Diffamazione tramite “internet” ed individuazione del “dies a quo”

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|9 giugno 2021| n. 22787.

In tema di diffamazione tramite “internet”, ai fini della individuazione del “dies a quo” per la decorrenza del termine per proporre querela, occorre fare riferimento, in assenza di prova contraria da parte della persona offesa, ad una data contestuale o temporalmente prossima a quella in cui la frase o l’immagine lesiva sono immesse sul “web”, atteso che l’interessato, normalmente, ha notizia del fatto commesso mediante la “rete” accedendo alla stessa direttamente o attraverso terzi che in tal modo ne siano venuti a conoscenza. (Nella specie la Corte ha annullato con rinvio la sentenza impugnata per aver ritenuto la tempestività della querela, presentata dopo oltre quattro mesi dalla pubblicazione di un “post” diffamatorio, sulla base della sola dichiarazione assertiva della persona offesa di non aver avuto per lungo tempo accesso ai “social network”).

Sentenza|9 giugno 2021| n. 22787. Diffamazione tramite “internet” ed individuazione del “dies a quo”

Data udienza 30 aprile 2021

Integrale

Tag – parola: Diffamazione aggravata – Diffamazione tramite internet – Diffamazione tramite “internet” ed individuazione del “dies a quo” – Offesa alla reputazione mediante Facebook – Decorrenza termine querela – Accertamento tempestività – Configurabilità esimente della provocazione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PEZZULLO Rosa – Presidente

Dott. TUDINO Alessandrina – Consigliere

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere

Dott. BRANCACCIO Matilde – Consigliere

Dott. RICCARDI Giusepp – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nata in (OMISSIS);
avverso la sentenza del 01/10/2019 della Corte di Appello di Milano;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE RICCARDI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MIGNOLO Olga, che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ del ricorso;
udito il difensore, Avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

Diffamazione tramite “internet” ed individuazione del “dies a quo”

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa il 01/10/2019 la Corte di Appello di Milano ha confermato l’affermazione di responsabilita’ pronunciata dal Tribunale di Busto Arsizio il 15/12/2017 nei confronti di (OMISSIS) per il reato di diffamazione aggravata, per avere, comunicando attraverso il soda network Facebook, offeso la reputazione delle figlie ( (OMISSIS) e (OMISSIS)) e dell’ex moglie ( (OMISSIS)) del compagno (OMISSIS), pubblicando sulla bacheca del proprio profilo Facebook un messaggio in cui accusava le parti civili di occultare eredita’ e di dichiararsi disoccupate pur di continuare a percepire un assegno divorzile, ed in tal modo di rubare al proprio padre.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di (OMISSIS), Avv. (OMISSIS), che ha dedotto i seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo deduce il vizio di motivazione ed il travisamento della prova in ordine alla ritenuta tempestivita’ della querela: la persona offesa (OMISSIS) aveva infatti riferito di aver visto il post pubblicato dall’imputata il (OMISSIS) soltanto in data (OMISSIS), e di aver quindi proposto tempestivamente querela in data 14 giugno 2014; lamenta che la valutazione della tempestivita’ della querela sia stata formulata sulla base delle della sola dichiarazione della persona offesa costituita parte civile.
Sotto altro profilo deduce che la Corte territoriale avrebbe travisato la prova, dimostrando di non conoscere il funzionamento del socia/ network Facebook: invero, la circostanza che l’imputata avrebbe bloccato (OMISSIS), oltre a non essere stata dimostrata, risulta smentita proprio dal funzionamento del soda network, in quanto, se un utente blocca l’accesso ad un soggetto, quest’ultimo non ha la possibilita’ non soltanto di rispondere ai post, ma addirittura di visionarli; inoltre, proprio per il funzionamento del soda network, deve ritenersi che la visione del post sia stata pressoche’ contestuale alla pubblicazione del febbraio 2014, in quanto i post redatti e pubblicati dagli utenti vengono pubblicati sulla pagina principale di accesso alla piattaforma non appena redatti, e quindi vengono visionati sostanzialmente in presa diretta dagli utenti amici; sicche’ la circostanza che il post sarebbe stato letto mesi dopo la sua pubblicazione sarebbe inverosimile.
2.2. Con un secondo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento dell’esimente della provocazione di cui all’articolo 599 c.p.: il fatto ingiusto si inserisce infatti nella separazione avvenuta a meta’ degli anni âEuroËœ90 tra (OMISSIS) e (OMISSIS), allorquando quest’ultima ottenne condizioni economiche particolarmente vantaggiose per il mantenimento post-divorzile avanzando un ricatto all’allora marito, rappresentandogli che avrebbe rivelato ai suoi datori di lavoro – una scuola di matrice fortemente religiosa -, la sua relazione extraconiugale con la futura compagna, qualora non avesse accettato le condizioni economiche; tale ricatto venne registrato dal (OMISSIS), e fatto ascoltare all’odierna ricorrente soltanto il 31 gennaio 2014, allorquando l’avvocato civilista che assisteva il (OMISSIS) comunicava tramite e-mail una rilevante eredita’ in favore della ex moglie.
Cio’ posto, l’ascolto della registrazione, che era stata tenuta nascosta per vent’anni, unitamente alla dura contrapposizione giudiziaria che pendeva per la riduzione dell’assegno di mantenimento in favore della ex moglie, avevano dunque generato un significativo stato d’ira nell’animo dell’imputata che, colta dalla rabbia, ha scritto il post ritenuto diffamatorio.
Nel richiamare un estratto della conversazione registrata, lamenta altresi’ l’erroneita’ della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che la cesura temporale tra l’ascolto delle registrazioni, avvenuto non prima del 31 gennaio 2014, e la redazione del post incriminato, avvenuta il (OMISSIS), fosse un lasso di tempo congruo a far ritenere scemato lo stato d’ira: invero, lo stato d’ira determinato dall’ascolto delle registrazioni deve essere sommato alle fatiche psicologiche connaturate alla lunga battaglia legale, ed e’ evidente la sussistenza di un nesso causale tra lo stato di rabbia dovuto all’ascolto delle registrazioni e la redazione del post.
Inoltre la Corte territoriale ha ritenuto inapplicabile la provocazione anche perche’ la condotta diffamatoria sarebbe stata posta in essere non solo nei confronti della (OMISSIS), ma anche nei confronti delle figlie del (OMISSIS), in quanto non interessate queste ultime alla vicenda originaria della separazione: tuttavia, non soltanto le figlie sono state per anni beneficiarie di cospicue elargizioni economiche da parte del padre, ma la giurisprudenza di legittimita’ ha chiarito che l’esimente della provocazione e’ applicabile anche nel caso in cui la reazione dell’agente sia diretta nei confronti di persona diversa dal provocatore quando quest’ultimo sia legato all’offeso da rapporti tali da giustificare la reazione offensiva nei suoi confronti.
2.3. Con un terzo motivo deduce la violazione di legge in ordine alla mancata applicazione dell’articolo 131 bis c.p.

