È ammissibile la contestazione alternativa dei delitti di bancarotta fraudolenta

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|4 marzo 2021| n. 8902.

È ammissibile la contestazione alternativa dei delitti di bancarotta fraudolenta documentale per sottrazione, distruzione o occultamento di scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, e di fraudolenta tenuta delle stesse, che integra una ipotesi di reato a dolo generico, non determinando tale modalità alcun vizio di indeterminatezza dell’imputazione.

Sentenza|4 marzo 2021| n. 8902

Data udienza 19 gennaio 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Bancarotta fraudolenta distrattiva post fallimentare – Bancarotta fraudolenta documentale – Occultamento di scritture contabili – Dolo specifico – Legittimità e della contestazione di fattispecie alternative nell’imputazione – Decreto di rinvio a giudizio generico – Nozione – Diniego dell’attenuante di cui all’art. 219 ultimo comma legge fallimentare – Valutazione del danno in rapporto alla diminuzione della massa attiva per i creditori

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE GREGORIO Eduardo – Presidente

Dott. DE AMRZO Giusepp – rel. Consigliere

Dott. ROMANO Michele – Consigliere

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere

Dott. RICCARDI Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 14/03/2019 della CORTE APPELLO di MILANO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE DE MARZO;
udito il Procuratore Generale, Dott. TOMASO EPIDENDIO, il quale ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso;
IL PG CONCLUDE IN PRINCIPALITA’ PER LA RIMESSIONE ALLE SEZIONI UNITE DELLA QUESTIONE SE SIA APPLICABILE AL DIBATTIMENTO L’ART. 423 c.p.p., E SE IL GIUDICE DEL DIBATTIMENTO POSSA O DEBBA DICHIARARE LA NULLITA’ DEL DECRETO DI CITAZIONE A GIUDIZIO PER GENERICITA’ DELL’IMPUTAZIONE, SENZA SOLLECITARE LA PRECISAZIONE DELL’IMPUTAZIONE. IN SUBORDINE RIGETTO;
udito l’AVVOCATO (OMISSIS), IL QUALE, AFFRONTATA LA QUESTIONE DELL’IMPUTAZIONE ALTERNATIVA, CHIEDE L’ACCOGLIMENTO DEL RICORSO E LA RIMESSIONE ALLE SEZIONI UNITE

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 14/03/2019 la Corte d’appello di Milano ha confermato l’affermazione di responsabilita’ dell’imprenditrice individuale (OMISSIS), dichiarata fallita in data 23/12/2014, in relazione ai reati di bancarotta fraudolenta distrattiva post-fallimentare e di bancarotta fraudolenta documentale.
2. Nell’interesse dell’imputata e’ stato proposto ricorso per cassazione, affidato ai seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo si lamenta violazione dell’articolo 429 c.p.p., comma 2, in relazione all’articolo 178 c.p.p., e all’articolo 429 c.p.p., comma 1, rilevando che erroneamente la Corte territoriale aveva disatteso la censura con la quale era stata criticata l’applicazione, da parte del Tribunale, dell’articolo 423 c.p.p., anche nella fase dibattimentale. Il primo giudice, al contrario, preso atto della genericita’ del capo di imputazione, invece di invitare il p.m. a integrare l’imputazione, avrebbe dovuto dichiarare la nullita’ del decreto che dispone il giudizio e restituire gli atti al p.m..
In subordine, si invoca la rimessione della questione alle sezioni unite, attesa l’esistenza di un contrasto giurisprudenziale.
2.2. Con il secondo motivo si lamentano vizi motivazionali, per avere la Corte territoriale, per un verso, escluso che l’imputato avesse consegnato alla curatela il libro giornale e il libro degli inventari e, per altro verso, ritenuto sussistente una parziale sottrazione delle scritture contabili (peraltro, senza precisare quali scritture sarebbero state quelle trattenute); e cio’ senza dire che il Tribunale aveva genericamente parlato di assenza delle scritture.
