Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

sentenza 31 ottobre 2012 n 42505

La sesta sezione penale

(Presidente Di Virginio – Relatore Rotundo)

Fatto e diritto

1.-. A.M. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza indicata in epigrafe, con la quale, in data 18-4-11, la Corte di Appello di Roma ha confermato la condanna alla pena di mesi tre di reclusione a lui inflitta in primo grado, previo riconoscimento delle attenuanti generiche prevalenti sulle contestate aggravanti e con la diminuente del rito abbreviato, per i reati di cui agli artt. 81 cpv, 337, 582, 61 n. 2 c.p., commessi in (omissis).

Il ricorrente deduce in primo luogo violazione di legge e vizio di motivazione in punto di affermazione della sua responsabilità per il reato di cui all’art. 337 c.p., in quanto dalle risultanze acquisite sarebbe emerso che l’aggressione da lui posta in essere ai danni dei poliziotti sarebbe stata del tutto gratuita e determinata da una sua alterazione psichica ma non sarebbe stata diretta ad opporsi al pubblico ufficiale ed alla attività che questi stava compiendo. In definitiva, la sua condotta avrebbe dovuto essere inquadrata unicamente nell’ambito della fattispecie di cui all’art. 582 c.p., sicché, in mancanza di querela, avrebbe dovuto pronunciarsi sentenza di non luogo a procedere.

Con il secondo motivo di ricorso denuncia gli stessi vizi in riferimento alla mancata conversione della pena ai sensi degli artt. 53 e 58 Legge 689/1981.

2.-. Il primo motivo di ricorso è fondato.

Risulta dagli atti che nel pomeriggio del 14-9-2004 l’ispettore C. stava svolgendo, all’interno del Commissariato di Ostia, la sua attività di ricezione delle denunce, quando era entrato nella stanza l’A.M. che aveva cominciato ad inveire ed insultare, sostenendo che erano ore che stava aspettando. Il C. aveva invitato l’A. ad attendere il suo turno e soltanto a fatica quest’ultimo era stato accompagnato fuori dalla stanza. Giunto il suo turno, l’A. aveva presentato una denuncia di smarrimento di una patente ed era stato invitato dall’ispettore C. a presentare tre fotografie e alcuni moduli compilati. A questo punto l’A. era uscito dalla stanza per rientrarvi subito dopo ed aggredire il C., che era stato scaraventato contro una finestra, procurandosi le lesioni reperiate.

Dalla descrizione dei fatti di cui sopra emerge con chiarezza che A.M. pose in essere una gratuita aggressione nei confronti del poliziotto evidentemente non diretta ad opporsi all’operato di quest’ultimo. Ne deriva che non è ravvisabile nel comportamento dell’A. una resistenza a pubblico ufficiale ma unicamente un fatto di lesioni ai danni del C., per altro non più aggravato ai sensi dell’art. 61 n.2 c.p.

Si impone, pertanto, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata relativamente al reato di cui all’art. 337 c.p. perché il fatto non sussiste e relativamente al reato di cui all’art. 582 c.p., esclusa la aggravante contestata, perché l’azione penale non poteva essere promossa per difetto di querela.

P.Q.M.

la Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata relativamente al reato di cui all’art. 337 c.p. perché il fatto non sussiste e relativamente al reato di cui all’art. 582 c.p., esclusa la aggravante contestata, perché l’azione penale non poteva essere promossa per difetto di querela.

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