cassazione

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

sentenza 8 settembre 2014, n. 37238

 
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AGRO’ Antonio Stefan – Presidente
Dott. ROTUNDO Vincenzo – Consigliere
Dott. LEO Guglielm – rel. Consigliere
Dott. DI SALVO Emanuele – Consigliere
Dott. VILLONI Orlando – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto dal Pubblico ministero nel procedimento penale a carico di:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nata a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nata a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nata a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del Tribunale di Napoli, in funzione di giudice dell’appello cautelare, dell’8/11/2013;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta in camera di consiglio dal consigliere Guglielmo Leo;
udite le conclusioni del Procuratore generale, in persona del sostituto Dott. Maria Giuseppina Fodaroni, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilita’ del ricorso;
uditi i seguenti Difensori delle persone soggette ad indagini, che tutti hanno concluso associandosi alla richiesta del Procuratore generale: avv. (OMISSIS) per (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); avv. (OMISSIS) per (OMISSIS) e (OMISSIS); avv. (OMISSIS) per (OMISSIS); avv. (OMISSIS), in sostituzione dell’avv. (OMISSIS), per (OMISSIS); avv. (OMISSIS) per (OMISSIS); avv. (OMISSIS) per (OMISSIS); avv. (OMISSIS) per (OMISSIS); avv. (OMISSIS) per (OMISSIS); avv. (OMISSIS), in sostituzione dell’avv. (OMISSIS), per (OMISSIS) e (OMISSIS); avv. (OMISSIS) per (OMISSIS).

RITENUTO IN FATTO
1. E’ impugnata l’ordinanza dell’8/11/2013 con la quale il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice dell’appello cautelare, ha rigettato l’impugnazione proposta dal Pubblico ministero riguardo ad un provvedimento assunto dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli il 15/01/2013.
Con tale provvedimento, in particolare, era stata respinta – per il difetto dei necessari indizi di sussistenza dei fatti ipotizzati – una richiesta di applicazione di misure cautelari personali proposta nei confronti di 17 persone, per i delitti di associazione per delinquere, abuso d’ufficio, turbativa d’asta, rivelazione di segreto d’ufficio, corruzione, con contestazione non cautelare estesa al reato di cui al Regio Decreto n. 1265 del 1934, articolo 170, di indebita agevolazione della diffusione di specialita’ medicinali.
Il Tribunale del riesame ha confermato il provvedimento reiettivo assunto dal Giudice per le indagini preliminari.
2. L’ordinanza impugnata richiama integralmente e ripetutamente quella assunta dal Giudice di prime cure.
Dal complesso delle relative motivazioni emerge anzitutto la vicenda relativa ad una gara bandita dall’amministrazione dell’Ospedale (OMISSIS), per l’approvvigionamento di immunoglobuline antiepatite b, che sarebbe stata pilotata per favorire gli interessi della societa’ (OMISSIS), effettiva aggiudicataria della commessa (del valore di oltre 6 milioni di euro al netto dell’IVA), anche grazie alla mediazione dell’indagato (OMISSIS), presidente di una associazione costituita tra persone con fegato trapiantato, oggetto primario di indagine in relazione a presunte truffe che non rilevano nell’odierno giudizio.
E’ in particolare emerso che l’Azienda (OMISSIS), sebbene la competenza relativa fosse stata trasferita da una legge regionale alla (OMISSIS), e sebbene forniture di immunoglobuline fossero state gia’ aggiudicate a societa’ concorrenti della (OMISSIS), avesse bandito una nuova procedura di acquisto. Secondo l’impostazione accusatoria, detta procedura sarebbe stata “guidata” attraverso la concertazione delle offerte tra i responsabili della societa’ poi risultata aggiudicataria ed i pubblici funzionari dirigenti dell’Azienda ospedaliera, e, inoltre, attraverso la introduzione nel bando di specifiche tecniche che avrebbero comunque favorito la (OMISSIS) nel caso di pluralita’ di offerte per altri versi equivalenti (capo 2 della rubrica).
L’operazione avrebbe costituito parziale attuazione di un patto di delinquenza istituito, attraverso il gia’ citato ruolo di mediazione di (OMISSIS), tra i dirigenti e responsabili della citata azienda farmaceutica ed il responsabile per il settore dei trapianti epatici dell’Azienda (OMISSIS) (Dott. (OMISSIS)), al fine di favorire la diffusione dei prodotti della (OMISSIS) presso la stessa azienda e, in generale, sul mercato campano dei farmaci destinati, in special modo, ai trapiantati di fegato ed ai portatori di patologie epatiche.
Conviene dire subito che fatti analoghi di erogazione di utilita’ in favore di responsabili sanitari, al fine di favorire la diffusione dei propri prodotti in Campania, sarebbero stati posti in essere dalla (OMISSIS) anche nei rapporti con l’Ospedale universitario di (OMISSIS) (capi 7, 8, 9 e 10) e con l’Ospedale di (OMISSIS) (capo 11).
