Suprema Corte di Cassazione
sezione VI
sentenza 27 giugno 2014, n. 27989
Ritenuto di fatto
1. Con la sentenza sopra indicata la Corte d’Appello di Roma, in parziale riforma di quella emessa dal Tribunale di Latina in data 10/05/2010, dichiarava non doversi procedere nei confronti di R.R. in ordine al reato di cui all’art. 570 cod. pen. commesso in danno dei figli Pier Dante e Gianiorenzo, maggiore d’età già all’epoca dei fatti, per difetto di querela, riducendo l’entità della pena inflittagli in primo grado per lo stesso reato in danno della moglie P.A.(deceduta nelle more processuali) e dei figli minori F. e M.C., alla misura di sei mesi di reclusione ed € 300,00 di multa, ritenendo il reato permanente cessato alla data del 22 marzo 2008.
La Corte respingeva i motivi d’impugnazione fondati su una dedotta carenza di motivazione, sull’assenza di dolo per essere stati i beneficiari dell’obbligazione alimentare forniti di adeguati mezzi di sostentamento economico, nonché sull’ingiustificata concessione delle attenuanti generiche e sulla mancata rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale al fine di meglio valutare le affermazioni della parte offesa e di consentire il deposito di documentazione.
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato deducendo carenza e contraddittorietà della motivazione, sia con riferimento alla ricostruzione delle condotte contestate sia con riferimento alle questioni giuridiche sottese alla decisione impugnata, quali l’analisi dei dati reddituali della parti, la capacità economica del ricorrente, l’insussistente stato di indigenza dei soggetti beneficiari, la denegata concessione delle attenuanti generiche; si deduce inoltre erronea applicazione della legge penale riferita all’art. 570 cod. pen., ribadendosi le predette censure riguardanti le condizioni soggettive di imputato e parti lese.
Considerato in diritto
3. Il ricorso appare manifestamente infondato e come tale deve essere dichiarato inammissibile.
La sentenza impugnata si rivela, infatti, ampiamente e adeguatamente motivata ed appare tutto fuorché generica nella ricostruzione delle condotte o erronea nell’applicazione di consolidati principi di diritto in materia di art. 570 cod. pen.
Con riferimento alla capacità economica del ricorrente, la Corte ha invero dato atto della sua professione di commercialista e rilevato che i pagamenti saltuari e parziali da lui effettuati in favore della moglie separata (assegno di mantenimento di € 750,00 completo per i mesi di novembre e dicembre 2003 e gennaio 2004; versamenti ridotti da maggio a luglio 2004 e da luglio a ottobre 2005) non potevano ritenersi sufficienti a soddisfare i bisogni primari dei soggetti beneficiari dell’emolumento stabilito in sede giudiziale civile.
Non si vede, dunque, quale violazione di legge o contraddittorietà della motivazione possano ravvisarsi nell’applicazione di regole di giudizio conformi a principi pacificamente affermati dalla giurisprudenza di questa Corte e di questa sezione, del resto puntualmente richiamata dalla decisione impugnata.
Integra, infatti, il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare il genitore separato che ometta anche solo parzialmente il versamento in favore dei figli minori di quanto stabilito per il loro mantenimento, a prescindere da ogni accertamento sulla sufficienza della somma prestata in concreto alla loro sussistenza, specie in seguito all’estensione alla separazione della previsione di cui all’art. 12 sexies I. n. 898 del 1970 ad opera dell’art. 3 I. 8 febbraio 2006, n. 54 (Cass. Sez. 6, n. 16458 del 05/04/2011, B., Rv. 250090).
In ossequio alla stessa modifica normativa, risulta palesemente privo di pregio l’ulteriore motivo di ricorso – anch’esso puntualmente considerato e respinto dalla Corte territoriale come motivo d’appello – fondato sulla circostanza che al mantenimento dei figli minori abbia provveduto, peraltro con evidenti difficoltà, il coniuge separato, residente con i figli nell’abitazione dei suoi genitori.
Anche in questo caso non è dato ravvisare alcun vizio di motivazione o di erronea applicazione di legge, avendo la Corte territoriale riaffermato il consolidato principio secondo cui non risulta esonerato il genitore dall’obbligo di mantenimento economico per effetto dell’intervento sussidiario dell’altro.
Ai fini della configurabilità del delitto cui all’art. 570, comma 2 n. 2, cod. pen., l’obbligo di fornire i mezzi di sussistenza al figlio minore ricorre, infatti, anche quando vi provveda in tutto o in parte l’altro genitore con i proventi del proprio lavoro e con l’intervento d’altri congiunti, atteso che tale sostituzione non elimina lo stato di bisogno in cui versa il soggetto passivo (v. tra le più recenti decisioni massimate Cass. Sez. 6, sent. n. 14906 del 03/02/2010, B., Rv. 247022).
Va, infine, rilevato che la Corte ha ampiamente argomentato in ordine al rifiuto di concedere le attenuanti generiche – altro punto della decisione investito dal ricorso – valorizzando negativamente l’esistenza di altre condanne per lo stesso ed altri reati, la reiterazione e la durata della condotta ed in definitiva il particolare disvalore sociale della condotta, connotatasi per il duraturo disinteresse mostrato dal R. per le condizioni di vita dei familiari.
4. Alla dichiarazione d’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che si stima equo determinare nella misura di 1.000,00 (mille) Euro.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Leave a Reply