Suprema Corte di Cassazione
sezione VI
sentenza 7 ottobre 2014, n. 41832
REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AGRO’ Antonio – Presidente
Dott. PAOLONI Giacomo – Consigliere
Dott. FIDELBO Giorgio – Consigliere
Dott. DI SALVO Emanuele – Consigliere
Dott. DE AMICIS Gaetano – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 2650/2012 CORTE APPELLO di PALERMO, del 05/12/2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 30/09/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GAETANO DE AMICIS;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. CANEVELLI Paolo che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso;
udito il difensore avv. (OMISSIS) che ha concluso per l’annullamento della sentenza.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AGRO’ Antonio – Presidente
Dott. PAOLONI Giacomo – Consigliere
Dott. FIDELBO Giorgio – Consigliere
Dott. DI SALVO Emanuele – Consigliere
Dott. DE AMICIS Gaetano – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 2650/2012 CORTE APPELLO di PALERMO, del 05/12/2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 30/09/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GAETANO DE AMICIS;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. CANEVELLI Paolo che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso;
udito il difensore avv. (OMISSIS) che ha concluso per l’annullamento della sentenza.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 5 dicembre 2013 la Corte d’appello di Palermo ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Marsala – Sezione distaccata di Castelvetrano in data 21 ottobre 2011, che dichiarava (OMISSIS) colpevole del reato di cui all’articolo 570 c.p., condannandolo alla pena di mesi tre di reclusione, riconosciute le attenuanti generiche, per non avere, dal mese di novembre 2006, corrisposto alla moglie separata, (OMISSIS), la somma stabilita dal Tribunale di Marsala con provvedimento presidenziale del 13 luglio 2004 a titolo di contributo per il mantenimento delle figlie, (OMISSIS) e (OMISSIS), cosi’ sottraendosi agli obblighi inerenti alla potesta’ genitoriale.
2. Avverso la su indicata pronunzia ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, deducendo il vizio di mancanza di motivazione per avere la Corte di merito condiviso la decisione di primo grado senza addurre alcuna argomentazione idonea a sostenere il proprio giudizio di colpevolezza. Dal novembre 2006 al 2008 (OMISSIS), unitamente alle figlie, era tornata a vivere, occupando ambienti separati, nella casa coniugale, fattore, questo, che aveva permesso all’imputato di provvedere direttamente ai bisogni della prole. Lasciata la casa coniugale, inoltre, la (OMISSIS) aveva comunque mantenuto la disponibilita’ di quanto in precedenza ricavato dalla vendita di un immobile di proprieta’ dello (OMISSIS). Peraltro, non solo prima del raggiungimento della maggiore eta’ delle figlie, ma anche dopo, egli aveva sempre provveduto al loro mantenimento, o direttamente con l’assegno, ovvero offrendo la casa coniugale, cio’ che aveva consentito di risparmiare i canoni per la locazione di un immobile.
2. Avverso la su indicata pronunzia ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, deducendo il vizio di mancanza di motivazione per avere la Corte di merito condiviso la decisione di primo grado senza addurre alcuna argomentazione idonea a sostenere il proprio giudizio di colpevolezza. Dal novembre 2006 al 2008 (OMISSIS), unitamente alle figlie, era tornata a vivere, occupando ambienti separati, nella casa coniugale, fattore, questo, che aveva permesso all’imputato di provvedere direttamente ai bisogni della prole. Lasciata la casa coniugale, inoltre, la (OMISSIS) aveva comunque mantenuto la disponibilita’ di quanto in precedenza ricavato dalla vendita di un immobile di proprieta’ dello (OMISSIS). Peraltro, non solo prima del raggiungimento della maggiore eta’ delle figlie, ma anche dopo, egli aveva sempre provveduto al loro mantenimento, o direttamente con l’assegno, ovvero offrendo la casa coniugale, cio’ che aveva consentito di risparmiare i canoni per la locazione di un immobile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso va accolto per le ragioni ed entro i limiti di seguito indicati.
4. Dalla motivazione della sentenza impugnata non si evince con chiarezza il titolo della responsabilita’, atteso che l’imputazione e’ stata formulata in modo “aperto”, coprendo la condotta un arco temporale ricompreso fra il mese di novembre 2006 e la pronuncia della sentenza di primo grado (21 ottobre 2011), e che nel periodo in contestazione una delle figlie ( (OMISSIS), nata il (OMISSIS)) era gia’ maggiorenne ed abile al lavoro, mentre l’altra ( (OMISSIS), nata il (OMISSIS)) e’ diventata maggiorenne agli inizi del 2008, dunque entro il lasso temporale rilevante ai fini della permanenza della condotta, protrattasi fino all’ottobre del 2011.
