Dimissioni del lavoratore da un contratto a tempo determinato

Corte di Cassazione, sezione lavoro, Ordinanza 14 marzo 2019, n. 7318.

La massima estrapolata:

Le dimissioni del lavoratore da un contratto a tempo determinato, facente parte di una sequenza di contratti similari succedutisi nel corso del tempo, esplicano i propri effetti sul rapporto intercorso tra le parti ma non elidono il diritto all’accertamento dell’invalidità del termine apposto al primo contratto di lavoro, permanendo l’interesse alle conseguenze di ordine economico che da tale nullità parziale scaturiscono.

Ordinanza 14 marzo 2019, n. 7318

Data udienza 30 gennaio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente

Dott. CURCIO Laura – Consigliere

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere

Dott. BLASUTTO Daniela – rel. Consigliere

Dott. LORITO Matilde – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 17599/2015 proposto da:
(OMISSIS) S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 10610/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 10/01/2015 R.G.N. 5152/2012.

RILEVATO IN FATTO

CHE:
1. La Corte di appello di Roma, in riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato la nullita’ del termine apposto al contratto stipulato tra (OMISSIS) e (OMISSIS) s.p.a. con decorrenza dal 10 marzo 2004 e ha disposto la conversione in un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, determinando in dieci mensilita’ della retribuzione globale di fatto il risarcimento del danno dovuto a parte appellante, oltre accessori, in applicazione della L. n. 183 del 2010, articolo 32.
2. Il Giudice del lavoro del Tribunale di Roma aveva rigettato il ricorso del lavoratore, ritenendo che per i primi quattro contratti riguardanti il periodo dal 29 maggio 2003 al 16 settembre 2005 la domanda fosse preclusa dal fatto che il lavoratore si era dimesso per motivi personali. Aveva poi giudicato legittima l’apposizione del termine ai contratti stipulati nel periodo successivo, in quanto conformi al Decreto Legislativo n. 368 del 2001.
3. La Corte di appello, accogliendo l’appello proposto dal (OMISSIS), ha invece ritenuto che, qualora il lavoratore rassegni le proprie dimissioni nel corso di una serie di contratti a termine e successivamente agisca in giudizio al fine di ottenere la declaratoria di nullita’ del termine apposto a ciascuno dei contratti e la conversione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro, non si puo’ ritenere che le dimissioni impediscano la conversione, essendo necessario accertare se la volonta’ di recedere da un rapporto di lavoro a tempo determinato sussistesse anche in relazione ad un rapporto di lavoro stabile.
3.1. La Corte di appello ha poi osservato che “nulla autorizza a dire che, interrompendo il contratto in essere per motivi personali, il ricorrente intendesse porre fine non solo al rapporto originario, ma anche a quello convertito a tempo indeterminato in conseguenza della illegittimita’ dei precedenti contratti a termine, consapevole che la conversione ex lege, che si riservava di far dichiarare in futuro, avrebbe operato retroattivamente” e che “..in mancanza di una espressa dichiarazione che comprovi la volonta’ di dismettere anche il rapporto a tempo indeterminato o, in difetto di essa, in mancanza di indici sintomatici che consentano di ricostruire un’effettiva volonta’ in tal senso, le dimissioni non possono che produrre effetti limitatamente al vincolo in corso, alla cui chiusura sono espressamente finalizzate”.
3.2. Ritenuto dunque che le rassegnate dimissioni non potessero incidere sulla conversione, ha ritenuto fondato il diritto del lavoratore stante il “generico richiamo all’esigenza di produrre determinati programmi, ancorche’ nominativamente indicati, atteso che siffatta motivazione si esaurisce in una mera clausola di stile riproduttiva della formula legislativa…”.
4. Per la cassazione di tale sentenza (OMISSIS) s.p.a. propone ricorso affidato a tre motivi. Resiste con controricorso il (OMISSIS).
5. La ricorrente ha altresi’ depositato memoria ex articolo 380 bis.1 c.p.c. (inserito dal Decreto Legge n. 31 agosto 2016, n. 168, articolo 1, lettera f, conv. in L. n. 25 ottobre 2016, n. 197).

