Donazione e revocazione per condotta ingiuriosa individuata in una relazione extraconiugale

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|14 settembre 2022| n. 27064.

Donazione e revocazione per condotta ingiuriosa individuata in una relazione extraconiugale

In relazione alla condotta ingiuriosa individuata in una relazione extraconiugale intrapresa dal coniuge donatario, la ragione dell’ingratitudine va ravvisata non nella relazione extraconiugale in sé, bensì nella circostanza che tale relazione fosse stata ostentata, anche fra le mura della casa coniugale, in presenza di una pluralità di estranei e, talvolta, anche del marito, a conferma della necessità di valorizzare anche il contesto ristretto o meno dei percettori dell’offesa.

Ordinanza|14 settembre 2022| n. 27064. Donazione e revocazione per condotta ingiuriosa individuata in una relazione extraconiugale

Data udienza 8 luglio 2022

Integrale

Tag/parola chiave: SUCCESSIONI E DONAZIONI – DONAZIONE – REVOCAZIONE

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 12511-2019 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), e rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS), e (OMISSIS), unitamente all’avvocato (OMISSIS), e (OMISSIS), giusta procura in atti;
– controricorrenti –
nonche’
(OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 208/2019 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 15/02/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dell’8/07/2022 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;
Lette le memorie dei ricorrenti.

Donazione e revocazione per condotta ingiuriosa individuata in una relazione extraconiugale

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. (OMISSIS) conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Salerno (OMISSIS) e (OMISSIS) per sentire revocare la donazione fatta in favore dei convenuti.
Deduceva che, essendo celibe e senza figli, per l’affetto che lo legava alla nipote (OMISSIS), ed avendo in animo di donare alla stessa un appartamento, aveva acceso presso la (OMISSIS) un conto corrente con un libretto di deposito cointestato ai convenuti, sul quale aveva depositato le somme necessarie per l’acquisto di un immobile.
I convenuti avevano quindi prelevato la somma di Lire 292.000.000 acquistando con la stessa un immobile in (OMISSIS), giusta atto del 3/10/1995.
Tuttavia, nell’anno 2002 (OMISSIS) era stato oggetto di gravi ingiurie da parte dei donatari, con la grave compromissione dell’onore e del decoro, sicche’ si era determinato a chiedere la revocazione della donazione per ingratitudine.
Nella resistenza dei convenuti, spiegavano intervento (OMISSIS) e (OMISSIS), aderendo alla posizione dei donatari, salvo poi rinunciare all’intervento.
Il Tribunale di Salerno, all’esito dell’istruttoria, con la sentenza n. 2560/2014 rigettava la domanda.
Avverso tale decisione proponevano appello (OMISSIS) e (OMISSIS), quali eredi di (OMISSIS), cui resistevano i soli convenuti, nonche’ (OMISSIS) e (OMISSIS), che ribadivano di non avere piu’ interesse alla prosecuzione del giudizio.
A seguito del decesso di (OMISSIS), si costituivano altresi’ gli eredi (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
La Corte d’Appello di Salerno con la sentenza n. 208 del 15/2/2019 ha rigettato il gravame.
Superata l’eccezione di inammissibilita’ dell’appello per preteso difetto di specificita’ dei motivi, e ritenuta ammissibile la costituzione degli eredi di (OMISSIS), la Corte di merito riteneva infondato il motivo di gravame con il quale si invitava a rimeditare la rilevanza dell’episodio indicato in citazione.
Infatti, ancorche’ risultasse provato che i convenuti avevano indirizzato al de cuius delle ingiurie verbali, l’episodio aveva avuto carattere di unicita’, essendo poi venuti meno i rapporti tra le parti.

Donazione e revocazione per condotta ingiuriosa individuata in una relazione extraconiugale

