Distanze legali delle costruzioni dalle vedute ed il diritto assoluto alla rimessione in pristino

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|27 marzo 2024| n. 8283.

Distanze legali delle costruzioni dalle vedute ed il diritto assoluto alla rimessione in pristino

La distinzione tra norme integrative del codice civile, la cui violazione attribuisce al danneggiato il diritto alla demolizione, e norme non integrative la cui violazione non attribuisce un tale diritto, riguarda soltanto la disciplina dettata per regolare la distanza fra le costruzioni e non anche l’esercizio del diritto di veduta che ha natura giuridica e contenuto precettivo diverso. Pertanto ove quest’ultimo diritto venga violato, trattandosi di diritto reale assoluto, l’unico modo possibile di ripristinare la situazione legale è quello della rimessione nel pristino stato.

 

Ordinanza|27 marzo 2024| n. 8283. Distanze legali delle costruzioni dalle vedute ed il diritto assoluto alla rimessione in pristino

Data udienza 6 dicembre 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Proprieta’ – Limitazioni legali della proprieta’ – Rapporti di vicinato – Aperture (finestre) – Veduta (nozione, caratteri, distinzioni) – Distanze legali – Delle costruzioni dalle vedute – In genere violazione – Diritto alla rimessione in pristino – Limitazioni – Esclusione.

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere-Rel.

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere

Dott. AMATO Cristina – Consigliere

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso 12717/2022 R.G. proposto da:

Cooperativa (…) A R.L., in persona del suo legale rappresentante geom. Ba.Fr., rappresentata e difesa dall’avvocato Ma. Ri. (C.F. Omissis), giusta procura in atti;

– ricorrente –

contro

Pa.Lu.

– intimata –

contro

Ni.Si.

-intimata –

avverso la sentenza n. 2073/2021 della Corte di Appello di Firenze, depositata il 2 novembre 2021;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 6 dicembre 2023 dal Consigliere Grasso Giuseppe;

Distanze legali delle costruzioni dalle vedute ed il diritto assoluto alla rimessione in pristino

OSSERVA

1. Il Tribunale di Pistoia, adito da Pa.Lu. e Ni.Si. con ricorso ex art. 703 cod. proc. civ., accertato che la Cooperativa (…) a r.l., avendo rialzato la quota del proprio terreno a meno di tre metri dall’immobile delle esponenti, aveva turbato il possesso della veduta esercitata da due finestre poste al piano terra, ordinò l’arretramento del piazzale della società fino alla distanza di un metro e mezzo dal confine. Il provvedimento venne confermato in sede di reclamo. Indi, esperito il giudizio di merito, il Tribunale confermò il provvedimento di manutenzione.

2. Avverso la statuizione di primo grado la Cooperativa (…) a r.l. propose impugnazione, prospettando, siccome riporta la sentenza d’appello, che l’innalzamento del fondo non poteva qualificarsi costruzione; che le aperture dell’edificio frontista erano mere luci irregolari; che comunque la facoltà di inspicere e prospicere non era stata lesa; che, a tutto concedere, si sarebbe potuto solo ordinare “lo sbassamento del muro al di sotto delle soglie”; che, infine, “il Tribunale aveva omesso di pronunciare ai sensi dell’art. 872 cc in quanto, anche a voler ritenere l’opera realizzata dalla Cooperativa quale “costruzione” e le aperture quali “finestre”, il Giudice non avrebbe comunque potuto emettere l’ordinanza di arretramento (che si sostanziava in un ordine di demolizione) in quanto tale provvedimento era vietato dal Codice Civile con riferimento alle turbative lamentate, dato che:

– le ricorrenti avevano lamentato esclusivamente la violazione dell’art. 907 cc regolante la distanza delle costruzioni dalle vedute;

– le stesse non avevano lamentato la violazione dell’art. 873 cc che regolava le distanze tra costruzioni;

– a norma dell’art. 872 il ripristino era ammesso soltanto in caso di violazione delle norme contenute nella sezione VI, immediatamente successiva all’art. 872 (o eventuali norme richiamate) e quindi allorché si lamenti la violazione degli articoli che vanno dall’873 al 899 compresi”.

2.1. La Corte di Firenze rigettò l’impugnazione, affermando, in particolare che la violazione dell’art. 907 cod. civ. resta integrata dal mero fatto di mettere in opera una costruzione in violazione della distanza imposta, in quanto lesiva del diritto di veduta, potendosi ricorrere a rimedi alternativi (diversi dall’arretramento) solo allorquando la veduta venga menomata da opere non qualificabili come costruzioni; inoltre, prosegue la sentenza: “Le norme contenute negli artt. 873 e segg. e 907 c.c. sono preordinate alla tutela di interessi diversi, essendo le prime dirette ad evitare la formazione di intercapedini, mentre la seconda è intesa a salvaguardare l’esercizio di vedute.

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Ciò comporta che ove quest’ultimo diritto venga violato, trattandosi di diritto reale assoluto, l’unico modo possibile di ripristinare la situazione legale è quella della rimessione nel pristino stato”. Infine, in punto di fatto, le aperture, sulla base degli accertamenti e delle fotografie in atti, avevano le caratteristiche delle vedute.

3. Avverso la sentenza d’appello la Cooperativa (…) propone ricorso fondato su due motivi.

Le Pa.Lu. e Ni.Si. sono rimaste intimate.

4. Preliminarmente, va osservato che Pa.Lu., non avendo, nei termini di legge, depositato controricorso, ha versato in atti una memoria inammissibile, poiché proveniente da un mero intimato, soggetto non abilitato a tale attività difensiva. Inoltre, sempre in rito, si rileva altra e autonoma ragione d’inammissibilità: la procura è stata rilasciata al difensore in un atto diverso rispetto a quelli previsti dalla legge, secondo il testo dell’art. 83 cod. proc. civ. al tempo vigente (ante-riforma, operata dall’art. 45, co. 9, lett. c), L. n. 69/2009), ai fini della validità avrebbe dovuto rivestire la forma notarile.

