Il diritto del comproprietario di domandare il riscatto forzoso della quota del fondo rustico

Corte di Cassazione, sezione terza civile, Ordinanza 4 novembre 2019, n. 28224.

La massima estrapolata:

Il diritto (ex art. 8, comma 10, legge n. 590 del 1965) del comproprietario di domandare il riscatto forzoso della quota del fondo rustico in titolarità del componente, non più coltivatore, della famiglia coltivatrice si prescrive nel termine decennale decorrente dalla scadere del quinto anno dalla cessazione della coltivazione del fondo.

Ordinanza 4 novembre 2019, n. 28224

Data udienza 5 luglio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere

Dott. GIANNITI Pasquale – rel. Consigliere

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliate in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che le rappresenta difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrenti –
e contro
(OMISSIS);
– intimata –
avverso la sentenza n. 1669/2017 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 04/12/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/07/2019 dal Consigliere Dott. PASQUALE GIANNITI;

RILEVATO IN FATTO

CHE:
1. La Corte di Appello di Brescia con la impugnata sentenza respingendo l’impugnazione proposta da (OMISSIS) e (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS), nonche’ nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) – ha integralmente confermato la sentenza n. 421/2017 del Tribunale di Brescia che aveva respinto la domanda di riscatto forzoso sul fondo agrario denominato (OMISSIS), con immobili siti nei Comuni di (OMISSIS), proposta dagli appellanti ai sensi della L. n. 590 del 1965, articolo 8, comma 10.
2. Due premesse in fatto possono essere utili ai fini della migliore comprensione dei fatti.
2.1. I ricorrenti sono fratelli e comproprietari per quota indivisa di 1/12 ciascuno del c.d. Fondo (OMISSIS) (costituito da un terreno sito in Comune di (OMISSIS), di altro terreno sito in Comune di (OMISSIS) e di altri terreni e fabbricati rurali siti in Comune di (OMISSIS)) ad essi pervenuto per atti notarili in data 19/6/1962, 9/3/1972, 12/11/1980.
I rimanenti 10/12 della proprieta’ comune del suddetto fondo sono appartenuti a (OMISSIS), sorella dei ricorrenti, fino al 18/11/2009, data in cui la stessa con atto pubblico notarile aveva donato la nuda proprieta’ della propria quota di proprieta’ comune del Fondo alle nipoti (OMISSIS) e (OMISSIS) (persone estranee alla comunione, all’impresa familiare agricola ed alla conduzione del Fondo stesso), riservando a se’ l’usufrutto.
Il Fondo, fin dalla data del suo acquisto, era stato oggetto di coltivazione diretta da parte dei tre fratelli (i fratelli (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)), dapprima, in regime di comunione tacita familiare in agricoltura, e, poi, a seguito dell’entrata in vigore della L. n. 151 del 1975, nelle forme dell’impresa familiare. Da detta impresa (OMISSIS) era uscita in data che era stata indicata dagli odierni ricorrenti nel 29/1/1998, ma che, in conformita’ di quanto dedotto dalle odierne resistenti, era stata determinata da entrambi i giudici di merito nel 11/11/1997 (con effetto decorrente dall’annata agricola 1997/1998, tanto che a partire da detta annata i ricorrenti deducevano di aver ricevuto in affitto dalla sorella (OMISSIS) la quota dei 10/12 di sua proprieta’).
2.2. I fratelli (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), oltre a condurre i terreni che costituiscono il Fondo controverso, a mezzo di impresa familiare, hanno coltivato con (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), anche altri fondi, siti nei Comuni di (OMISSIS), mediante altra comunione tacita familiare (poi regolarizzata in societa’ semplice con atto del 26.11.1997 ed infine cancellata in data 9.2.2000).
3. Orbene, era accaduto che (OMISSIS) e (OMISSIS) con atto notificato in data 17 gennaio 2013 avevano esercitato il riscatto forzoso della quota indivisa di 10/12 del Fondo Controverso, ai sensi della L. n. 590 del 1965, articolo 8, comma 10, richiedendo al Settore Agricoltura della Provincia di Brescia, quale Ispettorato Agrario Provinciale, di determinare il prezzo congruo dei beni oggetto di riscatto, incombente al quale l’Ufficio aveva provveduto in data 21.2.2013.