2.1. Relativamente alla gara indetta dall’Azienda ospedaliera (OMISSIS) per la fornitura di immunoglobuline, il Giudice per le indagini preliminari ha illustrato come, in effetti, la (OMISSIS) avesse gia’ stipulato contratti di fornitura con societa’ concorrenti della (OMISSIS), e come nondimeno l’Azienda citata avesse bandito una gara le cui specifiche obiettivamente favorivano le specialita’ prodotte dalla stessa (OMISSIS), pervenendo il 28/01/2010 ad aggiudicare la fornitura, essendo dall’azienda pervenuta l’offerta con il prezzo piu’ basso. La procedura era stata per altro sospesa su disposizione del locale Tribunale amministrativo regionale, a seguito di un ricorso di azienda concorrente, la (OMISSIS), che aveva presentato una offerta con prezzo piu’ elevato.
Nondimeno, ha ritenuto il Giudice di prime cure che mancasse la prova, riguardo ai dirigenti del (OMISSIS), della volonta’ dolosa di recare un ingiusto vantaggio ed un corrispondente danno, e mancasse altresi’ la prova delle manovre collusive ipotizzate dalla pubblica accusa.
A tale ultimo proposito, ed anzi, le conversazioni telefoniche intercettate sulle quali si fonda in parte la ricostruzione della vicenda avrebbero addirittura valenza negativa, evidenziando ad esempio che i dirigenti (OMISSIS) erano rimasti nell’incertezza sul prezzo da offrire fino all’ultimo, e che avevano manifestato soddisfazione e sorpresa dopo l’aggiudicazione, od il fatto che la responsabile della farmacia dell’azienda ospedaliera era rimasta estranea alla predisposizione del bando e delle specifiche tecniche.
Quanto al dolo intenzionale, il Giudice ha rilevato che i contatti tra i funzionari pubblici e la (OMISSIS) avrebbero messo in rilievo il fine di risparmio della spesa pubblica perseguito dai primi. Le indagini avrebbero documentato i benefici economici che (OMISSIS) ricavava dal proprio impegno a sponsorizzare i farmaci (OMISSIS) presso i trapiantati e le istituzioni mediche di riferimento, soprattutto al fine di garantire che detti farmaci trovassero buona accoglienza presso i pazienti, ma non avrebbero documentato altrettanto nei rapporti tra (OMISSIS) e i funzionari pubblici del (OMISSIS). Anzi, le intercettazioni svelerebbero la diffidenza del gia’ citato (OMISSIS) nei confronti del (OMISSIS).
Quanto ai rapporti diretti tra lo stesso (OMISSIS) e la (OMISSIS), sono analizzate conversazioni che metterebbero in rilievo la titubanza e l’inefficacia dell’azione del primo, che pure sembrava sensibile agli interessi della seconda, tanto da dirottare le pressioni verso strategie non pertinenti alla gara (ma piuttosto a prescrizioni individuali di farmaci che aumentassero la domanda di preparati con specifiche seguite solo dalla (OMISSIS)). Anzi, riportando notizie sulle riunioni tra i sanitari, si prospettavano continui riferimenti al loro scopo di conseguire sensibili risparmi attraverso una politica mirata degli approvvigionamenti, politica che, colloquiando tra loro, i dirigenti (OMISSIS) parevano non controllare. Nessun riferimento, comunque, ad un ruolo di (OMISSIS) nella preparazione della gara. Dopo il bando, addirittura si poneva il problema di capire che cosa avesse orientato la procedura a favore dell’azienda, anche con puntuale riferimento alle specifiche tecniche, e si commentava con timore l’eventualita’ che nascessero contestazioni per l’interferenza con le forniture assegnate dalla (OMISSIS)
Piu’ in generale il Giudice per le indagini preliminari ha rilevato l’anomalia in se’ della gara bandita in pendenza delle forniture appena citate, riconoscendo la sussistenza di irregolarita’ ed anche qualche elemento di sospetto (una erronea rappresentazione della necessita’ di farmaco da parte del Responsabile degli acquisti, un certo dirigismo manifestato nella determinazione del fabbisogno) e tuttavia prendendo atto, nella mancanza di ogni elemento diretto a proposito di rapporti corruttivi, della insufficiente dimostrazione di un dolo di abuso da parte dei funzionari, se non addirittura della prova contraria.
Trattando dell’appello proposto dal pubblico ministero relativamente alla vicenda fin qui trattata, il Tribunale del riesame ne ha rilevata la genericita’. In ogni caso, il Collegio ha condiviso la ricostruzione in fatto del primo Giudice, escludendo la prova di un fine di indebito vantaggio o danno a carico dei funzionari pubblici.
2.2. Il delitto di cui al capo 3 consiste nella rivelazione che il gia’ citato (OMISSIS) aveva fatto, per telefono ed in favore della (OMISSIS), circa il fatto che una societa’ concorrente aveva presentato un’offerta nell’ultimo giorno utile per la gia’ menzionata procedura. Il Giudice per le indagini preliminari ha messo anzitutto in rilievo che i dirigenti della societa’ citata erano talmente incerti da aver preparato due buste con due diverse offerte, e da aver poi depositato quella con il prezzo piu’ basso quando ancora non era stata presentata alcuna altra offerta. Solo in seguito era intervenuta la (OMISSIS), e (OMISSIS) aveva comunicato una notizia non solo ininfluente, ma anche accessibile dal partecipante gia’ intervenuto nella gara.
