contributo unificato

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

sentenza n. 21207 del 17 settembre 2013

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il relatore nominato per l’esame del ricorso ha depositato ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione.
Osserva in fatto:
Con sentenza 20/4/2010 la Corte di Appello di Genova accoglieva l’appello proposto da B.O., C.F. e B. A. contro il condominio di via (omissis); in motivazione, quanto alle spese, era espressamente enunciato: “le spese di entrambi i gradi di giudizio seguono la soccombenza” mentre, nel dispositivo, dopo la statuizione con la quale era annullata la delibera condominiale impugnata dagli attori, era disposta la condanna di Br.Tu. (che non era parte del giudizio, come è pacifico e risulta dalla stessa intestazione della sentenza) a pagare al condominio le spese del primo e secondo grado, liquidate nello stesso dispositivo.

B.O., C.F., Ba.An. propongono ricorso affidato ad un unico motivo.
Il ricorso risulta notificato il 3/6/2011 al Condominio di via (omissis) e per esso al procuratore costituito e domiciliatario avv. Enrico Piccione Piazza colombo 3/15A Genova mediante consegna a mani proprie.
Il Condominio non ha svolto difese.

Osserva in diritto.

1. Preliminarmente si rileva che dagli atti a disposizione di questa Corte risulta (in particolare, dall’intestazione della sentenza impugnata) che il Condominio, nel giudizio di appello, era “rappresentato e difeso dagli avv.ti Angelo Marruca di Savona ed elettivamente domiciliato presso l’avv. Annacecilia Marruca in Genova, via XX Settembre 9/1”.
La notifica del ricorso, presso un avvocato diverso da procuratore costituito (oltre che ad un diverso indirizzo) è inesistente (cfr.
ex multis, Cass. 21/11/2011 n. 24506), trattandosi di notificazione in luogo e a persona che non presentano alcun riferimento con il destinatario dell’atto; non ne può essere disposta la rinnovazione ai sensi dell’art. 291 c.p.c., (cfr. Cass. 4/6/2010 n. 13639) e ne discende la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
In ogni caso, per l’ipotesi in cui il ricorso fosse invece ammissibile, si rileva quanto segue.
2. Con l’unico motivo di ricorso i ricorrenti deducono “violazione e falsa applicazione di norme di diritto ai sensi art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione all’art. 91 c.p.c.”, e sostengono che per un “evidente e pacifico errore” (v. pag. 13 del ricorso “essendo pertanto evidente e pacifico errore…”) la Corte di Appello, dopo avere accolto in toto l’appello e dopo avere stabilito che le spese seguono la soccombenza, nel dispositivo, ha liquidato le spese non in favore degli appellanti vittoriosi, ma in favore del Condominio soccombente, ponendole peraltro a carico di tale Bruna Tullio che non era parte del processo; aggiungono che le spese di notifica, pari a Euro 5,88, la marca da Euro 8,00 e il contributo unificato, pari ad Euro 103,30, superavano l’importo liquidato dal giudice a titolo di spese in Euro 25,00.
3. Il motivo è inammissibile per quanto riguarda la violazione dell’art. 91 c.p.c., ravvisata dai ricorrenti nel fatto che nel dispositivo le spese processuali sono liquidate a favore del condominio soccombente e a carico di un soggetto che non era parte del giudizio.
Il dispositivo della sentenza che, volendosi attenere al disposto dell’art. 91 c.p.c., e così condannare al pagamento delle spese processuali la parte soccombente (come risulta inequivocabilmente dalla motivazione: le spese seguono la soccombenza), in verta il nome del soccombente con quello del vincitore, reca in sè un errore materiale, in quanto derivante da una semplice svista o lapsus calami, ed è pertanto correggibile ai sensi dell’art. 287 c.p.c. (cfr. Cass. sez. un. n. 9438 del 2002 per un identico errore della sentenza di cassazione, corretto ex art. 391 bis c.p.c.).
Contrariamente a quanto mostra di ritenere il ricorrente, nella fattispecie non è integrato il vizio di violazione dell’art. 91 c.p.c., di fronte a un’anomalia che si esaurisce nell’avere indicato, nel dispositivo come parte vittoriosa a favore della quale liquidare le spese, la parte che era invece soccombente in luogo della parte vittoriosa e nell’ulteriore errore consistito nell’avere indicato la parte soccombente con un nome diverso da quello risultante dalla motivazione e dagli stessi atti processuali (essendo stato indicato un soggetto che non era parte nel processo); questi errori materiali non incidono sulla assoluta conoscibilità del contenuto della statuizione giudiziale e non consentono di ravvisare un’ipotesi di violazione dell’art. 91 c.p.c., relativamente alla condanna del soccombente alle spese, in quanto è assolutamente chiaro che proprio tale norma il giudice aveva applicato. Infatti, si qualifica errore materiale, che trova rimedio nel procedimento di correzione al di fuori del sistema delle impugnazioni, quello che, come nella fattispecie, si risolve in una fortuita divergenza tra il giudizio e la sua espressione letterale cagionata da mera svista o disattenzione nella redazione della sentenza, e che come tale può essere percepito e rilevato ictu ondi senza bisogno di alcuna indagine ricostruttiva del pensiero del giudice il cui contenuto resti individuabile e individuato senza incertezza (cfr. Cass. 3078/2004 n. 17392).