Successivamente, con ricorso 20/5/2013, non essendosi raggiunta tra le parti un’intesa ne’ sull’an del riscatto ne’ sul quantum, i fratelli (OMISSIS) avevano attivato la procedura di cui alla L. n. 607 del 1966, articoli 2, 3, 4 e 5, (affrancazione enfiteusi) richiamata dalla L. n. 590 del 1965, articolo 8.
La fase sommaria del procedimento si era conclusa con ordinanza di rigetto.
Avverso detta ordinanza i fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS) avevano proposto ricorso al Tribunale di Brescia.
Si erano costituite (OMISSIS) e (OMISSIS), mentre era rimasta contumace (OMISSIS).
Il giudice di primo grado con sentenza n. 421/2017 – dopo aver premesso che (OMISSIS) e (OMISSIS) avevano allegato che la sorella (OMISSIS) aveva cessato far parte della impresa familiare che coltivava i fondi a partire dalla annata agraria 1997-1998 – aveva ritenuto che il diritto di riscatto forzoso, che spetta ai componenti della famiglia coltivatrice qualora il componente che ne e’ uscito non venda la quota di sua spettanza entro cinque anni dal giorno in cui ha lasciato l’azienda ai sensi della L. n. 590 del 1965, articolo 8, comma 10, fosse un diritto potestativo prescrittibile nel termine ordinario decennale; e – dopo aver accertato che il diritto di riscatto era sorto in data 11/11/2002, decorsi cioe’ cinque anni dalla cessazione della coltivazione di (OMISSIS), e si era prescritto in data 11/11/2012 – ha ritenuto tardiva la domanda di riscatto proposta dagli attori con atto notificato il 17.1.2013.
Avverso la suddetta sentenza i fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS) avevano proposto appello, articolando due motivi. Con il primo si erano lamentati che il Tribunale di Brescia non aveva correttamente interpretato le prove documentali, trascurando di valutare le scritture datate 29 gennaio 1998 (che, in tesi difensiva, dimostravano come la sorella (OMISSIS) avesse agito ed operato quale loro compartecipe dell’impresa familiare sino a detto giorno); all’uopo, avevano chiesto che venisse ammessa la prova per testi sul capitolo 19 riportato nel ricorso in appello che avrebbe dovuto dimostrare la contestualita’ tra la sottoscrizione di dette scritture private e la uscita di (OMISSIS) dalla impresa familiare coltivatrice del fondo, del quale era restata proprietaria dei 10/12. Con il secondo motivo si lamentavano che il Tribunale aveva dichiarato prescrittibile il loro diritto di agire per il riscatto forzoso, mentre detto diritto dovrebbe essere imprescrittibile in considerazione dei connotati peculiari che lo caratterizzano (costituendo un diritto potestativo connesso ed accessorio al diritto di proprieta’ dei coltivatori della quota del fondo riscattato e quindi imprescrittibile come il diritto di proprieta’, e perdurando sino a che permane lo stato di comproprieta’ sul fondo di cui si riscattano le quote, nonche’ la conduzione in regime di impresa familiare originaria o succeduta a questa in sua prosecuzione). Gli appellanti, illustrati i motivi, avevano concluso chiedendo che la Corte territoriale, in riforma della sentenza impugnata, previo espletamento della istruttoria non compiuta in primo grado, dichiarasse che essi appellanti avevano esercitato validamente il riscatto del fondo (OMISSIS) (e che, quindi, fosse loro trasferita in quote uguali la proprieta’ dei 10/12 degli immobili che lo costituivano, gia’ in capo alla sorella coltivatrice (OMISSIS), per la somma di Euro 170.400 in favore della usufruttuaria e di Euro 483.050 per ciascuna delle nude proprietarie, trasferimento sottoposto alla condizione sospensiva del pagamento delle somme dovute a titolo di correspettivo).
(OMISSIS) e (OMISSIS) si erano costituite, resistendo all’appello, del quale avevano chiesto il rigetto, con la conferma della sentenza impugnata ed il favore delle spese del grado.
(OMISSIS) era rimasta contumace.
E la Corte di Appello di Brescia, come sopra rilevato, con la menzionata sentenza ha per l’appunto confermata la sentenza del giudice di primo grado.
4. Avverso la sentenza della Corte territoriale hanno proposto ricorso i fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS).
Hanno resistito con controricorso le sorelle (OMISSIS) e (OMISSIS), nipoti di (OMISSIS) (sorella dei ricorrenti), mentre nessuna attivita’ e’ stata svolta da quest’ultima.
In vista dell’odierna adunanza i fratelli ricorrenti hanno depositato memoria a sostegno del ricorso.

