Dipendente colpito da una misura disciplinare espulsiva

Corte di Cassazione, sezione lavoro, Sentenza 9 gennaio 2019, n. 264.

La massima estrapolata:

Il dipendente colpito da una misura disciplinare espulsiva non può addurre la nullità del procedimento disciplinare per mancata affissione del codice disciplinare o per violazione del proprio diritto a difesa nel caso in cui l’ente abbia continuato l’istruttoria, successivamente alla sua audizione, senza un nuovo contradditorio.

Sentenza 9 gennaio 2019, n. 264

Data udienza 9 ottobre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere

Dott. BLASUTTO Daniela – rel. Consigliere

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 1999-2017 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS) per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che ex lege la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 491/2016 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 28/11/2016 R.G.N. 297/2016;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/10/2018 dal Consigliere Dott. DANIELA BLASUTTO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRESA MARIO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di appello di Genova ha rigettato il reclamo proposto da (OMISSIS) e cosi’ ha confermato l’ordinanza con cui era stata ritenuta la legittimita’ del licenziamento disciplinare che l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Genova aveva intimato al (OMISSIS) con lettera del 6 maggio 2015.
2. In particolare il reclamante, dipendente della predetta Agenzia con inquadramento nella terza area CCNL di comparto, aveva impugnato la sanzione espulsiva per profili inerenti il procedimento disciplinare e segnatamente per mancata specificazione degli addebiti nella contestazione disciplinare, per omessa pubblicita’ del codice disciplinare e per violazione del contraddittorio nell’irrogazione della sanzione.
2.1. Il Giudice di primo grado aveva ritenuto: quanto al primo profilo, che era valida la motivazione per relationem ai fatti relativi al procedimento penale avviato a carico del dipendente; quanto alla omessa pubblicita’ del codice disciplinare, che non sussiste l’obbligo di pubblicita’ per fatti contrari al cosiddetto minimo etico, quali le condotte contestate, aventi profili di illiceita’ penale, percepibile da qualunque cittadino; che non e’ ravvisabile la violazione del principio del contraddittorio in caso di mancata riconvocazione dell’incolpato a seguito di ulteriori indagini istruttorie, espletate dopo la sua audizione.
3. I motivi di appello, che reiteravano tali vizi, sono stati disattesi dalla Corte di appello per i seguenti motivi.
3.1. La lettera di contestazione del 25 ottobre 2005 era fondata su un duplice dato: l’informativa ricevuta dalla Procura della Repubblica e la circostanza che il lavoratore era a conoscenza dell’indagine penale nei suoi confronti, avendo ricevuto un avviso di garanzia e una perquisizione domiciliare. In relazione a tali fatti, l’Amministrazione dispose la sospensione del procedimento disciplinare (sospensione obbligatoria ai sensi dell’articolo 68, comma 2, C.C.N.L.), riattivando il procedimento all’esito del giudizio penale, conclusosi con il proscioglimento del (OMISSIS) per sopravvenuta prescrizione (sentenza della Corte di appello di Genova, passata in giudicato l’8.10.2014). Durante la sospensione del procedimento disciplinare l’Amministrazione, con nota del 20 giugno 2008, a seguito del rinvio a giudizio del (OMISSIS) per i reati di peculato e corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio, aveva disposto la sospensione cautelare del dipendente ai sensi dell’articolo 70, comma 5, C.C.N.L. allora vigente, sospensione poi revocata il 22 dicembre 2008 sulla base di un accordo raggiunto dinanzi al collegio di conciliazione. Nel gennaio 2012, dopo la notifica della sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Genova alla pena di anni cinque e mesi sei di reclusione, il (OMISSIS) era stato nuovamente sospeso dal servizio. Pertanto, sia l’originaria lettera di contestazione del 25 ottobre 2005, sia il provvedimento