Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

sentenza n. 44906 del 7 novembre 2013

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con la sentenza sopra indicata il Tribunale di Treviso disponeva, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., l’applicazione della pena di giorni venti di reclusione ed euro 120,00 di multa nei confronti di D. F. in relazione al reato contestatogli di cui all’art. 388, commi 3 e 4, cod. pen.
Rilevava il Tribunale come nessuna statuizione dovesse essere adottata con riferimento alle spese sostenute dalla parte civile L. P. in quanto la stessa aveva formulato le sue conclusioni in una precedente udienza, nella quale altra richiesta di patteggiamento era stata rigettata per erroneo calcolo della pena, e non l’aveva reiterata nella successiva udienza fissata per il prosieguo del processo.

2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso la parte civile L. P., con atto sottoscritto dal suo difensore e procuratore speciale avv. Flavio Tibaldo, il quale ha dedotto i seguenti tre motivi.
2.1. Violazione di legge, in relazione agli artt. 444 e 76 cod. proc. pen., per avere il Tribunale erroneamente disatteso la richiesta di liquidazione delle spese di difesa avanzata dalla parte civile nella precedente udienza, che aveva conservato validità per il principio di immanenza della costituzione.
2.2. Abnormità della sentenza gravata, per avere il Tribunale accolto la richiesta di applicazione della pena reiterata nel corso del giudizio, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, laddove l’istanza non era ammissibile in quanto non si trattata di reiterazione di precedente richiesta rigettata dal giudice perle indagini preliminari,
2.3. Abnormità della sentenza, per avere il Tribunale ritenuto la fondatezza
della richiesta di applicazione di pena benchè fosse errato il calcolo della pena e la valutazione delle circostanze, anche in relazione al comportamento tenuto dall’imputato ed ai precedenti penali dello stesso.
3. Con conclusioni rassegnata per iscritto il 25/06/2013 il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Enrico Delehaye, ha chiesto
l’annullamento della sentenza con rinvio limitatamente all’omessa liquidazione delle spese sostenute dalla parte civile.
4. Ritiene la Corte che il ricorso sia fondato, nel limiti di seguito precisati.
4.1. Il secondo motivo del ricorso è manifestamente infondato, in quanto, per un verso, il reato per il quale si procedeva nei riguardi dell’imputato era tale da consentire l’esercizio dell’azione penale mediante l’emissione del decreto di citazione diretta a giudizio al sensi degli artt. 550 e segg. cod. proc. pen., di talché la richiesta di applicazione di pena non poteva che essere formulata per la prima volta dinanzi al giudice del dibattimento; ed in quanto, per altro verso, è pacifico che la richiesta di patteggiamento, laddove non abbia ricevuto il consenso del P.M. o – come nella specie è accaduto – sia stata rigettata dal giudice, ben possa essere riformulata, in termini diversi da quella della precedente istanza, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado (in questo senso Sez. 6, n. 20794 del 19/01j2010, Lazhar, Rv. 247361; Sez. 3, n. 28641 del 28/05/2009, Fontana, Rv. 244581).
4.2. Il terzo motivo del ricorso è inammissibile.
Costituisce ius receptum nella giurisprudenza di legittimità il principio secondo il quale l’impugnazione della parte civile non può essere diretta ad ottenere una modifica delle statuizioni penali, limitando l’art. 576 cod. proc. pen. il potere di impugnazione della stessa ai capi della sentenza di condanna riguardanti l’azione civile nonché alle sentenze di proscioglimento (così, ex plurimis, Sez. 3, n. 5860/12 del 12/10/2011, C., Rv. 252120).
Alla stregua di tale regola, che risponde ai principio di tassatività vigente in materia di impugnazioni, deve escludersi l’ammissibilità del ricorso per cassazione proposto dalla parte civile nella parte in cui viene posta in discussione la correttezza delle statuizioni penali.
4.3. E’, invece, fondato il primo motivo del ricorso.
Nel sistema del codice di procedura penale vige il principio della c.d. immanenza della costituzione della parte civile, nel senso che il danneggiato che abbia esercitato l’azione civile nell’ambito del processo penale, conserva la qualità di parte in tutti gli stati e gradi del processo, senza necessità di ulteriori adempimenti ricognitivi. E’ considerato corollario di tale principio la regola per la quale non può essere qualificata come revoca tacita o presunta della costituzione di parte civile la mancata comparizione della stessa nel corso della fase finale del giudizio, salvo che la medesima assenza non si traduca nella mancata presentazione delle conclusioni, cosi come espressamente stabilito dall’art. 82, comma 2, cod. proc. pen.

Da tanto consegue che non costituisce una manifestazione tacita o presunta di revoca la mancata partecipazione della parte civile ad una mera udienza interlocutoria ovvero la mancata presentazione delle conclusioni laddove queste siano state rassegnate in una precedente fase o in un precedente grado del giudizio: così, ad esempio, il giudice è tenuto a pronunciarsi sull’azione civile in sede di legittimità, se la parte civile non è comparsa, ma aveva rassegnato le sue conclusioni nei gradi precedenti (in questo senso Sez. 5, n. 35096 del 04/05/2010, Lakhlifi, Rv. 248398); nel giudizio dl secondo grado se la parte civile, benché assente, aveva formulato le sue conclusioni nel giudizio di primo grado (cosi, tra le diverse, Sez. 2, n. 24063 dei 20/05/2008, Quintile e altro, Rv. 240616); nel giudizio di rinvio, a seguito di annullamento della pronuncia di appello, se la parte civile aveva presentato le sue conclusioni sempre nel giudizio di prime cure (così, ex multis, Sez. 6, n. 48397 del 11/12/2008, Russo e altro, Rv. 242132); ed anche se non compare nella discussione finale nel corso del giudizio abbreviato, se la parte civile aveva accettato tale rito speciale ed aveva già formulato le sue conclusioni in precedenza in forma scritta (così Sez. 3, n. 6249/11 del 22/12/2010, N., Rv. 249533).

Può essere, dunque, enunciato il principio di diritto per il quale la mancata presentazione delle conclusioni scritte nel giudizio ordinarlo, nel quale il giudice accolga una richiesta di patteggiamento riformulata dall’imputato, non determina la revoca della costituzione di parte civile qualora le conclusioni siano state rassegnate dalla stessa parte nel corso della precedente udienza nella quale altra richiesta di patteggiamento era stata rigettata, rimanendo quelle conclusioni valide, in quanto tali, in ogni stato e grado del processo, in virtù del principio di immanenza della costituzione di parte civile.
Alla luce di questi criteri ermeneutici va ritenuta non corretta la decisione del Giudice a quo dl non pronunciarsi, con la sentenza di accoglimento della richiesta di applicazione di pena avanzata dall’imputato D. F., con il consenso del P.M., sulla istanza di liquidazione delle spese di difesa sostenute dalla parte civile L.P., da questi avanzata nella precedente udienza.
La sentenza impugnata deve essere, dunque, annullata con rinvio al Tribunale di Treviso che, in diversa composizione, deciderà sulla richiesta di liquidazione delle spese di difesa sostenute dalla parte civile.

P.Q.M.

Annulla ia sentenza impugnata limitatamente alla liquidazione delle spese in favore della parte civile e rinvia, per la decisione sul punto, al Tribunale di Treviso.
Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 30/10/2013

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