Il delitto previsto dal Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, art. 11

Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 15 ottobre 2018, n. 46697.

La massima estrapolata:

Il delitto previsto dal Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, articolo 11, e’ reato di pericolo, integrato dall’uso di atti simulati o fraudolenti per occultare i propri o altrui beni, idonei a pregiudicare secondo un giudizio “ex ante” – l’attivita’ recuperatoria della amministrazione finanziaria; ne consegue che per individuarne il momento di consumazione puo’ farsi riferimento al primo momento di realizzazione della condotta finalizzata ad eludere le pretese del fisco

Sentenza 15 ottobre 2018, n. 46697

Data udienza 6 aprile 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAVALLO Aldo – Presidente

Dott. ACETO Aldo – rel. Consigliere

Dott. REYNAUD Gianni F. – Consigliere

Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere

Dott. ZUNICA Fabio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 27/04/2017 della CORTE APPELLO di FIRENZE;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. ALDO ACETO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. BALDI FULVIO che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito il difensore, avv. (OMISSIS), che ha concluso insistendo per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.La sig.ra (OMISSIS) ricorre per l’annullamento della sentenza del 27/04/2017 della Corte di appello di Firenze che, in parziale riforma di quella del 23/01/2015 del Tribunale di Livorno, da lei impugnata, ha ridotto la pena a un anno e quattro mesi di reclusione confermando nel resto la sua condanna per il reato di cui agli articoli 110 e 81 cpv. c.p., Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 11, a lei ascritto perche’, agendo in concorso con il proprio compagno (OMISSIS) (separatamente processato), al fine di sottrarsi al pagamento delle imposte e di rendere inefficace l’azione esecutiva dell’Erario (titolare di un credito nei suoi confronti pari a 12.056.010,66 Euro), con due atti notarili, l’uno dell’11/06/2011, l’altro del 22/06/2011, aveva fraudolentemente venduto, a due associazioni di volontariato, un immobile (del quale aveva conservato il diritto di abitazione) dietro corrispettivo di Euro 10.000,00 mai pagato (atto dell’il giugno), e il 100% delle quote societarie della societa’ ” (OMISSIS) & C.”, titolare della quasi totalita’ del suo patrimonio, ceduto al prezzo di Euro 30.000,00 a fronte di un valore del patrimonio stimato in Euro 1.850.000 (atto del 25 giugno).
1.1.Con il primo motivo, deducendo che il reato si consuma nel luogo nel quale l’atto dispositivo viene trascritto, ribadisce l’incompetenza territoriale del Tribunale di Livorno, luogo di stipula del rogito, a favore di quello di Firenze, luogo della sua trascrizione, questione gia’ sollevata in primo grado e ribadita in appello, ed eccepisce al riguardo la violazione e la falsa applicazione degli articoli 8 e 21 c.p.p., e Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 11, e vizio di motivazione mancante e illogica sul punto.
1.2.Con il secondo motivo, deducendo la violazione dell’articolo 453 c.p.p., comma 1-bis, eccepisce, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., lettera b), c) ed e), l’illogicita’ e mancanza di motivazione e travisamento della prova.
1.3.Con il terzo motivo eccepisce, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., lettera b), c) ed e), la violazione dell’articolo 192 c.p.p., e la mancanza di motivazione circa l’effettiva esistenza del debito erariale, non oggetto di autonomo accertamento in sede penale.
1.4.Con il quarto motivo eccepisce, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., lettera e), la mancanza e l’illogicita’ della motivazione in relazione alla mancata assunzione della testimonianza di tal (OMISSIS) che avrebbe potuto riferire sulla riconducibilita’ o meno all’imputata delle operazioni bancarie dalle quali sono scaturiti gli avvisi di accertamento.