Pur riconoscendo il contenuto oggettivamente offensivo delle frasi rivolte all’indirizzo del donante in quella occasione, tuttavia le stesse non denotavano, come invece richiesto dall’articolo 801 c.c., un durevole sentimento di disistima delle qualita’ morali e di irrispettosita’ della dignita’ del donante, in contrasto con i sentimenti di riconoscenza e solidarieta’ che dovrebbero invece improntarne l’atteggiamento.
L’unicita’ dell’episodio, la circostanza che la discussione era avvenuta in ambito domestico e per moto d’impeto portavano ad escludere un profondo rancore tra le parti nonche’ la grave inimicizia, seguita dalla volonta’ di discredito del donante.
Tale conclusione non poteva essere superata per effetto delle prove articolate in appello, sia per la loro tardivita’, sia perche’ riferite a circostanze conoscibili gia’ nel giudizio di primo grado.
Era poi disatteso anche il secondo motivo di appello, che investiva la compensazione delle spese, stante la reciproca soccombenza nel giudizio di primo grado ed in considerazione dei rapporti personali.
Quanto agli interventori, gli elementi giustificativi della compensazione erano applicabili anche al rapporto processuale che li riguardava, in quanto era venuto meno il rapporto contrattuale che era sorto tra i convenuti e gli interventori, che avevano quindi rinunciato agli atti del giudizio.
Per la cassazione di tale sentenza propongono ricorso (OMISSIS) ed (OMISSIS) sulla base di tre motivi, illustrati da memorie.
Resistono con controricorso (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
Gli altri intimati non hanno svolto difese in questa fase.
2. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 801 c.c. e l’omesso esame circa un punto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.
Si deduce che gli elementi di cui si e’ avvalsa la Corte d’Appello per confermare il rigetto della domanda di revocazione non sono corretti, posto che proprio in ambito familiare e’ maggiore la potenzialita’ offensiva delle espressioni ingiuriose.
Deve, invece, reputarsi che e’ proprio ai familiari che interessa maggiormente la valenza offensiva, e non anche agli estranei, come confermato dalla circostanza che anche nel diritto penale la presenza di piu’ persone costituisce solo un’aggravante del reato di ingiuria, ma non e’ elemento che segna la differenza tra fatto penalmente rilevante o meno.
La Corte d’Appello non ha poi considerato quanto rappresentato dai ricorrenti nella comparsa conclusionale, che mirava ad evidenziare come la cessazione dei rapporti tra le parti dopo l’episodio oggetto di causa non potesse avere alcun rilievo, essendo quindi venuta meno la possibilita’ materiale di poter ulteriormente esternare da parte dei convenuti la propria avversione e disistima nei confronti del donante.

Donazione e revocazione per condotta ingiuriosa individuata in una relazione extraconiugale

