Dichiarazione dei redditi di una società

Corte di Cassazione, sezione tributaria civile, Ordinanza 13 luglio 2020, n. 14872.

La massima estrapolata:

Dichiarazione dei redditi di una società, quale che sia il valore di libro approvato da soci e collegio sindacale, l’Amministrazione può sempre sindacare la deducibilità dei costi ove dimostri che non sia iscritto il valore reale

Ordinanza 13 luglio 2020, n. 14872

Data udienza 30 gennaio 2020

Tag – parola chiave: Accertamento – Cessione di azienda – Avviamento – Dichiarazione dei redditi di una società – Amministratore – Deducibilità dei costi – Dimostrazione che non sia iscritto il valore reale – Valore di libro approvato da soci e collegio sindacale – Irrilevanza

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente

Dott. MANZON Enrico – Consigliere

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO M.G. – Consigliere

Dott. FICHERA Giuseppe – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 01822/2012 R.G. proposto da:
Agenzia delle Entrate (C.F. (OMISSIS)), in persona del direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocatura generale dello Stato, elettivamente domiciliata presso i suoi uffici in Roma via dei Portoghesi 12.
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) s.p.a. (C.F. (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore.
– intimata –
avverso la sentenza n. 87/14/2010 della Commissione Tributaria Regionale del Veneto, depositata il giorno 25 novembre 2010.
Sentita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 30 gennaio 2020 dal Consigliere Dott. Fichera Giuseppe.

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS) s.p.a. impugno’ separatamente due avvisi di accertamento notificati dall’Agenzia delle Entrate, con i quali venne esclusa l’indeducibilita’ di taluni costi iscritti in bilancio, con conseguente ripresa a tassazione ai fini IRPEG, IRAP e IVA, per gli anni d’imposta 2002 e 2003.
I ricorsi riuniti vennero parzialmente accolti in primo grado, limitatamente alla deducibilita’ dei costi infragruppo; proposto appello sia dalla (OMISSIS) s.p.a. che dall’Agenzia delle Entrate, la Commissione Tributaria Regionale del Veneto, con sentenza depositata il giorno 25 novembre 2010, accolse entrambi i gravami, dichiarando quindi legittima la ripresa a tassazione fondata sulla indeducibilita’ dei costi infragruppo per il solo anno 2003 e illegittima quella fondata sulla indeducibilita’ della quota di ammortamento del valore di avviamento, come iscritto in bilancio, dell’azienda ceduta alla contribuente.
Avverso la detta sentenza, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, mentre non ha spiegato difese la (OMISSIS) s.p.a..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo l’Agenzia delle Entrate deduce la violazione dell’articolo 2426 c.c., comma 1, n. 6, nonche’ del Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, articolo 68, comma 3, poiche’ erroneamente la commissione tributaria regionale ha ritenuto deducibili i costi delle quote di ammortamento del valore dell’avviamento dell’azienda ceduta alla contribuente, nonostante il mancato consenso all’iscrizione in bilancio, almeno per l’anno 2002, espresso dal suo collegio sindacale.
2. Con il secondo motivo assume la violazione dell’articolo 2423 c.c., articolo 2426 c.c., comma 1, n. 6, nonche’ del Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, articolo 68, comma 3, poiche’ il giudice di merito ha erroneamente ritenuto che la contribuente potesse iscrivere in bilancio un valore arbitrario dell’avviamento dell’azienda in precedenza ad essa ceduta dalla capogruppo.
2.1. I due motivi, chiaramente connessi per l’oggetto, meritano trattazione congiunta e sono fondati, nei limiti di cui si dira’.
Invero, in tema di bilancio societario questa Corte ha gia’ affermato che l’articolo 2426 c.c., comma 1, n. 6), consentendo l’iscrizione dell’avviamento derivato, cioe’ conseguito in caso di acquisto a titolo oneroso e nei limiti del costo per esso sostenuto, non esclude che, se anche il prezzo di cessione di azienda resta il frutto della libera contrattazione delle parti, la sua successiva ripartizione a fini contabili, tra le singole componenti, del corrispettivo unitario versato, possa essere sindacata dall’amministrazione finanziaria secondo il criterio della correttezza e veridicita’ del bilancio (Cass. 16/04/2008, n. 9950).
Ne consegue che, pure consentendo l’attuale Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 103, comma 3, (gia’ articolo 68, comma 3) nella versione applicabile ratione temporis, l’ammortamento dell’avviamento “iscritto nell’attivo del bilancio” e quindi assumendo rilevanza il relativo valore di libro, resta ferma l’applicabilita’ del principio generale di derivazione civilistica codificato dall’articolo 2423 c.c., comma 2, a tenore del quale va sempre rispettato il criterio di veridicita’ e correttezza nella formazione del detto documento.
L’Amministrazione finanziaria, in sostanza, deve essere posta in condizione di verificare sempre la effettiva deducibilita’ dei costi iscritti in bilancio, in base al valore reale dei beni materiali o immateriali, nonostante siffatto documento sia stato regolarmente approvato dall’assemblea dei soci e abbia ottenuto il consenso del collegio sindacale.
Va allora affermato il seguente principio di diritto: “in tema di dichiarazione dei redditi di una societa’, quale che sia il loro valore di libro risultante dal suo bilancio regolarmente approvato dall’assembla dei soci con il consenso del collegio sindacale, l’amministrazione finanziaria puo’ sempre sindacare la deducibilita’ dei relativi costi, ove dimostri che non il valore reale del bene materiale o immateriale e’ stato iscritto in bilancio, ma quello che risulta frutto della violazione del principio fissato dall’articolo 2423 c.c., comma 2, in forza del quale l’imprenditore deve iscrivere tutte le poste in bilancio al loro valore reale, non potendo inserire poste inesistenti o sopra valutate”.
2.2. Orbene, nella vicenda all’esame, non solo il collegio sindacale della contribuente aveva negato il proprio consenso – pure espressamente prescritto dall’articolo 2426 c.c., comma 1, n. 6), affinche’ venisse iscritto nel bilancio della contribuente per l’anno 2002, l’avviamento dell’azienda acquistata in base ai valori indicati dall’organo amministrativo, ma va vieppiu’ considerato che la cessione d’azienda di cui si tratta era intervenuta tra una societa’ cedente che controllava – possedendone integralmente le sue azioni – quella cessionaria, id est all’interno di soggetti giuridici facenti parte del medesimo gruppo societario.
Ha errato, allora, la commissione tributaria regionale nel ritenere che il costo dell’avviamento indicato in bilancio fosse deducibile, nei limiti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 103, comma 3, solo perche’ il bilancio del 2002 era stato comunque approvato dall’assemblea dei soci, ovvero in considerazione del consenso prestato dal medesimo collegio sindacale nell’anno successivo, senza considerare alcuno tra gli elementi indiziari offerti dall’amministrazione per dimostrare la non veridicita’ delle poste iscritte in bilancio.
3. In definitiva, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale del Veneto, in diversa composizione, per un nuovo esame alla luce del principio di diritto esposto e per statuire sulle spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Veneto, in diversa composizione, per un nuovo esame e per statuire sulle spese del giudizio di legittimita’.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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