2.3. Con il terzo motivo si lamenta violazione di legge in relazione alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di bancarotta fraudolenta documentale e alla mancata riqualificazione del fatto come bancarotta semplice. Si sottolinea, in particolare, l’irrilevanza degli indici (la consistenza del passivo, il numero dei negozi gestiti e la condotta distrattiva post-fallimentare) ai quali la sentenza impugnata ha affidato la dimostrazione del dolo specifico e come l’assenza, nel caso di specie, delle scritture obbligatorie considerate dalla L. Fall., articolo 217, e le problematiche che affliggevano l’imputata rivelassero piuttosto una trascuratezza nella gestione della contabilita’ aziendale.
2.4. Con il quarto motivo si lamenta violazione di legge, in relazione alla ritemuta sussistenza del dolo necessario ad integrare la bancarotta distrattiva post-fallimentare, alla luce: a) del minimo scarto temporale con il quale l’imputata aveva comunicato l’apertura del punto vendita di (OMISSIS), rispetto alla conoscenza dell’intervenuto fallimento, e b) dell’assenza di operazioni sospette o volte ad occultare qualcosa di rilevante rispetto alla massa fallimentare.
Al riguardo, si osserva che le cifre asseritamente sottratte rappresentano una parte irrisoria rispetto all’intero passivo fallimentare.
2.5. Con il quinto motivo si lamenta violazione di legge, in relazione alla ritenuta insussistenza della circostanza attenuante di cui alla L. Fall., articolo 219, tenuto conto: a) che la somma di 11.000 Euro sottratta non incideva in modo significativo sul corposo passivo fallimentare; b) che il richiamo al passivo fallimentare e’ poco perspicuo, in assenza di una sua argomentata correlazione con le condotte dell’imputata; c) che inconferente e’ il richiamo alla gravita’ intrinseca della fattispecie incriminatrice, dal momento che la L. Fall., articolo 219, abbraccia tutte le condotte penalmente sanzionate; d) che era intervenuta revoca della costituzione di parte civile per integrale risarcimento del danno.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo, che solleva una questione squisitamente processuale, e’ infondato.
1.1. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, in tema di impugnazioni, allorche’ sia dedotto, mediante ricorso per cassazione, un error in procedendo, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c), il sindacato del giudice di legittimita’ e’ pieno e senza limiti, potendo estendersi anche al fatto, del quale, esaminando direttamente gli atti processuali, puo’ essere offerta una interpretazione diversa da quella del giudice di merito, prescindendo dalla motivazione adottata in proposito da quest’ultimo (Sez. 3, Sentenza n. 24979 del 22/12/2017 – dep. 05/06/2018, Rv. 27352501).
Coerente con tale ricostruzione del quadro normativo, e’ l’ulteriore rilievo, di recente ribadito da questa Corte nella sua piu’ autorevole articolazione (Sez. U., n. 29451 del 16/07/2020, Filardo), secondo il quale non e’ consentito il motivo di ricorso che deduca vizi di motivazione con riferimento a questioni di diritto.
Invero, come piu’ volte chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte (Sez. 4, n. 4173 del 22/02/1994, Marzola, Rv. 197993; Sez. 2, n. 3706 del 21/01/2009, Haggag, Rv. 242634; Sez. 2, n. 19696 del 20/05/2010, Maugeri, Rv. 247123; Sez. 3, n. 6174 del 23/10/2014, dep. 2015, Monai, Rv. 264273; Sez. 1, n. 16372 del 20/03/2015, De Gennaro, Rv. 263326; Sez. 5, n. 47575 del 07/10/2016, Altoe’, Rv. 268404), anche sotto la vigenza dell’abrogato codice di rito (Sez. 4, n. 6243 del 07/03/1988, Tummarello, Rv. 178442), il vizio di motivazione denunciabile nei giudizio di legittimita’ e’ soltanto quello attinente alle questioni di fatto, non anche a quelle di diritto, giacche’ ove queste ultime, anche se in maniera immotivata o contraddittoriamente od illogicamente motivata, siano state comunque esattamente risolte, non puo’ sussistere ragione alcuna di doglianza, mentre, viceversa, ove tale soluzione non sia giuridicamente corretta, poco importa se e quali argomenti la avessero sorretta; d’altro canto, l’interesse all’impugnazione potrebbe nascere solo dall’errata soluzione di una questione giuridica, non dall’eventuale erroneita’ degli argomenti posti a fondamento giustificativo della soluzione comunque corretta di una siffatta questione.
