Diniego di concessione della cittadinanza

Consiglio di Stato, sezione terza, Sentenza 19 novembre 2019, n. 7904.

La massima estrapolata:

In presenza della classifica di riservatezza sugli atti istruttori preordinati all’adozione del decreto recante il diniego di concessione della cittadinanza, correttamente l’Amministrazione omette di indicarne il contenuto, al fine di non estendere la loro conoscenza a soggetti privi della prescritta abilitazione rilasciata dall’Autorità preposta alla tutela del segreto di Stato. Tuttavia, nel rispetto del principio del contraddittorio e, quindi, di parità delle parti di fronte al giudice (c.d. parità delle armi), la conoscenza del documento deve essere comunque consentita in corso di giudizio al difensore dello straniero; sicché, in presenza di informative con classifica di “riservato”, il richiamo ob relationem al contenuto delle stesse può soddisfare le condizioni di adeguatezza della motivazione, mentre l’esercizio dei diritti di difesa e la garanzia di un processo equo possono essere soddisfatti dall’ostensione in giudizio della documentazione secretata, ferme le cautele e le garanzie previste per la tutela dei contenuti classificati da riservatezza.

Sentenza 19 novembre 2019, n. 7904

Data udienza 14 novembre 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1792 del 2017, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato An. Ma., con domicilio eletto presso lo studio Iv. Pu. in Roma, viale (…);
contro
Ministero dell’Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domicilia ex lege in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza semplificata del T.A.R. per il Lazio – Roma – Sezione Prima Ter, n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente l’impugnazione del decreto del Ministero dell’Interno del 22 giugno 2016, n. -OMISSIS-, che ha disposto il rigetto della domanda di concessione della cittadinanza italiana avanzata dall’odierno ricorrente.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 novembre 2019 il Cons. Giovanni Pescatore e udito per la parte resistente l’avvocato dello Stato Wa. Fe.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. L’odierno appellante ha avanzato domanda di concessione della cittadinanza italiana, ai sensi dell’art. 5, L. 5 febbraio 1992, n. 5, riferito al caso dello straniero sposato con cittadina italiana.
La domanda è stata respinta con il provvedimento del Ministro dell’Interno del 22 giugno 2016, sulla scorta della ritenuta contiguità dello straniero a movimenti aventi scopi non compatibili con la sicurezza della Repubblica.
2. Tanto nel giudizio di primo grado, conclusosi con la sentenza reiettiva n. -OMISSIS-, quanto nella presente sede, il ricorrente denuncia il tenore apodittico e apparente della motivazione del provvedimento, in quanto a suo dire del tutto priva, al pari della pronuncia del Tar che l’ha avallata, di qualunque indicazione minima dei “comprovati motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica” che dimostrerebbero, in concreto, la sua vicinanza ad ambienti e movimenti ostili alla sicurezza nazionale. L’evidenziata lacunosità motivazionale viene anche indicata come indice di una sottostante istruttoria parziale e incompleta.
3. Il Ministero dell’Interno si è costituito con memoria di stile, senza svolgere deduzioni difensive.
4. L’istanza cautelare è stata respinta con ordinanza n. -OMISSIS-, con la quale è stata contestualmente disposta l’acquisizione delle risultanze della “attività informativa esperita” dai competenti organi, richiamata nel controverso decreto ministeriale.
5. La richiesta istruttoria – rinnovata con le ordinanze n. -OMISSIS- e -OMISSIS- – è stata infine assolta dall’amministrazione con il deposito documentale del 28 marzo 2019.
6. La causa è stata introitata in decisione all’esito dell’udienza pubblica di discussione del 14 novembre 2019.
7. L’appello è infondato.
8. Secondo la giurisprudenza di questo Consiglio, in presenza della classifica di riservatezza sugli atti istruttori preordinati all’adozione del decreto recante il diniego di concessione della cittadinanza, correttamente l’Amministrazione omette di indicarne il contenuto, al fine di non estendere la loro conoscenza a soggetti privi della prescritta abilitazione rilasciata dall’Autorità preposta alla tutela del segreto di Stato.