di sospensione dal servizio del 20 giugno 2008, sia ancora il secondo provvedimento di sospensione dal servizio del gennaio 2012 contenevano in modo chiaro e inequivoco tutti gli elementi di cui l’Amministrazione di volta in volta era venuta a conoscenza. Parimenti, con il provvedimento di riattivazione del procedimento disciplinare a seguito della conclusione di quello penale, erano stati portati a conoscenza del lavoratore fatti specifici con il richiamo ai reati ascritti in sede penale. Ne’ il (OMISSIS) aveva lamentato, durante la procedura disciplinare o durante giudizio di primo grado, alcun pregiudizio difensivo subito, non avendo formulato alcuna richiesta istruttoria sul punto ed essendosi limitato a contestare la rilevanza disciplinare dei fatti oggetto del giudizio penale.
3.2. Quanto alla presunta violazione del principio del contraddittorio e del Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 55-bis, comma 2, per avere l’Agenzia disposto ulteriori accertamenti istruttori senza riconvocare il lavoratore sebbene avesse preannunciato tale intenzione nel verbale di audizione, la Corte di appello ha osservato che l’obbligo del contraddittorio a difesa del lavoratore esiste esclusivamente in sede di audizione dell’interessato, mentre non esistono specifiche prescrizioni riguardanti un obbligo di riconvocazione per eventuali indagini datoriali disposte successivamente alla difesa dell’interessato. Inoltre, ne’ con il ricorso introduttivo della fase sommaria ne’ con il ricorso in opposizione il (OMISSIS) aveva preso specifica posizione sulle risultanze di tali dati documentali ed anzi non aveva mai contestato l’esistenza delle condotte addebitategli nella loro materialita’, limitandosi a negare la rilevanza disciplinare delle regalie ricevute, trattandosi di importi di modico valore.
3.3. Anche tale ultimo assunto non e’ stato condiviso dalla Corte di appello in quanto, anche in presenza di un modesto danno patrimoniale subito dalla Pubblica Amministrazione, il comportamento posto in essere dal dipendente puo’ essere sintomatico di futuri comportamenti contrari ai doveri di ufficio. Nel caso di specie, la circostanza della reiterazione delle percezione di banconote e buoni benzina, fatti accertati tra il 22 e il 27 novembre 2004, per ben cinque volte nell’arco della settimana, denotava una sistematica relazione di scambio, contraria ai doveri che incombono sui funzionari pubblici nel delicato settore dei controlli doganali.
4. Per la cassazione di tale sentenza il (OMISSIS) propone ricorso affidato a quattro motivi. Resiste con controricorso l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.
5. In prossimita’ dell’udienza il ricorrente ha depositato memoria ex articolo 378 cod. proc. civ..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente, denunciando violazione del Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 55, dell’articolo 369 cod. proc. pen., articolo 66 C.C.N.L. del comparto Agenzie Fiscali e della L. n. 300 del 1970, articolo 7 nonche’ degli articoli 2964 e 2969 cod. civ. (articolo 360 c.p.c., n. 3), lamenta il difetto di specificita’ della originaria contestazione disciplinare del 25 ottobre 2005. Con tale atto l’Amministrazione si era limitata a prendere atto dell’informativa ricevuta dalla Procura della Repubblica, la quale a sua volta non aveva ancora individuato specifici fatti addebitabili al (OMISSIS). Ove poi si facesse riferimento al provvedimento del 20 giugno 2008 di sospensione cautelare dal servizio, la contestazione sarebbe tardiva rispetto alla conoscenza dei fatti di cui al decreto di rinvio a giudizio del 13 maggio 2008. Rileva che la Corte aveva fatto un improprio richiamo agli articoli 55-bis e 55-ter, introdotti dalla riforma di cui al Decreto Legislativo n. 150 del 2009, non applicabili ratione temporis alla fattispecie.
2. Il secondo motivo denuncia violazione del Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 55, comma 5, con riferimento all’articolo 66 C.C.N.L. comparto Agenzie fiscali 2000/2005, violazione del principio del contraddittorio (articolo 360 c.p.c., n. 3), per non avere l’Amministrazione disposto la riconvocazione dell’incolpato a seguito dell’ulteriore attivita’ istruttoria, disposta dopo la prima audizione.