In tal senso non pare corretto, inoltre, il riferimento, contenuto in un passaggio della motivazione, alla condizione di non raggiunta autosufficienza dei figli maggiorenni, per ritenere non ancora cessato l’obbligo di contribuzione, penalmente sanzionato, all’assistenza materiale.
Secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte (Sez. 6, n. 34080 del 13/06/2013, dep. 06/08/2013, Rv. 257416), in tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, sia l’obbligo morale sanzionato dall’articolo 570 c.p., comma 1, che quello economico, sanzionato dal comma secondo della medesima disposizione, presuppongono la minore eta’ del figlio non inabile al lavoro e vengono meno con l’acquisizione della capacita’ di agire da parte del minore conseguente al raggiungimento della maggiore eta’. In motivazione, la Corte ha evidenziato che la conclusione e’ supportata, nel primo caso, dal richiamo dell’esercizio della potesta’ genitoriale e, nel secondo, dal riferimento testuale ai “discendenti di eta’ minore” che differenzia la previsione rispetto a quella prevista per l’inadempimento dell’obbligo di cui alla Legge n. 898 del 1970, articolo 12 – sexies).
Ne discende, secondo quanto chiarito da questa Suprema Corte, che l’articolo 570 c.p., comma 2, n. 2, prevede come soggetti passivi solo i figli minori o inabili al lavoro, sicche’ non integra tale ultimo reato la violazione dell’obbligo di assicurare i mezzi di sussistenza ai figli maggiorenni, non inabili al lavoro, anche se studenti, mentre la Legge 1 dicembre 1970, n. 898, articolo 12-sexies, punisce il mero inadempimento dell’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento stabilito dal giudice, in sede di divorzio, in favore dei figli senza limitazione di eta’, purche’ economicamente non autonomi (Sez. 6, n. 34270 del 31/05/2012, dep. 07/09/2012, Rv. 253262).
Entro tale prospettiva, inoltre, occorre considerare (Sez. 6, n. 36263 del 22/09/2011, dep. 06/10/2011, Rv. 250879) che la violazione degli obblighi di natura economica posti a carico del genitore separato, cui si applica la disposizione della Legge 1 dicembre 1970, n. 898, articolo 12-sexies, stante il richiamo operato dalla previsione di cui alla Legge 8 febbraio 2006, n. 54, articolo 3 (recante disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli), riguarda l’inadempimento dell’obbligo di mantenimento in favore dei figli (minorenni e maggiorenni), dovendosi escludere invece l’inadempimento di analogo obbligo posto nei confronti del coniuge separato, cui e’ applicabile la diversa tutela gia’ predisposta dall’articolo 570 cod. pen..
Costituisce, peraltro, ius reception, nella giurisprudenza di questa Suprema Corte, il principio secondo cui la su indicata fattispecie di cui all’articolo 12-sexies punisce il mero inadempimento dell’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento stabilito dal giudice in favore dei figli, senza limitazione di eta’ (Sez. 6, 18 novembre 2008, n 6575, Rv. 243529), purche’ economicamente non autonomi, laddove l’inabilita’ al lavoro che, ai sensi dell’articolo 570 c.p.p., comma 2, impone al genitore l’obbligo di corrispondere i mezzi di sussistenza anche al figlio maggiorenne va intesa, in base alla definizione contenuta nella Legge n. 118 del 1971, articoli 2 e 12 come totale e permanente inabilita’ lavorativa (Sez. 6, n. 23581 del 13/02/2013, dep. 30/05/2013, Rv. 256258).
5. Sulla base delle su esposte considerazioni, conclusivamente, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte d’appello, che nella piena liberta’ delle valutazioni di merito di sua competenza dovra’ porre rimedio alle rilevate carenze motivazionali, uniformandosi ai principii di diritto in questa Sede stabiliti.
