Corte di Cassazione, sezione tributaria civile, Sentenza 20 giugno 2019, n. 16557.
La massima estrapolata:
In tema di prova documentale il disconoscimento delle copie fotostatiche di scritture prodotte in giudizio, ai sensi dell’art. 2719 c.c., impone che, pur senza vincoli di forma, la contestazione della conformità delle stesse all’originale venga compiuta, a pena di inefficacia, mediante una dichiarazione che evidenzi in modo chiaro ed univoco sia il documento che si intende contestare, sia gli aspetti differenziali di quello prodotto rispetto all’originale, non essendo invece sufficienti né il ricorso a clausole di stile né generiche asserzioni. (Nella specie, la S.C., in applicazione del principio, ha escluso che il contribuente avesse disconosciuto in modo efficace la conformità delle copie agli originali, in quanto, con la memoria illustrativa, si era limitato a dedurre la mancata produzione degli originali delle relate di notifica e la non conformità “a quanto espressamente richiesto” con il ricorso).
Sentenza 20 giugno 2019, n. 16557
Data udienza 8 maggio 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente
Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere
Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere
Dott. BALSAMO Milena – rel. Consigliere
Dott. CIRESE Marina – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 5068-2014 proposto da:
(OMISSIS) SPA in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS) giusta delega in calce;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 68/2013 della COMM.TRIB.REG. di BOLOGNA, depositata il 01/07/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08/05/2019 dal Consigliere Dott.ssa BALSAMO MILENA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GIACALONE GIOVANNI che ha concluso per l’accoglimento per quanto di ragione del ricorso;
udito per il ricorrente l’Avvocato (OMISSIS) per delega dell’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento e deposita n. 2 cartoline A/R.
ESPOSIZIONE DEI FATTI DI CAUSA
1. (OMISSIS) impugnava l’avviso di vendita del bene immobile di sua proprieta’ e la conseguente iscrizione ipotecaria disposta dall’Agenzia della riscossione, in ragione dell’omesso pagamento di 4 cartelle esattoriali relative a tributi erariali, contributi previdenziali e contravvenzioni al C.d.S., assumendo, tra l’altro, l’omessa notifica delle cartelle prodromiche e dell’intimazione di pagamento, nonche’ della stesa iscrizione ipotecaria.
La CTP di Bologna rigettava il ricorso. Proposto appello da parte del contribuente, la CTR dell’Emilia Romagna lo accoglieva sul rilievo che il contribuente aveva disconosciuto la conformita’ degli estratti di ruolo prodotti in copia agli originali non versati in atti, ritenendo che la concessionaria avesse operato in assenza di un valido titolo esecutivo.
Ricorre la societa’ (OMISSIS), sulla base di quattro motivi per la cassazione della sentenza n. 68/11/13 depositata l’1.07.2013, emessa dalla, C.T.R. dell’Emilia Romagna.
Il contribuente non si e’ costituito in giudizio.
Il P.G. ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DELLA DECISIONE
2. Con il primo motivo la concessionaria denuncia la violazione del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articoli 2 e 19, ex articolo 360 c.p.c., n. 3), per avere il decidente omesso di pronunciarsi sul difetto di giurisdizione con riferimento alle cartelle relative alle violazioni del C.d.S. ed ai âEuro˜contributi previdenziali, in ordine alle quali la giurisdizione appartiene al giudice ordinario, restando attribuita al giudice tributario la giurisdizione in merito ai crediti di natura tributaria.
3. Con la seconda censura si lamenta la nullita’ della sentenza ex articolo 112 c.p.c., ex articolo 360 c.p.c., n. 4) per avere il giudicante ritenuto che il contribuente avesse disconosciuto la conformita’ delle copie della documentazione prodotta agli originali, nonostante il predetto si fosse limitato a contestare ” la mancata produzione in giudizio degli originali, delle relate di notifica delle cartelle e ” la non conformita’ a quanto espressamente richiesto afferente la documentazione versata in atti”, lamentando che l’Agenzia della Riscossione non aveva prodotto le copie delle cartelle, delle intimazioni, della comunicazione dell’iscrizione ipotecaria e delle.relate ma solo copia degli estratti di ruolo formati dall’Agente della riscossione e fotocopie delle relazioni di notificazioni.
4. Con la terza censura si lamenta violazione e falsa applicazione degli articoli 2714, 2715, 2717, 2719 c.c. nonche’ della L. n. 15 del 1968, articolo 14 e del Decreto Legge n. 669 del 1996, articolo 5 e del Decreto Ministeriale n. 321 del 1999, per avere la Commissione di secondo grado ritenuto che le copie degli estratti di ruolo prodotte dal concessionario non avessero valenza probatoria, benche’ la concessionaria avesse prodotto le copie conformi agli originali con relativa sottoscrizione e timbro dell’Agente della Riscossione oltre all’asseverazione ex articolo 5 citato, che in quanto.tali fanno piena prova dell’originale.