3. Con il terzo motivo denuncia violazione delle regole di ermeneutica di cui agli articoli 1362 e ss. cod. civ. (articolo 360 c.p.c., n. 3) con riferimento al verbale del 3 febbraio 2015 concernente l’audizione presso l’ufficio del direttore interregionale a seguito di riattivazione del procedimento disciplinare sospeso.
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4. Il quarto motivo denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti (articolo 360 c.p.c., n. 5), ossia il mancato rispetto del termine di decadenza di cui all’articolo 66 C.C.N.L. di comparto che prevede il termine di venti giorni per la contestazione, termine decorrente dal momento che la conoscenza dei fatti da parte della pubblica amministrazione.
5. Occorre premettere che sono inammissibili, in quanto introducono questioni nuove di cui non vi e’ cenno nella sentenza impugnata, il quarto motivo e il primo nella parte in cui prospetta la tardivita’ della contestazione rispetto alla conoscenza dei fatti addebitati.
La Corte di appello ha dato atto che i vizi prospettati dal ricorrente dinanzi al primo giudice e reiterati in sede di reclamo concernevano: a) il difetto di specificita’ della contestazione disciplinare; b) la mancata riconvocazione del ricorrente a seguito delle ulteriori acquisizioni istruttorie ad opera dell’amministrazione; c) la mancata affissione del codice disciplinare. Non vi e’ cenno alla terza questione nel ricorso per cassazione, mentre sono denunciati vizi di diritto con riguardo ai primi due profili. Non risulta che la tardivita’ della contestazione e la decadenza ex articolo 66, comma 2, del CCNL 28 maggio 2004 per le Agenzie fiscali fossero temi dibattuti nel giudizio di merito.
5.1. Secondo costante giurisprudenza di legittimita’, qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, e’ onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilita’ per novita’ della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di cui all’articolo 366 cod. proc. civ. del ricorso stesso, di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ex actis la veridicita’ di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (ex plurimis, Cass. n. 23675 del 2013, n. 324 del 2007, nn. 230 e 3664 del 2006). Nel giudizio di cassazione, che ha per oggetto solo la revisione della sentenza in rapporto alla regolarita’ formale del processo ed alle questioni di diritto proposte, non sono proponibili nuove questioni di diritto o temi di contestazione diversi da quelli dedotti nel giudizio di merito, a meno che si tratti di questioni rilevabili di ufficio o, nell’ambito delle questioni trattate, di nuovi profili di diritto compresi nel dibattito e fondati sugli stessi elementi di fatto dedotti (Cass. n. 4787 del 2012).
5.2. Nel caso in esame, la sentenza di appello non evidenzia la proposizione di un motivo di gravame specificamente vertente sul vizio di tardivita’” ne’ dal ricorso per cassazione risulta se ed in quali termini le relative questioni fossero state sollevate nelle diverse fasi del giudizio di merito.
6. Tanto premesso, le censure di cui al primo motivo sono infondate.
Questa Corte ha gia’ avuto modo di affermare la piena ammissibilita’ della contestazione per relationem mediante il richiamo agli atti del procedimento penale instaurato a carico del lavoratore per fatti e comportamenti rilevanti anche ai fini disciplinari, ove le accuse formulate in sede penale siano a conoscenza dell’interessato, risultando rispettati anche in tale ipotesi i principi di correttezza e garanzia del contraddittorio (Cass. n. 10662 del 2014, n. 29240 del 2017).
L’apprezzamento del requisito di specificita’ – da condurre secondo i canoni ermeneutici applicabili agli atti unilaterali – e’ poi riservato al giudice di merito, la cui valutazione e’ sindacabile in cassazione solo mediante precisa censura, non essendo sufficiente limitarsi a prospettare una lettura alternativa a quella svolta nella decisione impugnata (Cass. n. 13667 del 2018).
