Suprema Corte di Cassazione
sezioni unite
ordinanza 5 maggio 2014, n. 9573
Ritenuto in fatto e in diritto
– che, con citazione del 22 gennaio 2010, M.D. nonché M. e P.S., in nome proprio ed in qualità di eredi (rispettivamente madre, sorella e fratello) del defunto Caporal Maggiore dell’Esercito Italiano F.S., convenivano in giudizio, innanzi al Tribunale di Roma, il Ministero della Difesa, chiedendone, ai sensi dell’art. 2043 c.c. e in subordine dell’art. 2050 c.c., la condanna al risarcimento dei danni subiti iure proprio e iure successionis a causa della malattia contratta dal loro congiunto, in conseguenza dell’esposizione all’uranio impoverito e ad altre sostante nocive, subita durante il servizio prestato nella missione internazionale di pace in Bosnia, ed a causa della quale lo stesso era deceduto il 7 novembre 2005;
– che, in particolare, gli attori deducevano che F.S. aveva contratto la grave malattia (leucemia acuta mieloide scarsamente differenziata), perché aveva operato, per colpa del Ministero convenuto, in un ambiente irreversibilmente inquinato senza dotazioni di sicurezza e senza essere stato edotto dei rischi connessi all’esposizione;
– che il Ministero della Difesa, premessa la mancanza di una decisione di merito, proponeva ricorso preventivo di giurisdizione deducendo che: a) nelle controversie concernenti il personale in regime di diritto pubblico non contrattualizzato e, quindi, il personale militare, la giurisdizione spetta al giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva, la quale comprende, ai sensi dell’art. 63, comma 4, dei d. lgs. n. 165/2001, anche i diritti patrimoniali connessi; b) ai fini del riparto di giurisdizione occorre avere riguardo, indipendentemente dalla qualificazione della domanda da parte dell’attore e dai riferimenti normativi dallo stesso operati, alla causa petendi dedotta e nella specie, pertanto, ad una condotta asseritamente dannosa che non presentava un nesso meramente occasionale con il rapporto d’impiego, ma costituiva la diretta conseguenza della dedotta violazione dell’obbligo contrattuale di garantire, in relazione allo specifico ambiente lavorativo, la sicurezza dei dipendenti; c) anche l’azione risarcitoria proposta iure proprio spettava alla giurisdizione del giudice amministrativo perché atteneva a diritti patrimoniali connessi e conseguenti alla gestione di un rapporto pubblico non contrattualizzato e perché al riguardo l’art. 63 del d. lgs. n. 165/2001 non distingue tra diritti del dipendente e diritti spettanti al terzo;
– che gli attori resistevano con controricorso, deducendo, tra l’altro, che presupposto della domanda era l’inquinamento irreversibile dell’ambiente per effetto dei bombardamenti effettuati dalle Forze Nato, fra cui l’Italia, e che dovere della Missione di pace era anche quello di salvaguardare le popolazioni locali presso le quali vi era stata una enorme incidenza delle patologie tumorali;
– che la giurisprudenza di questa Corte è ormai consolidata nel senso che «nel caso di controversia relativa a rapporto di pubblico impiego non soggetto, per ragioni soggettive o temporali, alla privatizzazione, la soluzione della questione del riparto della giurisdizione, rispetto ad una domanda di risarcimento danni per la lesione della propria integrità psicofisica proposta da un pubblico dipendente nei confronti dell’Amministrazione, è strettamente subordinata all’accertamento della natura giuridica dell’azione di responsabilità in concreto proposta, in quanto, se è fatta valere la responsabilità contrattuale dell’ente datore di lavoro, la cognizione della domanda rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, mentre, se è stata dedotta la responsabilità extracontrattuale, la giurisdizione spetta al giudice ordinario. L’accertamento del tipo di responsabilità azionato prescinde dalle qualificazioni operate dall’attore, anche attraverso il richiamo strumentale a singole norme di legge, quali l’art. 2087 o l’art. 2043 cod. civ., mentre assume rilievo decisivo la verifica dei tratti propri dell’elemento materiale dell’illecito, e quindi l’accertamento se il fatto denunciato violi il generale divieto di “neminem laedere” e riguardi, quindi, condotte dell’amministrazione la cui idoneità lesiva possa esplicarsi indifferentemente nei confronti della generalità dei cittadini come nei confronti dei propri dipendenti, costituendo in tal caso il rapporto di lavoro mera occasione dell’evento dannoso, ovvero consegua alla violazione di obblighi specifici che trovino al ragion d’essere nel rapporto di lavoro, nel qual caso la natura contrattuale della responsabilità non può essere revocata in dubbio» (Cass. s.u. 27 febbraio 2013, n. 4850; conff. Cass. s.u. nn. 12103/2013, 1875/2011, 5468/2009, 18623/2008, 16989/2006, 2507/2006, 12137/2004);
– che l’azione proposta dagli attori iure hereditatis appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo, essendo stata dedotta quale condotta colposa dell’Amministrazione l’aver fatto operare il Caporal Maggiore dell’Esercito Italiano F.S. in un ambiente irreversibilmente inquinato senza fornirgli le necessarie dotazioni di sicurezza e senza averlo informato dei rischi connessi all’esposizione e perciò sulla base di una condotta che non presentava un nesso meramente occasionale con il rapporto di impiego, ma costituiva la diretta conseguenza dell’impegno del militare in un “teatro operativo”, senza adempiere, secondo l’assunto, all’obbligo di provvedere alla tutela dei personale impiegato nelle operazioni;
– che l’azione proposta dagli attori iure proprio appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario poiché, da un lato, i proponenti erano estranei al rapporto di impiego del loro congiunto e poiché, d’altro canto, l’art. 63, comma 4, del d. lgs. n. 165/2001 nel riservare al giudice amministrativo, oltre alle controversie relative ai rapporti di lavoro non contrattualizzati, anche i diritti patrimoniali connessi, sottintende la riferibilità di tali diritti alle parti del rapporto di impiego;
– che il solo parziale accoglimento del regolamento giustifica la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
dichiara la giurisdizione del giudice ordinario quanto all’azione proposta iure proprio; dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo quanto all’azione proposta iure hereditatis; compensa le spese del regolamento.
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