1.2. Cio’ posto, si osserva che, all’udienza del 14/07/2016, il Tribunale, dopo la verifica relativa alla costituzione delle parti, e’ stato investito della questione preliminare della nullita’ del decreto che dispone il giudizio per genericita’ del capo di imputazione, in relazione al reato di bancarotta documentale.
Il Tribunale, come si desume dal verbale d’udienza e per quanto emerge dal decreto che dispone il giudizio, preso atto che il capo di imputazione non consentiva di comprendere se le scritture contabili mancassero del tutto, per sottrazione, occultamento o distruzione, o se fossero state tenute in guisa da non consentire la ricostruzione del patrimonio o e del movimento degli affari, ha invitato il p.m. a precisare la condotta contestata.
La reazione processuale del p.m. e’ stata quella di chiedere l’eliminazione del riferimento alla bancarotta fraudolenta documentale correlata alle modalita’ di tenuta delle scritture contabili.
1.3. In disparte ogni valutazione – qui non rilevante – su tale eliminazione, resta un dato, sul quale e’ stata sollecitata e si e’ sviluppata la trattazione nell’udienza di discussione dinanzi a questa Corte.
Come anche di recente ribadito da questa Corte, l’occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza e’ necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilita’ degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa – in seno alla L. Fall., articolo 216, comma 1, lettera b), – rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture, in quanto quest’ultima integra un’ipotesi di reato a dolo generico, che presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi (cfr. Sez. 5, n. 18534 del 1/2/2017, Autunno, Rv. 269904; Sez. 5, n. 26379 del 5/3/2019, Inverardi, Rv. 276650).
Ne discende che il tema processuale sollevato dal capo di imputazione, per come formulato nel decreto che ha disposto il giudizio in relazione al presente processo, non e’ affatto – anche per le ragioni che verranno /nfra sviluppate quello della genericita’ dell’accusa – ma quello di una contestazione alternativa: cio’ che si spiega in un contesto di parziale esistenza della documentazione contabile, ma che impone una evidente scelta al giudice, in sede decisoria.
Questa Corte, anche di recente, ha confermato che, in caso di contestazione alternativa, la decisione che prescelga una delle qualificazioni giuridiche del medesimo fatto proposte, definisce un solo capo della sentenza e non da’ luogo alla formazione del giudicato sull’ipotesi di reato esclusa, ne’ ad alcuna preclusione, con la conseguenza che, in caso di impugnazione, la formulazione alternativa viene devoluta al giudice del gravame (Sez. 5, n. 27930 del 01/07/2020, Rv. 27963601, in una ipotesi relativa alla contestazione, in via alternativa, del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e di bancarotta impropria da operazioni dolose causative del dissesto).
Quest’ultima decisione, riassumendo l’orientamento della giurisprudenza di questa Corte, ha ribadito che e’ legittima la contestazione, nel decreto che dispone il giudizio, di imputazioni alternative, sia nel senso di piu’ reati, sia di fatti alternativi, in quanto tale metodo risponde a un’esigenza della difesa, posto che l’imputato e’ messo in condizione di conoscere esattamente le linee direttrici sulle quali si sviluppera’ il dibattito processuale (Sez. 1, n. 2112 del 22/11/2007 – dep. 15/01/2008, Rv. 2386360).
Il fondamento di siffatta opzione interpretativa si rinviene nella salvaguardia del diritto di difesa, in quanto l’alternativa prospettazione di una diversa qualificazione giuridica dei fatti, nella loro materialita’ specificamente descritti, non determina violazione alcuna delle prerogative defensionali, ne’ incide sulla prevedibilita’ dell’epilogo decisorio, in quanto la piattaforma del contraddittorio si esplica nella massima latitudine entro i possibili esiti alternativi (peraltro, per una ipotesi di contestazione alternativa in tema di bancarotta documentale, v. la specie decisa da Sez. 5, Sentenza n. 43977 del 14/07/2017, Rv. 2717530).
Per siffatte considerazioni, la qui ribadita interpretazione della disciplina processuale non collide col fondamentale principio di equita’ del processo nella dimensione interna (articolo 111 Cost., comma 3) e convenzionale (articolo 6, par. 2 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liberta’ fondamentali).