Pertanto la censura così formulata è inammissibile quale motivo a sostegno del ricorso per Cassazione in quanto l’errore materiale deve essere fatto valere con il procedimento di cui all’art. 287 c.p.c..
La generica doglianza di avvenuta liquidazione di spese in misura inferiore all’importo del contributo unificato non risulta avere formato oggetto di specifico motivo di impugnazione, ma in ogni caso, ove si ritenesse che la stessa era introdotta come censura di violazione dell’art. 91 c.p.c., si rileva, in via gradata:
– che i ricorrenti non hanno dedotto la violazione delle norme che stabiliscono l’ammontare del contributo unificato e che la censura non è ficondueibile alla violazione dell’art. 91 c.p.c.;
– che dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, emerge che il contributo unificato atti giudiziari costituisce una obbligazione ex lege sottratta alla potestà del giudice di liquidarne autonomamente l’ammontare (poichè quest’ultimo non può che corrispondere all’importo versato); ne discende che il giudice non è neppure tenuto alla relativa liquidazione (nè risulta che il giudice abbia inteso liquidare la spese per contributo unificato) trattandosi di obbligo di rimborso che deriva dalla stessa condanna alle spese della parte soccombente; una contraria interpretazione comporterebbe conseguenze incompatibili con la predeterminazione legale dell’importo perchè dovrebbe ritenersi che il giudice abbia liquidato una somma in inferiore a quanto dovuto per il solo contributo e che questo errore dovrebbe ricadere sulla parte incolpevole (cfr, per analoghe considerazioni: Cons. Stato 2/8/2011 n. 4596); in ogni caso si ribadisce che non è stata dedotta la violazione dei criteri di liquidazione del contributo unificato.
Residualmente si osserva, infine, che la predeterminazione legale dell’importo del contributo unificato e l’assenza di potere del giudice di variarne l’importo, comporta che, ove si voglia intendere ricompresa nella liquidazione delle spese anche quelle per contributo unificato, la liquidazione errata sarebbe emendabile, per le ragioni già indicate con il procedimento di correzione e non con il rimedio impugnatorio.
4. Pertanto il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 c.p.c., per essere dichiarato inammissibile o manifestamente infondato”.
Considerato che il ricorso è stato fissato per l’esame in camera di consiglio e che sono state effettuate le comunicazioni sia al P.G. sia alla parte costituita che non ha replicato e non è comparsa.
Considerato che il collegio ha condiviso e fatto proprie le argomentazioni e la proposta del relatore e, quanto alle ragioni di inammissibilità del ricorso, tenuto conto che l’evidenziato errore del dispositivo non integra un errore di giudizio alla cui eliminazione è preordinato il sistema delle impugnazioni;
Considerato che, in conclusione, motivazione e intestazione rendono evidente che il soccombente nei confronti del quale è stata pronunciata la condanna alle spese è il Condominio di via (omissis) e che la parte vittoriosa, a favore della quale sono state liquidate le spese sono gli appellanti B.O., C.F. e Ba.An., ma solo per semplice svista o lapsus calami è stato indicato il soccombente condominio come il soggetto a favore del quale sono state liquidate le spese (essendosi affermato le spese dovevano essere poste a carico delsoccombente e, quindi, del condominio) e che per un ulteriore, mero errore (chiaramente evincibile dal contenuto della sentenza) è stata erroneamente indicata la parte vittoriosa, a favore della quale sono state liquidate le spese, con un nominativo non corrispondente a quello della parte vittoriosa (B.O., C.F. e B. A.) a favore della quale sono state liquidate le spese;
Considerato che la fortuita divergenza tra il giudizio con il quale il giudicante ha voluto esplicitamente e inequivocabilmente applicare la regola della soccombenza e la sua espressione letterale si pone al di fuori dell’ambito della violazione di legge, ma deve essere ricondotto alla diversa fattispecie dell’errore materiale correggibile ai sensi dell’art. 287 c.p.c..

Considerato che il ricorso è stato notificato al Condominio e per esso al procuratore costituito e domiciliatario avv. Enrico Piccione, piazza Colombo 3/15/A Genova mentre dalla sentenza di appello risulta che il Condominio era rappresentato e difeso dagli avv.ti Angelo Marruca di Savona ed elettivamente domiciliato in Genova, via XX Settembre 9/1 presso l’avv. Annacecilia Marrucci.
Considerato che nulla va statuito in tema di spese in mancanza di costituzione del Condominio intimato.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Sesta Civile, il 10 maggio 2013.

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