Corte di Cassazione, sezioni unite civili, ordinanza 16 dicembre 2016, n. 25978

La pretesa a che un’autorità amministrativa eserciti i poteri che la legge le assegna per la tutela di un interesse pubblico non può sicuramente essere configurata come un diritto soggettivo di colui il quale quella pretesa voglia far valere in giudizio, né quando essa investa la scelta dell’amministrazione se esercitare o meno quel potere, in una situazione data, né quando sia volta a sindacare i tempi ed i modi in cui lo si è esercitato.

La circostanza che il cattivo o mancato esercizio doveroso dei potere, qualora ne sia derivato un danno a terzi, legittima costui a pretendere il risarcimento a norma dell’art. 2043 cod. civ., essendo ormai pacifico… che la tutela aquiliana è invocabile per la lesione non soltanto di diritti soggettivi, ma anche di interessi legittimi, o più in generale di interessi ad un bene della vita che risultino comunque meritevoli di protezione alla luce dell’ordinamento positivo.
Alla cognizione del giudice amministrativo – giudice del legittimo esercizio della funzione amministrativa – sono attribuite le domande di risarcimento del danno che si ponga in rapporto di causalità diretta con l’illegittimo esercizio (o con il mancato esercizio) del potere pubblico, mentre resta riservato al giudice ordinario soltanto il risarcimento del danno provocato da “comportamenti” della p.a. che non trovano rispondenza nel precedente esercizio di quel potere