5. Con il quarto mezzo, si lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio che e’ stato discusso tra le parti, ex articolo 360 c.p.c., n. 5), avendo il decidente erroneamente ritenuto che il contribuente avesse operato il disconoscimento e che avesse prodotto mere copie degli estratti anziche’ copie autentiche degli originali.
6. La prima censura e’ destituita di fondamento. 5.L’interpretazione dell’articolo 37 c.p.c., secondo cui il difetto di giurisdizione “e’ rilevato, anche d’ufficio, in qualunque stato âEuroËœe grado del processo”, deve tenere conto dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo (“asse portante della nuova lettura della norma”), della progressiva forte assimilazione delle questioni di giurisdizione a quelle di competenza e dell’affievolirsi dell’idea di giurisdizione intesa come espressione della sovranita’ statale, essendo essa un servizio reso alla collettivita’ con effettivita’ e tempestivita’, per la realizzazione del diritto della parte ad avere una valida decisione nel merito in tempi ragionevoli. All’esito della nuova interpretazione della predetta disposizione, volta a delinearne l’ambito applicativo in senso restrittivo e residuale, ne consegue che: 1) il difetto di giurisdizione puo’ essere eccepito dalle parti anche dopo la scadenza del termine previsto dall’articolo 38 c.p.c. (non oltre la prima udienza di trattazione), fino a quando la causa non sia stata decisa nel merito in primo grado; 2) la sentenza di primo grado di merito puo’ sempre essere impugnata per difetto di giurisdizione; 3) le sentenze di appello sono impugnabili per difetto di giurisdizione soltanto se sul punto non si sia formato il giudicato esplicito o implicito, operando a relativa preclusione anche per il giudice di legittimita’; 4) il giudice puo’ rilevare anche d’ufficio il difetto di giurisdizione fino a quando sul punto non si sia formato il giudicato esplicito o implicito. In particolare, il giudicato implicito sulla giurisdizione puo’ formarsi tutte le volte che la causa sia stata decisa nel merito, con esclusione per le sole decisioni che non contengano statuizioni che implicano l’affermazione della giurisdizione, come nel caso in cui l’unico tema dibattuto sia stato quello relativo all’ammissibilita’ della domanda o quando dalla motivazione della sentenza risulti che l’evidenza di una soluzione abbia assorbito ogni altra valutazione (ad es., per manifesta infondatezza della pretesa) ed abbia indotto il giudice a decidere il merito per saltum, non rispettando la progressione logica stabilita dal legislatore per la trattazione delle questioni di rito rispetto a quelle di merito.
Il giudicato interno sulla giurisdizione si forma – dunque – tutte le volte in cui il giudice di primo grado abbia pronunciato nel merito, affermando anche implicitamente la propria giurisdizione, e le parti abbiano prestato acquiescenza a tale statuizione, non impugnando la sentenza sotto questo profilo, sicche’ non puo’ validamente prospettarsi l’insorgenza sopravvenuta di una questione di giurisdizione all’esito del giudizio di secondo grado, perche’ tale questione non dipende dall’esito della lite, ma da due invarianti primigenie, costituite dal “petitum” sostanziale della domanda e dal tipo di esercizio di potere giurisdizionale richiesto al giudice (S.U. n. 10265/2018; S.U. N. 28503 del 2017; S.U. n. N. 4109 del 2007; Cass. n. 24483/2008; n. 6966/2013; S.U. n. 29/2016; n. 28503/2017; n. 10265/2018).
Pertanto, in mancanza di impugnazione del capo della sentenza di primo grado avente ad oggetto l’implicito riconoscimento della propria giurisdizione su tutte le cartelle, la prima censura soggiace alla declaratoria di inammissibilita’.
7. La seconda censura e’ fondata, assorbita la quarta.
La questione relativa alle modalita’ con cui si contesti la conformita’ delle copie prodotte agli originali, ai sensi dell’articolo 2719 c.c., sul presupposto che la parte non puo’ limitarsi a negare efficacia probatoria alle copie prodotte, ma deve contestare le specifiche difformita’ (Cass. n. 23902/2017; 16998 del 2015; Cass. n. 21003 del 2017), esige la trascrizione delle eccezioni di disconoscimento dedotta dal contribuente, al fine di consentire al giudice di legittimita’ di verificare la sussistenza della violazione di legge dedotta e, dunque, la correttezza delle argomentazioni del decidente.
8. Ebbene dalla trascrizione del ricorso originario e dell’appello, risulta che in primo grado il contribuente chiedeva “il deposito delle copie delle cartelle e degli originali delle relate”; nella memoria illustrativa del primo grado lamentava “la mancata produzione degli originali delle relate di notifica e la non conformita’ a quanto espressamente richiesto”; nel ricorso in appello lamentava che l’Agenzia della riscossione non avesse prodotto quanto richiesto, vale a dire le copie delle cartelle correlate dagli originali delle retate, copie dell’intimazione di pagamento e della comunicazione dell’iscrizione ipotecaria, avendo essa prodotto solo le copie degli estratti di ruolo formati dall’Agenzia, fotocopie delle relazioni di notificazione, dell’intimazione di pagamento, dell’iscrizione ipotecaria e delle relate prive di sottoscrizione del ricevente.
