ll diritto d’impugnazione può essere esercitato autonomamente da ciascun difensore di uno stesso imputato

Corte di Cassazione, sezione prima penale, Sentenza 15 marzo 2019, n. 11600.

La massima estrapolata:

Il diritto d’impugnazione può essere esercitato autonomamente da ciascun difensore di uno stesso imputato, con la proposizione di autonomi atti, sempre che – in ossequio al principio di unicità dell’impugnazione – al momento di presentazione del successivo atto di appello o di ricorso non sia già decorso il termine per il gravame e non sia intervenuta una decisione sull’impugnazione proposta da uno dei soggetti legittimati.

Sentenza 15 marzo 2019, n. 11600

Data udienza 9 gennaio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BONITO F. Maria S. – Presidente

Dott. SANDRINI Enrico Giuseppe – Consigliere

Dott. BONI Monica – rel. Consigliere

Dott. ALIFFI Francesco – Consigliere

Dott. RENOLDI Carlo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 11/07/2018 del TRIB. LIBERTA’ di CATANIA;
udita la relazione svolta dal Consigliere MONICA BONI;
sentite le conclusioni del PG ELISABETTA CENICCOLA;
Il P.G. conclude per l’inammissibilita’ del ricorso.
udito il difensore.

RITENUTO IN FATTO

1.Con ordinanza in data 11 luglio 2018 il Tribunale di Catania, costituito ai sensi dell’articolo 310 c.p.p., rigettava l’appello, proposto da (OMISSIS), avverso l’ordinanza del G.i.p. dello stesso Tribunale, che in data 6 aprile 2018 aveva respinto la sua richiesta volta ad ottenere la declaratoria di inefficacia della misura della custodia cautelare in carcere, cui era sottoposto, poiche’ la consegna in data 23 gennaio 2018 dello stesso da parte della Repubblica Slovacca all’Autorita’ giudiziaria italiana in forza di mandato di arresto Europeo era avvenuta soltanto per l’espiazione in Italia della pena irrogatagli all’estero.
A fondamento della decisione il Tribunale rilevava che:
-era stato emesso in data 12 settembre 2016 nei confronti del (OMISSIS) mandato di arresto Europeo per dare esecuzione all’ordinanza del 24 settembre 2015 di sottoposizione dello stesso a custodia cautelare in carcere perche’ gravemente indiziato del delitto di partecipazione ad associazione di stampo mafioso;
-l’Autorita’ giudiziaria slovacca aveva disposto la sua consegna a ragione del consenso dallo stesso prestato ad essere estradato in Italia per l’esercizio dell’azione penale in relazione ai reati per i quali il m.a.e. era stato emesso, ma l’aveva rinviata al momento di conclusione dell’azione penale presso il Tribunale slovacco di Banska’ Bystrica, ove era in corso di celebrazione un processo per reati commessi dal (OMISSIS) in quel paese, ed all’esecuzione della pena che fosse stata inflitta alla sua conclusione;
-conclusosi quel processo con la sua condanna irrevocabile alla pena di anni cinque di reclusione, la sentenza della Corte Suprema della Repubblica Slovacca del 6/06/2017 era stata riconosciuta su sua richiesta dalla Corte di appello di Catania con provvedimento dell’8/11/2017 ed era stato emesso ordine di carcerazione dalla Procura Generale di Catania in forza della sentenza della Corte di appello e dell’ordinanza applicativa della custodia in carcere per cui era stato emesso il mandato di arresto Europeo.
Ad avviso del Tribunale, la consegna, avvenuta poiche’ erano venute meno le ragioni del rinvio dell’esecuzione del mandato di arresto Europeo, non andava considerata in base al disposto del Decreto Legislativo n. 161 del 2010, articolo 18, comma 1, dal momento che la stessa e’ avvenuta in base ad un duplice titolo legittimante, consistente nella sentenza di condanna slovacca, riconosciuta in Italia, e dall’ordinanza applicativa della custodia in carcere.
2.Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso l’indagato a mezzo del difensore, avv.to (OMISSIS), il quale ne ha chiesto l’annullamento per violazione di legge e vizio di motivazione. Secondo la difesa, la carcerazione del (OMISSIS) e’ priva di copertura giuridica ed e’ in contrasto con il provvedimento dell’autorita’ giudiziaria della Repubblica Slovacca che ha riconosciuto il mandato di arresto Europeo, emesso dallo Stato Italiano, e di conseguenza con gli accordi che regolano la materia fra i due Stati, nonche’ con il D.Lgs 7 settembre 2010, n. 161, articolo 18, comma 1.
La notificazione e l’esecuzione dell’ordinanza custodiale, emessa a carico del (OMISSIS), e’ avvenuta in data 23 gennaio 2018 allorche’ l’imputato e’ giunto in Italia, proveniente dalla Slovacchia dopo l’avvenuto riconoscimento della sentenza di condanna emessa dall’Autorita’ giudiziaria di quel paese ai fini e per gli effetti dell’esecuzione della pena in Italia in conformita’ al Decreto Legislativo 7 settembre 2010, n. 161, articolo 16. L’accoglimento della richiesta di consegna inoltrata mediante mandato di arresto Europeo era avvenuto a condizione che egli avesse eseguito la pena detentiva inflittagli per i reati commessi nella Repubblica Slovacca e tale determinazione e’ conforme al disposto del Decreto Legislativo 7 settembre 2010, n. 161, articolo 18, c. 1, che recita “Salvo quanto previsto dal comma 2, la persona trasferita in Italia per l’esecuzione della condanna non puo’ essere sottoposta a un procedimento penale, ne’ privata della liberta’ personale in esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza, ne’ altrimenti assoggettata ad altra misura privativa della liberta’ personale, per un reato commesso anteriormente al trasferimento, diverso da quello per cui la stessa e’ stata trasferita”.