 

Diffamazione tramite “internet” ed individuazione del “dies a quo”

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato.
2. Con riferimento al primo motivo, va innanzitutto rilevato che la sentenza impugnata appare del tutto carente nella motivazione concernente la tempestivita’ della querela, limitandosi laconicamente ad argomentare nel senso che le considerazioni della difesa dell’imputata sarebbero meramente congetturali.
Al riguardo, giova rammentare che, secondo l’insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, in tema di diffamazione tramite “internet”, ai fini della tempestivita’ della querela, occorre considerare che la diffamazione, avente natura di reato di evento, si consuma nel momento e nel luogo in cui i terzi percepiscono l’espressione ingiuriosa e, dunque, nel caso in cui frasi o immagini lesive siano immesse sul “web”, nel momento in cui il collegamento sia attivato, di guisa che l’interessato, normalmente, ha notizia della immissione in internet del messaggio offensivo o accedendo direttamente âEuroËœin rete’ o mediante altri soggetti che, in tal modo, ne siano venuti a conoscenza. Ne deriva se non la assoluta contestualita’ tra immissione in rete e cognizione del diffamato, almeno una prossimita’ temporale di essi, sempre che l’interessato non dia dimostrazione del contrario (Sez. 5, n. 23624 del 27/04/2012, Ayroldi, Rv. 252964, con riferimento ad una fattispecie in cui la pubblicazione delle espressioni offensive sul sito e’ avvenuta il 7 luglio 2009, la querela e’ stata presentata il successivo 9 dicembre ed e’ stata ritenuta tardivamente proposta dal G.u.p. con decisione ritenuta immune da censure dalla S.C.); in tema di diffamazione tramite “internet”, ai fini della individuazione del “dies a quo” per la decorrenza del termine per proporre querela, occorre fare riferimento, in assenza di prova contraria da parte della persona offesa, ad una data contestuale o temporalmente prossima a quella in cui la frase o l’immagine lesiva sono immesse sul “web”, atteso che l’interessato, normalmente, ha notizia del fatto commesso mediante la “rete” accedendo alla stessa direttamente o attraverso altri soggetti i quali in tal modo ne siano venuti a conoscenza (Sez. 5, n. 38099 del 29/05/2015, Cavalli, Rv. 264999, con riferimento ad una fattispecie in cui la Corte ha ritenuto tardiva, in assenza di elementi contrari, la querela presentata il 9 novembre 2010 a fronte di espressioni lesive inserite su un sito web il 7 luglio 2009).
Cio’ posto, sulla base degli atti nella disponibilita’ cognitiva di questa Corte, il post ritenuto diffamatorio risulta pubblicato il 02/02/2014, mentre la querela risulta proposta il 14/06/2014: in assenza di una motivazione sul punto immune da censure, in quanto, come rilevato, del tutto assertiva e apparente, e di una dimostrazione attendibile, da parte della querelante, della effettiva conoscenza del post in epoca molto successiva a quella della pubblicazione, tenuto conto delle modalita’ di funzionamento del soda network Facebook – sia con riferimento alla fruizione immediata dei messaggi pubblicati, sia con riferimento alla impossibilita’ di leggere post pubblicati da utenti bloccati o non amici -, va dunque ribadito che, ai fini della individuazione del “dies a quo” per la decorrenza del termine per proporre querela, occorre fare riferimento ad una data contestuale o temporalmente prossima a quella in cui la frase o l’immagine lesiva sono immesse sul “web”.
Ne consegue che la sentenza impugnata va annullata con rinvio, per nuovo esame sulla tempestivita’ della querela.
3. Benche’ assorbito, va altresi’ rilevata la fondatezza altresi’ del secondo motivo.