1.4. La scelta, nel caso di specie, di concentrare l’accusa nella sola ipotesi di bancarotta documentale caratterizzata dall’esistenza del dolo specifico non ha, quindi, rappresentato la risposta al problema della indeterminatezza dell’imputazione.
Cio’, innanzi tutto, esclude in radice che si ponga un problema di ostacolo alla possibilita’ di accedere a riti alternativi per i quali non risulta, in ogni caso, essere stata formulata alcuna richiesta.
Sez. U, n. 32351 del 26/06/2014, Rv. 25992501, persino per il caso – qui non ricorrente – della diversa qualificazione giuridica operata dal giudice, ha ribadito (con soluzione avallata da Corte Cost. 31 luglio 2020, n. 192) che “(a)lla difesa come diritto (…) deve necessariamente riconnettersi anche (…) uno specifico onere di interlocuzione su tutti i punti che costituiscono oggetto della devoluzione; e cio’ al fine di scongiurare l’insorgere di effetti preclusivi che il sistema e’ fisiologicamente chiamato a predisporre a salvaguardia dello stesso ordo iudiciorum. In una prospettiva siffatta, nella ipotesi in cui l’imputato, a fronte di una contestazione “in forma chiara e precisa, del fatto, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l’applicazione di misure di sicurezza, con l’indicazione dei relativi articoli di legge” (articolo 429 c.p.p., comma 1, lettera c)) (…) ometta di contestare la non pertinenza del nomen iuris alla fattispecie dedotta in rubrica, assumendo una posizione di nolo contendere su tale qualificante punto della futura decisione, nessun tipo di doglianza potra’ essere formulata – circa le preclusioni che ne possono essere derivate per i riti alternativi – ove il giudice, in sede di decisione, abbia ritenuto di dare a quel fatto una diversa qualificazione giuridica”.
In definitiva, dalle superiori considerazioni discende l’inconferenza del richiamo all’articolo 423 c.p.p., nella sentenza impugnata e l’estraneita’ al thema decidendum del contrasto espresso nella giurisprudenza di questa Corte, quanto alla disciplina applicabile in caso di genericita’ o indeterminatezza del fatto descritto nel capo di imputazione: ossia se il giudice del dibattimento, prima di dichiarare la nullita’ del decreto che dispone il giudizio, ai sensi dell’articolo 429 c.p.p., comma 2, (o del decreto di citazione a giudizio, ai sensi dell’articolo 552, comma 2, dello stesso codice), debba (v., tra le piu’ recenti, Sez. 6, n. 27961 del 31/05/2016, D’Andrea, Rv. 267388; Sez. 5, n. 35744 del 19/05/2015, Masconni, Rv. 266415; Sez. 6, n. 7756 del 25/11/2015, dep. 25/02/2016, Revellino, Rv. 266126; Sez. 1, n. 39234 del 14/03/2014, Afrah, Rv. 260512) o non (Sez. 6 n. 44394 del 25/09/2019, P., Rv. 277376; Sez. 2, n. 23545 del 18/04/2019, Perego, Rv. 276105; Sez. 5, n. 1382 del 14/10/2016, dep. 12/01/2017, F., Rv. 268872; Sez. 3, n. 6044 del 27/09/2016, dep. 09/02/2017, Zidi, Rv. 268898; Sez. 6, n. 23832 del 12/05/2016, De Meo, Rv. 267035; Sez. 6, n. 34825 dell’08/04/2016, Maroni, Rv. 267848; Sez. 3, n. 17198 del 25/03/2010, Perchinelli, Rv. 246989; tutte peraltro chiamate a verificare essenzialmente l’ammissibilita’ del ricorso ossia l’abnormita’ o non del provvedimento che aveva dichiarato la nullita’ del decreto che dispone il giudizio e disposto la restituzione degli atti al pubblico ministero), sollecitare il pubblico ministero a precisare l’imputazione.
1.5. Sotto un distinto profilo, doverosamente approfondendo una questione sopra accennata, si osserva che il capo di imputazione scaturito dalla scelta del pubblico ministero di concentrare l’accusa sulla bancarotta fraudolenta documentale a dolo specifico, non e’ affatto generico.