2.3. A proposito dei fatti di rivelazione di segreto d’ufficio e di corruzione contestati al Dott. (OMISSIS) (capi 4, 5 e 6) e del connesso reato cd. di comparaggio, il primo Giudice ha escluso sussistano prove che, nei suoi rapporti con la (OMISSIS), l’interessato si fosse attivato per condizionare la procedura di gara o, piu’ in generale, procedure amministrative di acquisizione dei farmaci. Egli invece – secondo i risultati delle intercettazioni telefoniche – aveva accettato di prescrivere ai propri pazienti immunoglobuline secondo preparazioni e modalita’ di assunzione compatibili con un preparato distribuito dalla sola (OMISSIS), in modo che aumentassero le richieste di acquisto corrispondenti presso le strutture sanitarie. Il medico aveva anche accettato compensi, per altro destinati a terzi e soprattutto modestissimi, se comparati al valore dei contratti acquisiti da (OMISSIS).
Secondo il Giudice, manca la prova di un accordo sinallagmatico per il compimento di atti contrari ai doveri dell’ufficio, tali non potendosi considerare, allo stato, prescrizioni mediche per i pazienti di preparati piu’ efficaci (o di comoda assunzione) e comunque piu’ economici.
Sussiste invece, sempre a parere del primo Giudice, il delitto di rivelazione di segreto d’ufficio ascritto al (OMISSIS) in relazione all’esibizione che questi aveva fatto di cartelle cliniche dei propri pazienti in favore di una informatrice sanitaria della (OMISSIS), al fine parrebbe di convincerla che aveva in effetti preso a prescrivere i farmaci dell’azienda. Mancherebbe pero’ la prova di una condotta mirata ad avvalersi della notizia, oltre il mero effetto di rivelazione, di talche’ il reato per il quale vi e’ prova sufficiente sarebbe solo quello ci cui all’articolo 326 c.p., comma 1, per il quale non e’ consentita l’applicazione di misure cautelari personali.
Il Tribunale del riesame ha condiviso la valutazione del primo Giudice circa la non configurabilita’ come atto contrario ai doveri d’ufficio della prescrizione di farmaci nelle condizioni indicate, mettendo in evidenza la genericita’ dei motivi dell’appello cautelare, anche sotto questo profilo, e con riguardo pure all’individuazione della legge violata, che la parte pubblica finisce con l’individuare nel principio di imparzialita’ della pubblica amministrazione.
Rispetto al delitto di rivelazione, il pubblico ministero si sarebbe limitato a richiamare il contenuto degli atti di indagine, riproducendo parte della richiesta cautelare.
3. I capi 7 ed 8 si riferiscono a contributi versati dalla (OMISSIS) per il finanziamento di un convegno organizzato dal Dott. (OMISSIS), responsabile dei servizi di immunologia presso la clinica universitaria di (OMISSIS). Secondo il Giudice per le indagini preliminari e’ provata al piu’ una condotta di comparaggio, non emergendo che (OMISSIS) avesse promesso o compiuto atti contrari ai propri doveri d’ufficio. Egli aveva certamente prescritto farmaci (OMISSIS), la cui fornitura per altro, a quel che sembra, era stata acquisita dalla (OMISSIS) Come per (OMISSIS), si e’ ritenuto che la disponibilita’ a prescrivere farmaci di accertata efficacia e di minor costo non integra la controprestazione tipica di un accordo corruttivo.
Per l’azienda universitaria napoletana (OMISSIS) faceva riferimento anche al responsabile dei servizi di gastroenterologia, (OMISSIS) (capi 9 e 10), ma il Giudice di prime cure ha identificato una situazione analoga a quella appena descritta.
4. La vicenda concernente l’Ospedale di (OMISSIS) (capo 11) e’ stata ricostruita nel senso che un informatore farmaceutico della (OMISSIS), (OMISSIS), aveva acquisito la disponibilita’ di due medici ( (OMISSIS) e (OMISSIS)) ad ordinare farmaci prodotti dall’azienda presso la farmacia del nosocomio. Era tuttavia necessaria una relazione tecnica, che (OMISSIS) non intendeva compilare mediante mera riproduzione di indicazioni provenienti dall’azienda, e che aveva per qualche tempo omesso di predisporre, tanto che, alla fine, la relazione era stata scritta dallo stesso (OMISSIS). Questi aveva progressivamente ottenuto la firma dei vari medici interessati, tanto che la richiesta era stata alla fine protocollata, e per altro bloccata, in attesa di una relazione che giustificasse l’inserimento delle immunoglobuline (OMISSIS) in costanza della disponibilita’ di altre, acquisite tramite la (OMISSIS)
Il Giudice per le indagini preliminari ha escluso l’integrazione della prospettata falsita’ materiale (non essendosi identificata alcuna contraffazione di firme e documenti), ed anche di quella ideologica, non essendosi affatto accertata la difformita’ dal vero della descrizione tecnica del prodotto.
