Corte di Cassazione, sezioni unite civili, sentenza 20 novembre 2017, n. 27436. In tema di tutela del socio lavoratore di cooperativa

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8.- Alla duplicita’ di rapporti puo’ corrispondere la duplicita’ degli atti estintivi, in quanto ciascun atto colpisce, e quindi lede, un autonomo bene della vita, sia pure per le medesime ragioni: la delibera di esclusione lo status socii, il licenziamento il rapporto di lavoro. Coerentemente si e’ stabilito (Cass., ord. 29 luglio 2016, n. 15798; ordd. 6 ottobre 2015, nn. 19977, 19976, 19975 e 19974; ord. 21 novembre 2014, n. 24917, le quali evocano la pluralita’ di tutele) che, in tal caso, il concorso dell’impugnativa della delibera di esclusione e del provvedimento di licenziamento configura un’ipotesi di connessione di cause.
Il punto concerne, ancora, l’interazione degli effetti rispettivamente scaturenti da ciascun atto, al fine della ricostruzione dell’apparato rimediale che si delinea al cospetto della soppressione del bene della vita costituito dal rapporto di lavoro.
8.1.- In seno a questo apparato rimediale, l’effetto estintivo del rapporto di lavoro derivante dall’esclusione dalla cooperativa a norma della L. n. 142 del 2001, articolo 5, comma 2, impedisce senz’altro, in mancanza d’impugnazione della delibera che l’abbia prodotto, di conseguire il rimedio della restituzione della qualita’ di lavoratore.
E’ la tutela restitutoria ad essere preclusa dall’omessa impugnazione della delibera di esclusione (sull’applicabilita’ di tale tutela, in caso di accoglimento dell’impugnazione della delibera, vedi Cass. n. 9916/16, cit.; n. 2802/15, cit.; n. 11741/11, cit.).
Tutela restitutoria, che consegue all’invalidazione della delibera, dalla quale deriva la ricostituzione sia del rapporto societario, sia dell’ulteriore rapporto di lavoro e che, quindi, ripete genesi e fisionomia dalla dinamica del rapporto sociale. Essa risulta quindi del tutto estranea ed autonoma rispetto alla tutela reale prevista dall’articolo 18 dello statuto dei lavoratori, di matrice, appunto, lavoristica (sulla quale invece punta, una volta “rimosso il provvedimento di esclusione”, Cass. 4 giugno 2015, n. 11548).
L’omessa impugnazione della delibera ne garantisce per conseguenza l’efficacia, anche per il profilo estintivo del rapporto di lavoro.
8.2.- L’effetto estintivo, tuttavia, di per se’ non esclude l’illegittimita’ del licenziamento, come del resto non esclude l’illegittimita’ della stessa delibera di esclusione che sia fondata sui medesimi fatti; ne’ elide l’interesse a far valere l’illegittimita’ del recesso.
8.3.- Qualora s’impugni il solo licenziamento, difatti, non si prescinde dall’effetto estintivo del rapporto di lavoro prodotto dalla delibera di esclusione.
Anzi: proprio perche’ la delibera di esclusione, essendo efficace, produce anche l’effetto estintivo del rapporto di lavoro, destinato a restar fermo per mancanza d’impugnazione della fonte che l’ha determinato, viene a determinarsi un danno.
Ed al danno si puo’ porre rimedio con la tutela risarcitoria.
8.4.- Questa ricostruzione si specchia nella previsione gia’ richiamata della L. n. 142 del 2001, articolo 2, a proposito dell'”esclusione dell’articolo 18 ogni volta che venga a cessare, col rapporto di lavoro, anche quello associativo”.
La disposizione conferma che e’ la – sola – tutela restitutoria ad essere preclusa qualora, insieme col rapporto di lavoro, venga a cessare anche quello associativo: il proprium dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori del quale e’ esclusa l’applicazione, almeno all’epoca in cui la norma e’ stata confezionata, consisteva giustappunto nella tutela reale.