L’articolo 429 c.p.p., comma 2, dispone che il decreto e’ nullo (…) se manca o e’ insufficiente l’indicazione di uno dei requisiti previsti dal comma 1, lettera c) e f), ossia, per quanto qui rileva, se difetta l’enunciazione, in forma chiara e precisa, dei fatti.
Questa Corte e’ ferma nel ritenere che non vi e’ incertezza sui fatti descritti nella imputazione quando questa contenga, con adeguata specificita’, i tratti essenziali del fatto di reato contestato, in modo da consentire all’imputato di difendersi (Sez. 5, Sentenza n. 16993 del 02/03/2020, Rv. 27909001; sulla correlazione tra i criteri di individuazione della genericita’ e le esigenza di una adeguata difesa, v., di recente, Sez. 1, n. 30141 del 05/04/2019, Rv. 2766020).
Ora, il capo di imputazione che indichi le condotte alternativamente previste nella prima parte della L. Fall., articolo 216, comma 1, n. 2, non e’ generico, dal momento che le condotte sono equivalenti – in quanto tutte identicamente comportanti una manipolazione di scritture gia’ formate – e la contestazione muove dal dato – l’unico ad assumere rilievo rispetto alla oggettivita’ giuridica della fattispecie – che il fallito non abbia messo a disposizione del curatore le scritture necessarie alla ricostruzione dei fatti imprenditoriali di rilievo in vista della ricostruzione del patrimonio e del soddisfacimento delle ragioni creditorie. Peraltro, posto che la genericita’ del capo di imputazione va apprezzata nella prospettiva dell’esercizio efficace ed effettivo del diritto di difesa, la contestazione di sottrazione o occultamento delle scritture contabili consente perfettamente al destinatario dell’accusa di percepirne i contorni.
Quanto alla identificazione dei documenti non consegnati, si osserva che il generale riferimento alle scritture contabili, senz’altra specificazione, non e’ impreciso, perche’ riguarda tutte le scritture.
Il fatto poi che, come nella specie, parte dei documenti sia stata consegnata al curatore, potra’ rendere l’accusa fondata nei soli termini che risulteranno all’esito dell’attivita’ di acquisizione delle prove o del tutto infondata, ma non generica, nel senso di non consentire all’imputato di comprendere di quali condotte debba rispondere.
2. Inammissibile e’ il secondo motivo, perche’ muove da una fuorviante ricostruzione del significato della motivazione della sentenza impugnata.
Quest’ultima ha osservato che, alla stregua di quanto emerso dalla relazione del curatore, la (OMISSIS) non aveva consegnato il libro giornale e quello degli inventari, ossia i libri fondamentali per ricostruire l’attivita’ di impresa e, soprattutto, gli incassi del negozio di (OMISSIS) nell’ultimo periodo prima del fallimento.
La sentenza non contrasta affatto la deduzione difensiva svolta in appello quanto ai documenti consegnati (l’inventario di magazzino al 31/12/2014, il libro dei corrispettivi Iva, l’elenco dei possibili creditori, l’indicazione delle banche e degli estratti conto, i contratti con la (OMISSIS), il contratto di locazione dell’immobile del centro commerciale Bonola, i conteggi dei canoni e lo stato patrimoniale dell’impresa: tale l’indicazione nella sentenza impugnata), ma ne afferma, senza che emerga alcuna contraddizione logica, il carattere parziale, nel senso che, mancando i libri sopra ricordati, siffatta documentazione era inidonea ad esprimere in termini comprensibili e attendibili i profili economici di interesse per la ricostruzione della massa attiva e delle passivita’.
Ne discende che, sul punto, alla stregua di quanto rappresentato nello stesso ricorso e a dispetto delle conclusioni che se traggono, vi e’ piena conformita’, tra le sentenze di primo e di secondo grado, quanto alla circostanza della mancata consegna (parziale, in quanto essi non esauriscono il novero delle scritture contabili, ma decisiva per l’intellegibilita’ di alcuni, sopra ricordati, fatti economici) del libro degli inventari e del libro giornale.