Il Tribunale del riesame ha confermato il giudizio appena indicato, segnalando l’assenza di effettive confutazioni nell’atto di appello presentato dal P.M..
5. In esito alla disamina dei singoli reati o gruppi di reati, il primo Giudice ha escluso che sia stato identificato un progetto criminoso unitario e definito, impostato quale programma delittuoso di una associazione criminale allo scopo intervenuta tra (OMISSIS) ed i dirigenti della (OMISSIS), con cio’ escludendo la gravita indiziaria anche con riguardo alla contestazione del delitto di cui all’articolo 416 c.p. (capo 1).
Il Tribunale del riesame ha motivatamente condiviso tale valutazione, escludendo che sia stato provato un accordo indeterminato per commettere delitti in comune tra lo staff direttivo della (OMISSIS) ed il pubblico ufficiale coinvolto. Quanto ai rapporti stabilmente insediati con il (OMISSIS), attenevano alla “gestione” degli associati del gruppo da lui diretto, e non mirano ad influire sui rapporti tra la societa’ e la pubblica amministrazione.
6. Nel provvedimento impugnato v’e’ una considerazione aggiuntiva rispetto ai rilievi, complessivamente richiamati, del Giudice di prime cure. E’ Stata acquisita su iniziativa dei Difensori una relazione dei Servizi ispettivi di Finanza pubblica sull’operazione condotta dall’Azienda (OMISSIS), dalla quale emerge che l’aggiudicazione alla (OMISSIS) della commessa per la fornitura delle immunoglobuline ha comportato un risparmio di spesa di circa 5.400.000 euro.
7. Il Pubblico ministero, con un atto di ricorso di 314 cartelle, premessa la trascrizione delle imputazioni preliminari, articola tre distinti motivi di impugnazione.
7.1. Con il primo si deduce violazione di legge a norma dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c).
Il Tribunale napoletano avrebbe rigettato l’appello cautelare, per vari aspetti, denunciando il carattere generico delle censure mosse alla decisione del Giudice per le indagini preliminari.
In realta’, osserva il ricorrente, la parte pubblica ha fatto esplicito rinvio alle risultanze compendiate nella richiesta a suo tempo presentata per l’applicazione delle misure cautelari. Cosi’ come si riconosce al Giudice la possibilita’ di motivare per relationem, cosi’ dovrebbe riconoscersi alla parte la stessa possibilita’. Il Tribunale non avrebbe dunque potuto sottrarsi alla puntuale disamina di tutte le risultanze richiamate.
7.2. Con un secondo motivo, il pubblico ministero deduce violazione di legge (a norma dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b)) e vizio di illogicita’ e contraddittorieta’ della motivazione.
Dopo avere trascritto quasi l’intero provvedimento impugnato, ed il capo di imputazione relativo al reato associativo, il ricorrente osserva come abbia errato il Tribunale nell’assumere che nessun elemento investigativo sarebbe stato indicato per contraddire le conclusioni esposte dal primo Giudice, dovendosi infatti avere riguardo a tutti gli elementi indicati nella gia’ citata richiesta cautelare, che nuovamente vengono trascritti nell’atto di ricorso.
7.3. Con un terzo motivo, il Pubblico ministero deduce violazione di legge a norma dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b).
Escludendo la prova di un accordo corruttivo sottostante alle irregolarita’ della gara bandita dall’Azienda (OMISSIS), e le collusioni pertinenti alla gara medesima, il Giudice di prime cure avrebbe ignorato “le inconfutabili prove esistenti in atti”, e desumibili dalla richiesta ormai piu’ volte citata.
La procedura negoziata era stata bandita in assenza dei presupposti di legge, tanto da essere in seguito annullata dal Tribunale amministrativo regionale. Nessun rilievo potrebbe avere il preteso “buon fine” della procedura, essendo la turbativa d’asta un reato di pericolo, che si commette a prescindere da specifiche violazioni di legge, e con un dolo che non richiede il fine di avvantaggiare o danneggiare illegittimamente altri.
Quanto ai contestati delitti di corruzione, i Giudici avrebbero erroneamente applicato un principio per il quale sarebbe atto contrario ai doveri d’ufficio solo quello compiuto in violazione della legge. In realta’ l’atto potrebbe essere formalmente legittimo, ma ugualmente contrario ai doveri dell’ufficio, ad esempio perche’ adottato in violazione del dovere di imparzialita’ e di corretto esercizio della discrezionalita’ tecnica e amministrativa, formalizzato dall’articolo 97 Cost., e dalla Legge n. 241 del 1990, articolo 1. Cio’ che del resto la giurisprudenza ammetterebbe correntemente giudicando compatibile l’applicazione della fattispecie di cui all’articolo 319 c.p., con riguardo ad atti rientranti nell’area della discrezionalita’ esercitabile dal pubblico ufficiale.
Ricorda il ricorrente che la (OMISSIS) avrebbe dovuto restare esclusa – in forza di leggi regionali e della connessa assegnazione ad altre aziende delle forniture per il triennio in corso – da qualunque fornitura di immunoglobuline sul territorio campano.