Suprema Corte di Cassazione

sezioni unite civili

ordinanza 16 dicembre 2016, n. 25978

Ritenuto che, con atto di citazione notificato il 23 luglio 2007, I.S. conveniva in giudizio, dinnanzi al Tribunale di Messina, la ARAIGAL s.r.l. e il Comune di Messina, deducendo di essere proprietario di un prestigioso immobile ubicato in Taormina, che sarebbe stato gravemente pregiudicato, per la perdita del panorama in precedenza goduto, per effetto di una sopraelevazione abusiva realizzata dalla ARAIGAL s.r.l., e della quale il Comune di Taormina avrebbe omesso di ingiungerne ed eseguirne la demolizione;
che il Comune di Taormina si costituiva ed eccepiva il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, rientrando la controversia nella giurisdizione del giudice amministrativo, per essere la causa petendi della domanda svolta nei suoi confronti imperniata su un’omessa attivazione di poteri di tipo sanzionatorio-repressivo in materia edilizia, ovvero per non avere tempestivamente ordinato ed eseguito la demolizione dei fabbricato che si assumeva essere abusivo;
che la causa veniva istruita e poi rinviata per la precisazione delle conclusioni;
che il Comune di Taormina ha quindi proposto regolamento preventivo di giurisdizione, chiedendo a questa Corte di affermare che la giurisdizione in ordine alla domanda proposta dal S. nei suoi confronti appartiene al giudice amministrativo;
che il S. ha resistito con controricorso;
che il P.M., nelle sue conclusioni scritte, ha concluso chiedendo l’affermazione della giurisdizione del giudice ordinario;
che il Comune di Taormina ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380-ter, secondo comma, cod. proc. civ.
Considerato che il Comune di Taormina sostiene che la controversia rientri nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 34 del d.lgs. n. 80 del 1998, ora confluito nell’art. 133, comma 1, lettera f), del d.lgs. n. 104 del 2010, anche in correlazione con l’art. 7 di tale codice, per avere l’attore I.S. dedotto, a fondamento della domanda risarcitoria da lui proposta non solo nei confronti dell’autore materiale dell’abusiva edificazione ma anche del Comune, la mancata attivazione dei poteri repressivi dell’abuso denunciato;
che tale domanda, ad avviso del Comune, rientrerebbe nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in quanto afferente alla materia urbanistica ed edilizia, e, comunque, proprio perché trae origine dal mancato esercizio di un potere autoritativo, la posizione del privato non potrebbe essere altro che di interesse legittimo;
che nelle proprie conclusioni, il P.M. ha sostenuto la giurisdizione del giudice ordinario sulla base del rilievo che il presupposto obiettivo della censura proposta dal Comune «non sarebbe corrispondente alla situazione sostanziale e processuale della vicenda, poiché il Comune ha adottato l’ingiunzione di demolizione del fabbricato abusivo con ordinanza n. 185 del 2001, con l’effetto della acquisizione del bene al patrimonio indisponibile del Comune, tralasciando di procedere alla demolizione materiale», con la conseguenza che «la pretesa risarcitoria azionata dal privato delinea quale propria ragione sostanziale un comportamento omissivo materiale della pubblica amministrazione comunale, la cui cognizione è attribuita alla giurisdizione ordinaria», atteso che «l’apprezzamento della condotta inerte/omissiva della pubblica amministrazione convenuta non può essere valutata se non dal giudice munito di giurisdizione sulla pretesa risarcitoria diretta nei confronti dell’autore dell’illecito aquiliano, anch’esso convenuto»;
che il Collegio ritiene che le conclusioni del P.M. debbano essere condivise e che debba quindi essere dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario a conoscere della domanda risarcitoria proposta dal S. nei confronti del Comune di Taormina;
che queste Sezioni Unite hanno avuto modo di affermare che “la pretesa a che un’autorità amministrativa eserciti i poteri che la legge le assegna per la tutela di un interesse pubblico non può sicuramente essere configurata come un diritto soggettivo di colui il quale quella pretesa voglia far valere in giudizio, né quando essa investa la scelta dell’amministrazione se esercitare o meno quel potere, in una situazione data, né quando sia volta a sindacare i tempi ed i modi in cui lo si è esercitato” (Cass., S.U., n. 10095 del 2015); con la precisazione che “la circostanza che il cattivo o mancato esercizio doveroso dei potere, qualora ne sia derivato un danno a terzi, legittima costui a pretendere il risarcimento a norma dell’art. 2043 cod. civ., essendo ormai pacifico… che la tutela aquiliana è invocabile per la lesione non soltanto di diritti soggettivi, ma anche di interessi legittimi, o più in generale di interessi ad un bene della vita che risultino comunque meritevoli di protezione alla luce dell’ordinamento positivo” (Cass., S.U., n. 10095 del 2015, cit.; Cass. n. 13568 del 2015);
che, in particolare, alla cognizione del giudice amministrativo – giudice del legittimo esercizio della funzione amministrativa – sono attribuite le domande di risarcimento del danno che si ponga in rapporto di causalità diretta con l’illegittimo esercizio (o con il mancato esercizio) del potere pubblico, mentre resta riservato al giudice ordinario soltanto il risarcimento del danno provocato da “comportamenti” della p.a. che non trovano rispondenza nel precedente esercizio di quel potere (Cass., S.U. n. 11292 del 2015; Cass., S.U., n. 13568 del 2015, cit.);
che, con riferimento al caso di specie, deve rilevarsi che ciò che viene posto a fondamento della domanda da parte dell’attore non è la mancata adozione di provvedimenti amministrativi discrezionali, ma il comportamento materiale dell’amministrazione comunale, consistente nella mancata demolizione delle opere asseritamente abusive;
che se è vero che la semplice adozione dell’ordine di demolizione non è idonea a comportare ex se il trasferimento dell’immobile abusivo al patrimonio del Comune, è vero altresì che i provvedimenti successivi che il Comune che abbia accertato l’illecito edilizio è chiamato ad adottare sono provvedimenti vincolati, nei quali, quindi, non viene in discussione l’esercizio di potestà discrezionali della pubblica amministrazione (Consiglio di Stato, sez. V, n. 3097 del 2014);
che, quindi, venendo in rilievo il comportamento omissivo della pubblica amministrazione nel compimento di un’attività vincolata, la domanda volta ad ottenere la condanna del preteso danno che il detto comportamento materiale omesso avrebbe eliminato non può che rientrare nella giurisdizione del giudice ordinario;
che non vale obiettare che non si verterebbe in ipotesi di comportamento materiale perché a seguito dell’ordine di demolizione è poi stata presentata domanda di condono, sulla quale si è formato il silenzio assenso, atteso che dalle stesse indicazioni offerte dal Comune per sostenere la riconducibilità della domanda proposta nei suoi confronti nell’ambito della giurisdizione amministrativa emerge che all’ordine di demolizione emesso nel 2001 non ha fatto seguito lo svolgimento dell’attività vincolata delineata dall’art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001, e che la domanda di condono è stata dal privato presentata a seguito della entrata in vigore dei decreto-legge n. 269 del 2003;
che deve quindi ritenersi che, essendo stato dedotto a fondamento della domanda il fatto che il Comune abbia omesso di porre in essere un comportamento materiale – demolizione – che sarebbe stato idoneo di per sé ad eliminare il danno di cui l’attore ha sollecitato il risarcimento dinnanzi al giudice ordinario anche nei confronti del Comune di Taormina, la domanda sia stata correttamente introdotta dinnanzi al giudice ordinario;
che, in conclusione, deve dichiararsi la giurisdizione del giudice ordinario in ordine alla domanda proposta da I.S. nei confronti del Comune di Taormina;
che, poiché il giudizio è attualmente pendente, ancorché sospeso, dinnanzi al giudice ordinario non occorre disporre alcuna translatio iudicii;
che la regolamentazione delle spese può essere rimessa al giudice del merito.

Per questi motivi

La Corte, pronunciando a Sezioni Unite, dichiara la giurisdizione del giudice ordinario

 

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