Suprema Corte di Cassazione
sezione VI
sentenza 4 dicembre 2014, n. 50947
Ritenuto in fatto
1. F.V., imputato in un procedimento penale pendente dinanzi al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania, dr.ssa M. R., ricorre per cassazione avverso l’ordinanza della Corte d’appello di Catania,in data 101-2014, con la quale è stata dichiarata inammissibile la dichiarazione di ricusazione proposta nei confronti del predetto giudice. L’avv. F., nell’ambito di un altro procedimento penale , aveva presentato al pubblico ministero “motivi aggiunti” alla richiesta avanzata, in data 13 febbraio 2012, con la quale il predetto avvocato sollecitava l’impugnazione, da parte del requirente, della sentenza di assoluzione emessa dal giudice dell’udienza preliminare, dr.ssa R., nei confronti di L. R., imputato del delitto di calunnia, rispetto al quale il F. era parte offesa. Il pubblico ministero aveva trasmesso alla dottoressa R. i predetti “motivi aggiunti” e quest’ultima, reputando che i contenuti di tale atto fossero lesivi della sua dignità professionale, lo aveva trasmesso al Presidente del Consiglio dell’Ordine per le valutazioni di competenza. Onde l’avvocato F. ritiene che si versi nella situazione di inimicizia grave, disciplinata dall’art 36 comma 1 , lett. d) cod. proc. pen., mentre la Corte d’appello ha disatteso tale prospettazione.
2. II ricorrente deduce , con unico motivo, violazione di legge e vizio di motivazione poiché la dottoressa R. ha letteralmente inventato la sussistenza di toni oltraggiosi e calunniatori nell’atto presentato dall’avvocato F., nel contesto del processo nei confronti di L.R., così dimostrando sentimenti di avversione e di ostilità, tali da intaccare la serenità del giudizio,con grave pregiudizio del principio di imparzialità. Trattasi d’altronde di una ostilità maturata in relazione a circostanze anteriori ed estranee al processo in corso ed estrinsecatesi in un comportamento oggettivamente volto a determinare l’apertura di un gratuito procedimento disciplinare nei confronti del ricorrente. Si chiede pertanto annullamento dell’ordinanza impugnata.
3.Con requisitoria scritta depositata il 12 giugno 2014, il Procuratore Generale
presso questa Corte ha chiesto declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Considerato in diritto
1. La doglianza formulata è manifestamente infondata. Costituisce infatti ius receptum, nella giurisprudenza di questa suprema Corte, il principio secondo il quale può ravvisarsi “inimicizia grave ” tra giudice e imputato esclusivamente nell’ipotesi in cui vi siano rapporti personali, conflittuali, estranei all’attività giurisdizionale (Cass. Sez 127-3-1992 , Neri, Rv. 189951) e desumibili da dati di fatto concreti e precisi, del tutto autonomi rispetto alla realtà processuale (Cass., Sez. 6, 19-1-2000, Previti , Rv. 215740). La condotta endoprocessuale può venire in rilievo solo quando presenti aspetti talmente anomali e settari da costituire momento dimostrativo di un’inimicizia maturata all’esterno ( Cass., Sez. 5 , n. 3756 del 16-12-2004, Rv. 231399; Sez 6, n. 30577 del 31-1-2003, Rv. 225458).
1.1.Nel caso di specie, la Corte d’appello ha osservato che non può ritenersi che il giudice, dr.ssa Rizza, abbia manifestato, nei confronti del ricorrente, sentimenti di avversione e ostilità tali da poter intaccare la serenità del giudizio, essendosi limitata a trasmettere l’atto depositato dall’avv. F. al Consiglio dell’Ordine, per le valutazioni di competenza, in sede disciplinare, in relazione alle espressioni in esso contenute. In tale iniziativa non può pertanto essere ravvisato un atteggiamento di inimicizia, da parte della dr.ssa Rizza , nei confronti del F..Trattasi di motivazione esente da vizi logico.giuridici , alla quale può aggiungersi , in questa sede , che l’inimicizia , per poter assumere rilevanza ex art 36 lett. d) cod. proc. pen. , deve sostanziarsi in un’astiosa avversione, non ipotetica o frutto di mere congetture ma estrinsecatasi in atteggiamenti obiettivi, connotati da un apprezzabile coefficiente di concretezza e serietà ( Cass. Sez 5 , 25-6-1998 , Arnesano , Cass. pen. 2000, 416): ciò che, come evidenziato nel provvedimento impugnato, non è dato rilevare nel caso in disamina. 2.11 ricorso va dunque dichiarato inammissibile , a norma dell’art 606 co 3 cod. proc. pen., con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro mille , determinata secondo equità , in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di e. 1000,00 in favore della cassa delle ammende.
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