8. Nelle more dell’odierna udienza sono state depositate plurime memorie in difesa degli indagati.
8.1. In data 17/03/2014 e’ stata depositata memoria dal Difensore di (OMISSIS), amministratore delegato della (OMISSIS), secondo il quale l’ordinanza impugnata e’ sufficientemente motivata in ogni suo aspetto, e comunque va integrata con gli ampi e puntuali rilievi compiuti dal Giudice di prime cure.
I riferimenti del Pubblico ministero alla motivazione per relationem sarebbero incongrui, perche’ riferiti a provvedimenti giudiziali.
Con il terzo motivo di ricorso si proporrebbero censure in fatto.
8.2. Il 18/03/2014 e’ stata depositata memoria dal Difensore di (OMISSIS), informatore scientifico della (OMISSIS), il quale a sua volta richiede che il ricorso venga dichiarato inammissibile o rigettato.
In relazione al primo motivo, si nota come il Tribunale non abbia direttamente censurato la motivazione per relationem dell’ appello, ma l’omessa indicazione dei fatti e delle prove che avrebbero dovuto indurre una diversa decisione del Giudice di prime cure.
Riguardo al secondo motivo, e’ richiamata la giurisprudenza che esclude il reato associativo quando una organizzazione, eventualmente anche complessa, sia costituita allo scopo di perseguire uno scopo previamente determinato. Rilievo a maggior ragione valevole per (OMISSIS), cui detto reato e’ stato contestato nonostante la sua estraneita’ a tutti i fatti di corruzione e turbativa d’asta, considerato che per l’unico altro addebito, di falso, il Tribunale ha ribadito l’insussistenza del fatto.
8.3. Anche i Difensori di (OMISSIS), informatore scientifico della (OMISSIS), hanno chiesto dichiararsi il ricorso inammissibile o infondato, rimarcandone un asserito carattere ripetitivo e pleonastico.
Il Pubblico ministero avrebbe reiterato la metodologia espositiva gia’ censurata dal Tribunale di Napoli, limitandosi a rilievi astratti (e non riferibili alle singole posizioni), nonche’ a rinvii al testo della propria richiesta, senza neppure prendere atto della relazione ispettiva che ha posto in luce la convenienza economica della commessa conferita all’azienda della (OMISSIS). Mancherebbero inoltre indicazioni sulla attualita’ delle esigenze cautelari, specie considerando che, di recente, le indagini preliminari sono state chiuse.
Nella memoria sono poi partitamente analizzate tutte le contestazioni mosse all’interessata.
8.4. Il 19/03/2014 e’ stata trasmessa memoria difensiva nell’interesse di (OMISSIS), direttore marketing della (OMISSIS), e di (OMISSIS), informatore scientifico della stessa societa’.
Il riferimento del primo motivo di ricorso alla giurisprudenza in materia di motivazione per relationem sarebbe del tutto inconferente, poiche’ rileverebbe piuttosto la giurisprudenza sulla necessaria specificita’ dei motivi di gravame. Il principio di insufficienza del rinvio alla motivazione della richiesta cautelare rigettata, quale sostegno dell’appello cautelare del pubblico ministero, e’ stato espressamente enunciato da questa Corte (n. 32993 del 2013, rv. 256996, n. 46025 del 2013, rv. 257448).
Il secondo motivo, nella parte in cui si riferisce al delitto associativo, richiederebbe inammissibilmente una diversa ricostruzione del fatto ad opera della Corte di legittimita’. Non vi sarebbe alcuna contraddizione interna alla motivazione del Tribunale, il quale ha certo escluso la ricorrenza del reato per l’assenza di prove circa i reati – fine, ma prima ancora ha negato esistesse la prova di un piano indeterminato di delinquenza tra i soggetti coinvolti dalla imputazione preliminare.
Quanto al terzo motivo, il Tribunale non avrebbe negato la natura del reato di turbata liberta’ degli incanti, che prescinde in effetti dall’esito della condotta collusiva, ma la ricorrenza in se’ di una siffatta condotta. Per altro verso, quanto alla corruzione, esattamente sarebbe stata esclusa la natura antidoverosa delle condotte di “diffusione” dei farmaci (OMISSIS), e mancherebbe comunque la prova del rapporto sinallagmatico tra le presunte prestazioni e le modeste utilita’ economiche evocate dalla pubblica accusa.
8.5. Il 19/03/2013 il Difensore di (OMISSIS), gia’ sopra piu’ volte menzionato, ha depositato memoria difensiva chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o infondato.
Il Pubblico ministero pretenderebbe una terza ed inammissibile valutazione sul merito delle imputazioni cautelari. In ogni caso le risultanze smentirebbero positivamente l’esistenza di un vincolo associativo tra l’indagato ed i dirigenti (OMISSIS).
Le doglianze concernenti il capo 11 della rubrica sarebbero meramente reiterative, e comunque infondate in fatto, rispetto alla sussistenza dei falsi e, in ogni caso, riguardo alla partecipazione dell’interessato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso del Pubblico ministero e’ inammissibile, perche’ privo del necessario carattere di specificita’, in parte proposto per motivi diversi da quelli consentiti (in particolare, attinenti alla ricostruzione del fatto compiuta dai Giudici della cautela) e, per una parte ancora, per motivi manifestamente infondati.
