolo 360 c.p.c., n. 5, che sfugge, in se’, al sindacato di legittimita’.
2. – Il secondo mezzo reca la seguente rubrica: “Vizio di violazione di legge, in particolare dell’articolo 316 bis c.c. e dell’articolo 337 ter c.c., comma 4, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3”. Viene dedotto che l’assegno di mantenimento per i figli dovuto dal ricorrente era stato quantificato senza rispettare il principio di proporzionalita’ rispetto al reddito dell’istante, trascurando per l’effetto la maggiore capacita’ economica dell’altro genitore, tra l’altro nemmeno aggiornata.
Esso risulta essere fondato.
Nella decisione della Corte di appello e’ completamente assente il raffronto tra i redditi dei due coniugi.
Per contro, a seguito della separazione personale, nel quantificare l’ammontare del contributo dovuto dal genitore non collocatario per il mantenimento del figlio minore, deve osservarsi il principio di proporzionalita’, che richiede una valutazione comparata dei redditi di entrambi i genitori, oltre alla considerazione delle esigenze attuali del figlio e del tenore di vita da lui goduto (Cass. 1 marzo 2018, n. 4811).
La sentenza impugnata va quindi cassata con rinvio. Alla Corte di Bologna e’ demandato un rinnovato esame conformato al principio in base al quale l’articolo 155 c.c., nell’imporre a ciascuno dei coniugi l’obbligo di provvedere al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito, individua, quali elementi da tenere in conto nella,, determinazione dell’assegno, oltre alle esigenze dei figli, il tenore di vita dallo stesso goduto in costanza di convivenza, i tempi di permanenza presso ciascuno di essi e la valenza economica dei compiti domestici e di cura da loro assunti, nonche’, appunto, le risorse economiche di entrambi i genitori (Cass. 10 luglio 2013, n. 17089).
Al giudice del rinvio e’ rimessa la decisione sulle spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo e dichiara inammissibile il primo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa avanti alla Corte di appello di Bologna, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimita’.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *