Dimissioni volontarie nel periodo in cui opera il divieto di licenziamento

Corte di Cassazione, sezione lavoro, Sentenza 17 giugno 2019, n. 16176.

La massima estrapolata:

In caso di dimissioni volontarie nel periodo in cui opera il divieto di licenziamento, la lavoratrice madre ha diritto, a norma dell’art. 55 del d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151, alle indennità previste dalla legge o dal contratto per il caso di licenziamento, ivi compresa l’indennità sostitutiva del preavviso, indipendentemente dal motivo delle dimissioni e, quindi, anche nell’ipotesi in cui esse risultino preordinate all’assunzione della lavoratrice alle dipendenze di altro datore di lavoro.

Sentenza 17 giugno 2019, n. 16176

Data udienza 17 aprile 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere

Dott. TRIA Lucia – Consigliere

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere

Dott. BELLE’ Roberto – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 6764-2014 proposto da:
AZIENDA USL N. (OMISSIS) DI EMPOLI, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II n. 18, presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1056/2013 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 26/09/2013 R.G.N. 1185/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/04/2019 dal Consigliere Dott. ROBERTO BELLE’;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’Appello di Firenze, con sentenza n. 1056/2013, ha respinto il gravame avverso la pronuncia di primo grado che aveva accolto la domanda di (OMISSIS), gia’ dirigente medico presso la Asl n. (OMISSIS), di pagamento dell’indennita’ sostitutiva del preavviso per dimissioni rassegnate entro il primo anno dalla data di ingresso in famiglia del minore dalla stessa adottato, secondo quanto previsto dalla Decreto Legislativo n. 151 del 2001, articolo 55, comma 1 e 3.
La Corte territoriale riteneva che la norma, prevedendo il predetto pagamento quale forma di indennizzo per un mutamento lavorativo da presumersi attuato in funzione della indispensabile cura della prole, ritenuta dalla lavoratrice incompatibile con la conservazione del posto di lavoro sino a quel momento occupato, non consentisse valutazioni rispetto alla maggiore o minore vantaggiosita’ di scelte lavorative alternative attuate dalla dipendente in esito alle dimissioni, in quanto cio’ implicherebbe non disinteressati apprezzamenti del datore di lavoro svincolati da criteri obiettivi e certi e peraltro di impossibile predeterminazione.
2. La Asl ha proposto ricorso per cassazione con due motivi, resistiti con controricorso dalla (OMISSIS). Entrambe le parti hanno depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente adduce la violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 151 del 2001, articolo 55, commi 1 e 3 (articolo 360 c.p.c., n. 3). Essa propugna un’interpretazione adeguatrice della norma, sostenendo che il beneficio sarebbe da riconnettere non al solo fatto storico della nascita o adozione del figlio nel periodo considerato, dovendosi consentire al datore di lavoro, previa riqualificazione del pregiudizio quale oggetto di una mera presunzione iuris tantum, di dimostrare il reimpiego della donna in altra attivita’ lavorativa, cosi’ onerando la stessa di dimostrare, in tal caso, la minor vantaggiosita’ dell’alternativa occupazionale conseguita.
Con il secondo motivo si sostiene altresi’ la violazione dell’articolo 2697 c.c. e l’omesso esame di un fatto decisivo (articolo 360 c.p.c., n. 5), sul presupposto che la Corte avrebbe trascurato come, una volta certo e pacifico che la (OMISSIS) avesse iniziato un nuovo lavoro, spettava alla lavoratrice dimostrare, secondo quanto sostenuto gia’ con il primo motivo, la minor vantaggiosita’, sul piano patrimoniale e non patrimoniale, della nuova sistemazione.
2. I due motivi, stante la loro connessione, vanno esaminati congiuntamente.
3. In fatto e’ pacifico che (OMISSIS), dopo le dimissioni da dirigente medico presso la A.S.L., nel corso dell’anno immediatamente successivo all’ingresso in famiglia del figlio adottivo, lavoro’ in forma autonoma attraverso sostituzioni periodiche di altri professionisti medici, oltre che all’interno dell’ambulatorio medico gestito dalla sorella attraverso una societa’ di cui, in un secondo momento, la stessa odierna parte divenne anche accomandante.
4. Cio’ posto, ritiene la Corte che l’interpretazione propugnata dalla A.S.L. e desunta da quanto filo tempore sostenuto da Cass. 19 agosto 2000, n. 10994, non possa essere avallata.
La norma infatti prevede tout court, al verificarsi delle condizioni in essa previste (dimissioni nel periodo da essa considerato), il diritto della madre a ricevere le “indennita’ previste da disposizioni di legge e contrattuali per il caso di licenziamento” e quindi, per quanto qui interessa, un’indennita’ pari a quella prevista in sostituzione del preavviso.
Cio’ sulla base di un’insindacabile favor per la madre dimissionaria, i cui costi sono destinati a gravare sul datore di lavoro, secondo una logica di evidente stampo solidaristico (articolo 2 Cost.), finalizzata alla tutela della maternita’ e della formazione della famiglia (articolo 31 Cost.).
Il gioco di presunzioni e modifiche degli oneri probatori propugnato dalla A.S.L. ricorrente non trova d’altra parte alcun riscontro nel disposto normativo e dunque va confermato il contrario e prevalente orientamento secondo cui “in caso di dimissioni volontarie nel periodo in cui opera il divieto di licenziamento, la lavoratrice madre ha diritto, a norma del Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151, articolo 55, alle indennita’ previste dalla legge o dal contratto per il caso di licenziamento, ivi compresa l’indennita’ sostitutiva del preavviso, indipendentemente dal motivo delle dimissioni e, quindi, anche nell’ipotesi in cui esse risultino preordinate all’assunzione della lavoratrice alle dipendenze di altro datore di lavoro” Cass. 3 marzo 2014, n. 4919; Cass. 24 agosto 1995, n. 8970; Cass., 22 ottobre 1991, n. 11164).
Con assetto di interessi che incontra soltanto il limite generale dell’abuso del diritto, in questo caso rispetto all’esercizio di una pretesa che ha radice (legale) nel contratto (articolo 1375 c.c.); tale abuso certamente non e’ radicato in se’ dal reperimento di nuova occupazione, postulandosi invece, come di norma, puntuali allegazioni e prove ad opera della parte che lo adduca e quindi del datore di lavoro, chiamato a dimostrare determinarsi, ad es., di una situazione al contempo economicamente piu’ vantaggiosa e lavorativamente piu’ onerosa per la dipendente, che renda irrazionale il beneficio patrimoniale per la dipendente ed il corrispondente sacrificio per il datore e che colori dunque in senso profittatorio la pretesa ciononostante avanzata dal genitore.
Ipotesi che nel caso di specie non e’ neppure prospettata, muovendosi le difese della A.S.L. solo sull’infondato piano di un rovesciamento di oneri probatori, per il solo fatto del reperimento di altre occupazioni, che, come detto, non ha aggancio effettivo nella normativa interessata.
5. Al rigetto del ricorso segue la regolazione secondo soccombenza delle spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di legittimita’ che liquida in Euro 5.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali in misura del 15 % ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.

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