Suprema Corte di Cassazione
sezioni unite
sentenza n. 16304 del 28 giugno 2013
Svolgimento del processo
Con citazione del 19 settembre 2006 E.M. ha convenuto il Comune di Boscoreale dinanzi al Giudice di Pace di Torre Annunziata deducendo: 1) era contribuente residente per la tassa R.S.U. ed il predetto Comune, pur avendo istituito per la gestione dei rifiuti la tariffa più alta a totale copertura dei costi di esercizio, dal primo giugno al 31 agosto 2006 non aveva provveduto a farli prelevare, trasportare e smaltire per cui i cassonetti nelle vicinanze della sua abitazione e su tutto il territorio si erano trasformati in discariche a cielo aperto, con rifiuti di ogni genere e problemi di natura sanitaria a causa dell’aria maleodorante ed insalubre derivante dalla c.d. parte umida degli ammassi di immondizia e dalle fiamme appiccate; 2) pertanto era stata costretta a convivere con zanzare tigri e a rinunciare a lunghe passeggiate, recarsi in piazza e alle celebrazioni religiose e quindi a cambiare abitudini di vita, anche per lo stazionamento di cani randagi; 3) il Comune perciò era inadempiente agli obblighi derivanti dal Dlgs Ronchi del 5 febbraio 1997 n. 22 non avendo saputo gestire la raccolta rifiuti e neppure far decollare la raccolta differenziata, che avrebbe prodotto benefici economici e ambientali, che le norme privilegiano rispetto alla discarica, chiusa per in capienza; conseguentemente aveva violato gli artt. 32 e 2 della Costituzione e 844 c.c. e ponendo in essere un pericolo grave per la pubblica e privata incolumità. Concludeva chiedendo di accertare che il Comune di Boscoreale era inadempiente alla precitata normativa; che il comportamento omissivo di detto ente aveva causato maleodoranti odori nell’ambiente che avevano determinato un’alterazione delle sue normali attività e di condannarlo perciò al risarcimento di tutti i danni, quantificati in Euro 2.582,00 oltre interessi dalla domanda, nei limiti di competenza del giudice adito.
Il Comune eccepiva l’incompetenza per materia essendo competente per le immissioni intollerabili il Tribunale ai sensi del novellato art. 7 c.p.c. e comunque per la prospettata lesione del diritto alla salute; la carenza di legittimazione poiché per l’emergenza rifiuti, che andava avanti dal 1994, era stato nominato il Prefetto come commissario straordinario, a cui nel 1996 era stato affiancato il Presidente della Regione per l’elaborazione di un piano regionale, e con legge regionale era stato imposto il consorzio dei Comuni per lo smaltimento, e comunque titolare dell’interesse pubblico alla migliore organizzazione del servizio di gestione dei rifiuti è la Regione, mentre il Commissario di Governo gestisce la trasferenza dei rifiuti ai siti definitivi quale delegato della Presidenza di Consiglio, ed in ogni caso il Sindaco, per la tutela della salute e dell’ambiente, agisce quale ufficiale di Governo.
Nel merito, essendo stati coperti il 98% dei siti adibiti a discarica, nel 2001 la situazione era precipitata avendo la magistratura, a causa del rischio ambientale, chiuso due discariche. Perciò il Comune di Boscoreale dal 2004 aveva dislocato apposite campane sul territorio per la raccolta differenziata, ma essendo impossibile lo sversamento erano state chiuse e per ciò non sussisteva la colpa a norma dell’art. 2043 c.c. poiché l’ente non aveva omesso di raccogliere e trasportare i rifiuti, ma era stato nell’impossibilità dello smaltimento per la limitata recettività delle discariche. In ogni caso produceva contratto di appalto del 2003-2004 con la società Leucopetra a cui erano stati appaltati i servizi di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani, di manutenzione dei cassonetti e delle campane, di annaffiamento e spazzamento delle strade.
Il Commissario Straordinario di Governo è stato chiamato in giudizio.
