Il delitto di arbitraria invasione ed occupazione di aziende agricole e industriali

Corte di Cassazione, penale, Sentenza 7 ottobre 2020, n. 27949.

Sussiste concorso di reati, e non concorso apparente di norme, tra il delitto di arbitraria invasione ed occupazione di aziende agricole e industriali, di cui all’art. 508, primo comma, cod. pen., e quello di sabotaggio, previsto dal secondo comma della medesima norma, che punisce il danneggiamento degli edifici, delle strutture, dei macchinari o strumenti adibiti alla produzione e delle scorte di tali aziende.

Sentenza 7 ottobre 2020, n. 27949

Data udienza 18 settembre 2020

Tag – parola chiave: Violazione di domicilio aggravato, sabotaggio ed ingiuria – Giudizio abbreviato – Privata dimora – Individuazione del locus commissi delicti – Concorso apparente di norme – Applicazione dei criterio di specificità ex art. 15 c.p. – Riqualificazione del reato di cui all’art. 508 co. 1 c.p.p. – Rideterminazione del trattamento sanzionatorio – Annullamento con rinvio

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUNO Paolo Anton – Presidente

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere

Dott. CAPUTO Angelo – rel. Consigliere

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere

Dott. FRANCOLINI Giovanni – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 16/04/2019 della CORTE APPELLO di FIRENZE;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ANGELO CAPUTO.
Udito in pubblica udienza il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione Perla Lori, che ha concluso per l’annullamento con rinvio limitatamente all’imputazione di cui all’articolo 614 c.p. e alla recidiva e per l’inammissibilita’ nel resto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza deliberata, all’esito del giudizio abbreviato, il 21/03/2014, il Tribunale di Siena dichiarava (OMISSIS) responsabile dei reati di violazione di domicilio aggravata (capo A), sabotaggio ex articolo 508 c.p., comma 2, per avere disperso circa 626 ettolitri di vino di tipo Brunello (capo B) e di ingiuria (capo C) e, con la recidiva reiterata, la continuazione e la riduzione per il rito, lo condannava alla pena di anni 4 di reclusione. Investita dall’impugnazione dell’imputato, la Corte di appello di Firenze, con sentenza deliberata il 16/04/2019, ha assolto l’imputato dal reato sub C), perche’ il fatto non e’ previsto dalla legge come reato e ha rideterminato la pena in anni 3, mesi 11 e giorni 23 di reclusione, confermando nel resto la sentenza di primo grado.
2. Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di Firenze ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), attraverso il difensore Avv. (OMISSIS), articolando quattro motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1.
2.1. Il primo motivo denuncia, con riferimento all’imputazione sub B), inosservanza dell’articolo 508 c.p., comma 2, e vizi di motivazione. Erroneamente la sentenza impugnata ha ritenuto la sussistenza, nel caso di specie, del reato di sabotaggio, in realta’ non configurabile in quanto, al momento del fatto, non vi era in corso alcuna attivita’ lavorativa, sicche’ il fatto doveva essere qualificato a norma dell’articolo 61 c.p., comma 1, n. 7) e articolo 635 c.p..
2.2. Il secondo motivo denuncia, con riferimento al reato sub A), erronea applicazione della legge e vizi di motivazione, in quanto il reato di violazione di domicilio doveva essere ritenuto assorbito in quello di sabotaggio, in virtu’ del principio di continenza e di specialita’ e in considerazione degli elementi specializzanti rappresentati dall’oggetto della condotta (azienda agricola e scorte) e dal dolo specifico di impedimento o turbamento del normale svolgimento del lavoro. Erroneamente la Corte di appello ha fatto riferimento alla diversita’ dei beni giuridici tutelati, rivestendo la fattispecie di sabotaggio carattere di norma “consumante”, e ha fatto riferimento, in modo apodittico e congetturale, alla possibilita’ di commettere un sabotaggio senza violazione di domicilio.