2. Manifestamente infondata e’, anzitutto, la tesi che in sostanza sottende al primo dei motivi a sostegno dell’impugnazione: come si ammette (per la verita’ con differenze di contesto ed a seconda delle situazioni) che il giudice possa motivare per relationem una propria decisione, richiamando in tono adesivo i rilievi svolti con la domanda di parte o nell’ambito del provvedimento confermato, cosi’ dovrebbe ammettersi la possibilita’ che una parte sostenga la propria impugnazione richiamando gli argomenti espressi in un precedente atto, quando gli stessi siano stati disattesi con il provvedimento impugnato; per questa ragione vi sarebbe violazione di legge (non espressamente indicata), nel provvedimento del Tribunale del riesame, laddove ha considerato sostanzialmente inammissibile l’appello promosso dallo stesso Pubblico ministero contro la decisione del Giudice per le indagini preliminari di rigettare la richiesta di applicazione di misure cautelari, in quanto fondato sul mero richiamo alle considerazioni svolte con la richiesta respinta.
La tesi realizza un evidente travisamento della funzione assegnata ai motivi di censura nel sistema delle impugnazioni, che non e’ ovviamente la stessa funzione assicurata dalla motivazione dei provvedimenti giurisdizionali.
Quest’ultima ha lo scopo (tra gli altri) di consentire la sindacabilita’ dei provvedimenti medesimi, quale garanzia di legalita’ nell’esercizio della giurisdizione, e deve giustificare razionalmente, in fatto ed in diritto, la decisione assunta. In quest’ottica – e per limitarsi a semplici rilievi di carattere assai generale – il rinvio in termini adesivi ad argomenti di fatto e di diritto gia’ altrove sviluppati, e certamente noti alle parti del procedimento, puo’ essere sufficiente, sempreche’ esaurisca il contenuto motivazionale minimo del provvedimento assunto. Tanto questo e’ vero che la sufficienza del rinvio per relationem e’ comunemente esclusa, in termini variabili a seconda dei casi, quando il contenuto necessario del provvedimento e’ strutturalmente estraneo alla giustificazione dell’atto richiamato. Per fare un solo esempio, di fronte a censure decisive e sufficientemente specifiche proposte in fatto riguardo ad un determinato provvedimento, il giudice dell’impugnazione non ha facolta’ di assolvere il proprio compito mediante il solo richiamo ai rilievi svolti nel provvedimento medesimo: la sua motivazione sarebbe incompleta, priva del necessario carattere di specifica considerazione degli argomenti essenziali opposti dalla parte al ragionamento del precedente giudice.
La funzione dei motivi nel sistema delle impugnazioni, salvo il caso in cui la legge preveda un effetto di devoluzione completo e indipendente dall’articolazione dei motivi di censura (come nel caso del ricorso per riesame), e’ invece quella di una sufficiente e certa delimitazione della regiudicanda, idonea a focalizzare il dibattito processuale nel giudizio impugnatorio. Una funzione definitoria necessaria per un verso ad assicurare la funzionalita’ del giudizio medesimo (anche in termini di pienezza del contraddittorio), e per l’altro ad identificare i profili della decisione giudiziale eventualmente consolidati per la rinuncia della parte o delle parti a discuterne il fondamento.
Per tali essenziali ragioni l’articolo 581 cod. proc. pen., impone, per tutte le impugnazioni (appello compreso), che siano indicati i capi ed i punti della decisione cui l’atto si riferisce, e sia data “indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto” che sorreggono le relative richieste. E l’articolo 591 cod. proc. pen., (comma 1, lettera e), com’e’ noto, sanziona di inammissibilita’ l’inosservanza, tra le altre, delle prescrizioni appena richiamate.
Bastera’ a questo punto ricordare come la giurisprudenza di questa Corte abbia fatto piu’ volte applicazione del principio con specifico riferimento all’appello cautelare, ed al caso in cui lo stesso risulti essere stato proposto mediante richiamo agli argomenti contenuti nella richiesta di applicazione di misure cautelari respinta dal primo giudice: si tratta, per le ragioni appena indicate, di impugnazioni inammissibili (Sez. 6, Sentenza n. 277/2014 del 07/11/2013, rv. 257772; in precedenza, tra le altre, Sez. 6, Sentenza n. 3526 del 23/11/1993, rv. 196627; Sez. 1, Sentenza n. 32993 del 22/03/2013, rv. 256996; Sez. 6, Sentenza n. 46025 del 24/09/2013, rv. 257448; Sez. 6, Sentenza n. 47546 del 01/10/2013, rv. 258664).
Conviene aggiungere che l’inadeguatezza della tecnica utilizzata dall’Ufficio requirente appare tanto piu’ manifesta, nel caso di specie, in considerazione del manifesto sforzo motivazionale profuso dal Giudice per le indagini preliminari, che ha valutato gli argomenti del Pubblico ministero ed indicato in dettaglio le ragioni del proprio dissenso circa l’idoneita’ dei medesimi a sorreggere le contestazioni cautelari: ragioni fondate o non – qui non rileva – ma certamente non superabili mediante la reiterazione dei rilievi che le avevano precedute.
