Dovere di imparzialità in capo al mediatore

Corte di Cassazione, sezione civile, Ordinanza 20 agosto 2020, n. 17480.

La massima estrapolata:

L’art. 2359 cod. civ. nell’individuare le varie tipologie di manifestazione del “controllo societario” non opera alcuna graduazione di tale concetto con riferimento al numero delle società coinvolte nella fattispecie concreta avuto riguardo alle complessive operazioni considerate né appare plausibile escludere – sul piano logico–giuridico – la sussistenza di un “vincolo di dipendenza” tra due società ed una terza qualora rimanga riscontrato che quest’ultima abbia il controllo delle prime al cento per cento

Ai fini della configurazione della necessaria sussistenza del dovere di imparzialita’ in capo al mediatore ed in funzione della corretta interpretazione dell’articolo 1761 c.c., egli non puo’ curare gli interessi di uno solo dei contraenti e non puo’ essere mandatario e rappresentarlo nella stipulazione del contratto, restando limitata la possibilita’ di rappresentanza soltanto nell’esecuzione del contratto concluso con il suo intervento. In altri termini, colui che agisce in rappresentanza di una delle parti nella conclusione di un negozio non puo’ pretendere la provvigione, assumendo di avere svolto anche attivita’ di mediazione, ne’ dalla parte rappresentata, perche’ ad essa legato da un rapporto di mandato, ne’ dall’altra parte, perche’ nei confronti di questa agisce in veste di parte, pur se nell’interesse altrui, e non come mediatore, mentre, al contrario, il mediatore puo’ esser incaricato soltanto ad attivita’ esaurita da una delle parti di rappresentarla negli atti relativi al contratto concluso mediante il suo intervento.

Ordinanza 20 agosto 2020, n. 17480

Data udienza 22 gennaio 2020

Tag/parola chiave: Mediazione – Mediazione immobiliare – Mediatori e venditori soggetti identici – Nullità del contratto di mediazione – Per difetto requisiti di indipendenza e imparzialità – Restituzione provvigione – Art. 1754 c.c. – Interpretazione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 23241/2016 proposto da:
(OMISSIS) SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 2669/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 27/06/2016;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 22/01/2020 dal Consigliere Dott. ALDO CARRATO.

RILEVATO IN FATTO

Con atto di citazione del marzo 2010 i soggetti indicati in intestazione come controricorrenti convenivano in giudizio, dinanzi al Tribunale di Milano, la (OMISSIS) s.p.a. (poi divenuta (OMISSIS) s.p.a.), esponendo che essi attori, tra l’ottobre 2003 e l’ottobre 2004, avevano acquistato alcuni immobili siti nel quartiere milanese della (OMISSIS) affermando che la societa’ venditrice che era anche costruttrice degli immobili – si identificava con una societa’ del (OMISSIS) (o, piu’ precisamente, del sottogruppo immobiliare facente capo a (OMISSIS) s.p.a., poi divenuta (OMISSIS) s.p.a.), denominata ” (OMISSIS) s.p.a.”, ragion per cui – sul presupposto che le venditrici e le mediatrici fossero, di fatto, due soggetti identici – chiedevano che venisse dichiarata la nullita’ del contratti di mediazione conclusi tra le parti per difetto dei requisiti dell’indipendenza e dell’imparzialita’ della mediatrice, con conseguente restituzione delle somme corrisposte a titolo di provvigione.
Nella costituzione della convenuta, l’acnto Tribunale, con sentenza n. 8291/2014, accoglieva la proposta domanda, condannando la (OMISSIS) s.p.a. (poi divenuta (OMISSIS) s.p.a.) alla restituzione, in favore degli attori, delle provvigioni dagli stessi corrisposte per un importo di circa Euro 220.000,000, oltre che al pagamento delle spese giudiziali.
2. Interposto appello da parte della (OMISSIS) s.p.a., a cui resistevano con un unico atto di costituzione tutti gli appellati, la Corte di appello di Milano, con sentenza n. 2669/2016 (depositata il 27 giugno 2016), rigettava il gravame e condannava l’appellante alla rifusione delle spese del grado.
A sostegno dell’adottata decisione la Corte ambrosiana respingeva entrambi i motivi dedotti a sostegno dell’impugnazione relativi alla prospettata erronea e falsa applicazione egli articoli 1754, 2325 e 2359 c.c. (sul presupposto dell’asserita distinta soggettivita’ giuridica delle societa’ collegate, che, invece, il giudice di primo grado aveva escluso) e alla rappresentata violazione degli articoli 112 e 115 c.p.c., ed al difetto di motivazione, escludendone la fondatezza, poiche’ non si era venuto a configurare un vizio di ultrapetizione, essendosi limitato il giudice di prime cure a riqualificare la fattispecie oggetto di causa sulla base delle deduzioni delle parti.
3. Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, la (OMISSIS) s.p.a.. Tutti gli intimati hanno resistito con un unico controricorso.
Le difese di entrambe le parti hanno depositato memoria difensiva ai sensi dell’articolo 380-bis.1 c.p.c..