3. Il terzo motivo e’ inammissibile, poiche’ manifestamente infondato e privo di specificita’.
Innanzi tutto, la ricorrente omette del tutto di confrontarsi con il profilo della impossibilita’ di ricostruire gli incassi immediatamente precedenti la dichiarazione di fallimento. Ma soprattutto non coglie che e’ l’insieme dei profili valorizzati dalla Corte territoriale (la consistenza del passivo e il numero di negozi, entrambi espressivi di notevoli capacita’ operative, come pure la programmatica elusione dello spossessamento fallimentare) a dimostrare, in termini che non palesano alcuna illogicita’, il dolo specifico tipico della fattispecie incriminatrice e non una mera trascuratezza.
Del tutto erroneamente si contesta la rilevanza della bancarotta post-fallimentare nella valutazione dell’elemento soggettivo, giacche’ la sua considerazione prova, nel razionale apprezzamento dei giudici di merito, la prosecuzione logica di una condotta finalizzata a pregiudicare l’interesse dei creditori, illuminando, non alla stregua di imprescrutabili intuizioni soggettive, ma in forza di un rigoroso ancoraggio a dati modali della condotta, l’elemento psicologico del reato.
4. Il quarto motivo e’ inammissibile per assenza di specificita’, dal momento che la scelta di proseguire l’attivita’ imprenditoriale dopo avere appreso della dichiarazione di fallimento e’ stata logicamente ed esattamente ritenuta espressiva del dolo richiesto dalla fattispecie di cui alla L. Fall., articolo 216, comma 2.
La minimizzazione degli importi da parte del ricorso, oltre a non rispondere ad alcun apprezzabile criterio di valutazione (si tratta di incassi di oltre 11 mila Euro, nel periodo che la stessa ricorrente reputa di minima estensione della prosecuzione dell’attivita’ d’impresa), viene erroneamente posto in relazione al complessivo passivo fallimentare, che va correlato a piu’ ampio periodo.
5. Il quinto motivo e’, nel complesso, infondato.
Nonostante l’erroneo riferimento della sentenza impugnata al passivo fallimentare (Sez. 5, n. 11725 del 10/12/2019 dep. 09/04/2020, Rv. 2790980), il diniego della circostanza attenuante di cui alla L. Fall., articolo 219, u.c., e’ razionalmente fondato sui dati, autonomamente apprezzabili, della non speciale tenuita’ della somma di oltre 11.000 Euro sottratti alla massa (ed e’ a questo profilo che si riferisce il cenno alla intrinseca gravita’ della condotta e non alla astratta valutazione della fattispecie incriminatrice) e della rilevanza che la documentazione contabile avrebbe potuto assumere rispetto all’esperimento di azioni recuperatorie e revocatorie.
Quest’ultimo profilo non e’, peraltro, oggetto di alcuna censura.
Ora, la valutazione appena riassunta si inserisce nel quadro della giurisprudenza consolidata di questa Corte.
Infatti, in tema di bancarotta fraudolenta, per distrazione e documentale, il giudizio relativo alla speciale tenuita’ del danno deve essere posto in relazione alla diminuzione, non percentuale ma globale, causata dal comportamento del fallito alla massa attiva che sarebbe stata disponibile per il riparto ove non si fossero verificati gli illeciti e al pregiudizio causato ai creditori, con riferimento alla possibilita’ di esercitare le azioni poste a tutela dei loro interessi (Sez. 5, n. 45136 del 27/06/2019, Rv. 27754101).
Con specifico riguardo, alla bancarotta fraudolenta documentale, poi, si e’ aggiunto che l’occultamento delle scritture contabili, rendendo impossibile la ricostruzione dei fatti di gestione dell’impresa fallita, impedisce la stessa dimostrazione del danno, onde la mancanza delle scritture non puo’ essere utilizzata per presumere circostanze favorevoli all’imputato, salvo che le contenute dimensioni dell’impresa non rendano plausibile la determinazione di un danno particolarmente ridotto: Sez. 5, n. 7888 del 03/12/2018 dep. 21/02/2019, Rv. 27534501.
Rispetto all’entita’ del danno provocato dal reato, non assumono alcun rilievo le successive condotte risarcitorie, le quali non sono astrattamente prive di significato, ai fini della dosimetria della pena, ma certo nulla dicono rispetto all’entita’ del pregiudizio provocato dalla condotta illecita.
5. Alla pronuncia di rigetto consegue, ex articolo 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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