Questa Corte ha talvolta precisato che il richiamo alla richiesta respinta puo’ essere invece sufficiente, in sede di appello cautelare, a fronte di provvedimenti di rigetto sostanzialmente privi di motivazione (Sez. 6, Sentenza n. 277 del 07/11/2013, rv. 257772). Si tratta di casi nei quali, sostanzialmente, e’ prospettata una violazione di legge per carenza assoluta di motivazione, e comunque mancano, per definizione, argomenti che la parte rimasta soccombente possa contestare. Ma nella specie, come appena si e’ detto, e’ conclamata la ricorrenza di una situazione contraria.
3. Con il secondo motivo di impugnazione il ricorrente denuncia una violazione della legge penale sostanziale (presumibilmente, l’articolo 416 cod. pen.) ed un vizio di motivazione per illogicita’ e contraddittorieta’.
Si tratta di motivi inammissibili, per manifesta infondatezza, per difformita’ dai requisiti indicati all’articolo 606 cod. proc. pen., per genericita’.
Il dato di percezione forse piu’ immediata e’ la pertinenza al fatto delle scarne censure enucleagli dall’atto di ricorso, non dissimulata dal rinvio formale alle tipologie di vizio sopra richiamate. Il fenomeno e’ particolarmente evidente per la parte in cui si pretende, in sostanza, che il Giudice territoriale abbia malamente interpretato la fattispecie incriminatrice sol perche’, con ampia motivazione, ha ritenuto non sussistessero gravi indizi della relativa integrazione.
I riferimenti ad un fraintendimento del ruolo di (OMISSIS), od alla svalutazione dei pretesi reati fine quali elementi dimostrativi della fattispecie associativa, sono appunti rilievi in fatto. In ogni caso il Tribunale, anche mediante rinvio alla motivazione del primo Giudice, ha illustrato ampiamente le ragioni per le quali non ha ravvisato l’esistenza di un patto associativo che legasse (OMISSIS) ai funzionari della (OMISSIS) per un verso ed al dirigente medico del (OMISSIS) per l’altro.
Del tutto atecnico, poi, il riferimento ad un preteso travisamento della prova, relativo appunto alla funzione associativa attribuita al (OMISSIS). Com’e’ noto, l’espressione designa l’errore percettivo del giudice, che afferma una circostanza di fatto essenziale trascurando le risultanze contrarie incontrovertibilmente acquisite agli atti, o postulando l’esistenza di risultanze conformi in realta’ inesistenti. In nessun caso, dunque, un concetto riferibile al vaglio critico della prova.
In ogni caso, e risolutivamente, si constata come il ricorrente abbia fatto ricorso (tanto piu’ inammissibile in un giudizio di legittimita’) alla stessa tecnica utilizzata per l’appello cautelare, omettendo qualsiasi seria indicazione sulle risultanze che il Tribunale avrebbe trascurato e che avrebbero dovuto orientare il suo giudizio, in conformita’ alle regole del ragionamento probatorio e degli oneri di completezza della motivazione, in senso diverso da quello della decisione impugnata. E la conclusione non puo’ cambiare, naturalmente, ne’ per lo sbrigativo riferimento ai fatti di comparaggio che sarebbero stati comunque accertati, ovviamente inidoneo a documentare l’esistenza di un patto di delinquenza stabile e strutturato tra gli indagati, ne’ per effetto della trascrizione letterale delle centinaia di pagine di cui constava l’originaria richiesta cautelare, del tutto inidoneo ad identificare specifiche censure al ragionamento probatorio dei Giudici territoriali.
4. Anche i rilievi che concorrono a definire il “terzo motivo” del ricorso in esame, riuniti sotto una rubrica segnata dal riferimento alla violazione della legge penale sostanziale (gli articoli 353 e 319 c.p.), non sono ammissibili.
Si tratta, ancora una volta, di motivi in fatto, e generici (nonche’ infondati) anche nella misura in cui non focalizzano appieno il senso della decisione di rigetto adottata dal Giudice per le indagini preliminari e confermata dal Tribunale.
A proposito della turbativa d’asta, in sostanza, il ricorrente osserva che per l’integrazione del reato e’ irrilevante il “buon fine” della procedura – probabile riferimento all’argomento, valorizzato dal Tribunale, del risparmio di spesa che si sarebbe realizzato assegnando una nuova fornitura alla (OMISSIS) – e non e’ richiesto un fine di profitto o di danno. Si e’ aggiunto che la prova di accordi corruttivi sottesi all’alterazione della procedura non sarebbe necessaria a fini di documentazione dell’illecito.
Sennonche’ l’evento di pericolo che contrassegna effettivamente la fattispecie deve comunque dipendere da una condotta tipica, che consiste per un verso nel ricorso a violenza o minaccia, o per l’altro in comportamenti di natura fraudolenta o collusiva. Non e’ certo sufficiente, in se’ e per se’, che nell’attuazione della procedura risultino commesse violazioni di legge.