Tanto rende evidente che l’estradizione del (OMISSIS) e’ avvenuta al solo fine di consentire allo stesso di scontare in Italia la pena definitiva irrogatagli dall’Autorita’ slovacca, che cessera’ in data 30 ottobre 2019, sicche’ soltanto a conclusione dell’espiazione di quella pena egli potra’ essere sottoposto a custodia in carcere.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso e’ inammissibile perche’ basato su motivi manifestamente infondati.
1.In primo luogo rileva il Collegio l’ammissibilita’ astratta dell’impugnazione, ancorche’ su altro ricorso presentato in favore dello stesso ricorrente avverso il medesimo provvedimento questa Corte si sia pronunciata con sentenza n. 55732, emessa il 16 novembre 2018. Invero, va riconosciuto interesse all’indagato a conseguire una pronuncia che esamini il merito dell’impugnazione proposta nel rispetto dei termini di legge da altro suo difensore di fiducia per contestare il provvedimento sfavorevole.
1.1 Questa Suprema Corte (sez. 2, n. 19109 del 28/04/2011, Falcone, rv. 250265; sez. 2, n. 19835 del 19/04/2006, Barbaro, rv. 234655; sez. 1, n. 4881 del 16/11/1993, dep. 1994, Coppola, rv. 196960), ha da tempo affermato, e qui si ribadisce che, seppur non espressamente consentita dalle disposizioni processuali, la possibilita’ per ciascuno dei difensori del medesimo imputato di proporre autonomi atti di impugnazione avverso la medesima decisione discende dalla facolta’ per l’imputato, ammessa dall’articolo 96 c.p.p., di designare piu’ di un legale quale proprio patrocinatore senza poter pero’ superare il numero di due. L’esercizio della facolta’ di impugnare da parte di uno dei difensori non pregiudica di per se’ la proponibilita’ di distinto ed autonomo atto di gravame da parte dell’altro, salvo che, per il principio di unicita’ del diritto di impugnazione, al momento di presentazione del successivo atto di appello o di ricorso non sia gia’ decorso il termine perentorio di impugnazione e non sia intervenuta una decisione sul primo atto proveniente dall’altro legale (Cass., sez. 5, n. 2804 del 05/06/1996, Atene, rv. 205515; sez. 6, n. 2490 del 22/06/1995, Emanuello, rv. 202774; sez. 1, n. 4561 del 30/06/1999, Lonoce, rv….).
Nel rispetto di tali limiti vale il principio di reciproca autonomia, poiche’ non e’ dato rinvenire una preclusione processuale, ne’ al numero di appelli o ricorsi provenienti dai difensori, ne’ al loro possibile contenuto di contestazione, nel senso che i motivi articolati a fondamento dell’uno non condizionano quelli proponibili col successivo atto di impugnazione.
1.2 Nel caso specifico risulta che il ricorso a firma dell’avv.to (OMISSIS) e’ stato presentato in data antecedente alla pronuncia adottata da questa sezione in diversa composizione in data 16 novembre 2018, sicche’ alla proposizione del primo ricorso non puo’ assegnarsi prevalenza ed efficacia preclusiva della disamina nel merito del successivo, depositato in un momento in cui non era noto quale dei due sarebbe stato trattato per primo e, tanto meno, era intervenuta una decisione del giudice investitone.
2. Tanto premesso, l’impugnazione all’odierno esame e’ affidata ad un unico motivo di contestazione, col quale il ricorrente assume l’illegittimita’ della sua sottoposizione a custodia cautelare in carcere per il delitto di partecipazione ad associazione di stampo mafioso con ruolo di dirigente e di organizzatore nell’ambito del procedimento penale promosso dal Procuratore della Repubblica presso i Tribunale di Catania, in quanto la sua consegna all’Autorita’ giudiziaria italiana da parte dell’Autorita’ della Repubblica Slovacca era stata consentita soltanto perche’, a sua richiesta, egli espiasse la pena detentiva di anni cinque di reclusione, inflittagli con la sentenza emessa dal Tribunale penale di Banska’ Bystrica, divenuta irrevocabile e riconosciuta, sempre su sua istanza, con sentenza della Corte di appello di Catania dell’8/11/2017. Pertanto, in ossequio al disposto del Decreto Legislativo n. 161 del 2010, articolo 18, comma 1, che ha dato esecuzione alla Decisione quadro 2008/909/GAI, relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento delle sentenze penali tra paesi membri dell’Unione Europea, egli non poteva essere sottoposto ad altro provvedimento coercitivo per reati contestati in procedimento pendente presso l’Autorita’ giudiziaria italiana.