Con sentenza dell’8 aprile 2008 il Giudice di Pace, ritenuta la propria giurisdizione poiché la domanda risarcitoria era fondata su danni ad un diritto soggettivo derivanti da servizio pubblico e la propria competenza, ravvisata l’anomala situazione igienico-sanitaria per la mancata raccolta dei rifiuti e il loro abbandono sulla via pubblica; rilevato che a norma dell’art. 21 del Dlgs del 1997 n. 22 la gestione dei R.S.U. è gestita dai Comuni, e che per fronteggiare situazioni di emergenza il Sindaco può emettere provvedimenti contingibili ed urgenti, e ritenuta altresì la corresponsabilità del Commissario di Governo a cui la legge n. 225 del 1992 attribuiva poteri di gestione per l’emergenza rifiuti, ritenuta la lesione di diritti della persona costituzionalmente protetti, accoglieva la domanda e condannava i convenuti in solido a pagare 500 Euro.
Con sentenza del 30 luglio 2009 il Tribunale di Torre Annunziata ha confermato la giurisdizione del G.O. e la competenza funzionale avendo la M. posto a fondamento della domanda il comportamento del Comune che non aveva correttamente adempiuto all’obbligo di pulire le strade e che nell’emergenza aveva lasciato che pullulassero di rifiuti, rimanendo inerte nella gestione della cosa pubblica ed omettendo l’uso della normale diligenza nel limitare il disagio ai cittadini nelle normali attività di fruizione degli spazi dedicati ai ritrovi, omettendo di predisporre un maggior numero di cassonetti ovvero dei servizi di sorveglianza o altri atti di prevenzione per limitare la lesione del diritto alla libera circolazione, sancito dall’art. 16 della Costituzione [ed infatti il Comune che viola gli obblighi nei confronti degli utenti delle strade è responsabile ai sensi dell’art. 2051 c.c.]. Quindi, non essendo stato impugnato un provvedimento della P.A., ha escluso che titolare del rapporto sia il Commissario Straordinario di Governo, ed ha rigettato l’eccezione di incompetenza funzionale ai sensi dell’art. 25 c.p.c. avanzata dall’Avvocatura Distrettuale, ed in parziale riforma della sentenza di primo grado ha dichiarato l’esclusiva responsabilità del Comune di Boscoreale.
Ricorre per cassazione l’ente locale che ha altresì depositato memoria. Resiste la Presidenza del Consiglio dei Ministri. M.E. non ha svolto attività difensiva.
Motivi della decisione
1.- Con il primo motivo il Comune deduce: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 4, comma 1, del D.L. 90 del 2008 convertito nella legge 123 del 2008 ovvero dell’art. 33 del DLGS 80 del 1998 come sostituito dall’art. 7 comma 1, legge 205 del 2000, in relazione al’art. 360, comma 1 n. 1, c.p.c.” per non avere il Tribunale considerato che il risarcimento del danno da comportamento della P.A. è funzionalmente collegato all’esercizio di poteri pubblicistici qual’é la raccolta dei rifiuti solidi urbani, come dispone l’art. 4 comma 1, del D.L. 90 del 2008, convertito nella legge 123 del 2008 – norma procedimentale applicabile anche ai giudizi in corso, ancorché successiva alla loro instaurazione – secondo cui sono devolute alla giurisdizione esclusiva amministrativa tutte le controversie attinenti alla complessiva gestione dei rifiuti, e quindi la causa risarcitoria per violazione del diritto alla salute è attratta nella giurisdizione del G.A..
In ogni caso la giurisdizione esclusiva amministrativa sussiste anche per effetto dell’art. 33 del Dlgs 80 del 1998, come riformulato dall’art. 7, comma 1, legge 205 del 2000, perché la violazione da parte della P.A. del diritto alla salute e/o al’ambiente salubre, causata da comportamenti commissivi o omissivi nella gestione di un pubblico servizio, è comunque riconducibile ad una funzione amministrativa finalizzata ai perseguimento del pubblico interesse e quindi rientrante nel precitato art. 33 Dlgs 80 del 1998 secondo cui sono devolute al G.A. tutte le controversie di pubblici servizi, comprese quelle afferenti alla vigilanza sul credito, sulle assicurazioni e sul mercato mobiliare, sul servizio farmaceutico, trasporti, telecomunicazioni e sui servizi di cui alla legge 14 novembre 1995 n. 481, e poiché nella specie è lamentata la presunta lesione al diritto alla salute cagionata dalla P.A. nell’esercizio di un servizio pubblico, la giurisdizione spetta la G.A. Il motivo è fondato.