Essa, pero’, lascia impregiudicata l’esperibilita’ di tutela diversa da questa, ossia di quella risarcitoria contemplata dalla L. 16 luglio 1966, n. 604, articolo 8, sempre dovuta qualora il rapporto non si ripristini; laddove, rispetto al risarcimento, l’offerta datoriale di riassunzione contemplata dall’articolo 8, corrisponde ad una proposta contrattuale di ricostituzione di un nuovo rapporto (Cass. 24 febbraio 2011, n. 4521; 26 febbraio 2002, n. 2846).
9.- L’accoglimento della domanda risarcitoria non travolge gli effetti della delibera di esclusione; e non impedisce neppure che essa continui a produrre i propri effetti anche come regola del caso concreto: cio’ perche’ la domanda ha per oggetto il diritto ad un ristoro per il fatto che la cessazione del rapporto di lavoro ha cagionato un danno e l’ha provocato illegittimamente.
L’oggetto del giudizio e’ definito dalla pretesa fatta valere con la domanda; e qui la pretesa consiste soltanto nel diritto al risarcimento del danno, che deve avere la qualificazione di “ingiusto”, ma che innanzi tutto deve essere identificabile come tale.
Rispetto a questa pretesa l’illegittimita’ del recesso e della delibera di esclusione dovuta ai medesimi fatti identifica l’ingiustizia del danno ed e’ per conseguenza oggetto di accertamento.
9.1- Pretendere che chi intenda chiedere soltanto la tutela risarcitoria derivante dal licenziamento illegittimo debba impugnare la delibera di esclusione equivarrebbe ad assoggettare la fruizione della prima ad un presupposto proprio della tutela restitutoria conseguente all’invalidazione dell’esclusione.
Laddove, in virtu’ dell’articolo 24 Cost., spetta al titolare della situazione protetta scegliere a quale tutela far ricorso per poter ottenere ristoro del pregiudizio subito.
9.2.- Gli effetti derivanti dalla delibera di esclusione non s’identificano quindi con quelli scaturenti dal licenziamento.
Anzi: sono proprio gli effetti della delibera di esclusione a dare consistenza agli effetti risarcitori derivanti dal licenziamento illegittimo.
Il che sostanzia l’autonomia delle rispettive tutele (secondo un modello gia’ applicato in altri settori come, in via d’esempio, e’ accaduto a proposito dell’ammissibilita’ della tutela risarcitoria degli interessi legittimi anche se non sia stata in precedenza richiesta e dichiarata in sede di annullamento l’illegittimita’ dell’atto: cfr., fra varie, Cass., sez. un., ord. 10 novembre 2010, n. 22809; 3 marzo 2010, n. 5025; 23 dicembre 2008, n. 30254; 15 giugno 2006, n. 13911, nonche’ 13 giugno 2006, nn. 13660 e 13659).
9.3.- E’, questa, l’opzione piu’ coerente con le esigenze di tutela e garanzia, dinanzi sottolineate, del socio lavoratore, il quale pur sempre, nonostante partecipi alla realizzazione dello scopo mutualistico, permane l’anello debole della combinazione sintetizzata nel lavoro cooperativo.
10.- Il primo motivo di ricorso va quindi rigettato, con l’affermazione del seguente principio di diritto:
“In tema di tutela del socio lavoratore di cooperativa, in caso d’impugnazione, da parte del socio, del recesso della cooperativa, la tutela risarcitoria non e’ inibita dall’omessa impugnazione della contestuale delibera di esclusione fondata sulle medesime ragioni, afferenti al rapporto di lavoro, mentre resta esclusa la tutela restitutoria”.
11.- Gli atti vanno trasmessi alla sezione lavoro di questa Corte per l’esame dei restanti motivi e la regolazione delle spese.
P.Q.M.
rigetta il primo motivo di ricorso e rimette gli atti alla sezione lavoro per l’esame dei restanti motivi e la regolazione delle spese.

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