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo la ricorrente ha denunciato – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – il vizio di nullita’ dell’impugnata sentenza per violazione dell’articolo 2359 c.c. e falsa applicazione dell’articolo 1754 c.c., asserendone l’illegittimita’ per aver fatto discendere l’assenza del requisito dell’indipendenza della mediatrice (OMISSIS) s.p.a. rispetto alla venditrice ” (OMISSIS)” dalla circostanza che fra le due societa’ era intercorso un rapporto non solo di collegamento, ma di vero e proprio controllo societario.
2. Con la seconda censura la (OMISSIS) s.p.a. ha dedotto – sempre in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la nullita’ della sentenza gravata per violazione e falsa applicazione degli articoli 2325, 2359 e 1754 c.c., sul presupposto dell’erroneita’ della stessa nella parte in cui aveva, per un verso, fatto derivare la violazione dei citati articoli 2325 e 2359 c.c., dall’appartenenza delle due societa’ ad un gruppo societario la riferibilita’ all’una degli atti posti in essere dall’altra e, per altro verso, della violazione nel menzionato articolo 1754 c.c., nella parte in cui aveva fatto discendere il difetto di indipendenza della mediatrice dalla sua appartenenza al medesimo gruppo societario del quale faceva parte la venditrice.
3. Con la terza doglianza la ricorrente ha prospettato – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – la nullita’ dell’impugnata sentenza per omessa pronuncia in relazione agli articoli 112 e 161 c.p.c., nonche’, in via subordinata, con riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e, in via ulteriormente gradata, per violazione dell’articolo 1761 c.c., avuto riguardo alla circostanza che la Corte territoriale aveva ravvisato il difetto di indipendenza della mediatrice esclusivamente sulla base dell’inesistente (e comunque irrilevante) rapporto di controllo tra mediatrici e venditrici, senza esaminare gli elementi fattuali posti a fondamento della domanda attorea laddove si era sostenuto che la commistione, anche sul piano soggettivo, delle persone che avevano partecipato all’attivita’ di vendita e di mediazione sarebbe stata sintomatica dell’assetto di controllo da parte dell’unico dominus.
4. Con il quarto motivo la (OMISSIS) s.p.a. ha dedotto, in via principale, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’articolo 2697 c.c. e articolo 115 c.p.c. e, in linea subordinata, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, il vizio di motivazione meramente apparente, consistente nell’aver la Corte di appello considerato le domande di tutti gli acquirenti malgrado esse fossero state riferite soltanto ad alcune delle compravendite (e, segnatamente, quelle dei sigg. (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)).
5. Con la quinta ed ultima censura la ricorrente ha denunciato – ai sensi dell’articolo 360, comma 1, comma 4 – la nullita’ dell’impugnata sentenza per omessa pronuncia in relazione agli articoli 112 e 161 c.p.c., nonche’, in subordine e con riferimento allo stesso articolo 360 (comma 1, n. 3), la violazione dell’articolo 1754 c.c., avuto riguardo all’avvenuto inquadramento, ad opera della Corte di appello, della fattispecie contrattuale dedotta in giudizio nell’alveo della mediazione, nonostante il conferimento dell’incarico alla mediatrice da parte dei venditori dovesse considerarsi incompatibile con il suddetto tipo di contratto.
6. Rileva il collegio che i primi quattro motivi del ricorso (le cui singole doglianze soddisfano sufficientemente il requisito della specificita’, salvo che per il quarto, nei sensi di cui si dira’ in appresso) possono essere esaminati congiuntamente siccome, all’evidenza, tra loro connessi.
Essi sono infondati e vanno, pertanto, rigettati.
In punto di diritto bisogna, in via preliminare, chiarire che l’articolo 2359 c.c. – nel distinguere tra societa’ controllate e societa’ collegate, e ponendolo in correlazione con la portata dell’articolo 1754 c.c. (che rileva specificamente nella causa dedotta in giudizio) – nell’individuare le varie tipologie di manifestazione del “controllo societario” non opera alcuna graduazione di tale concetto con riferimento al numero delle societa’ coinvolte nella fattispecie concreta avuto riguardo alle complessive operazioni considerate ne’ appare plausibile escludere – sul piano logico-giuridico – la sussistenza di un “vincolo di dipendenza” tra due societa’ ed una terza qualora rimanga riscontrato che quest’ultima abbia il controllo delle prime al 100%.