2.3. Il terzo motivo denuncia, con riferimento al reato sub A), erronea applicazione della legge e vizi di motivazione, non avendo la Corte di appello risposto al motivo di gravame che deduceva l’erronea qualificazione del fatto e la sua riconducibilita’ al reato di cui all’articolo 508 c.p., comma 1, posto che l’introduzione invito domino e’ avvenuta in un’azienda agricola e non in un domicilio o in altro luogo di privata dimora, laddove la riqualificazione avrebbe comportato la necessita’ di una nuova valutazione sull’individuazione della violazione piu’ grave del reato continuato.
2.4. Il quarto motivo denuncia inosservanza della legge e vizi di motivazione in ordine alla conferma della recidiva reiterata, che doveva essere esclusa in considerazione del lungo periodo di tempo intercorso dall’ultima condanna e dell’occasionalita’ della ricaduta.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ solo parzialmente meritevole di accoglimento.
1.1. In limine, mette conto osservare, in ordine alla nota fatta pervenire dall’Avv. (OMISSIS), che, come questa Corte ha gia’ avuto modo di chiarire, nel giudizio di cassazione non e’ prevista la sostituzione con un difensore d’ufficio del difensore che sia impossibilitato a comparire all’udienza fissata per la discussione del ricorso (Sez. 4, n. 22797 del 17/04/2018, Camorani, Rv. 272996; conf. Sez. 4, n. 12479 del 25/02/2016, Moresi, Rv. 266407): rilievo che vale a fortiori nel caso di specie in cui il difensore si e’ limitato a chiedere di essere sostituito per l’odierna udienza.
2. Il primo motivo e’ manifestamente infondato. La circostanza che al momento del fatto di cui al capo B) l’attivita’ lavorativa all’interno dell’azienda non fosse in corso in nessun modo esclude la sussumibilita’ del fatto stesso nel paradigma punitivo dell’articolo 508 c.p., comma 2, posto che l’attivita’ produttiva dell’azienda vinicola (con la conservazione del vino delle varie annate nelle apposite botti) non poteva dirsi ne’ cessata, ne’ interrotta – neppure temporaneamente – per il fatto che la condotta dell’imputato si sia realizzata in orari o giorni di riposo degli addetti (in un giorno festivo, evidenzia il ricorso). Ne’, va rilevato ad abundantiam, puo’ ritenersi insussistente il dolo generico di procurare un danneggiamento all’azienda, danneggiamento che, come ben chiarito dai giudici di merito, nel caso di specie ha avuto una connotazione di immediatezza (per la dispersione di vino per un valore di 2,5 milioni di Euro) e una rilevante proiezione futura (escludendo l’impresa dal mercato per gli anni corrispondenti alle sei annate di vino di tipo Brunello disperse dall’imputato).
3. Passando, in ordine di priorita’ logico-giuridica, all’esame del terzo motivo, esso e’ fondato, laddove il corrispondente motivo di appello non e’ stato esaminato dalla sentenza impugnata. Il locus commissi delicti non rientra nella nozione di privata dimora, mentre il fatto – cosi’ come dedotto dal ricorrente risulta riconducibile alla fattispecie di cui all’articolo 508 c.p., comma 1 sussistendo l’elemento oggettivo dell’invasione, ossia l’ingresso nell’azienda invito domino, e quello soggettivo rappresentato, nei termini gia’ messi in evidenza, dal dolo specifico di impedimento del normale svolgimento dell’attivita’ lavorativa. Pertanto, il fatto di cui al capo A) deve essere riqualificato a norma dell’articolo 508 c.p., comma 1.
4. Il secondo motivo (che deve essere esaminato alla luce della riqualificazione del fatto di cui al capo A) non e’ fondato, in quanto il rapporto tra la fattispecie di cui al comma 1 e quella di cui all’articolo 508 c.p., comma 2 deve essere definito in termini di concorso di reati e non di concorso apparente di norme.
Nel definire i confini tra concorso apparente di norme e concorso formale dei reati, la giurisprudenza di legittimita’ e’ saldamente attestata sul riferimento al criterio di specialita’ ricollegato all’identita’ di materia ex articolo 15 c.p. e interpretato in senso logico-formale sulla base della comparazione della struttura astratta delle fattispecie. Non vengono, invece, in rilievo criteri valutativi incentrati, in particolare sul bene giuridico tutelato, posto che “il riferimento alla identita’ o diversita’ dei beni tutelati puo’ dare adito a dubbi nel caso di reati plurioffensivi” (Sez. U, n. 23427 del 09/05/2001, Ndiaye, Rv. 218771), ne’ come invocato dal ricorrente richiamando, in particolare, il criterio di consunzione – operano criteri valutativi diversi da quello di specialita’ previsto dall’articolo 15 c.p., che si fonda sulla comparazione della struttura astratta delle fattispecie, al fine di apprezzare l’implicita valutazione di correlazione tra le norme effettuata dal legislatore (Sez. U, n. 20664 del 23/02/2017, Stalla, Rv. 269668).