Va preliminarmente riaffermato che né il D.L. 23 maggio 2008, n. 90, art. 4, comma 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 123 – recante misure straordinarie per fronteggiare l’emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella Regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile – che introduceva la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo per tutte le controversie comunque attinenti alla complessiva azione di gestione dei rifiuti, seppure posta in essere con comportamenti dell’amministrazione pubblica o dei soggetti alla stessa equiparati – né l’art. 133.1 del nuovo codice del processo amministrativo, emanato con DLGS 2 luglio 2010 n. 104 – che ha abrogato (art. 4 n. 39) il precitato art. 4 allegato 4, ma – che l’ha riprodotto specificando che (lett. p) sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto le ordinanze e i provvedimenti commissariali adottati in tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell’articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, e le controversie comunque attinenti alla complessiva azione di gestione del ciclo dei rifiuti, seppure posta in essere con comportamenti della pubblica amministrazione riconducibili, anche mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere, quand’anche relative a diritti costituzionalmente tutelati – hanno natura retroattiva, e quindi dette norme sono inapplicabili nelle controversie pendenti al momento della rispettiva entrata in vigore, valendo per esse il principio della perpetuatio iurisdictionis di cui all’art. 5 cod. proc. civ.” (Cass. S.U. 14126 del 2010).
E tuttavia le precitate norme, costituzionalmente legittime (Corte Costit. nn. 35 del 2010 e 167 del 2011), non sono innovative rispetto alle previgenti regole che presidiano alla ripartizione della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo perché la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti urbani è un servizio pubblico che la legge riserva obbligatoriamente ai Comuni.
La normativa di riferimento ratione temporis applicabile è contenuta nel D.lgs 5 febbraio 1997 n. 22 – Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 92/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggi. Ecologia – e le norme incidenti sulla questione attengono alla raccolta e allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani. Dopo alcuni principi generali contenuti nei primi commi dell’art. 2 – “La gestione dei rifiuti costituisce attività di pubblico interesse ed è disciplinata dal presente decreto al fine di assicurare un’elevata protezione dell’ambiente e controlli efficaci… I rifiuti devono essere recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente e, in particolare: b) senza causare inconvenienti da rumori o odori”, “Per il conseguimento delle finalità del presente decreto lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze ed in conformità alle disposizioni che seguono, adottano ogni opportuna azione avvalendosi, anche mediante accordi e contratti di programma, di soggetti pubblici e privati qualificati (comma 4)” – l’art. 6 definisce le singole attività che costituiscono il servizio: 1. “Ai fini del presente decreto si intende per: d) gestione: la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti, compreso il controllo di queste operazioni, nonché il controllo delle discariche e degli impianti di smaltimento dopo la chiusura; e) raccolta: l’operazione di prelievo, di cernita e di raggruppamento dei rifiuti per il loro trasporto”. Il carattere pubblico del servizio è evidenziato dall’art. 10 – riprodotto nell’art. 188 del DLGS 4 marzo 2006 n. 152-: 1.- “Gli oneri relativi alle attività di smaltimento sono a carico del detentore che consegna i rifiuti ad un raccoglitore autorizzato o ad un soggetto che effettua le operazioni individuate nell’allegato b) al presente decreto, e dei precedenti detentori o del produttore dei rifiuti”, specificando: “3. La responsabilità del detentore per il corretto recupero o smaltimento dei rifiuti è esclusa: a) in caso di conferimento dei rifiuti al servizio pubblico di raccolta;..”, e cioè al Comune.
Ed infatti l’art. 21 dispone: “1. I Comuni effettuano la gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento in regime di privativa nelle forme di cui alla legge 8 giugno 1990, n. 142 e dell’articolo 23. 2. I Comuni disciplinano la gestione dei rifiuti urbani con appositi regolamenti che, nel rispetto dei principi di efficienza, efficacia ed economicità, stabiliscono in particolare:
a) le disposizioni per assicurare la tutela igienico-sanitaria in tutte le fasi della gestione dei rifiuti urbani;
b) le modalità del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani;
c) le modalità del conferimento, della raccolta differenziata e del trasporto dei rifiuti urbani al fine di garantire una distinta gestione delle diverse frazioni di rifiuti e promuovere il recupero degli stessi;…”. Nel caso di stato di emergenza dispone l’art. 13 del medesimo D.lgs. n. 22 del 1997: “Fatto salvo quanto previsto dalle disposizioni vigenti in materia tutela ambientale, sanitaria e di pubblica sicurezza, qualora si verifichino situazioni di eccezionale ed urgente necessità di tutela della salute pubblica e dell’ambiente, e non si possa altrimenti provvedere, il Presidente della giunta regionale o il Presidente della provincia ovvero il Sindaco possono emettere, nell’ambito delle rispettive competenze, ordinanze contingibili ed urgenti per consentire il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti, anche in deroga alle disposizioni vigenti [garantendo un elevato livello di tutela della salute e dell’ambiente]”, e gli artt. 14 e 50 disciplinano il divieto di abbandono e deposito incontrollato dei rifiuti sul suolo, sanzionato dal Comune, a cui sono devoluti i proventi (artt. 55 e 55 bis).