1.5.Con il quinto motivo deduce che la cessione di quote di una societa’ di persone non e’ idonea a ledere gli interessi finanziari del fisco ed eccepisce, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., lettera b) ed e), l’erronea applicazione degli articoli 2315 e 2305 c.c., Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 11, e vizio di motivazione erronea, illogica e contraddittoria sul punto.
1.6.Con il sesto motivo eccepisce, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., lettera b) ed e), la violazione dell’articolo 192 c.p.p., e la mancanza ed illogicita’ della motivazione circa l’effettiva esistenza dell’elemento soggettivo del reato, escluso dalla preesistenza di due preliminari di vendita, risalenti al 2002 ed al 2006, che avevano ad oggetto gli stessi immobili ceduti nel 2011.
1.7.Con il settimo motivo eccepisce, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., lettera e), la mancanza di motivazione in ordine al quarto motivo di appello con il quale aveva dedotto che alla data dei due preliminari non era sorto alcun debito nei confronti del Fisco.
1.8.Con l’ottavo motivo, deducendo l’illegittimita’ della confisca diretta disposta ai danni delle associazioni di volontariato acquirenti, eccepisce, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., lettera b) ed e), la violazione dell’articolo 322-ter c.p., e vizio di mancanza e illogicita’ della motivazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2. Il ricorso e’ inammissibile perche’ generico, manifestamente infondato e proposto al di fuori dei casi consentiti dalla legge nella fase di legittimita’.
3. Il primo motivo e’ manifestamente infondato alla luce del condivisibile insegnamento giurisprudenziale, affermato proprio in sede di definizione del ricorso del correo, (OMISSIS), compagno della ricorrente, secondo il quale la competenza per territorio relativa al reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 11, quando consumato mediante stipula dell’atto di vendita, si radica nel luogo della stipula stessa e non in quello eventualmente diverso”ove il contratto medesimo viene trascritto ai fini della opponibilita’ ai terzi (Sez. 3, n. 35853 dell’11/05/2016, Calvi, Rv. 267648). Cio’ sul rilievo che il delitto previsto dal Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, articolo 11, e’ reato di pericolo, integrato dall’uso di atti simulati o fraudolenti per occultare i propri o altrui beni, idonei a pregiudicare secondo un giudizio “ex ante” – l’attivita’ recuperatoria della amministrazione finanziaria; ne consegue che per individuarne il momento di consumazione puo’ farsi riferimento al primo momento di realizzazione della condotta finalizzata ad eludere le pretese del fisco.
4. Il secondo motivo e’ anch’esso manifestamente infondato ed in ogni caso inammissibile per mancanza di interesse.
4.1. La ricorrente, diversamente dal correo, non e’ stata sottoposta ad alcun provvedimento custodiale nell’ambito di questo procedimento.
4.2.La decisione del pubblico ministero di procedere con separata richiesta di rinvio a giudizio ordinaria piuttosto che con richiesta di giudizio immediato ai sensi dell’articolo 453 c.p.p., comma 1-bis, oltre a conformarsi a quanto prescrive l’articolo 453 c.p.p., comma 2, riguarda il modo dell’iniziativa del PM nell’esercizio dell’azione penale, non il fatto che egli non l’abbia effettivamente esercitata (articolo 178 c.p.p., lettera b), sicche’ tale scelta e’ insindacabile in sede giurisdizionale perche’ non e’ sanzionata da nullita’ e si risolve, semmai, in un vantaggio per l’imputato che si avvale dell’ulteriore fase dell’udienza preliminare non prevista in caso di giudizio immediato.
4.3.Ne consegue la manifesta irrilevanza anche dell’eccepito vizio di motivazione.
5. Il terzo, il quarto, il sesto ed il settimo motivo sono inammissibili perche’ del tutto generici.
5.1. La ricorrente prescinde completamente dal contenuto della motivazione della sentenza impugnata dalla quale risulta “che in occasione di una perquisizione effettuata nell’abitazione di (OMISSIS) (…) fu rinvenuto dagli inquirenti un file denominato “(OMISSIS)” contenente chiari riferimenti alla situazione debitoria della (OMISSIS) nei confronti del Fisco ed al fatto che era stata valutata la necessita’ di correre ai ripari per salvare il patrimonio di cui ella era titolare e dei redditi prodotti (…) dalla lettura del file (…) trascritto quasi interamente nella sentenza appellata, si evince senza ombra di dubbio la finalita’ delle operazioni prospettate e caldamente consigliate dal (OMISSIS) alla (OMISSIS) quale appunto di sottrarre i beni facenti parte del cospicuo patrimonio della donna ed i frutti da esso derivanti alla pretesa del Fisco”.