Tuttavia, nel rispetto del principio del contraddittorio e, quindi, di parità delle parti di fronte al giudice (c.d. parità delle armi), la conoscenza del documento deve essere comunque consentita in corso di giudizio al difensore dello straniero; sicché, in presenza di informative con classifica di “riservato”, il richiamo ob relationem al contenuto delle stesse può soddisfare le condizioni di adeguatezza della motivazione, mentre l’esercizio dei diritti di difesa e la garanzia di un processo equo possono essere soddisfatti dall’ostensione in giudizio della documentazione secretata, ferme le cautele e le garanzie previste per la tutela dei contenuti classificati da riservatezza (cfr., tra le altre, Cons. Stato, sez. III, n. 130/2015 e 6161/2014).
9. Nel caso di specie, può certamente dirsi che si siano realizzati i descritti presidi di garanzia dei diritti della parte, in quanto a seguito dell’ordine istruttorio impartito all’amministrazione è stata depositata documentazione confermativa degli elementi sui quali è stato basato il giudizio di pericolosità .
10. Il ricorso non si presta ad essere accolto anche in ragione del contenuto intrinseco di tale documentazione.
Si tratta, in primo luogo, di notizie pervenute da fonte ufficiale, raccolte e vagliate da detti organismi pubblici nell’esercizio delle loro funzioni istituzionali, sulla cui attendibilità non è dato ragionevolmente dubitare, sia perché, come detto, provengono dagli organi specificamente preparati e adibiti alle indagini della specie; sia perché alcun certo e sicuro elemento contrario è stato prodotto dalla parte in proposito.
11. Ancora sul merito della determinazione negativa qui impugnata, pare opportuno rammentare come sia principio consolidato in giurisprudenza quello per cui l’amministrazione gode di un’ampia sfera di discrezionalità circa la possibilità di concedere o meno la cittadinanza, mentre la valutazione operata dagli uffici, nel corso dell’istruttoria che segue alla richiesta di rilascio della cittadinanza, si estende non solo alla capacità dello straniero di inserirsi in modo ottimale nella comunità nazionale sotto il profilo lavorativo, economico e sociale; ma anche all’assenza di possibili vulnera che dalla sua presenza potrebbero derivare per le condizioni di sicurezza dello Stato.
Tale concetto di pericolo per l’ordine pubblico, inoltre, non è necessariamente correlato ad elementi ostativi quali condanne o precedenti penali o anche solo giudiziari a carico del richiedente, ma può argomentarsi anche in relazione alle specifiche frequentazioni dello straniero e alla sua appartenenza a movimenti che, per orientamenti ideologici o posizioni estremistiche, possono incidere sulle condizioni di sicurezza pubblica o sulla condivisione dei valori fondanti la coesione della comunità nazionale (cfr. Cons. Stato, sez. VI, n. 5103/2017; T.A.R. Brescia, sez. I, n. 1749/2012; Tar Lazio, sez. II quater n. 10989/2015).
12. I dati istruttori emersi nel corso del presente giudizio si pongono in termini del tutto coerenti con il tipo di valutazione che l’amministrazione ha ritenuto di trarne e con i parametri di legittimità entro i quali può esplicarsi il suo potere discrezionale.
13. In ragione delle suesposte osservazioni l’appello va respinto.
14. Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,
lo respinge.
Condanna la parte appellante a rifondere in favore della parte appellata le spese di lite che liquida in complessivi Euro. 1.500,00, oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte appellante.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 novembre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini – Presidente
Paola Alba Aurora Puliatti – Consigliere
Giovanni Pescatore – Consigliere, Estensore
Giulia Ferrari – Consigliere
Raffaello Sestini – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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