Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

sentenza 29 novembre 2013,n . 26931

Fatto e diritto

Ritenuto che G..S. convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Verona S.P. , M. , Ma. , F. , Mi. ed A. , nonché R.L. , L..C. e P..M. , chiedendo che fosse accertata e dichiarata l’invalidità del testamento olografo, attribuito a Gi..Si. , con la quale la de cuius aveva indicato come soggetti ai quali avrebbe lasciato i propri beni C.L. , P..M. , L..R. ed S.A. , lasciando però in bianco la parte delle disposizioni a favore dei primi tre nominativi e stabilendo che ad Alberto sarebbe andato tutto quello che restava di tutti i suoi averi;
che si costituirono in giudizio R.L. ed S.A. , mentre gli altri convenuti restarono contumaci;
che la R. concordò con quanto esposto dall’attrice, associandosi alle sue conclusioni, e solo in via subordinata chiese, per l’ipotesi di ritenuta validità del testamento, la suddivisione del patrimonio della de cuius in parti eguali tra i quattro soggetti in esso nominati quali eredi;
che A..S. , invece, resistette alla domanda;
che il Tribunale di Verona, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria l’11 gennaio 2008, dichiarò che la scheda testamentaria, da attribuire a G..S. , era nulla per indeterminatezza delle disposizioni in essa contenute, e dichiarò che l’eredità si era devoluta per legge in favore dei successori legittimi;
che la Corte d’appello di Venezia, con sentenza in data 27 dicembre 2011, ha rigettato il gravame di A..S. ;
che a tale conclusione la Corte di merito è pervenuta rilevando:
– che “bene l’impugnata sentenza ha ritenuto che, dato il tenore della disposizione testamentaria,… non si potesse ricostruire in modo chiaro ed inequivocabile quale fosse stata la volontà testamentaria”, giacché “gli spazi in bianco sottolineati dai puntini e riportati anche nella trascrizione del notaio non consentono di stabilire quale porzione del patrimonio della de cuius dovesse essere attribuita a ciascuno dei soggetti indicati nel presunto testamento, né la testatrice ha fornito una qualche indicazione utile per potere addivenire a tale determinazione”;
– che “il tenore del documento non consente in alcun modo di ritenere che A..S. fosse stato istituito unico erede“;
che per la cassazione della sentenza della Corte d’appello S.A. ha proposto ricorso, con atto notificato il 4 e l’8 ottobre 2012, sulla base di tre motivi;
che hanno resistito, con separati atti di controricorso, S.G. e L..R. , quest’ultima proponendo anche ricorso in via incidentale condizionata;
che gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede;
che in prossimità dell’udienza memorie illustrative sono state depositate dalle controricorrenti.
Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione in forma semplificata;
che con il primo motivo del ricorso principale (violazione e falsa applicazione degli artt. 587, 588 e ss., 602 e ss., 734, 1362 e ss. cod. civ.) si sostiene che avrebbe errato il giudice del merito a ritenere che lo scritto autografo di Gi..Si. , pur contenendo una precisa clausola attributiva patrimoniale, costituisse un mero progetto di testamento, ovvero espressione di una volontà non perfezionata;
che, ad avviso del ricorrente, la Corte d’appello avrebbe omesso di svolgere una indagine non limitata al significato letterale delle parole usate;
che, con il secondo mezzo (omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione), ci si duole che la Corte territoriale abbia attribuito alla disposizione patrimoniale in favore di S.A. carattere residuale rispetto a clausole non completate e, per l’effetto, mille;
che i due motivi sono infondati;
che ai fini della configurabilità di una scrittura privata come testamento olografo non è sufficiente il riscontro dei requisiti di forma individuati dall’art. 602 cod. civ., occorrendo, altresì, l’accertamento dell’oggettiva riconoscibilità nella scrittura della volontà attuale del suo autore di compiere non già un mero progetto, ma un atto di disposizione del proprio patrimonio per il tempo successivo al suo decesso: tale accertamento, che costituisce un prius logico rispetto alla stessa interpretazione della volontà testamentaria, è rimesso al giudice del merito e, se congruamente e logicamente motivato, è incensurabile in sede di legittimità (Cass., Sez. II, 28 maggio 2012, n. 8490);
che – tanto premesso – nella specie la Corte d’appello, nel confermare la pronuncia del primo giudice, ha ritenuto, con logico e motivato apprezzamento, che la scheda testamentaria di data 29 giugno 2001, sottoscritta da Gi..Si. , non contiene la manifestazione di una volontà definitiva dell’autrice nel senso che essa sia compiutamente ed incondizionatamente formata e manifestata e sia diretta a disporre attualmente, in tutto o in parte, dei propri beni per il tempo successivo alla morte;
che, infatti, nessuna delle persone menzionate nella scheda (la cugina L..C. , la figlia P..M. , la nipote L..R. , il nipote Al..Si. ) è istituita erede o legataria, e nessuna di esse è chiamata nell’universalità dei beni o in una parte di essi, come è reso palese dal fatto che accanto ai primi tre soggetti indicati vi sono spazi in bianco riempiti soltanto da puntini di sospensione e al quarto soggetto sono lasciati, residualmente, i restanti averi, cioè quelli non assegnati (ma neppure indicati nella scheda) ai primi tre soggetti;
che, pertanto, correttamente il giudice del merito ha ritenuto che la presenza dei puntini di sospensione accanto ai nominativi dei primi tre soggetti contenuti nella scheda testamentaria per cui è causa rende impossibile stabilire il bene o la quota di eredità che la de cuius avrebbe inteso attribuire a ciascuno di essi e che, proprio in ragione dell’assoluta indeterminatezza dell’oggetto delle disposizioni testamentarie, la de cuius si è, in realtà, limitata a predisporre un progetto (una bozza o una minuta) del proprio testamento, privo di quel carattere di compiutezza che deve caratterizzare le valide disposizioni testamentarie;
che il terzo motivo del ricorso principale (violazione dell’art. 1362 cod. civ.) lamenta che la sentenza impugnata abbia dichiarato nullo il testamento per indeterminatezza di tre clausole su quattro, omettendo di convertirlo in un atto unilaterale inter vivos ad efficacia post mortem contenente una manifestazione connessa a spirito di liberalità in favore di persona certa;
che il motivo è inammissibile, giacché muove da un presupposto – l’indeterminatezza non di tutte le clausole, ma di tre su quattro – escluso dalla sentenza impugnata, la quale ha rilevato che anche con riferimento ad A..S. la volontà della testatrice non si era perfezionata;
che, pertanto, il ricorso principale deve essere rigettato;
che resta di conseguenza assorbito l’esame del ricorso incidentale condizionato di L..R. ;
che le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta, il ricorso e condanna, il ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dalle controricorrenti, che liquida, per ciascuna, in complessivi Euro 2.200, di cui Euro 2.000 per compensi, oltre ad accessori di legge.

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