RITENUTO IN DIRITTO

CHE:
1. I ricorrenti con un unico motivo di ricorso, articolato in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3., denunciano violazione e falsa applicazione della L. n. 590 del 1965, articolo 8, comma 10, nonche’ degli articoli 2934 e 2946 c.c., e dell’articolo 12 preleggi, nella parte in cui la Corte territoriale ha qualificato la facolta’ di retratto del familiare coltivatore come diritto potestativo primario e autonomo ed ha ritenuto applicabili a tale retratto, cosi’ qualificato, le norme generali in materia di prescrizione.
Sostengono che detta interpretazione e applicazione delle norme sia errata, in quanto:
a) in contrasto con il disposto dell’articolo 12 disp. gen., perverrebbe ad attribuire alle disposizioni interpretate un significato non necessitato dal tenore letterale delle norme interpretate e contrario all’intenzione del Legislatore ed a principi generali dell’ordinamento, tra i quali deve farsi rientrare il favor per la proprieta’, diretta coltivatrice ex articolo 47 Cost.;
b) non sarebbe coerente con la lettera della L. n. 590 del 1965, articolo 8, comma 10, la quale prevede per l’esercizio del retratto un termine iniziale (il decorso del quinquennio dalla cessazione della partecipazione alla conduzione del fondo da parte del soggetto passivo), ma non un termine finale e delinea che a fondamento della facolta’ acquisitiva si pone una situazione giuridica soggettiva complessa, che ricomprende: l’appartenenza a famiglia coltivatrice, la comproprieta’ del fondo coltivato, la prosecuzione della conduzione di tale fondo comune;
c) non sarebbe coerente con la lettera e la ratio degli articoli 2934 e 2946 c.c., atteso che tali norme, con il termine “diritti” si riferiscono ai diritti soggettivi primari e non alle facolta’ connesse a situazioni giuridiche soggettive perduranti (c.d. diritti facoltativi), ne’ escludono che la previsione legale di imprescrittibilita’ dei diritti possa essere desunta dalla ricostruzione dell’istituto del retratto del familiare coltivatore;
d) contrasterebbe con la ratio della L. n. 590 del 1965, articolo 8, comma 10, di tutela del consolidamento dell’impresa familiare agricola, che trova fondamento anche negli articoli 44, 47 e 3.2. Cost., ratio in relazione alla quale il decorso del tempo non e’ suscettibile di affievolire, ma eventualmente di rafforzare, le esigenze di interesse anche sociale tutelate dalla facolta’ acquisitiva legalmente prevista;
e) trascurerebbe la rilevante indicazione esegetica desumibile dal rinvio dell’articolo 8, comma 10, citato al procedimento di affrancazione, coerente con la qualificazione del particolare retratto in argomento come facolta’ acquisitiva perdurante, al pari della facolta’ di affrancazione.
I ricorrenti – dopo essersi soffermati sulla distinzione concettuale esistente tra diritti soggettivi e facolta’ connesse a situazioni giuridiche soggettive – deducono che il retratto del familiare coltivatore del fondo comune – che si distingue dal retratto agrario ordinario e dal retratto successorio – va ricostruito (non come diritto soggettivo primario, soggetto a prescrizione ordinaria, decorrente dal compimento del quinquennio di inerzia da parte del componente della famiglia coltivatrice che abbia cessato la conduzione del fondo, ma) come facolta’ acquisitiva inscindibilmente connessa alla situazione giuridica soggettiva di comproprietario, componente della famiglia coltivatrice, che continua la conduzione del fondo comune, con la conseguenza che, proprio in quanto tale, puo’ essere esercitato nei confronti del comproprietario che ha abbandonato la coltivazione del fondo per oltre 5 anni (senza alienare la quota) e non e’ suscettibile di prescrizione nel perdurare della situazione giuridica soggettiva di cui costituisce espressione e contenuto (cioe’ nel perdurare della comunione tra familiari coltivatori del fondo comune). Svolgono, a sostegno dell’assunto sopra esposto, argomenti di ordine letterale, logico-teologico e storico-sistematico. E rilevano che l’interpretazione dell’istituto, da essi offerta, non conduce ad un sacrificio intollerabile dell’autonomia del soggetto passivo del retratto successorio, in quanto questi, una volta abbandonata la coltivazione del fondo, non e’ comunque soggetto al retratto per l’apprezzabile periodo di 5 anni e, una volta soggetto al retratto, puo’ comunque chiedere la divisione (cosi’ liberandosi della soggezione al retratto determinata per effetto della propria inerzia quinquennale).