Inoltre, ad avviso del collegio, non e’ conferente l’interpretazione che viene data del disposto dell’articolo 2325 c.c., dalla ricorrente, dal momento che, in effetti, nel caso di specie non viene in rilievo una questione attinente ad aspetti interni della disciplina dei rapporti tra societa’ appartenenti ad un medesimo gruppo ma la valutazione sull’imparzialita’ di cui una societa’ deve essere portatrice all’atto della sua messa in relazione con soggetti terzi in qualita’ di mediatrice, requisito questo che non puo’ ritenersi sussistente allorquando la societa’ formalmente mediatrice ponga in essere un’attivita’ attraverso la quale tuteli, in concreto, gli interessi suoi propri unitamente a quelli della societa’ costruttrice-venditrice che risultino controllate al 100% da uno stesso unico socio.
Del resto, nell’approccio ermeneutico dell’articolo 1754 c.c., la giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 5982/1981, Cass. n. 392/1997 e Cass. n. 6959/2000 e Cass. 14447/2000) ha optato per una concezione estensiva della sua portata, avendo ritenuto che l’imparzialita’ del mediatore – non consistendo in una generica ed astratta equidistanza dalle parti, ne’, tuttavia, potendo essa essere esclusa per il solo fatto che il mediatore prospetti a taluna di queste la convenienza dell’affare – va, in concreto, intesa, conformemente al dettato della citata norma, come assenza di ogni vincolo di mandato, di prestazione d’opera, di preposizione institoria e di qualsiasi altro rapporto che renda riferibile al “dominus” l’attivita’ dell’intermediario, con la conseguenza che nel concetto di “dipendenza” deve farsi rientrare anche qualsiasi manifestazione che comporti un “controllo societario”.
E’ stato, altresi’, precisato (v. Cass. n. 5861/1982 e Cass. n. 1231/2000) che, ai fini della configurazione della necessaria sussistenza del dovere di imparzialita’ in capo al mediatore ed in funzione della corretta interpretazione dell’articolo 1761 c.c., egli non puo’ curare gli interessi di uno solo dei contraenti e non puo’ essere mandatario e rappresentarlo nella stipulazione del contratto, restando limitata la possibilita’ di rappresentanza soltanto nell’esecuzione del contratto concluso con il suo intervento. In altri termini, colui che agisce in rappresentanza di una delle parti nella conclusione di un negozio non puo’ pretendere la provvigione, assumendo di avere svolto anche attivita’ di mediazione, ne’ dalla parte rappresentata, perche’ ad essa legato da un rapporto di mandato, ne’ dall’altra parte, perche’ nei confronti di questa agisce in veste di parte, pur se nell’interesse altrui, e non come mediatore, mentre, al contrario, il mediatore puo’ esser incaricato soltanto ad attivita’ esaurita da una delle parti di rappresentarla negli atti relativi al contratto concluso mediante il suo intervento.
Cio’ premesso, con riferimento alla vicenda concretamente esaminata dal giudice di appello, quest’ultimo – con valutazioni di merito, insindacabili nella presente sede di legittimita’ siccome congrue ed adeguatamente motivate in relazione alla complessita’ delle risultanze fattuali univocamente accertate (donde alcun vizio logico puo’ dirsi desumibile dal percorso argomentativo compiuto dallo stesso giudice di secondo grado ne’, tanto meno, puo’ ritenersi che quest’ultimo sia incorso in un omesso esame di circostanze decisive ai fini della risoluzione della controversia, anche nella riferibilita’ della fattispecie sostanziale a tutti i soggetti qui rivestenti la qualita’ di controricorrenti) – ha verificato che:
– la (OMISSIS) si identificava con la societa’ che era succeduta alle mediatrici, le quali avevano svolto l’attivita’ di mediazione nella conclusione delle compravendite dedotte in giudizio;
– la stessa (OMISSIS) unitamente alla societa’ costruttrice e (anche) venditrice (OMISSIS) erano, in effetti, controllate totalmente da un’unica societa’ (allora denominata (OMISSIS) s.p.a. poi trasformatasi in (OMISSIS) s.p.a.), per come, oltretutto, risultante anche dalle relative visure camerali.
Sulla base di tali i riscontri e’ stato correttamente ritenuto come accertato che l’unico socio ( (OMISSIS) s.p.a.) – proprio in quanto titolare per intero delle quote di entrambe le indicate societa’ ed avuto riguardo all’articolo 2359 c.c. – si trovava nella condizione di poter controllare una frazione di voti ben superiore alla misura del decimo o del quinto, essendo infatti controllante il 100%, con l’effetto che essa era in grado – proprio con riferimento alle forme di esteriorizzazione riportate nel citato articolo 2359 c.c. – di esercitare un’influenza dominante rispetto all’attivita’ degli altri due soggetti societari. Da cio’ la Corte territoriale ha, sul piano dei complessivi assetti societari tra loro interferenti, fatto derivare la fisiologica conseguenza che la (OMISSIS) s.p.a. aveva, in concreto, il potere di controllare per intero il consiglio di amministrazione sia della societa’ venditrice che di quella mediatrice, donde l’esercitabilita’, da parte della stessa, di tutte le influenze possibili per vincolare o, comunque, indirizzare le condotte della mediatrice a vantaggio della venditrice, per cui la prima non avrebbe potuto essere qualificabile come imparziale nei confronti dei singoli acquirenti.
