SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Ordinanza 30 dicembre 2011, n. 30786
Svolgimento del processo
1.- In esito ad indagini penali svolte dalla Procura della Repubblica di Milano, che avevano portato ad accertare l’avvenuta realizzazione, ad opera del Procuratore della Repubblica di Pinerolo Dott. M.G., di una sistematica attività delittuosa consistita nel conferimento di incarichi per l’espletamento di inutili consulenze tecniche fiscali sulle società di capitale della zona in difetto di qualsiasi presupposto ed al solo scopo di percepire dai consulenti una frazione dei compensi professionali da lui stesso liquidati, si instaurarono procedimenti penali (otre che nei confronti del M. e del dirigente della segreteria) anche nei confronti dei numerosi dottori commercialisti che avevano svolto gli incarichi collegiali di consulenza nella partecipe consapevolezza della inutilità cui s’è accennato, percependo negli anni tra il 2000 ed il 2005, complessivamente, circa sedici milioni di Euro (e restituendone il 20% a persona che provvedeva poi a consegnare la metà dell’importo a M.).
I procedimenti si esaurirono o con l’applicazione concordata della pena o con condanna pronunciata a seguito di rito abbreviato per i reati di associazione a delinquere (commessi da alcuni), di corruzione e di truffa aggravata ai danni dello Stato. Vennero disposte confische per equivalente ex artt. 322 ter e 640 quater c.p.
2.-. Su richiesta della Procura Regionale della Corte dei Conti per il Piemonte, il 9.3.2010 il Presidente di quella Sezione giurisdizionale dispose il sequestro conservativo di beni dei consulenti per gli importi che si assumevano da ciascuno dovuti. Il decreto di sequestro nei confronti dei professionisti fu revocato (anche) per ritenuta insussistenza di un rapporto di servizio fra gli stessi e la pubblica amministrazione, ma il sequestro fu confermato il 10.8.2010 dalla Sezione giurisdizionale della Corte di Conti (fino alla concorrenza di Euro 905.057,48 quanto ad F.A.) che, adita in sede di reclamo avverso l’ordinanza del Giudice designato, ritenne che quel tipo di rapporto fosse invece configurabile.
3.- Nel 2010 la Procura Regionale della Corte dei Conti ha agito innanzi alla menzionata Sezione giurisdizionale in revocatoria, limitatamente alle quote di F.A. (già consulente del p.m.), di due contratti di donazione di immobili da parte del medesimo e della moglie P.C. in favore del figlio F.M. per atti pubblici del 24.7.2006, chiedendo che fosse dichiarata l’inefficacia degli atti dispositivi nei confronti del Ministero della giustizia.
Eccepito il difetto di giurisdizione della Corte dei Conti da parte di F.A., il Procuratore Regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti per il Piemonte propone ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, chiedendo che sia affermata la giurisdizione della Corte dei Conti.
Resiste con controricorso F.A., che ha depositato anche memoria illustrativa.
Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.
Motivi della decisione
1.- Il problema che si pone è se sussista o no un rapporto di servizio fra l’amministrazione statale della giustizia ed il consulente tecnico del pubblico ministero nel processo penale.
L’art. 359 c.p.p., stabilisce, al primo comma, che “il pubblico ministero, quando procede ad accertamenti, rilievi segnaletici, descrittivi o fotografici e ad ogni altra operazione tecnica per cui sono necessarìe specifiche competenze, può nominare ed avvalersi di consulenti, che non possono rifiutare la loro opera”; e, al secondo comma, che “il consulente può essere autorizzato dal pubblico ministero ad assistere a singoli atti di indagine”. 2.- Non si dubita che il consulente possa compiere egli stesso atti di indagine, alla presenza o per conto del pubblico ministero e che, al contrario di quanto accade per i consulenti dell’imputato o delle altre parti private, abbia il dovere della verità, benchè non risponda del reato di falsa perizia o interpretazione di cui all’art. 373 c.p.. Quel che assume determinante rilievo è che egli è abilitato a svolgere un’attività tipica del pubblico ministero, che quegli potrebbe compiere direttamente se avesse le specifiche competenze volta a volta necessarie; sicchè, pur se nei limiti posti dalla disposizione che ne contempla la nomina, il consulente tecnico del pubblico ministero concorre oggettivamente all’esercizio della funzione giudiziaria nella fase delle indagini preliminari.
Correttamente il ricorrente Procuratore regionale della Corte dei conti rileva che la possibilità per il pubblico ministero di disattenderne le valutazioni è elemento del tutto neutro ai fini della connotazione pubblicistica del rapporto di cooperazione, sussistendo tale possibilità anche per il perito nominato dal giudice nel processo penale e per il consulente tecnico d’ufficio nel giudizio civile; e che l’avere questa Corte escluso che egli sia un ausiliario del pubblico ministero per affermarne l’estraneità all’ambito applicativo del divieto di testimoniare di cui all’art. 197 c.p., lett. d), non assume valenza ostativa alla qualificazione del rapporto di collaborazione come rapporto di servizio, essendosi in quelle occasioni fatto riferimento al concetto di ausiliario in senso tecnico, come a colui che appartiene al personale della segreteria o della cancelleria dell’ufficio giudiziario e non già ad un soggetto estraneo all’amministrazione giudiziaria che si trovi a svolgere, di fatto ed occasionalmente, determinate funzioni previste dalla legge, (così Cass. pen., n. 8377/2008, cui adde, ex coeteris, Cass. pen., n. 14734/2004).
E’ stato infatti chiarito che lo svolgimento di attività che, “altrimenti”, avrebbero dovuto essere compiute dalla stessa pubblica amministrazione basta a postulare l’esistenza di un rapporto di servizio che, per giurisprudenza ormai consolidata, ricorre ogni qual volta un soggetto venga investito del compito di porre in essere un’attività dell’amministrazione (senza che a tal fine rilevi la natura pubblica o privata del soggetto stesso e la fonte della sua investitura). E s’è anche proclamato che interpretazioni restrittive delle disposizioni che fissano l’ambito della giurisdizione del giudice contabile appaiono tanto meno giustificabili quanto più siano suscettibili di risolversi nella restrizione del numero degli obbligati a risarcire il danno in definitiva provocato all’intera comunità, addirittura per scopi criminosi (così Cass., sez. un., n. 23332/2009).
3.- Va in conclusione configurato un rapporto di servizio tra il consulente tecnico del pubblico ministero e l’amministrazione statale della giustizia, con la conseguente affermazione della giurisdizione della Corte dei conti ai sensi del R.D. n. 1214 del 1934, art. 52, in ordine all’azione iniziata.
Non sussistono i presupposti per provvedere sulle spese, stante la qualità di parte solo in senso formale del Procuratore regionale presso sezione giurisdizionale della Corte dei conti.
P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE, A SEZIONI UNITE dichiara la giurisdizione della Corte dei conti.
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