Invero, la motivazione con cui e’ stato negato il riconoscimento dell’esimente della provocazione appare erronea sotto un duplice profilo.
Innanzitutto, il diniego della provocazione, in quanto la condotta diffamatoria avrebbe riguardato anche le figlie della querelante, non coinvolte nelle vicende della separazione e del âEuroËœricatto’ della ex moglie, e’ erroneo, in quanto, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, l’esimente della provocazione, di cui all’articolo 599 c.p., e’ applicabile anche nel caso in cui la reazione dell’agente sia diretta nei confronti di persona diversa dal provocatore quando quest’ultimo sia legato all’offeso da rapporti tali da giustificare la reazione offensiva nei suoi confronti (Sez. 5, n. 37950 del 20/06/2017, Battei, Rv. 270790; Sez. 5, n. 12308 del 28/11/2012, dep. 2013, Fusaro, Rv. 255183).
Sotto altro profilo, nel rammentare che la causa di non punibilita’ della provocazione di cui all’articolo 599 c.p., comma 2, sussiste, non solo quando il fatto ingiusto altrui integra gli estremi di un illecito codificato, ma anche quando consiste nella lesione di regole di civile convivenza, purche’ apprezzabile alla stregua di un giudizio oggettivo, con conseguente esclusione della rilevanza della mera percezione negativa che di detta violazione abbia avuto l’agente (Sez. 5, n. 21133 del 09/03/2018, Iachetta, Rv. 273131), va osservato che la formulazione di un âEuroËœricatto’ – mediante prospettazione di indebite rivelazioni al datore di lavoro – per ottenere condizioni economiche favorevoli nell’ambito di un procedimento di divorzio puo’ senz’altro integrare gli estremi del fatto ingiusto altrui.
Inoltre, con riferimento al requisito della immediatezza, la Corte territoriale ne ha escluso la ricorrenza, sostenendo che i fatti ingiusti risalirebbero a molti anni prima, senza tuttavia argomentare sulla circostanza che il âEuroËœricatto’ formulato nei confronti dell’ex marito costituiva un fatto ingiusto nei confronti di costui, ma che, nei confronti dell’odierna ricorrente, il fatto ingiusto – per gli indubbi riflessi, personali, familiari e patrimoniali – e’ venuto nella sfera di conoscenza soltanto pochi giorni prima della pubblicazione del post ritenuto offensivo.
Anche la motivazione con cui si esclude l’immediatezza sul rilievo che l’audizione della registrazione sarebbe avvenuta due giorni prima della pubblicazione del post non appare confrontarsi con il consolidato insegnamento secondo cui, in tema di reati contro l’onore, la causa di non punibilita’ della provocazione sussiste in presenza dell’immediatezza della reazione, concetto questo che va inteso in senso relativo, richiedendo che tra l’insorgere della reazione ed il fatto ingiusto altrui vi sia una reale contiguita’ temporale (Sez. 5, n. 30502 del 16/05/2013, Quaretti, Rv. 257700); ai fini del riconoscimento dell’esimente della provocazione nei delitti contro l’onore, non e’ necessario che la reazione venga attuata nello stesso momento in cui sia ricevuta l’offesa, essendo sufficiente che essa abbia luogo finche’ duri lo stato d’ira suscitato dal fatto provocatorio (Sez. 1, n. 48859 del 07/10/2015; Pisano, Rv. 265220), e, pur non essendo necessaria una reazione istantanea, e’ richiesta tuttavia l’immediatezza della reazione, intesa come legame di interdipendenza tra reazione irata e fatto ingiusto subito, sicche’ il passaggio di un lasso di tempo considerevole puo’ assumere rilevanza al fine di escludere il rapporto causale e riferire la reazione ad un sentimento differente, quale l’odio o il rancore (Sez. 5, n. 7244 del 06/07/2015, dep. 2016, Presta, Rv. 267137).
4. Ne consegue l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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