Sulla scorta di questa ricostruzione il giudice di appello – conformemente, del resto all’impostazione fatta propria dal giudice di prime cure – ha legittimamente rilevato che non poteva considerarsi sussistente l’imprescindibile requisito dell’indipendenza in capo alle societa’ mediatrici che erano risultate sottoposte al controllo, mediante la titolarita’ del 100% delle partecipazioni, della (OMISSIS) s.p.a..
In definitiva, non sussiste alcuna violazione delle norme sostanziali denunciate con le esaminate censure (peraltro parzialmente reiterative delle medesime doglianze) ne’ si e’ venuto a configurare alcun difetto assoluto di motivazione (risultando quella della sentenza qui impugnata del tutto adeguata e pienamente correlata alle emergenze probatorie acquisite) cosi’ come non ricorrere affatto alcuna violazione processuale riconducibile alla violazione dell’articolo 112 c.p.c..
7. Ad avviso del collegio l’ultimo motivo deve essere ritenuto propriamente inammissibile dal momento che, con esso, e’ stata in sostanza introdotta dalla ricorrente un’immutazione della fattispecie contrattuale, risultando dedotta, invero, una nuova “causa petendi”, poiche’ la ragione della domanda era stata fondata unicamente sulla prospettata insussistenza del diritto dell’attuale ricorrente a pretendere la reclamata provvigione a causa dell’assenza del requisito indispensabile dell’indipendenza, senza che fosse stata denunciata una diversa ricostruzione dei fatti (del resto, la stessa ricorrente si limita nell’esposizione della censura – ad asserire che aveva criticato anche la sentenza di primo grado nella parte in cui assume che era stato affermato come il conferimento dell’incarico alle mediatrici da parte della venditrice fosse incompatibile con la fattispecie della mediazione, ma non riporta affatto – v. pag. 33 del ricorso – il contenuto specifico del motivo di appello sul punto, non avendo alcun rilievo il mero richiamo alle pagg. 27 e segg. dell’atto di appello), oltretutto non risultandone comprovata la decisivita’ nel senso della sua suscettibilita’ a condurre ad un esito diverso della causa.
Peraltro, vale la pena di rimarcare che – alla stregua della giurisprudenza di questa Corte (v., ad es., Cass. n. 10001/2003 e, da ultimo, Cass. n. 17580/2014) – qualora ricorrano gli estremi di una reiezione implicita della pretesa o della deduzione difensiva ovvero di un loro assorbimento in altre declaratorie non e’ configurabile il vizio di omessa pronuncia di cui all’articolo 112 c.p.c., che si riscontra soltanto allorche’ manchi una decisione in ordine a una domanda a o a un assunto che renda necessaria una statuizione di accoglimento o di rigetto.
Sulla scorta di tale principio generale viene in risalto come, in effetti, la Corte di secondo grado abbia ritenuto che la previsione in virtu’ della quale – in astratto – possa non essere del tutto incompatibile con l’istituto della mediazione un conferimento di mandato da parte del venditore al mediatore, nel caso concreto tale aspetto veniva a doversi considerare assorbito in conseguenza del verificato difetto dell’imparzialita’ e dell’accertamento del vincolo di dipendenza fra societa’ mediatrice e venditrice/costruttrice, ovvero del fatto che due societa’ controllate al 100% da un unico socio non potevano, in ogni caso, sottrarsi all’osservanza dei vincoli che l’articolo 1754 c.c., impone.
8. In definitiva, per effetto delle ragioni complessivamente esposte, il ricorso deve essere integralmente respinto, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano nei sensi di cui in dispositivo, in esse computato anche l’aumento in percentuale applicabile ai sensi del Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, articolo 4 e succ. modif..
Infine, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, occorre dare atto della sussistenza per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano in complessivi Euro 10.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre contributo forfettario, iva e cap nella misura e sulle voci come per legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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