5.2.Manca, dunque, qualsiasi correlazione tra i vizi denunciati e le ragioni poste a fondamento dell’atto impugnato che si avvalgono della portata probatoria dirompente (circa l’esistenza del debito erariale, la finalita’ delle cessioni contestate nella rubrica, la consapevolezza di tale finalita’) del documento informatico mai citato nel ricorso.
5.3.Secondo la giurisprudenza pacifica di questa Corte in tema di inammissibilita’ del ricorso per cassazione, i motivi devono ritenersi generici non solo quando risultano intrinsecamente indeterminati, ma altresi’ quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato (Cass., Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013 Rv. 255568); cosicche’ e’ inammissibile il ricorso per cassazione quando manchi l’indicazione della correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’atto d’impugnazione, che non puo’ ignorare le affermazioni del provvedimento censurato (cfr., ex plurimis, Cass., Sez. 2, n. 19951 del 15/05/2008 Rv. 240109). Ai fini della validita’ del ricorso per cassazione non e’, percio’, sufficiente che il ricorso consenta di individuare le statuizioni concretamente impugnate e i limiti dell’impugnazione, ma e’ altresi’ necessario che le ragioni sulle quali esso si fonda siano esposte con sufficiente grado di specificita’ e che siano correlate con la motivazione della sentenza impugnata; con la conseguenza che se, da un lato, il grado di specificita’ dei motivi non puo’ essere stabilito in via generale ed assoluta, dall’altro, esso esige pur sempre – a pena di inammissibilita’ del ricorso – che alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata vengano contrapposte quelle del ricorrente, volte ad incrinare il fondamento logico-giuridico delle prime. E’ quindi onere del ricorrente, nel chiedere l’annullamento del provvedimento impugnato, prendere in considerazione gli argomenti svolti dal giudice di merito e sottoporli a critica, nei limiti – s’intende – delle censure di legittimita’ (cosi’, in motivazione, Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014).
6. Il quinto motivo e’ manifestamente infondato.
6.1.Premesso che la cessione della totalita’ delle quote di partecipazione al capitale della societa’ di persone titolare del patrimonio famigliare e’ atto che oggettivamente rende piu’ difficile l’azione recuperatoria di tali beni da parte dell’Erario, il Collegio non puo’ che ribadire quanto gia’ osservato nella “parallela” sentenza Sez. 3, n. 35853 del 2016, secondo cui “se e’ ben vero che per la societa’ in accomandita semplice, cosi’ come per tutte le societa’ di persone, le quote dei soci non possono formare oggetto di espropriazione fino a quando non si verifichi lo scioglimento della societa’ o del rapporto limitatamente al socio debitore secondo quanto discendente dagli articoli 2270, 2289 e 2305 c.c., e’ anche vero che, come correttamente ritenuto dalla sentenza impugnata, le circostanze che la societa’ fosse in liquidazione e che la (OMISSIS) fosse l’unica socia (circostanza questa la cui incidenza nel senso spiegato dalla Corte non e’ stata peraltro neppure contestata in ricorso) rendevano pero’ liberamente pignorabili ed espropriabili le quote, si’ che nessuna contraddizione logica, in realta’ non spiegata neppure in ricorso, appare individuabile sul punto”.
7.L’ultimo motivo e’ inammissibile non potendo la ricorrente dolersi della violazione di situazioni giuridiche attive di cui ella stessa si dichiara non titolare.
8.Alla declaratoria di inammissibilita’ del ricorso consegue, ex articolo 616 c.p.p., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa della ricorrente (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese del procedimento nonche’ del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 2.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Avv. Renato D’Isa