L’assunto difensivo non e’ corretto e non tiene conto dei limiti di applicazione della disposizione di legge, che assume non essere stata osservata e della condotta processuale tenuta dallo stesso ricorrente.
2.1 Il Decreto Legislativo 7 settembre 2010, n. 161, articolo 18 contenente le “disposizioni per conformare il diritto interno alla Decisione quadro 2008/909/GAI relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della liberta’ personale, ai fini della loro esecuzione nell’Unione Europea”, alla rubrica “principio di specialita’”, prevede testualmente al comma 1: “1. Salvo quanto previsto dal comma 2, la persona trasferita in Italia per l’esecuzione della condanna non puo’ essere sottoposta a un procedimento penale, ne’ privata della liberta’ personale in esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza, ne’ altrimenti assoggettata ad altra misura privativa della liberta’ personale, per un reato commesso anteriormente al trasferimento, diverso da quello per cui la stessa e’ stata trasferita”.
Il comma 2 della disposizione citata contempla alcune condizioni derogatorie al principio generale stabilito al comma 1, prevedendone l’inapplicabilita’ quando: “a) la persona trasferita, avendone avuta la possibilita’, non ha lasciato il territorio dello Stato decorsi quarantacinque giorni dalla sua definitiva liberazione ovvero, avendolo lasciato, vi ha fatto volontariamente ritorno; b) il reato non e’ punibile con una pena o con una misura di sicurezza privative della liberta’ personale; c) il procedimento penale non consente l’applicazione di una misura restrittiva della liberta’ personale; d) la persona e’ soggetta a una pena o a una misura che non implicano la privazione della liberta’, ivi inclusa una misura pecuniaria, anche se puo’ limitare la sua liberta’ personale; e) la persona ha acconsentito al trasferimento; f) la persona, dopo essere stata trasferita, ha espressamente rinunciato a beneficiare del principio di specialita’ rispetto a particolari reati anteriori alla sua consegna. Tale rinuncia e’ raccolta a verbale dall’autorita’ giudiziaria competente per l’esecuzione; g) fuori dei casi precedenti, lo Stato di emissione ha dato il suo consenso nelle forme di cui al comma 3″.
2.2 Il Tribunale di Catania ha correttamente riscontrato l’avveramento di entrambe le condizioni cui l’esecuzione del mandato di arresto, emesso nei confronti del (OMISSIS), era stata subordinata per la gia’ intervenuta conclusione con decisione irrevocabile del procedimento penale pendente presso l’Autorita’ giudiziaria slovacca e per la richiesta dello stesso, una volta definitivamente condannato all’esito di quel processo, di poter espiare la relativa pena in Italia. Ha concluso che l’avvenuta consegna del ricorrente all’Italia per l’esecuzione della condanna emessa dallo Stato che ne era stato richiesto ha vanificato e privato di qualsiasi interesse la condizione imposta, funzionale a rendere effettivo il trattamento punitivo inflittogli.
2.3 Oltre a tale corretto e condivisibile rilievo, osserva il Collegio che dalle informazioni riportate nell’ordinanza impugnata emerge altro profilo che in via concorrente rende egualmente legittima e condivisibile la decisione: il provvedimento emesso il 13 gennaio 2017 dalla Procura Regionale di Banska’ Bystrica, dopo avere dato atto che il (OMISSIS) si trovava sottoposto a custodia cautelare nell’ambito del processo penale pendente dinanzi alla Corte Suprema della Repubblica Slovacca, aveva precisato testualmente che ” (OMISSIS), informato al riguardo, ha dichiarato che acconsente all’estradizione ai fini dell’azione penale nella Repubblica Italiana” per i reati contestatigli con il mandato di arresto Europeo nel procedimento istruito dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catania.
In tal modo, per effetto della esplicita ed irrevocabile manifestazione di volonta’ del (OMISSIS) di accettazione del trasferimento, e’ stato posto nel nulla l’ostacolo, previsto dal Decreto Legislativo n. 161 del 2010, articolo 18 alla sottoposizione del consegnando ad altra misura limitativa della liberta’ personale per reato commesso anteriormente al trasferimento e diverso da quello per cui questi ha subito la consegna, essendo operante la clausola derogatoria prevista dal citato articolo 18, comma 2.
Per le considerazioni svolte il ricorso, palesemente infondato in tutte le sue deduzioni, va dichiarato inammissibile con la conseguente condanna del proponente al pagamento delle spese processuali e, in ragione dei profili di colpa insiti nella presentazione di siffatta impugnazione, anche al versamento di sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, che si reputa equo determinare in Euro 3.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di Euro 3.000,00 alla Cassa delle ammende. Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del presente provvedimento al Direttore dell’Istituto’ penitenziario ai sensi dell’articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

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