Piu’ in particolare, la giurisprudenza di legittimita’ afferma, in tema di concorso di reati e concorso apparente di norme, che il criterio di specialita’ di cui all’articolo 15 c.p. (e, mette conto precisare, la c.d. “specialita’ unilaterale”) “e’ da intendersi in senso logico-formale, ritenendo, cioe’, che il presupposto della convergenza di norme, necessario perche’ risulti applicabile la regola sulla individuazione della disposizione prevalente posta dal citato articolo 15, possa ritenersi integrato solo in presenza di un rapporto di continenza tra le stesse, alla cui verifica deve procedersi attraverso il confronto strutturale tra le fattispecie astratte rispettivamente configurate, mediante la comparazione degli elementi costitutivi che concorrono a definire le fattispecie stesse” (Sez. U, n. 1235 del 28/10/2010, Giordano, Rv. 248864; conf.: Sez. U, n. 22225 del 19/01/2012, Micheli). In questa prospettiva, “norma speciale” e’ tradizionalmente definita “quella che contiene tutti gli elementi costitutivi della norma generale e che presenta uno o piu’ requisiti propri e caratteristici, che hanno appunto funzione specializzante, sicche’ l’ipotesi di cui alla norma speciale, qualora la stessa mancasse, ricadrebbe nell’ambito operativo della norma generale; e’ necessario, cioe’, che le due disposizioni appaiano come due cerchi concentrici, di diametro diverso, per cui quello piu’ ampio contenga in se’ quello minore, ed abbia, inoltre, un settore residuo, destinato ad accogliere i requisiti aggiuntivi della specialita’” (Sez. U, n. 1235 del 28/10/2010, Giordano, cit.; conf. Sez. U, n. 41588 del 22/06/2017, La Marca, cit.).
Alla luce degli elementi costitutivi delle due fattispecie incriminatrici in esame, non si versa nell’ipotesi in cui una delle due fattispecie incriminatrici sia “contenuta”, come un cerchio concentrico, nell’altra. In altri termini, non sussiste, tra le norme incriminatrici in esame, alcun rapporto di specialita’, posto che esse si rivelano gia’ sul piano della condotta del tutto eterogenee: invero, tra la condotta di invasione di azienda e quella di danneggiamento delle scorte (con la dispersione del vino, nel caso di specie) non e’ ravvisabile alcun rapporto di specialita’ nel senso indicato, il che vale ad escludere l’ipotesi del concorso apparente di norme, tanto piu’ che, a ben vedere, i fatti contestati si presentano come naturalisticamente diversi, pur se intervenuti in successione temporale l’uno rispetto all’altro.
4.1. Per completezza, mette conto precisare che parte della giurisprudenza di legittimita’, riprendendo un indirizzo dottrinale, ha ravvisato l’identita’ della materia ex articolo 15 c.p. – e, dunque, il concorso apparente di norme – in relazione ad alcune figure di “specialita’ reciproca”: “l’identita’ di materia si ha sempre nel caso di specialita’ unilaterale per specificazione perche’ l’ipotesi speciale e’ ricompresa in quella generale; cio’ si verifica anche nel caso di specialita’ reciproca per specificazione (si veda per es. il rapporto tra 581 e 572 c.p.) ed e’ compatibile anche con la specialita’ unilaterale per aggiunta (per es. 605 e 630) e con la specialita’ reciproca parte per specificazione e parte per aggiunta (641 c.p. e 218 L. Fall.). L’identita’ di materia e’ invece da escludere nella specialita’ reciproca bilaterale per aggiunta nei casi in cui ciascuna delle fattispecie presenti, rispetto all’altra, un elemento aggiuntivo eterogeneo (per es. violenza sessuale e incesto: violenza e minaccia nel primo caso; rapporto di parentela o affinita’ nel secondo)” (Sez. U, n. 1963 del 28/10/2010, dep. 2011, Di Lorenzo, Rv. 248722; conf. Sez. U, n. 41588 del 22/06/2017, La Marca, cit.).