Questa normativa è stata prorogata dall’art. 265 DLGS 3 aprile 2006 n. 152 fino al’emanazione della parte quarta – artt. 177 e segg. – di questo provvedimento che disciplina le rispettive competenze tra Stato, Regioni e Comuni per la gestione dei rifiuti secondo il tipo, disponendo altresì che va preliminarmente potenziata la prevenzione della riduzione dei rifiuti e quindi verificata la possibilità tecnico- economica di esperire operazioni di recupero, comparando “costi e condizioni di accesso ragionevoli, e vantaggi”, da potenziare come il riutilizzo ed il riciclaggio (mediante ricorso ad una rete integrata ed adeguata di impianti, secondo le migliori tecniche disponibili, comparando costi e benefici complessivi, perseguendo autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti non pericolosi, in ambienti del territorio ottimali, secondo i piani regionali previsti dai successivi artt. 199 e segg., utilizzando impianti più vicini ai luoghi di produzione o raccolta per ridurne i movimenti secondo il tipo di rifiuti, con metodi e tecnologie più idonei a garantire un alto grado di protezione dell’ambiente e della salute pubblica).
L’art. 191 di detto ultimo DLGS prevede poi, qualora si verifichino situazioni di eccezionale ed urgente necessità di tutela della salute pubblica e dell’ambiente, e non si possa altrimenti provvedere, l’emanazione di ordinanze contingibili ed urgenti da parte del Presidente della Giunta Regionale o della provincia ovvero del Sindaco, per consentire il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti, anche in deroga alle disposizioni vigenti, sentito il parere degli organi tecnici o tecnico- sanitari locali, garantendo un elevato livello di tutela della salute e dell’ambiente. In caso di accertata inadempienza di detti organi alle precitate disposizioni di legge sono conferiti poteri sostitutivi al Ministro dell’ambiente.
Dal sistema normativo innanzi esposto consegue che ogni controversia attinente l’organizzazione del servizio pubblico di raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani – nel perseguimento del primario interesse pubblico igienico – sanitario – e l’esercizio del correlativo potere dell’Amministrazione comunale, apparteneva alla giurisdizione del giudice amministrativo (Sezioni Unite 16831 del 2002 in una fattispecie soggetta alla disciplina contenuta nel d.P.R. 10 settembre 1982 n. 915, abrogato dalla legge del 5 febbraio 1997 n. 22) già prima dell’entrata in vigore della legge n. 123 del 2008 e del nuovo codice amministrativo.
Quindi, entrato in vigore il d.lgs. 31 marzo 1998 n. 80, il servizio pubblico è stato disciplinato dall’art. 33 lett. e), come modificato dall’art. 7 legge 21 luglio 2000 n. 205, (nel testo risultante dalle sentenze della Corte costituzionale n. 204 del 2004 e n. 191 del 2006) – norma abrogata dall’art. 4 n. 20 del DLGS 104/2010) – che attribuiva al giudice amministrativo la giurisdizione ove si fosse in presenza dell’esercizio di potestà pubblicistiche, ancorché incidenti su diritti e sulle connesse domande risarcitorie, eventualmente proposte in via autonoma, pur se con esse si invochi la tutela di diritti fondamentali, come quello alla salute, stante l’inesistenza nell’ordinamento di un principio che riservi esclusivamente al giudice ordinario la tutela dei diritti costituzionalmente protetti (Corte Costit. n. 140 del 2007, Sezioni Unite del 2009 n. 9956).