2. Il ricorso va rigettato.
2.1. La questione di diritto, ad esso sottesa, concerne la natura e la ratio (ed i conseguenti effetti del decorso del termine) dell’istituto del diritto di retratto del familiare coltivatore del fondo comune L. n. 590 del 1965, ex articolo 8, comma 10, a norma del quale:
“Se il componente di famiglia coltivatrice, il quale abbia cessato di far parte della conduzione colonica in comune, non vende la quota del fondo di sua spettanza entro cinque anni dal giorno in cui ha lasciato l’azienda, gli altri componenti hanno diritto a riscattare la predetta quota al prezzo ritenuto congruo dall’Ispettorato provinciale dell’agricoltura, con le agevolazioni previste dalla presente legge, sempreche’ l’acquisto sia fatto allo scopo di assicurare il consolidamento di impresa coltivatrice familiare di dimensioni economicamente efficienti. Il diritto di riscatto viene esercitato, se il proprietario della quota non consente alla vendita, mediante la procedura giudiziaria prevista dalle vigenti leggi per l’affrancazione dei canoni enfiteutici”.
2.2. La Corte di Appello di Brescia, confermando integralmente la sentenza di primo grado, ha a sua volta ritenuto prescrittibile nel termine decennale il diritto di riscatto degli appellanti sulla base delle seguenti argomentazioni:
-il diritto di riscatto previsto in favore dei comproprietari coltivatori del fondo avverso il componente della famiglia coltivatrice che abbia cessato la conduzione e’ certamente un diritto potestativo inerente la proprieta’ del fondo ma da essa distinto ed autonomo. Tale diritto, in considerazione della sua natura di diritto potestativo, impone uno stato di soggezione in capo al soggetto che ne e’ gravato (e che nulla puo’ fare sino a che non viene esercitata la manifestazione di volonta’ del titolare diretta ad avvalersene, manifestazione di volonta’ che automaticamente provoca effetti nella sfera patrimoniale del soggetto passivo); quest’ultimo vanta un diritto ad essere certo del momento in cui cessa il suo vincolo e la correlativa potesta’ del titolare, che, in assenza di altre specifiche, coincide con il compimento della prescrizione a suo danno;
– secondo quanto dispone l’articolo 2934 c.c., al fine di equilibrare i diritti dei soggetti attivo e passivo ed uniformare lo stato di diritto allo stato di fatto, esiste la prescrizione: come e’ noto, il decorso del termine di prescrizione determina la estinzione di ogni diritto, quando il titolare non lo esercita per il tempo determinato dalla legge, salvo che si tratti di un diritto indisponibile oppure vi sia una espressa previsione normativa che esclude l’operare della prescrizione;
– il diritto di riscatto forzoso del fondo agricolo e’ un diritto disponibile ed e’ prescrittibile nel termine di 10 anni, decorrente dallo scadere del 5 anno dalla cessazione della coltivazione del Fondo, con la conseguenza che nella specie si era prescritto in data 11/11/2012;
