I delitti ex artt. 353 e 353 bis c.p. non si configurano quando vi è una trattativa privata

Corte di Cassazione, sezione sesta penale, Sentenza 18 dicembre 2018, n. 57000.

La massima estrapolata:

I delitti di cui agli artt. 353 e 353 bis c.p. non si configurano allorquando vi sia una trattativa privata svincolata da ogni schema concorsuale, o quando sia prevista solo una comparazione di offerte che la Pubblica Amministrazione è libera di valutare, in mancanza di precisi criteri di selezione, oppure quando, pure in presenza di più soggetti interpellati, ciascuno presenti indipendentemente la propria offerta e l’amministrazione conservi piena libertà di scegliere secondo criteri di convenienza e di opportunità propri della contrattazione tra privati. 

Sentenza 18 dicembre 2018, n. 57000

Data udienza 6 dicembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAOLONI Giacomo – Presidente

Dott. GIANESINI Maurizio – Consigliere

Dott. CALVANESE Ersilia – Consigliere

Dott. ROSATI Martino – rel. Consigliere

Dott. VIGNA Maria Sabina – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Paola;
nel procedimento a carico di:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la ordinanza del 12/07/2018 del Tribunale di Catanzaro;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Martino Rosati;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. DALL’OLIO Marco, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio dell’impugnata ordinanza;
udito il difensore, avv. (OMISSIS) del foro di Roma, sostituto processuale del difensore di fiducia avv. (OMISSIS), che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Ricorre per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Paola, avverso l’ordinanza emessa il 12 luglio 2018 dal Tribunale di Catanzaro, in funzione di giudice del riesame, che ha annullato l’ordinanza con la quale il G.i.p. del Tribunale di Paola aveva applicato a (OMISSIS) la misura cautelare degli arresti domiciliari, in relazione al reato previsto e punito dall’articolo 353-bis cod. pen..
Si contesta al (OMISSIS) di avere, nella sua qualita’ di comandante della Polizia municipale del Comune di Amantea, sottoscritto la delibera di affidamento temporaneo del servizio di parcheggi di quel comune, nella consapevolezza di irregolarita’ documentali e di accordi collusivi tra altri pubblici amministratori ed i privati interessati.
Il ricorso si articola in due motivi:
1) violazione del disposto dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), per avere il Tribunale reso una motivazione intrinsecamente illogica e contraddittoria sotto un duplice profilo, ossia: a) perche’, dopo aver ritenuto che l’affidamento del pubblico servizio oggetto di contestazione fosse stato preceduto da attivita’ collusive ed accordi clandestini tra gli indagati, ha considerato che la condotta di questi ultimi non abbia violato i “principi che sovraintendono alla corretta scelta del contraente da parte della pubblica amministrazione”; b) perche’ ha escluso ogni esigenza cautelare, ed in particolare il pericolo di reiterazione del reato, nonostante l’indagato ricopra ancora l’incarico nell’esercizio del quale ha tenuto la condotta illecita contestatagli;
2) violazione del disposto dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), in relazione all’articolo 353-bis cod. pen., per avere il Tribunale erroneamente ritenuto che tale disposizione si applichi esclusivamente ai procedimenti che richiedano l’espletamento di gara pubblica od altra procedura analoga, e non anche nei casi – come quello oggetto di giudizio – di affidamento di un servizio legittimamente disposto in via diretta e senza gara.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato solo in parte, con riferimento, al denunciato vizio di motivazione; non anche, invece, riguardo all’ipotizzata interpretazione erronea del disposto dell’articolo 353-bis cod. pen..
2. Relativamente a quest’ultimo punto, infatti, ritiene il Collegio che la lettura normativa proposta dal Pubblico Ministero ricorrente, pur non priva di agganci nella stessa giurisprudenza di legittimita’, non possa essere condivisa, dovendo invece reputarsi corretta quella fatta propria dal Tribunale del riesame.
Quest’ultima, seppur enunciata ex professo con riferimento al delitto di turbata libertà degli incanti, di cui all’articolo 353 cod. pen., e’ estensibile anche a quello – finitimo – previsto dal successivo articolo 353-bis, introdotto nell’ordinamento al dichiarato fine di sanzionare le condotte, violente o fraudolente, anteriori alle procedure di gara ma idonee a condizionare gli esiti di questa, e percio’ accomunato al primo da una sostanziale identita’ di ratio puniendi.