Pertanto benché la normativa di cui ai DLGS 1997 n.22 e 152 del 2006 disciplini le procedure e i provvedimenti in materia di rifiuti urbani, e non i comportamenti connessi alla loro gestione, allorché la lesione di detti diritti sia dedotta come effetto di un comportamento illegittimo perché omissivo di adozione di provvedimenti da emettere per prevenire, impedire, rimuovere l’abbandono dei rifiuti sulle strade, essendo il governo su di essi materia riservata alla giurisdizione esclusiva dei giudici amministrativi, ad essi compete la controversia (Sezioni Unite ordinanza del 2009 n. 25798), anche in via cautelare, se il ricorrente alleghi un pregiudizio grave e irreparabile (art. 3 legge n. 205 del 2000) ad interessi essenziali della persona quali il diritto alla salute, all’integrità, dell’ambiente, ovvero ad altri beni di primario rilievo costituzionale.
Peraltro le norme che disciplinano il conferimento del potere al Sindaco (ovvero al Governo nel caso di stato di emergenza, a norma dell’art. 5 della legge 24 febbraio 1992 n. 225 che ha istituito il Servizio nazionale della Protezione Civile) di adottare provvedimenti contingibili e urgenti per lo smaltimento dei rifiuti anche in deroga alle disposizioni vigenti -potere, in materia di igiene, già conferito al Sindaco dall’art. 153 della legge comunale e provinciale 4 febbraio 1915, n 148 – sono volte a regolamentare in modo diretto ed immediato l’esercizio della funzione pubblica e, soltanto di riflesso, le posizioni soggettive di coloro che si trovano in una situazione differenziata e qualificata rispetto a quella della generalità dei cittadini, e che perciò sono soggette alla giurisdizione amministrativa, come conferma l’art. 2-bis introdotto dalla legge 27 gennaio 2006 di conversione del D.L. 30 novembre 2005 n. 245 (Misure straordinarie per fronteggiare l’emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania ed ulteriori disposizioni in materia di protezione civile): “In tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell’articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, la competenza di primo grado a conoscere della legittimità delle ordinanze adottate e dei consequenziali provvedimenti commissariali spetta in via esclusiva, anche per l’emanazione di misure cautelari, al tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma”, e tale norma è applicabile anche ai processi in corso (art. 2 quater).
2.- Con il secondo motivo il Comune deduce: “Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 5 e 15 della legge 225 del 1992 e violazione e falsa applicazione dell’art. 50 del Dlgs 267 del 2000 in riferimento al’art. 360 comma 1, n. 3 c.p.c.” per aver il Tribunale sbrigativamente escluso la responsabilità del Commissario Straordinario di Governo. Il quadro di riferimento è la legge 225 del 1992 che istituisce il servizio nazionale della protezione civile le cui competenze, a norma dell’art. 2, sono: “a) eventi naturali o connessi con l’attività dell’uomo che possono esser fronteggiati mediante interventi attuabili dai singoli enti e amministrazioni competenti in via ordinaria; b) eventi naturali o connessi con l’attività dell’uomo che per loro natura ed estensione comportano l’intervento coordinato di più enti o amministrazioni competenti in via ordinaria; c) calamità naturali, catastrofi, o altri eventi che, per intensità ed estensione, debbono esser fronteggiati con mezzi e poteri straordinari”.
In quest’ultima ipotesi l’art. 2, comma 1, prevede che il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente – ovvero per sua delega, del Ministro per il coordinamento della Protezione Civile – delibera lo stato di emergenza determinando durata ed estensione territoriale in riferimento alla qualità e natura degli eventi con possibilità in tal caso di adottare provvedimenti contingibili e urgenti, anche in deroga alla legislazione vigente, e con facoltà del Presidente del Consiglio di avvalersi di Commissari Delegati. Ed infatti il Presidente del Consiglio, con decreto dell’11 febbraio 1994, atteso il grave stato della Regione Campania nel settore dello smaltimento rifiuti solidi urbani, non essendo ancora stato adottato dall’ente regionale il piano strategico e di emergenza per lo smaltimento dei rifiuti e attese le condizioni di sovraccarico di alcune discariche della Regione e la chiusura di altre, ai sensi dell’art. 5, comma 7 lett. C) della legge 225 del 1992 ha dichiarato lo stato di emergenza della situazione determinatasi nel settore dello smaltimento rifiuti solidi urbani fino al 30 aprile 1994, e tale provvedimento è stato successivamente prorogato fino al 31 dicembre 2007. In tale ambito con ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri del 31 marzo 1994, il Commissario di Governo per la Regione Campania – dapprima Prefetto di Napoli epoi Presidente della Regione Campania – è stato delegato ad attivare d’intesa con il Ministro dell’Ambiente e sentite le amministrazioni locali, gli interventi necessari per fronteggiare l’emergenza. Quindi non vi è nessuna competenza delle amministrazioni locali ad assumere iniziative o adottare provvedimenti perché l’intera organizzazione normativa è volta ad assicurare lo svolgimento e la gestione unitaria e coordinata della situazione di crisi, in ragione del suo carattere sovracomunale e sovraprovinciale.