5. Ciò premesso e passando all’esame dei motivi, con il primo di essi la ricorrente denuncia violazione degli artt. 873, 900, 902 e 907 cod. civ.

Si assume che l’opera realizzata non avrebbe potuto essere considerata costruzione; che non si era in presenza di vedute, non potendosi dirsi assicurate le facoltà di “inspicere” e “prospicere”, ma di luci irregolari; che l’art. 907 cod. civ. non era stato violato, poiché il vantato diritto di veduta non poteva dirsi leso per il solo fatto che la sopraelevazione superava di soli 16 e 19 cm le aperture; circostanza, questa, che non arrecava apprezzabile pregiudizio alla visione; che il Giudice aveva omesso di accertare se la predetta sopraelevazione fosse in grado di ledere il diritto in parola, tutelato dall’art. 907 cod. civ., nel mentre sarebbe stato sufficiente ordinare l’abbassamento “del muro al di sotto dei “davanzali” e non già disporre l’arretramento”.

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4.1. Il motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.

La pretesa di vedere rivalutati in sede di legittimità gli apprezzamenti di fatto, che hanno condotto il Giudice di primo e di secondo grado a qualificare come costruzione l’opera realizzata dalla parte convenuta e ad affermare che dalle finestre della parte intimata si esercitava diritto di veduta, è chiaramente non scrutinabile in sede di legittimità.

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Quanto al resto deve osservarsi quanto di seguito.

a) “L’obbligo di costruire a non meno di tre metri dalle vedute dirette aperte nella costruzione esistente sul fondo vicino, di cui all’art. 907 cod. civ., ha natura assoluta e va osservato anche quando l’erigenda costruzione non sia tale da impedire di fatto l’esercizio della veduta, mentre una valutazione circa l’idoneità dell’opera ad ostacolare il diritto di veduta può venire in rilievo soltanto quando si intenda erigere un manufatto diverso da una costruzione in senso tecnico” (sez. 2, n. 23404/2023; conf., Cass. nn. 12033/2011; 26263/2018).

b) La sopraelevazione di un fondo, mediante la messa in opera di un terrapieno artificiale, costituisce costruzione, sia o meno esso addossato al muro di confine (ex multis, in tal senso, Cass. nn. 16975/2023, 24473/2017, 11388/2013).

6. Con il secondo motivo viene denunciata la violazione dell’art. 872 cod. civ., addebitandosi alla Corte locale di avere errato a confermare la sentenza di primo grado, e, quindi, l’ordinanza cautelare con la quale era stato ordinato di arretrare il terrapieno, stante che la controparte non si era doluta della violazione dell’art. 873 od. civ., bensì di quella dell’art. 907 cod. civ. Poiché l’art. 873, co. 2, cod. civ. consente la rimessione in pristino solo allorquando si lamenti la violazione delle norme di cui alla sesta sezione del codice civile, mentre l’art. 907 cod. civ. è collocato all’interno della settima sezione, secondo la ricorrente non era consentito disporre condanna in forma specifica, implicante la rimessione in pristino.

6.1. Il motivo è infondato.

Questa Corte ha da tempo chiarito che la distinzione tra norme integrative del codice civile, la cui violazione attribuisce al danneggiato il diritto alla demolizione, e norme non integrative la cui violazione non attribuisce un tale diritto, riguarda soltanto la disciplina dettata per regolare la distanza fra le costruzioni e non anche l’esercizio del diritto di veduta che ha natura giuridica e contenuto precettivo diverso. Pertanto ove quest’ultimo diritto venga violato, trattandosi di diritto reale assoluto, l’unico modo possibile di ripristinare la situazione legale è quello della rimessione nel pristino stato (Sez. 2, n. 11271, 2/11/1990, Rv. 469868).

Invero, si ha modo di leggere nel corpo della motivazione della sentenza il cui principio è stato sopra riportato che “Manifestatamente errata dal punto di vista giuridico è la tesi del ricorrente della illegittimità dell’ordine di demolizione in quanto la riduzione in pristino secondo l’art. 872 c.c. sarebbe limitata ai tali casi di violazione delle norme contenute nella sezione VI, cioè dagli articoli 873, 899 del cod. civ. o da questa richiamate.

Le norme contenute negli artt. 873 e segg. e 907 c.c. sono preordinate alla tutela di interessi diversi, essendo le prime dirette ad evitare la formazione di intercapedini, mentre la seconda è intesa a salvaguardare l’esercizio del diritto di vedute. Ciò comporta che la distinzione tra norme integrative del codice civile, la cui violazione attribuisce al danneggiato il diritto alla demolizione e le norme non integrative la cui violazione non attribuisce un tale diritto, riguarda soltanto la disciplina dettata per regolare la distanza fra le costruzioni e non anche l’esercizio del diritto di vedute che ha natura giuridica e contenuto precettivo diversi.

Pertanto ove quest’ultimo diritto venga violato, trattandosi di diritto reale assoluto, l’unico modo possibile di ripristinare la situazione legale è quello della rimessione nel pristino stato”.

Non emergendo argomenti persuasivi di segno contrario deve darsi continuità al riportato principio, il quale, anche a distanza di oltre un trentennio, deve essere ribadito.

6. Non occorre statuire sulle spese poiché la controparte è rimasta intimata.

7. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

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P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 L. n. 228/12), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio, il 6 dicembre 2023.

Depositata in Cancelleria il 27 marzo 2024.

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