Il motivo deve essere rigettato.
Va in limine rilevata l’inammissibilita’ della denuncia del vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, attesa l’applicabilita’ alla fattispecie della previsione di cui all’articolo 348 ter c.p.c., u.c., vertendosi in un’ipotesi di cd. doppia conforme, e cio’ anche a voler tacere del fatto che manca la precisa indicazione del fatto decisivo del quale sarebbe stata omessa la disamina, non potendosi allo stesso assimilare una mera allegazione difensiva, quali le riflessioni sviluppate dalla difesa dei ricorrenti nella comparsa conclusionale in appello.
Quanto alla dedotta violazione di legge il motivo e’ infondato.
Questa Corte ha, infatti, precisato che (Cass. n. 20722/2018) l’ingiuria grave richiesta, ex articolo 801 c.c., quale presupposto necessario per la revocabilita’ di una donazione per ingratitudine, pur mutuando dal diritto penale la sua natura di offesa all’onore ed al decoro della persona, si caratterizza per la manifestazione esteriorizzata, ossia resa palese ai terzi, mediante il comportamento del donatario, di un durevole sentimento di disistima delle qualita’ morali e di irrispettosita’ della dignita’ del donante, contrastanti con il senso di riconoscenza che, secondo la coscienza comune, aperta ai mutamenti dei costumi sociali, dovrebbero invece improntarne l’atteggiamento (conf. Cass. n. 7487/2011), essendosi altresi’ precisato che (Cass. n. 17188/2008) la manifestazione, nel comportamento del donatario, di un durevole sentimento di disistima delle qualita’ morali e di irrispettosita’ della dignita’ del donante contrastanti con il senso di riconoscenza che, secondo la coscienza comune, dovrebbero invece, improntarne l’atteggiamento, non puo’ essere desunto da singoli accadimenti che, pur risultando di per se’ censurabili, per il contesto in cui si sono verificati e per una situazione oggettiva di aspri contrasti esistenti tra le parti, non possono essere ricondotti ad espressione di quella profonda e radicata avversione verso il donante che costituisce il fondamento della revocazione della donazione per ingratitudine.
Inoltre, e’ stato correttamente sottolineato che (Cass. n. 22013/2016) in relazione alla condotta ingiuriosa individuata in una relazione extraconiugale intrapresa dal coniuge donatario, la ragione dell’ingratitudine va ravvisata non nella relazione extraconiugale in se’, bensi’ nella circostanza che tale relazione fosse stata ostentata, anche fra le mura della casa coniugale, in presenza di una pluralita’ di estranei e, talvolta, anche del marito, a conferma della necessita’ di valorizzare anche il contesto ristretto o meno dei percettori dell’offesa, come appunto fatto dal giudice di appello.
La valutazione resa nella gravata sentenza, nella quale si e’ altresi’ escluso che, sia per il contesto nel quale erano state rese sia per la loro unicita’, le offese profferite dai convenuti potessero giustificare la revocazione della donazione ricevuta, in quanto non disvelanti un reale e perdurante sentimento di avversione (cfr. Cass. n. 7033/2005), non appare quindi di per se’ in contrasto con la norma invocata, come interpretata da questa Corte, atteso anche quanto affermato da risalente giurisprudenza secondo cui (Cass. n. 754/1973) costituisce apprezzamento insindacabile in sede di legittimita’, se adeguatamente motivato, quello dei giudici di merito in merito alla valutazione di dati comportamenti di un donatario come idonei a configurare gli estremi dell’ingratitudine prevista dall’articolo 801 c.c. ai fini della revocazione della donazione.
3. Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’articolo 345 c.p.c. nonche’ l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella parte in cui la sentenza gravata ha disatteso la richiesta di ammissione delle prove testimoniali articolate per la prima volta in appello, e cio’ sia per la loro tardivita’ sia per il fatto che vertevano su fatti gia’ conoscibili nel giudizio di primo grado.
Si deduce, invece, che i fatti che si intendevano provare si erano verificati in epoca successiva alla maturazione delle preclusioni in primo grado ed erano costituiti da comportamenti ulteriori dei convenuti, costituiti dal mancato intrattenimento di rapporti dopo l’episodio riferito in citazione, che avevano portato alla mancata assistenza, durante la malattia, ed alla stessa mancata partecipazione alle sue esequie.
Inoltre, era stata omessa ogni valutazione circa la richiesta di ammettere il giuramento decisorio deferito ai convenuti sulle medesime circostanze di cui ai capitoli di prova testimoniale.
Anche tale motivo deve essere disatteso, occorrendo a tal fine integrare la motivazione del giudice di appello.
Ed, invero, con specifico riferimento alla mancata ammissione del giuramento decisorio, anche a voler soprassedere circa l’erroneita’ della formula del giuramento che si limita a riprodurre i capitoli di prova testimoniale, con invito a rendere una dichiarazione a carattere sostanzialmente confessorio, va richiamato il principio secondo cui (Cass. n. 22805/2014) e’ inammissibile il giuramento decisorio deferito con atto di appello non sottoscritto personalmente dalla parte o da difensore munito di mandato speciale, come richiesto dall’articolo 233 c.p.c., ma dal difensore munito soltanto dell’ordinaria procura “ad litem”, anche se il giuramento sia stato ritualmente deferito in primo grado, come appunto avvenuto nel caso in esame (conf. Cass. n. 20125/2009).