6.1. La Corte di appello ha evidenziato che la contestazione si fondava, nel suo contenuto motivazionale, sul duplice dato dell’informativa ricevuta dalla Procura della Repubblica e della circostanza che il lavoratore era a conoscenza dell’indagine penale nei suoi confronti, avendo ricevuto un avviso di garanzia e subito una perquisizione domiciliare.
Tale richiamo vale a integrare il canone di specificita’ della contestazione, ove si consideri che l’informazione di garanzia deve contenere, come prescritto dall’articolo 369 cod. proc. pen., l’indicazione delle norme di legge che si assumono violate e l’indicazione della data e del luogo del fatto. Qualora un soggetto abbia ricevuto informazione di garanzia in occasione di una perquisizione domiciliare ex articolo 251 cod. proc. pen., da tale momento ha concreta notizia del reato per cui si procede nei suoi confronti (Cass. n. 22682 del 2010).
7. Il secondo e il terzo motivo, da trattare congiuntamente in quanto vertenti su questioni connesse, sono infondati.
In via generale, va ribadito che il diritto di difesa dell’incolpato (articolo 24 Cost.) rispecchia un valore inerente ai diritti inviolabili della persona e contribuisce a dare concreto spessore anche all’imparzialita’ dell’amministrazione (articolo 97 Cost.), che nell’esercizio della potesta’ sanzionatoria deve porre l’incolpato in grado di far ascoltare e far valutare le proprie ragioni da chi e’ chiamato a decidere (v. in tal senso, Cass. n. 8245 del 2016). Il diritto di difesa si riferisce alle possibilita’ di esplicitare ogni ragione a discolpa e di provare l’infondatezza dell’addebito disponendo di termini adeguati per farlo.
7.1. In relazione alle garanzie previste dal C.C.N.L. comparto Agenzie fiscali, articolo 66, comma 2, prevede che “L’Agenzia, fatta eccezione per il rimprovero verbale, non puo’ adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del dipendente, se non previa contestazione scritta dell’addebito… e senza aver sentito il dipendente a sua difesa con l’eventuale assistenza di un procuratore ovvero di un rappresentante dell’associazione sindacale cui egli aderisce o conferisce mandato”.
La Corte territoriale, seppure facendo un’impropria menzione del Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 55-bis norma introdotta dal Decreto Legislativo n. 150 del 2009 (non applicabile ratione temporis alla fattispecie), ha osservato che il diritto al contraddittorio era stato rispettato, in quanto il dipendente era stato regolarmente convocato e ascoltato a difesa, mentre il fatto che l’Agenzia avesse disposto ulteriori accertamenti istruttori (nella specie, mediante l’acquisizione dei filmati contenenti la registrazione delle dazioni di denaro e delle altre utilita’ intercorrenti tra persone estranee all’Amministrazione e il (OMISSIS)) senza riconvocarlo, sebbene avesse espresso tale intenzione nel verbale di audizione, non costituiva violazione delle garanzie difensive, non essendo tale ulteriore adempimento prescritto da alcuna norma regolativa del procedimento.
7.2. Tale conclusione non contraddice alcun principio espresso dalla giurisprudenza di questa Corte, ne’ viola la disciplina del procedimento di cui al Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 55 (anteriore alla riforma di cui al Decreto Legislativo n. 150 del 2009) e del C.C.N.L. di comparto, poiche’ non e’ in alcun modo previsto che lo svolgimento di ulteriori indagini che l’Amministrazione intenda compiere dopo l’audizione a difesa dell’incolpato comportino l’obbligo di riconvocarlo per una nuova audizione.
8. Per tali assorbenti motivi, il ricorso va rigettato, con condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, liquidate nella misura indicata in dispositivo.
9. Sussistono i presupposti processuali (nella specie, rigetto del ricorso) per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio, articolo 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, (legge di stabilita’ 2013).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

Avv. Renato D’Isa

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