Invero, l’espresso riferimento – contenuto nell’articolo 353-bis – al “bando o… altro atto equipollente” evoca immediatamente una “gara” o, comunque, una procedura partecipata tra piu’ aspiranti contraenti.
Per altro verso, l’avanzamento della soglia di penale rilevanza, realizzato attraverso l’introduzione della norma in esame, rischierebbe di presentare profili di dubbia costituzionalita’, sotto il duplice profilo della tassativita’ e della reale offensivita’, se nel perimetro di essa si volessero far rientrare altresi’ le operazioni contrattuali della P.A. per attivita’ di mero ordine e per importi minimi, che la normativa di riferimento consente di realizzare anche mediante affidamento diretto.
E allora, che – come condivisibilmente ritenuto da Sez. 6, n. 30730 del 28/03/2018, con i precedenti in termini ivi richiamati – i delitti in rassegna sono configurabili “in ogni situazione in cui vi sia una procedura di gara, anche informale e atipica, quale che sia il nomen iuris adottato ed anche in assenza di formalita’, mediante la quale la P.A. proceda all’individuazione del contraente, a condizione, tuttavia, che l’avviso informale di gara o il bando, o comunque l’atto equipollente, previamente indichi i criteri di selezione e di presentazione delle offerte, ponendo i potenziali partecipanti nella condizione di valutare le regole che presiedono al confronto ed i criteri in base ai quali formulare le proprie offerte”.
Non possono, al contrario, ritenersi integrati “quando manchi una qualsiasi forma di libera contesa tra concorrenti e, pertanto, ad esempio, quando vi sia una trattativa privata che sia svincolata da ogni schema concorsuale (Sez. 6, n. 12238 del 30/09/1998, De Simone, Rv. 213033); quando, sia prevista solo una comparazione di offerte che la P.A. e’ libera di valutare, in mancanza di precisi criteri di selezione (Sez. 6, n. 8044 del 21/01/2016, Cerada, Rv. 266118); o quando, nonostante la pluralita’ di soggetti interpellati, ciascuno presenti indipendentemente la propria offerta e l’amministrazione conservi piena liberta’ di scegliere secondo criteri di convenienza e di opportunita’ propri della contrattazione tra privati (Sez. 6, n. 9385 del 13/04/2017, Giugliano, Rv. 272227)”.
Nell’ipotesi oggetto di scrutinio, pertanto, avendo la P.A. proceduto legittimamente ad affidamento diretto e non avendo comunque ritenuto di predisporre, a tal fine, benche’ non obbligata a farlo, una trattativa privata in base ad un pur rudimentale schema concorsuale, non e’ configurabile la fattispecie delittuosa prevista dall’articolo 353-bis, citato.
3. Il Procuratore della Repubblica ricorrente coglie nel segno, invece, allorche’ stigmatizza l’intrinseca incoerenza logica del provvedimento impugnato, nella parte in cui questo, dopo aver censurato le condotte del (OMISSIS) e degli altri indagati come “una evidente violazione dei principi di imparzialita’ e buon andamento della p.a.”, non ne ha tratto le dovute conseguenze.
Il Tribunale, infatti, dopo aver escluso – per le ragioni gia’ dette – la configurabilita’ del delitto di cui al citato articolo 353-bis, ha prospettato la possibilita’ di sussumere le condotte accertate nella fattispecie dell’abuso d’ufficio, tuttavia omettendo del tutto di valutare la ricorrenza o meno dei presupposti per l’adozione di una misura cautelare in relazione a tale diversa ipotesi.
Com’e’ noto, pero’, al tribunale del riesame e’ consentito modificare la qualificazione giuridica data dal pubblico ministero al fatto per cui si procede (Sez. U, n. 16 del 19/06/1996, Di Francesco, Rv. 205617 – 01; più di recente, tra moltissime altre conformi, Sez. 5, n. 7468 del 28/11/2013, Rv. 258983 – 01).
Ne consegue che, nel momento in cui il provvedimento impugnato, pur avendo ritenuto la penale rilevanza delle condotte esaminate, quantunque per un titolo di reato diverso da quello ipotizzato dal pubblico ministero, ha del tutto pretermesso una motivazione sulla gravita’ indiziaria delle stesse e sulle esigenze cautelari eventualmente ravvisabili, esso si rivela intrinsecamente contraddittorio o, comunque, manifestamente carente nel suo complessivo apparato motivazionale.
Se ne rende necessario, pertanto, l’annullamento con rinvio al giudice di merito, per un nuovo esame sulla qualificazione giuridica dei fatti oggetto d’addebito e sulla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza e di esigenze cautelari, in relazione ad una fattispecie astratta di reato differente da quella ipotizzata dal pubblico ministero.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuova deliberazione al Tribunale di Catanzaro, sezione riesame provvedimenti restrittivi.

Avv. Renato D’Isa

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