Dichiarazione di fallimento di una delle parti

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|3 marzo 2022| n. 7076.

La dichiarazione di fallimento di una delle parti che si sia verificata dopo l’udienza di precisazione delle conclusioni e la scadenza dei termini per il deposito delle comparse conclusionali e le repliche non produce alcun effetto ai fini della interruzione del processo, sicchè il giudizio prosegue tra le parti originarie e la sentenza pronunciata nei confronti della parte successivamente fallita non è nulla, né “inutiliter data”, bensì inopponibile alla massa dei creditori, rispetto ai quali costituisce “res inter alios acta”.

Sentenza|3 marzo 2022| n. 7076. Dichiarazione di fallimento di una delle parti

Data udienza 19 gennaio 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Fallimento – Processo civile – Dichiarazione di fallimento di una parte – Momento successivo all’udienza di precisazione delle conclusioni e alla scadenza dei termini per le memorie – Interruzione del processo – Esclusione – Articolo 190 c.p.c.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere

Dott. MARULLI Marco – Consigliere

Dott. LAMORGESE Antonio – rel. Consigliere

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 5125/2018 proposto da:
(OMISSIS) S.n.c., in persona del socio amministratore pro tempore, domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Fallimento (OMISSIS) S.n.c., (OMISSIS) S.p.a. in Liquidazione;
– intimati –
avverso la sentenza n. 495/2017 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE, pubblicata il 29/06/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/01/2022 dal cons. Dott. LAMORGESE ANTONIO PIETRO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Nardecchia Giovanni Battista, che ha chiesto il rigetto dei primi due motivi e l’eventuale rimessione alle Sezioni Unite sul terzo motivo.

FATTI DI CAUSA

Il giudizio arbitrale attivato nei confronti della (OMISSIS) Spa e’ stato definito con lodo emesso in data 12.7.2012, che ha condannato l'(OMISSIS) Snc al risarcimento del danno nella misura di Euro 2.700.00,00, nell’ambito di un contenzioso avente ad oggetto l’attuazione di un piano particolareggiato, di iniziativa privata, che prevedeva la realizzazione di edifici residenziali.
Il lodo e’ stato impugnato dall'(OMISSIS) che veniva dichiarata fallita dal Tribunale di Trieste, in data (OMISSIS), nella pendenza del giudizio di appello che veniva dichiarato interrotto dall’adita Corte triestina e poi riassunto il 30.11.2015 dalla stessa impresa fallita, mentre il Fallimento rimaneva contumace nel giudizio riassunto.
La Corte, con sentenza del 29.6.2017, dichiarava estinto il processo per difetto di legittimazione ad agire dell'(OMISSIS), la quale – ad avviso della Corte – infondatamente invocava la propria legittimazione straordinaria a riassumere il giudizio interrotto, non avendo essa dato prova dell’inerzia del Fallimento, nulla escludendo che la decisione di quest’ultimo di non proseguire il processo fosse stata assunta deliberatamente per ragioni di opportunita’.
Avverso questa sentenza l'(OMISSIS) propone ricorso per cassazione notificato alla (OMISSIS) che non ha svolto difese.

RAGIONI DELLA DECISIONE

E’ pregiudiziale l’esame del terzo motivo, con il quale la ricorrente deduce la nullita’ della sentenza impugnata per violazione dell’articolo 300 c.p.c., comma 4, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4, per avere la Corte territoriale dichiarato l’interruzione del processo in una situazione in cui la causa era stata gia’ introitata per la decisione, essendosi l’evento interruttivo (il fallimento dell'(OMISSIS)) verificato dopo che le parti avevano precisato le conclusioni ed erano stati assegnati i termini di cui all’articolo 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle repliche.
Il motivo e’ fondato.
E’ accaduto che, nel giudizio di appello, all’udienza del 14.4.2015 le parti avevano precisato le conclusioni ed erano stati concessi i termini, scadenti il 3.7.2015, per le memorie conclusionali e le repliche ex articoli 190 e 352 c.p.c. (non risulta che vi sia stata la discussione orale della causa davanti al collegio) e che, intervenuta la dichiarazione di fallimento con sentenza del Tribunale di Trieste del (OMISSIS), la Corte d’appello aveva dichiarato l’interruzione del processo con ordinanza del 29.9.2015.
In questa situazione processuale la Corte non avrebbe potuto dichiarare l’interruzione del processo. Ed infatti, la dichiarazione di fallimento di una delle parti che si sia verificata dopo l’udienza di precisazione delle conclusioni e la scadenza dei termini per il deposito delle comparse conclusionali e le repliche non produce l’effetto interruttivo del processo, essendo tale ipotesi equiparabile a quella in cui l’evento si avveri o sia notificato dopo la chiusura della discussione davanti al collegio, sicche’ il giudizio prosegue tra le parti originarie e la sentenza pronunciata nei confronti della parte successivamente fallita non e’ nulla, ne’ inutiliter data, bensi’ inopponibile alla massa dei creditori, rispetto ai quali costituisce res inter alios acta (cfr. Cass. n. 14472 e 27829 del 2017, n. 23042 del 2009).
Non giova invocare in senso contrario l’automatismo dell’effetto interruttivo proprio del fallimento (cfr. SU n. 12154 del 2021), la cui operativita’ presuppone pur sempre che l’evento non sopravvenga oltre il limite temporale – costituito dalla scadenza dei termini per le conclusionali e le repliche o dalla chiusura della discussione orale – che segna il momento finale per l’ingresso nel processo di fatti rilevanti per il processo al di fuori del contraddittorio delle parti.
Il Collegio non ravvisa ragioni evidenti di contrasto nella giurisprudenza di legittimita’ per la rimessione alle Sezioni Unite della questione posta nel motivo in esame.
Gli altri motivi sono assorbiti: il primo e il secondo, riguardanti la pretesa non compromettibilita’ della lite in arbitri, in quanto incidente su interessi legittimi, trattandosi di una doglianza (gia’ proposta in sede di impugnazione del lodo) che e’ rimessa alla Corte territoriale in sede di rinvio; il quarto motivo, concernente una questione (sulla legittimazione dell’Impresa a riassumere il giudizio interrotto) logicamente successiva a quella dell’efficacia interruttiva del fallimento.
In conclusione, in accoglimento del terzo motivo, la sentenza impugnata e’ cassata con rinvio alla Corte d’appello di Trieste per un nuovo esame.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo motivo e, assorbiti gli altri motivi, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Trieste in diversa composizione anche per le spese.

 

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