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Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

sentenza n. 19205 del 3 maggio 2013

Fatto

Il GIP del Tribunale di Treviso, con sentenza del 02.05.2012, applicava ai ricorrenti di cui in epigrafe, ai sensi dell’art. 444 c.p.p., le pene come concordate dalle parti, dopo che l’azione penale era stata già esercitata e l’imputazione era stata già formulata con la richiesta di giudizio immediato e la conseguente emissione del relativo decreto.
Il giudice riteneva non necessario fissare apposita udienza camerale per la decisione. Avverso la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati, deducendo, oltre ad altri motivi, la nullità del provvedimento, per avere il giudice provveduto “de plano” senza la fissazione di un apposita udienza in camera di consiglio.

Diritto

Il motivo di ricorso in rito è fondato.
Come, invero, già rilevato da questa Corte (Sez. 4, n. 5066 del 16/12/2010 – dep. 10/02/2011, Macaj e altro, Rv. 249565; conformi N. 3955 del 1994 Rv. 199602, N. 344 del 2000 Rv. 216831, N. 804 del 2005 Rv. 231095), l’art. 446 c.p.p. prevede modi e termini in cui si formula la richiesta di applicazione della pena nei vari tipi di procedimenti. Per l’ipotesi che qui interessa, in cui il pm ha fatto richiesta di giudizio immediato, esso, al primo comma, stabilisce che “Se è stato notificato il decreto di giudizio immediato, la richiesta di applicazione della pena è formulata entro il termine e con le forme stabilite dall’art. 458, comma 1”. Segue e completa tale previsione l’art. 448, intitolato ai “Provvedimenti del giudice”, che così dispone: “Nell’udienza prevista dall’art. 447, nell’udienza preliminare, nel giudizio direttissimo e nel giudizio immediato, il giudice, se ricorrono le condizioni per accogliere la richiesta prevista dall’art. 444, comma 1, pronuncia immediatamente sentenza”. Secondo il chiaro disposto dell’art. 448, il giudice deve pertanto fissare una apposita udienza (quando la richiesta è avanzata nel corso delle indagini preliminari) e deve in ogni caso decidere con sentenza, da pronunciare immediatamente nelle varie procedure testualmente richiamate (udienza ex art. 447, udienza preliminare, giudizio direttissimo, giudizio immediato). Tale regola, nel richiamare lo stato o il tipo di procedimento al cui interno può inserirsi il c.d. patteggiamento e nel prevedere che il provvedimento del giudice debba in ogni caso avere la forma della sentenza, rende evidente, ad avviso del Collegio, la necessità che tale sentenza sia resa all’esito di una apposita udienza, fissata o da fissare, pubblica o camerale secondo le caratteristiche e lo stato delle previste procedure, udienza che è essenziale alla effettiva instaurazione del contraddittorio tra le parti, requisito ora previsto anche dall’art. 111 Cost. Anche nella particolare ipotesi che qui interessa deve dunque essere fissata una apposita udienza, e la competenza al riguardo spetta al gip, come stabilito dalle sezioni unite di questa Corte, che con la sentenza n. 3088 del 17.1.2006 dep. 25.1.2006 rv. 232560 hanno affermato che è sua la competenza a decidere sulla richiesta di applicazione della pena proposta dopo la notifica del decreto di giudizio immediato, sua essendo la disponibilità del fascicolo processuale. Né, ad avviso del Collegio, può ritenersi che un tale contraddittorio sia stato assicurato attraverso la notificazione del decreto di citazione a giudizio immediato. La richiesta di patteggiamento non può infetti considerarsi rinuncia da parte dell’imputato a comparire davanti al proprio giudice, possibilità che costituisce una regola generale del nostro sistema processuale e una garanzia fondamentale riconosciuta dagli strumenti internazionali di protezione dei diritti dell’uomo e dalla nostra carta costituzionale, regola che non può essere messa in discussione attraverso una interpretazione restrittiva dell’ipotesi in considerazione. Non si comprende infatti perché solo in questo caso potrebbe pervenirsi ad una pronuncia di patteggiamento al di fuori dell’udienza, mentre in ogni altro caso la regola, evidente dal sopra richiamato art. 448, è quella della fissazione di apposita udienza e/o di pronuncia della sentenza in udienza. Tanto più che solo in apposita udienza può pervenirsi ad una sentenza di proscioglimento ex art. 129 c.p.p., come stabilito dalle sezioni unite con la sentenza n. 12283 del 25.1.2005 Rv. 230529, secondo cui il giudice dell’udienza preliminare, investito della richiesta del P.M. di rinvio a giudizio dell’imputato, non può emettere sentenza di non doversi procedere per la ritenuta sussistenza di una causa di non punibilità senza la previa fissazione della udienza in camera di consiglio.
Deve pertanto essere annullata la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Treviso, rimanendo assorbiti gli altri motivi dei ricorsi.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Treviso per nuovo giudizio.

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