– l’esame dei documenti prodotti dagli appellanti, entrambi datati 29 gennaio 1998, non portava a diversa conclusione: invero, con un documento, sottoscritto anche da (OMISSIS), era stata disposta la divisione delle aziende agricole che coltivavano il fondo (OMISSIS) ed altro fondo denominato Pudiano tra i due fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS); la circostanza che nel gennaio 1998 si fosse reso necessario, tramite i buoni uffici del cugino Toninelii, provvedere ad un accordo in merito alla divisione tra i fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS) sulla conduzione del fondo controverso rafforzava la prova del fatto che al mese di novembre 1997 (OMISSIS) aveva cessato la coltivazione del fondo; d’altronde dallo stesso articolato del capitolo 19 si evinceva che al mese di gennaio 1998 (OMISSIS) fosse gia’ uscita dalla impresa familiare coltivatrice del fondo (OMISSIS); in definitiva, il termine della coltivazione del fondo era stato correttamente individuato dal giudice di primo grado nella data del 11/11/1997, data di scadenza dell’annata agraria 1996/1997;
– il diritto di riscatto forzoso L. n. 590 del 1965, ex articolo 8, comma 10, poteva essere fatto valere decorsi i cinque anni, ovvero alla data dell’11/11/2002, giorno che costituiva il termine di decorrenza iniziale della prescrizione, interamente decorsa all’11/11/2012, precedentemente all’esercizio del diritto che gli appellanti avevano compiuto con atto notificato il 17 gennaio 2013.
2.3. Il dictum della Corte di merito si colloca nel quadro di una corretta cornice ermeneutica.
Invero, come questa Corte ha gia’ avuto modo di precisare (cfr. sent. n. 10417/2002), la L. n. 590 del 1965, articolo 8, comma 10, e’ una norma che, nello spirito della legislazione agraria, tende ad assicurare il consolidamento dell’impresa coltivatrice familiare di dimensioni economicamente efficienti, favorendo, in caso di uscita di uno dei componenti, il subentro degli altri attraverso l’esercizio di una speciale forma di riscatto. Tale riscatto puo’ essere richiesto anche in caso di dissenso del proprietario uscente, attraverso una procedura complessa che consenta la determinazione di un prezzo congruo, con la partecipazione dell’ispettorato provinciale dell’agricoltura.
La disposizione in esame e’ strutturata secondo ben precise cadenze temporali, giacche’ richiede che siano passati 5 anni dal momento in cui il componente abbia cessato di far parte della conduzione colonica in comune senza vendere la propria quota. La norma va interpretata nel senso che chi esce dalla conduzione in comune, ha 5 anni di tempo per decidere se vendere o meno la propria quota e, dopo 5 anni di inerzia, gli altri potranno riscattare anche forzatamente la sua quota. Il che, a ben vedere, si spiega in modo del tutto ragionevole perche’ tiene presente, da un lato, il diritto alla libera determinazione di chi decide di uscire dalla conduzione comune e, dall’altro, pone gli altri componenti in condizione di impedire che l’inerzia si protragga indefinitamente, con danno anche alle ragioni di un’efficiente attivita’ di coltivazione.
Occorre aggiungere che questa Corte, esaminando fattispecie nella quale la Corte territoriale aveva dichiarato la prescrizione del diritto di riscatto azionato ai sensi della L. n. 590 del 1965, articolo 8, – ha gia’ avuto modo di osservare che detto diritto, una volta evitata la decadenza, rimane soggetto alle disposizioni che regolano la prescrizione (sent. n. 10760 del 29/9/1999).
A tale principio, come sopra rilevato, si e’ conformata la Corte territoriale anche nel caso in esame.
3. Al rigetto del ricorso consegue la condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali sostenute da parte resistente. Parte ricorrente non va altresi’ dichiarata tenuta al pagamento dell’ulteriore importo dovuto per legge e indicato in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte:
– rigetta il ricorso;
– condanna parte ricorrente al pagamento in favore di parte resistente delle spese del presente giudizio, che, per ciascuna parte, liquida in Euro 3000, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ad opera di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del citato articolo 13, comma 1 bis.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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