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:
1. Con il primo motivo la societa’ ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 1372 c.c., articolo 1362 c.c., comma 2, articoli 1366, 1175 e 1324 c.c. (articolo 360 c.p.c., n. 3), rilevando che il (OMISSIS) per ben due volte aveva rassegnato le proprie dimissioni dai rispettivi contratti a termine e che tale manifestazione di volonta’, non affetta da vizi di invalidita’ e comunque mai impugnata, non poteva non ritenersi idonea a determinare l’estinzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato eventualmente destinato ad essere ricostituito ex post per effetto della conversione ex tunc dei rapporti di lavoro instaurati con un termine finale.
2. Con il secondo motivo denuncia violazione ed erronea applicazione del Decreto Legislativo n. 368 del 2001, articolo 1, (articolo 360 c.p.c., n. 3) per avere la Corte di appello erroneamente ritenuto l’illegittimita’ del termine apposto al contratto stipulato con decorrenza dal 10 marzo 2004, recante una chiara indicazione della causale giustificativa, al pari degli altri contratti successivamente stipulati.
3. Con il terzo motivo, proposto in via subordinata, lamenta violazione della L. n. 183 del 2010, articolo 32, comma 6, e dell’articolo 115 c.p.c., (articolo 360 c.p.c., n. 4), ai fini della riduzione del quantum risarcitorio, per avere la sentenza ritenuto generica la richiesta della (OMISSIS) di applicazione della L. n. 183 del 2010, articolo 32, comma 6.
4. Va accolto il primo motivo, con assorbimento dei restanti.
5. La questione posta con il primo motivo e’ quella di stabilire se le dimissioni del lavoratore comunicate durante un contratto a tempo determinato possano avere efficacia soltanto nell’ambito del contratto medesimo e non nell’accertando rapporto di lavoro a tempo indeterminato, in assenza di prova della consapevolezza e volonta’ del lavoratore di interrompere non gia’ il contratto a termine bensi’ il (non ancora) dichiarato rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
6. Su tale questione la giurisprudenza di questa Corte si e’ gia’ espressa recentemente in piu’ occasioni, con orientamento – formatosi successivamente alla sentenza della Corte di appello di Roma oggetto del presente ricorso – da ritenere ormai consolidato.
6.1. Si e’ affermato che le dimissioni del lavoratore da un contratto a tempo determinato, facente parte di una sequenza di contratti similari succedutisi nel corso degli anni, esplica i propri effetti anche con riferimento al rapporto a tempo indeterminato accertato dal giudice con sentenza dichiarativa della nullita’ del primo dei contratti di lavoro a termine, salvo che il lavoratore non dimostri che le dimissioni sono viziate da errore, sotto forma di ignoranza della sopravvenuta conversione del rapporto, sicche’ da esse non derivano effetti limitati alla sola anticipazione della data di scadenza del rapporto a tempo determinato cui esse si riferiscono, ma anche sulla continuita’ del rapporto a tempo indeterminato, la cui esistenza sia accertata successivamente dal giudice (Cass. n. 12856 del 2015).
6.2. Piu’ recentemente, e’ stato precisato che le dimissioni del lavoratore da un contratto a tempo determinato, facente parte di una sequenza di contratti similari succedutisi nel corso del tempo, esplicano i propri effetti sul rapporto intercorso tra le parti ma non elidono il diritto all’accertamento dell’invalidita’ del termine apposto al primo contratto di lavoro, permanendo l’interesse alle conseguenze di ordine economico che da tale nullita’ parziale scaturiscono (Cass. 1534 del 2016).