Quanto, invece alle prove testimoniali, si ricorda che questa Corte ha affermato che (Cass. n. 17566/2005) l’articolo 345 c.p.c., anche nel testo previgente alla riforma del 1990, non consente l’introduzione in appello di fatti nuovi non dedotti in primo grado, laddove le nuove circostanze costituiscano una modifica della pretesa nei suoi elementi naturali, integrante una vera e propria “mutatio libelli”, sicche’ in applicazione di tale principio, e’ stata ritenuta corretta la pronuncia di inammissibilita’ del giudice di merito nei confronti delle deduzioni con cui la parte appellante aveva lamentato per la prima volta in secondo grado, a fondamento della propria domanda di revocazione della donazione per ingratitudine, la mancata corresponsione degli alimenti ad opera del donatario e di essere stato aggredito fisicamente dallo stesso.
Nel caso di specie, come si rileva dalla stessa formulazione del motivo la causa della revocazione era stata individuata in citazione nelle offese delle quali il donante era stato bersaglio nell’anno 2002, con la conseguenza che la prova degli ulteriori comportamenti a loro volta costituenti espressione della grave ingiuria nei confronti del donante, e’ inammissibile in quanto finalizzata surrettiziamente ad introdurre un indebito ampliamento della causa petendi.
4. Il terzo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 306, 91 e 92 c.p.c.
Infatti, quanto alla posizione degli interventori, che nel corso del giudizio di primo grado avevano rinunciato agli atti del giudizio anche nei confronti dell’attore, il quale aveva accettato la rinuncia “rimettendosi al G.I. per la liquidazione delle spese e competenze…”, si evidenzia che il Tribunale aveva omesso di provvedere su tali spese, che, ai sensi dell’articolo 306 c.p.c., dovevano gravare sui rinuncianti, avendole invece erroneamente compensate.
L’illegittimita’ della compensazione con gli interventori era stata denunciata con l’atto di appello, ma la sentenza di secondo grado ha ritenuto corretta la compensazione, non solo nei rapporti tra l’originaria parte attrice ed i convenuti, ma anche nei rapporti con gli interventori rinuncianti.
Il motivo in parte qua e’ fondato.
Secondo la previsione di cui all’articolo 306 c.p.c., u.c. in caso di rinuncia agli atti del giudizio, ed in assenza, come nella fattispecie, di un diverso accordo tra le parti, colui che rinuncia deve rimborsare le spese alle altre parti con esclusione di qualunque potere del giudice di totale o parziale compensazione (cfr. da ultimo Cass. n. 5250/2018, nonche’ Cass. n. 21707/2006 che sottolinea come l’errore nel quale sia incorso il giudice che, nel pronunciare l’estinzione del giudizio, ai sensi dell’articolo 306 c.p.c., per rinuncia di una di esse agli atti, compensi le spese o le ponga a carico delle parti non rinuncianti, esorbitando dalla fattispecie prevista dall’articolo 306, comma 4 sia impugnabile o con un’apposita “actio nullitatis” o con l’appello, ove se emesso in primo grado).
La sentenza impugnata deve quindi essere cassata laddove ha ritenuto, in contrasto con il dettato della norma richiamata, di confermare la compensazione delle spese del giudizio di primo grado tra gli attori (e poi i suoi aventi causa) e gli interventori, (OMISSIS) e (OMISSIS).
Il motivo nella seconda parte denuncia invece, e per quanto concerne la liquidazione delle spese del secondo grado, che siano state liquidate le spese di lite in identica misura per i convenuti e gli interventori, anche per quanto concerne le spese vive, senza che pero’ ne fosse stata indicata con precisione la causale.
Rileva il Collegio che mentre del tutto generica si profila la censura in relazione alla liquidazione delle spese per compensi professionali (e cio’ limitatamente ai rapporti tra appellanti ed originarie parti convenute), dovendosi invece ritenere travolta integralmente la liquidazione delle spese nei confronti degli interventori per effetto dell’accoglimento del presente motivo per le suesposte ragioni, quanto alla contestazione che investe il riconoscimento delle spese vive, occorre dichiarare l’inammissibilita’ del motivo.
Infatti, questa Corte ha costantemente affermato che (Cass. n. 15373/2000) l’errore nella determinazione delle spese vive e’ rimediabile o con la correzione o con la revocazione del provvedimento che le ha liquidate (Cass. n. 21012/2010 che ha ribadito l’impossibilita’ di emendare l’eventuale errore commesso col ricorso per cassazione; Cass. n. 16778/2017).
Il motivo in tale parte deve quindi essere dichiarato inammissibile.
La sentenza impugnata relativamente alle sole statuizioni inerenti alle spese nei rapporti tra i ricorrenti e gli interventori, (OMISSIS) e (OMISSIS), deve essere cassata, con rinvio alla Corte d’Appello di Salerno in diversa composizione, che provvedera’ anche sulle spese del presente giudizio.
Viceversa, essendo stati rigettati i motivi di ricorso che attengono ai rapporti con le originarie parti convenute, le spese del giudizio di legittimita’ vanno liquidate secondo il principio di soccombenza, come da dispositivo, con attribuzione all’avv. (OMISSIS) dichiaratasene anticipataria.

P.Q.M.

Accoglie in parte il terzo motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione, e rigettati gli altri motivi, cassa la sentenza impugnata relativamente alle sole statuizioni sulle spese di lite nei rapporti tra i ricorrenti e gli intimati, (OMISSIS) e (OMISSIS), con rinvio alla Corte d’Appello, in diversa composizione, che provvedera’ anche sulle spese del presente giudizio, sempre limitatamente ai rapporti tra i ricorrenti e gli intimati;
Condanna i ricorrenti al rimborso in favore dei controricorrenti delle spese del presente giudizio che liquida in complessivi Euro 5.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15 % sui compensi ed accessori di legge, con attribuzione all’avv. (OMISSIS) dichiaratasene anticipataria.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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