Decesso per malattia professionale

Corte di Cassazione, sezione lavoro, Sentenza 12 giugno 2019, n. 15762.

La massima estrapolata:

Il decesso per malattia professionale, nella specie carcinoma polmonare dovuto alla prolungata esposizione all’amianto e agli idrocarburi può essere dichiarato nonostante la presenza di una concausa quale il tabagismo. Ciò in virtù del principio di «equivalenza delle cause», nozione di matrice penalistica che trova puntuale applicazione anche nel processo civile. Ad affermarlo è la Cassazione che ha rigettato il ricorso di una società contro la decisione.

Sentenza 12 giugno 2019, n. 15762

Data udienza 12 marzo 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere

Dott. CIRIELLO Antonella – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 5091-2015 proposto da:
(OMISSIS) S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), quali legali rappresentanti dei minori (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche’ in qualita’ di eredi di (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 995/2014 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 01/12/2014 R.G.N. 88/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/03/2019 dal Consigliere Dott. ANTONELLA CIRIELLO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELENTANO CARMELO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza 1.12.2014 la Corte d’appello di Torino, ha rigettato l’appello della (OMISSIS) cosi’ confermando la decisione del Tribunale di Torino che in accoglimento della domanda degli eredi di (OMISSIS), ne aveva accertato il decesso (il 5.7.2010) per malattia professionale (carcinoma polmonare) contratta in seguito alla esposizione all’amianto e agli idrocarburi policiclici aromatici (sia pure ridotta in ragione della ritenuta sussistenza di una concausa – il tabagismo – limitante la responsabilita’ datoriale).
1.1.- La (OMISSIS) S.R.L. ricorre per la cassazione sostanzialmente proponendo due motivi, cui resistono gli eredi con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

2.- Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione di legge sostanziale in cui sarebbe incorsa la corte territoriale nella valutazione della sussistenza del nesso di causalita’ affermando l’equivalenza causale della esposizione alle sostanze nocive e della abitudine al fumo nella causazione dell’evento, ed escludendo la rilevanza del contributo proporzionale che ogni causa avrebbe fornito alla causazione dell’evento, cosi’ trasfondendo i principi che regolano la prova penale (articolo 41 c.p.) nella determinazione delle conseguenze patrimoniali dell’illecito.
3. – Con il secondo motivo la ricorre ha dedotto il vizio di insufficiente, illogica contraddittoria argomentazione, in cui sarebbe incorsa la corte territoriale, in modo particolare quanto alle definizione dei criteri risarcitori ed alla trasposizione in essi di principi afferenti alla prova penale.
4. Il primo motivo di ricorso e’ infondato.
4.1. Risulta dalla sentenza impugnata che l’unico motivo di ricorso sottoposto alla Corte di appello dalla societa’ ricorrente fu quello con il quale si contestava l’incidenza causale dell’abitudine al tabagismo che, nella prospettazione dell’appellante, avrebbe dovuto ridurre il risarcimento del 50%.
La corte territoriale ha rigettato l’appello conformandosi correttamente ai principi regolanti la causalita’ civile, ripetutamente affermati da questa corte (cfr. Sez. L, Sentenza n. 13954 del 19/06/2014, e Sez. L, Sentenza n. 14615 del 2014) con i quali si e’ chiarito che anche nella materia degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali trova applicazione la regola contenuta nell’articolo 41 c.p., per cui il rapporto causale tra evento e danno e’ governato dal principio dell’equivalenza delle condizioni, per il quale va riconosciuta efficienza causale ad ogni antecedente che abbia contribuito, anche in maniera indiretta e remota, alla produzione dell’evento, salvo il temperamento previsto nello stesso articolo 41 c.p., in forza del quale il nesso eziologico e’ interrotto dalla sopravvenienza di un fattore sufficiente da solo a produrre l’evento, tale da far degradare le cause antecedenti a semplici occasioni, circostanza esclusa dalla corte di appello nel caso di specie quanto al tabagismo, considerato concausa dell’evento, ma non causa esclusiva (Cass. 3 maggio 2003, n. 6722; Cass. 9 settembre 2005, n. 17959).
4.2. Quanto al vizio di motivazione dedotto dalla ricorrente con il primo motivo, va premesso che la sentenza impugnata e’ stata depositata il 1.12.2014, sicche’ e’ applicabile alla fattispecie l’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo riformulato dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, che consente l’impugnazione nella sola ipotesi in cui sia stato omesso l’esame “di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo” (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia).
Il motivo e’ percio’ inammissibile, non solo perche’ dedotto richiamando anche letteralmente la precedente formulazione del vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ma soprattutto poiche’, sfuggendo alle allegazioni proprie del nuovo vizio (elaborate da (Cass. SS.UU. nn 8053 e 8054 del 2014; n. 19881 del 2014; n. 25008 del 2014; n. 417 del 2015) sostanzialmente, sollecita una diversa ricostruzione della vicenda storica ed una rivisitazione delle risultanze processuali, operazione non consentita in sede di legittimita’.
5. Pertanto, il ricorso va rigettato.
5.1. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 5000,00, per compensi professionali, ed Euro 200,00 per spese, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza, allo stato, dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

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