7. Secondo tale orientamento, la dichiarazione di recesso del lavoratore, una volta comunicata al datore di lavoro, e’ idonea ex se a produrre l’effetto della estinzione del rapporto, che e’ nella disponibilita’ delle parti, a prescindere dai motivi che ebbero a determinare le dimissioni (a meno che queste non risultino viziate come atto di volonta’) e dalla eventuale esistenza di una giusta causa, posto che, anche in tal caso, l’effetto risolutorio si ricollega pur sempre, a differenza di quanto avviene per il licenziamento illegittimo o ingiustificato, ad un atto negoziale del lavoratore, che e’ preclusivo di un’azione intesa alla conservazione del medesimo rapporto (v. Cass. n. 6342 del 2012). Del resto, le dimissioni del lavoratore costituiscono un atto unilaterale recettizio idoneo a determinare la risoluzione del rapporto nel momento in cui pervengono a conoscenza del datore di lavoro, indipendentemente dalla volonta’ di quest’ultimo (v. Cass. n. 4391 del 2007 e Cass. n. 9046 del 2004) e, in quanto riferibili ad un diritto disponibile del lavoratore, sono sottratte alla disciplina dell’articolo 2113 c.c. (v. Cass. n. 12301 del 2003, Cass. n. 171 del 2009 e Cass. n. 18285 del 2008). Incombe, poi, sul lavoratore, in base al principio di cui all’articolo 1427 c.c., l’onere di chiedere l’annullamento delle dimissioni che siano viziate da errore, violenza o dolo.
7.1. Anche in altre sentenze di questa Corte, intervenute in fattispecie analoghe a quella in esame, sempre vertenti in contratti a termine stipulati dalla (OMISSIS), e’ stato osservato che la dichiarazione di recesso del lavoratore, una volta comunicata al datore di lavoro, e’ idonea ex se a produrre l’effetto della estinzione del rapporto, che e’ nella disponibilita’ delle parti, a prescindere dai motivi che abbiano determinato le dimissioni (a meno che queste ultime non siano inficiate dalla minaccia di licenziamento e risultino percio’ viziate come atto di volonta’) e dalla eventuale esistenza di una giusta causa, atteso che, anche in tal caso, l’effetto risolutorio si ricollega pur sempre, a differenza di quanto avviene per il licenziamento illegittimo o ingiustificato, ad un atto negoziale del lavoratore, che e’ preclusivo di un’azione intesa alla conservazione del medesimo rapporto (Cass. n. 175 del 2014 e n. 2751 del 2014, che richiamano Cass. n. 6342 del 2012, Cass. n. 10193 del 2002).
7.2. In una causa in cui un dipendente (OMISSIS) assumeva che non vi era alcuna volonta’ di risolvere, attraverso le dimissioni, il rapporto di lavoro a tempo indeterminato, la cui natura ed esistenza non erano state ancora giudizialmente accertate e rispetto al quale, dunque, le dimissioni non potevano spiegare effetti, questa Corte ha ribadito il suddetto orientamento, osservando che l’effetto risolutorio si ricollega pur sempre, a differenza di quanto avviene per il licenziamento illegittimo o ingiustificato, ad un atto negoziale del lavoratore, che e’ preclusivo di un’azione intesa alla conservazione del medesimo rapporto (Cass. n. 2751 del 2014, che richiama Cass., n. 6342 del 2012).
8. Per tale assorbente motivo, la sentenza va cassata con rinvio alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, che, quale giudice di rinvio, dovra’ riesaminare il merito della causa, in relazione all’appello proposto dal (OMISSIS), ivi comprese eventuali questioni rimaste assorbite nella soluzione interpretativa accolta nella sentenza di appello ed ora annullata, essendo travolto dall’errore di diritto l’accertamento di fatto che ne e’ correlato.
9. Tenuto conto dell’accoglimento del ricorso, non sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della societa’ ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Roma in diversa composizione, anche per le spese.

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