Nella parte in fatto della sentenza, la CTR esponeva che il contribuente aveva contestato l’operato dei primi giudici i quali, pur avendo verificato che l’ufficio non aveva presentato gli atti richiesti in originale come la norma impone, avevano ritenuto corretta la procedura seguita dall’Agenzia, benche’ questa non avesse depositato le cartelle di pagamento ma solo estratti di ruolo in carta semplice neppure autenticati. Atti che, ad avviso dell’appellante, non potevano assurgere al valore di prova e che non consentivano alla parte di poter far valere i propri diritti ex articolo 2719 c.c., vale a dire di poter effettuare il disconoscimento della conformita’ delle copie agli originali.
Appare evidente che nella fattispecie, il contribuente non ha operato alcun disconoscimento della conformita’ delle copie agli originali, lamentandosi invece di non poter esercitare i diritti di cui all’articolo 2719 c.c. in assenza della produzione degli originali.
9. L’articolo 2719 c.c. esige, difatti, l’espresso disconoscimento della conformita’ con l’originale delle copie fotografiche o fotostatiche: conseguentemente, la copia fotostatica non autenticata si ha per riconosciuta, tanto nella sua conformita’ all’originale quanto nella scrittura e sottoscrizione, se la parte comparsa non la disconosce, in modo specifico ed inequivoco (Cass. n. 882/2018; n. 4053/2018; n. 13425/2014)
10. Peraltro, pur a voler ammettere implicitamente formulato dal contribuente il disconoscimento della conformita’ delle copie degli atti agli originali, non va trascurato che e’ privo di efficacia il generico disconoscimento della conformita’ tra l’originale e la copia fotostatica prodotta in giudizio.
Perche’ possa aversi, infatti, disconoscimento idoneo e’ necessario che la parte, nei modi e termini di legge, renda una dichiarazione che – pur nel silenzio della norma predetta, che non richiede forme particolari – evidenzi in modo chiaro ed inequivoco gli elementi differenziali del documento prodotto rispetto all’originale di cui si assume sia copia, senza che possano considerarsi sufficienti, ai fini del ridimensionamento dell’efficacia probatoria, contestazioni generiche o onnicomprensive (cfr. in tal senso Cass. n. 28096 del 30/12/2009 in tema di applicazione dell’articolo 2719 c.c.).
Il disconoscimento deve quindi ad es. contenere l’indicazione delle parti il cui la copia sia materialmente contraffatta rispetto all’originale; oppure le parti mancanti e il loro contenuto; oppure, in alternativa, le parti aggiunte; a seconda dei casi, poi, la parte che disconosce deve anche offrire elementi, almeno indiziari, sul diverso contenuto che il documento presenta nella versione originale. In tale direzione questa Corte da’ seguito – in via preferenziale rispetto a diverso orientamento – alla giurisprudenza (v. Cass. n. 27633/2018; n. 29993 del 13/12/2017, n. 12730 del 21/06/2016, n. 7775 del 03/04/2014 e altre) secondo la quale la contestazione della conformita’ all’originale di un documento prodotto in copia non possa avvenire con clausole di stile e generiche, ma vada operata – a pena di inefficacia – in modo chiaro e circostanziato, attraverso l’indicazione specifica sia del documento che si intende contestare, sia degli aspetti per i quali si assume differisca dall’originale.
11. Parimenti fondata e’ la terza censura.
Cio’ in quanto l’esattore, pur non rientrando tra i “pubblici depositari” – cui la legge attribuisce la funzione di tenere gli atti a disposizione del pubblico, e che sono obbligati, ex articolo 743 c.p.c., a rilasciare copia degli atti anche a chi non ne e’ parte – e’ tuttavia un “depositario” del ruolo, datogli in consegna dall’intendente di finanza (Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, articolo 24), ed inoltre e’ autorizzato a rilasciarne copia, ai sensi della L. 4 gennaio 1968, n. 15, articolo 14, secondo cui l’autenticazione delle copie, anche parziali, puo’ essere fatta dal pubblico ufficiale presso il quale e’ depositato l’originale (Cass., n. 25962 del 05/12/2011).
Conclusivamente vanno accolti il secondo ed il terzo motivo del ricorso, respinto il primo ed assorbito il quarto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla CTR dell’Emilia Romagna, in diversa composizione, che dovra’ decidere anche sulle spese del giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo ed il terzo motivo di ricorso, rigetta il primo e dichiara assorbito il quarto, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR dell’Emilia Romagna, in diversa composizione, che dovra’ decidere anche sulle spese del giudizio di legittimita’.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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