L'”allargamento” della nozione di “stessa materia” ex articolo 15 c.p. ad alcune figure di specialita’ reciproca o bilaterale era stato, in precedenza, escluso dalla giurisprudenza di questa Corte: si era infatti affermato che, nel caso della “c.d. specialita’ bilaterale, quando cioe’ entrambe le norme, al di la’ degli elementi comuni, contengono uno o piu’ elementi specializzanti”, “si e’ al di fuori dell’ambito del criterio di specialita’, poiche’ non vi e’ subordinazione della norma speciale alla norma generale e non si e’ piu’ in grado di determinare quale norma sia da applicare in quanto speciale rispetto all’altra” (Sez. U, n. 22902 del 28/03/2001, Tiezzi, Rv. 218874). In linea con quest’ultimo orientamento, si e’ di recente rimarcato in dottrina come unica forma di specialita’ ipotizzabile sia quella unilaterale, posto che le altre tipologie di relazioni tra norme – quali appunto la specialita’ reciproca o bilaterale – non evidenziano alcun rapporto di genus ad speciem.
In ogni caso, anche a voler valorizzare, ai fini dell’individuazione dei casi di identita’ di materia di cui all’articolo 15 c.p., la nozione di specialita’ reciproca o bilaterale ed anche a voler attribuire connotazione di elemento comune, nella prospettiva delineata dal ricorso, al contesto aziendale in cui si collocano i fatti di invasione di azienda e di danneggiamento delle scorte di cui, rispettivamente, al primo e all’articolo 508 c.p., comma 2 si verte, nel caso in esame, al piu’ in ipotesi di specialita’ reciproca bilaterale per aggiunta in cui siffatta identita’ e’ esclusa anche da Sez. U, n. 1963/2011, Di Lorenzo, posto che ciascuna delle fattispecie presenta, rispetto all’altra, elementi aggiuntivi eterogenei: ossia, come si e’ visto, la condotta di invasione, per la fattispecie di cui al comma 1, e quella di danneggiamento, per quella di cui all’articolo 508 c.p., comma 2.
5. Il quarto motivo non e’ fondato.
Come chiarito dalle Sezioni unite di questa Corte, la recidiva e’ integrata qualora la reiterazione dell’illecito sia sintomo effettivo di riprovevolezza della condotta e di pericolosita’ del suo autore, avuto riguardo alla natura dei reati, al tipo di devianza di cui essi sono il segno, alla qualita’ e al grado di offensivita’ dei comportamenti, alla distanza temporale tra i fatti e al livello di omogeneita’ esistente tra loro, all’eventuale occasionalita’ della ricaduta e a ogni altro parametro individualizzante significativo della personalita’ del reo e del grado di colpevolezza, al di la’ del mero e indifferenziato riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali (Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010, Calibe’, Rv. 247838).
La Corte di appello non ha limitato il proprio scrutinio ad un riscontro del genere, ma ha messo in luce una correlazione tra i numerosissimi precedenti dell’imputato per reati contro il patrimonio e l’enormita’” del suo gesto, foriero delle conseguenze gia’ richiamate, laddove la genesi dello stesso – lungi dal farsi apprezzare in termini di occasionalita’ – rivela, secondo la sentenza impugnata, il carattere del tutto sproporzionato dell’azione rispetto al fattore che l’avrebbe asseritamente scatenata: il che, nel percorso argomentativo del giudice di appello, dimostra l’idoneita’ del nuovo reato a dar conto di una maggiore pericolosita’ sociale dell’imputato.
Nei termini sintetizzati, la motivazione della sentenza impugnata risulta, sul punto, in linea con il principio di diritto richiamato ed immune dalle censure del ricorso, posto che la distanza temporale rispetto all’ultima condanna e la prospettata “occasionalita’” non inficiano il ragionamento del giudice di merito, che, dalla valutazione correlata dei precedenti e del nuovo episodio criminoso, ha tratto un giudizio di pericolosita’ sociale dell’imputato idoneo a giustificare la conferma del giudizio di sussistenza della contestata recidiva reiterata.
6. La riqualificazione del delitto di cui al capo A) a norma dell’articolo 508 c.p., comma 1, impone l’annullamento della sentenza impugnata in ordine alla determinazione del trattamento sanzionatorio, effettuata dai giudici di merito considerando quale violazione piu’ grave del reato continuato quella di cui all’articolo 614 c.p., oggetto, appunto, della riqualificazione ad opera di questa Corte; nel resto, il ricorso deve essere rigettato.

P.Q.M.

Riqualificato il reato di cui al capo A) a norma dell’articolo 508 c.p., comma 1, annulla la sentenza impugnata limitatamente alla determinazione del trattamento sanzionatorio, con rinvio per nuovo esame ad altra Sezione della Corte d’appello di Firenze. Rigetta nel resto il ricorso.

 

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