4. Dalla motivazione della sentenza impugnata non si evince con chiarezza il titolo della responsabilita’, atteso che l’imputazione e’ stata formulata in modo “aperto”, coprendo la condotta un arco temporale ricompreso fra il mese di novembre 2006 e la pronuncia della sentenza di primo grado (21 ottobre 2011), e che nel periodo in contestazione una delle figlie ( (OMISSIS), nata il (OMISSIS)) era gia’ maggiorenne ed abile al lavoro, mentre l’altra ( (OMISSIS), nata il (OMISSIS)) e’ diventata maggiorenne agli inizi del 2008, dunque entro il lasso temporale rilevante ai fini della permanenza della condotta, protrattasi fino all’ottobre del 2011.
In tal senso non pare corretto, inoltre, il riferimento, contenuto in un passaggio della motivazione, alla condizione di non raggiunta autosufficienza dei figli maggiorenni, per ritenere non ancora cessato l’obbligo di contribuzione, penalmente sanzionato, all’assistenza materiale.
Secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte (Sez. 6, n. 34080 del 13/06/2013, dep. 06/08/2013, Rv. 257416), in tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, sia l’obbligo morale sanzionato dall’articolo 570 c.p., comma 1, che quello economico, sanzionato dal comma secondo della medesima disposizione, presuppongono la minore eta’ del figlio non inabile al lavoro e vengono meno con l’acquisizione della capacita’ di agire da parte del minore conseguente al raggiungimento della maggiore eta’. In motivazione, la Corte ha evidenziato che la conclusione e’ supportata, nel primo caso, dal richiamo dell’esercizio della potesta’ genitoriale e, nel secondo, dal riferimento testuale ai “discendenti di eta’ minore” che differenzia la previsione rispetto a quella prevista per l’inadempimento dell’obbligo di cui alla Legge n. 898 del 1970, articolo 12 – sexies).
Ne discende, secondo quanto chiarito da questa Suprema Corte, che l’articolo 570 c.p., comma 2, n. 2, prevede come soggetti passivi solo i figli minori o inabili al lavoro, sicche’ non integra tale ultimo reato la violazione dell’obbligo di assicurare i mezzi di sussistenza ai figli maggiorenni, non inabili al lavoro, anche se studenti, mentre la Legge 1 dicembre 1970, n. 898, articolo 12-sexies, punisce il mero inadempimento dell’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento stabilito dal giudice, in sede di divorzio, in favore dei figli senza limitazione di eta’, purche’ economicamente non autonomi (Sez. 6, n. 34270 del 31/05/2012, dep. 07/09/2012, Rv. 253262).
Entro tale prospettiva, inoltre, occorre considerare (Sez. 6, n. 36263 del 22/09/2011, dep. 06/10/2011, Rv. 250879) che la violazione degli obblighi di natura economica posti a carico del genitore separato, cui si applica la disposizione della Legge 1 dicembre 1970, n. 898, articolo 12-sexies, stante il richiamo operato dalla previsione di cui alla Legge 8 febbraio 2006, n. 54, articolo 3 (recante disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli), riguarda l’inadempimento dell’obbligo di mantenimento in favore dei figli (minorenni e maggiorenni), dovendosi escludere invece l’inadempimento di analogo obbligo posto nei confronti del coniuge separato, cui e’ applicabile la diversa tutela gia’ predisposta dall’articolo 570 cod. pen..
Costituisce, peraltro, ius reception, nella giurisprudenza di questa Suprema Corte, il principio secondo cui la su indicata fattispecie di cui all’articolo 12-sexies punisce il mero inadempimento dell’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento stabilito dal giudice in favore dei figli, senza limitazione di eta’ (Sez. 6, 18 novembre 2008, n 6575, Rv. 243529), purche’ economicamente non autonomi, laddove l’inabilita’ al lavoro che, ai sensi dell’articolo 570 c.p.p., comma 2, impone al genitore l’obbligo di corrispondere i mezzi di sussistenza anche al figlio maggiorenne va intesa, in base alla definizione contenuta nella Legge n. 118 del 1971, articoli 2 e 12 come totale e permanente inabilita’ lavorativa (Sez. 6, n. 23581 del 13/02/2013, dep. 30/05/2013, Rv. 256258).
5. Sulla base delle su esposte considerazioni, conclusivamente, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte d’appello, che nella piena liberta’ delle valutazioni di merito di sua competenza dovra’ porre rimedio alle rilevate carenze motivazionali, uniformandosi ai principii di diritto in questa Sede stabiliti.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte d’appello di Palermo.
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