Ed infatti l’art. 15 legge 225 del 1992, pur assegnando al Sindaco, al verificarsi di una situazione di emergenza, poteri di direzione e coordinamento dei servizi di soccorso e assistenza, al terzo comma limita tali competenze al verificarsi dell’emergenza nel territorio comunale, con obbligo di dare comunicazione immediata degli eventi al Prefetto e al presidente della Giunta Regionale.
Quindi il potere dell’amministrazione comunale è limitato ad una situazione di emergenza di segnalazione al’amministrazione centrale, previa l’adozione di misure di soccorso e assistenza, mentre lo stato di emergenza va dichiarato a norma del precitato art. 5 dall’amministrazione centrale, con ogni conseguenza sull’imputabilità dell’operato.
I rifiuti hanno stazionato lungo le strade per l’impossibilità di trasferire i rifiuti raccolti dalla ditte alle discariche la cui chiusura è stata disposta dall’autorità statale ed i siti di stoccaggi sono gestiti direttamente dal Commissario Straordinario a cui perciò compete la materia dell’emergenza rifiuti sottratta agli enti locali. Alla stessa Presidenza del Consiglio dei Ministri infatti competeva pianificare e gestire la raccolta dei rifiuti e dell’intero ciclo, compreso il ritiro dalle strade e la turnazione dei Comuni autorizzati a sversare in discarica i rifiuti collocati momentaneamente nei siti di trasferenza.
Per questo anche la domanda di risarcimento danni per la requisizione di area da destinare allo smaltimento rifiuti solidi, trattandosi di provvedimento contingibile ed urgente per l’emergenza rifiuti, va proposta nei confronti dell’autorità centrale statale e se mai del Sindaco quale ufficiale di Governo.
Ancora l’art. 50 comma quinto del Dlgs del 2000 n. 267 stabilisce che il sindaco esercita le funzioni di emergenza sanitaria o igiene pubblica a carattere esclusivamente locale e adotta le ordinanze contingibili ed urgenti, ma negli altri casi, compresa la costituzione di centri ed organismi di referenza o assistenza, spetta allo Stato o alle regioni in ragione dell’emergenza e dell’eventuale interessamento di più ambiti territoriali regionali e l’emergenza sanitaria derivante dai rifiuti doveva esser assunta dallo Stato, con esclusione di ogni responsabilità del Comune.
3. – Con il terzo motivo deduce: “Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.” per non avere né il giudice di primo grado, né di secondo grado, spiegato l’iter logico nel ravvisare la responsabilità del Comune ai sensi dell’art. 2043 c.c. in collegamento causale con l’emergenza rifiuti, secondo i principi della verifica contro – fattuale, applicabile anche per i comportamenti omissivi, essendosi limitata la sentenza impugnata ad equiparare la fattispecie a quella dell’insidia e trabocchetto delle strade per la cui omessa manutenzione il Comune è responsabile essendo custode delle stesse.
4.- Con il quarto motivo deduce: “Violazione e falsa applicazione degli artt. 2059 e 2697 c.c. con riferimento al’art. 360 comma 1, n. 3 c.p.c.” per non avere la M. provato di aver subito la lesione di un diritto costituzionalmente garantito a sostegno del riconosciuto danno esistenziale, né avendo dimostrato l’incidenza della mancata raccolta di rifiuti sulla sua salute rispetto al periodo precedente ai fini del danno biologico.
I motivi, attinenti al merito della controversia, sono assorbiti dall’accoglimento del primo motivo di ricorso.
Concludendo, poiché la posizione giuridica soggettiva fatta valere attiene al’esercizio, ancorché illegittimo o mancato, del potere che la legge attribuisce al Comune per la gestione del servizio pubblico di raccolta e rifiuti urbani nel pubblico interesse, va accolto il ricorso, cassata la sentenza impugnata e dichiarata la giurisdizione del giudice amministrativo.
Si compensano le spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo. Compensa le spese dell’intero giudizio.
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