I Giudici territoriali hanno compiuto riferimenti alla carenza di indizi circa un dolo di profitto o di ingiusto danno in relazione essenzialmente del delitto di abuso di ufficio, contestato in concorso con quello punito all’articolo 353 c.p., al quale soltanto si riferisce il ricorso.
Il rigetto della richiesta concernente la turbativa d’asta non e’ dipeso dall’erronea configurazione di elementi costitutivi non previsti dalla fattispecie (il dolo specifico, appunto, o la corruttela dei pubblici ufficiali coinvolti nella procedura), ma dalla convinzione, espressa in esito ad un dettagliato percorso argomentativo, che non ricorressero gravi indizi della collusione o comunque delle attivita’ fraudolente necessarie all’integrazione del reato. A questo proposito, la doglianza del ricorrente si riduce all’assicurazione che invece gli indizi vi sarebbero, deducibili dalla motivazione dell’originaria richiesta cautelare, integralmente e genericamente richiamata.
Una situazione per molti versi analoghi si riscontra per il secondo ed ultimo “nucleo” della prospettata violazione di legge, che attiene ai delitti di corruzione.
Il ricorrente si diffonde sulla distinzione tra corruzione cd. propria e corruzione cd. impropria, ricordando come la giurisprudenza, specie in tempi recenti, abbia ammesso la configurabilita’ del primo reato anche a fronte di attivita’ eminentemente discrezionali del pubblico ufficiale, ravvisando una violazione dei doveri d’ufficio nella elusione dell’obbligo di imparzialita’, direttamente sancito, tra l’altro, dall’articolo 97 Cost..
Il rilievo e’ fondato, ma privo di decisiva pertinenza. La “violazione di legge” commessa consapevolmente dal pubblico ufficiale, al fine di avvantaggiare se stesso o altre persone, non e’ sufficiente ad integrare il delitto di cui all’articolo 319 c.p., segnato anche dalle implicazioni sinallagmatiche della condotta tipica: il comportamento infedele e’ connesso alla dazione od alla promessa (accettata) del versamento di denaro o altra utilita’. Pure fondato – ma privo a sua volta di incidenza – e’ l’ulteriore rilievo (del resto espresso anche nell’ordinanza di rigetto della richiesta cautelare) per il quale il delitto di corruzione puo’ ben concorrere con il reato di comparaggio, cioe’ con la contravvenzione prevista e punita al Regio Decreto n. 1265 del 1934, articolo 170.
Nel caso di specie, il Giudici territoriali hanno sostanzialmente escluso (pur senza negare la ricorrenza di fatti di comparaggio) che ricorrano gravi indizi della dipendenza dei comportamenti favorevoli alla (OMISSIS) da un pregiudiziale favoritismo (implicato da controprestazioni economiche), piuttosto che dalla valutazione tecnica di maggiore adeguatezza dei relativi farmaci, cosi’ negando la contestata violazione del dovere di imparzialita’. I comportamenti in questione, anche alla luce di una qualche indeterminatezza che al proposito segna le ipotesi d’accusa, sono stati valutati (negandone la rilevanza o la sussistenza) tanto con riguardo ai singoli atti di prescrizione medica dei farmaci (OMISSIS) – considerati conformi ad un corretto esercizio della discrezionalita’ tecnica – che con riferimento ad una ipotetica “vendita della funzione”. Si e’ ritenuto in sostanza (sulla base delle intercettazioni ed anche dell’asserita modestia delle erogazioni accettate dai medici dirigenti) che non vi fosse prova della dipendenza degli atti dei pubblici ufficiali (cosi’ come focalizzati) dalla causa illecita connessa alla promessa corruttiva.
Insomma, non si e’ negata in diritto la configurabilita’ della corruzione nel caso di uso non imparziale della discrezionalita’ amministrativa, ma si e’ negata in fatto la dipendenza dei comportamenti contestati da atteggiamenti di parzialita’, piuttosto che di scelta medica e gestionale. Nel contempo, l’ipotetica ricorrenza di fatti di comparaggio (che pure richiedono un sinallagma tra prestazioni) non e’ stata utilizzata, nella motivazione dei provvedimenti impugnati, per escludere in diritto la configurabilita’ della corruzione.
Semmai, la soluzione adottata nel risolvere la relazione tra i due temi che costituisce appunto una scelta in fatto, avrebbe potuto dare luogo a rilievi – non – porta qui quanto fondati – circa la piena coerenza del percorso motivazionale adottato dal Giudice per le indagini preliminari, e sostanzialmente avallato dal Tribunale. Inutile comunque approfondire il tema, posto che la censura del ricorrente – come sopra si e’ visto – e’ stata riferita e circoscritta al solo vizio di violazione della legge penale sostanziale, ed e’ stata sostenuta con motivazioni per un verso prive di conferenza, e per l’altro, ancora una volta, pertinenti ad una ricostruzione di fatto che sarebbe inutile quandoche’ si facesse questione di coerenza del tessuto motivazionale dei provvedimenti impugnati, dato che e’ stata enunciata e ribadita senza specifiche critiche alle argomentazioni proposte dai Giudici territoriali, e mediante integrale e generico rinvio alle preesistenti considerazioni svolte con la richiesta cautelare.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.

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