Cassazione 3

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

sentenza  26 febbraio 2015, n. 3957

Fatto

M. E. conveniva in giudizio l’INPS esponendo di aver ottenuto dall’INAIL il riconoscimento di alcuni periodi non consecutivi di esposizione qualificata all’amianto, di durata complessivamente ultradecennale, e chiedendo il riconoscimento dell’esposizione anche per gli ulteriori periodi dal 17.9.73 al 31.10.74 e dal 1°.6.78 al 31.7.78 con conseguente condanna dell’INPS alla rivalutazione della sua anzianità contributiva ai sensi dell’art. 13, commi 7 e 8, della legge 27 marzo 1992 n. 257.
L’adito giudice accoglieva la domanda.
Sul gravame dell’INPS, la Corte di Appello di Torino riformava la decisione del Tribunale e rigettava la domanda del M.. La Corte territoriale riteneva che il terzo motivo di appello formulato dall’istituto era fondato ed aveva rilievo assorbente rispetto agli altri pure proposti. In particolare, osservava: che nella relazione il consulente tecnico d’ufficio aveva evidenziato che “per quanto riguarda la frequenza di esposizione, le mansioni svolte dal ricorrente, in maniera del tutto cautelativa è possibile ipotizzare in termini probabilistici e cautelativi una media di 2 ore al giorno per tutto l’anno lavorativo (240 giorni)”; che tale valore medio giornaliero di esposizione all’amianto era inferiore al limite costantemente indicato dalla giurisprudenza di questa Corte secondo cui occorreva “…verificare se vi era stato il superamento della concentrazione media della soglia di esposizione all’amianto di 0,1 fibre per centimetro cubo, quale valore medio giornaliero su otto ore al giorno.”.
Per la cassazione di tale decisione propone ricorso il M. affidato ad un unico motivo illustrato da memoria ex art. 378 c.p.c..
Resiste con controricorso l’INPS.
Con l’unico motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli arti. 24, comma 3° del d.Lgs. n. 277 del 15 agosto 1991 e 13, comma 8°, della legge n. 257del 1992.
Si assume che il giudice del gravame non aveva correttamente interpretato il principio di diritto affermato da questa Corte nella decisione n. 4650 del 26 febbraio 2009. Ed infatti, in tale decisione non era stato affatto detto che l’esposizione all’amianto doveva essere effettiva in tutte le otto ore giornaliere. In effetti la norma richiedeva che, valutata l’esposizione nelle otto ore, occorreva verificare se concentrazione a sui il soggetto era stato esposto, distribuita nell’arco delle otto ore, superava la soglia delle 0,1 fibre/cc. Ciò precisato sottolineava che il consulente tecnico, nella relazione espletata in prime cure, aveva riconosciuto al M. una esposizione qualificata rischio amianto ( nella misura di 0,1.5 f/cc) nel periodo oggetto di valutazione e ciò in quanto l’esposizione media giornaliera era stata di 0,15 ff/cc ( calcolando che l’esposizione era stata per due ore a 0,6 ff/cc e, quindi, applicando la formula Verdel -Ripanucci, la media giornaliera ed di 0,15 ff/cc).
Il motivo è fondato alla luce della costante giurisprudenza di questa Corte secondo cui in tema di benefici previdenziali in favore dei lavoratori esposti all’ amianto – ai fini del riconoscimento della maggiorazione del periodo contributivo ex art. 13, comma 8, della legge n. 257 del 1992 applicabile “ratione temporis” – occorre verificare se vi sia stato superamento della concentrazione media della soglia di esposizione all’amianto di 0,1 fibre per centimetro cubo, quale valore medio giornaliero su otto ore al giorno, avuto riguardo ad ogni anno utile compreso nel periodo contributivo ultradecennale in accertamento e non, invece, in relazione a tutto il periodo globale di rivalutazione, dovendosi ritenere il parametro annuale (esplicitamente considerato dalle disposizioni successive che hanno ridisciplinato la materia) quale ragionevole riferimento tecnico per determinare il valore medio e tenuto conto, in ogni caso, che il beneficio è riconosciuto per periodi di lavoro correlati all’anno. (per tutte: Cass. Ordinanza n. 10671 del 26/06/2012). In effetti, ciò che rileva è l’esposizione media giornaliera nell’arco delle otto ore lavorative, che è cosa diversa dall’affermare che l’esposizione debba superare necessariamente il limite delle 0,1 ff/cc in ciascuna delle otto ore. Sul punto vale evidenziare che l’art. 24 del d.Lgs. n. 277/1991 – ratione temporis applicabile al caso in esame – prevede che l’esposizione alla poveri di amianto va calcolata “in rapporto ad un periodo di riferimento di otto ore..” evidentemente facendo riferimento all’esposizione media nell’arco di otto ore ( peraltro, anche l’art. 254 del d.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81 al primo comma stabilisce che “Il valore limite di esposizione per l’amianto è fissato a 0,1 fibre per centimetro cubo di aria, misurato come media ponderata nel tempo di riferimento di otto ore’’).
L’impugnata sentenza non ha, quindi, correttamente applicato il riportato principio di diritto.
Il ricorso va, pertanto, accolto con conseguente cassazione dell’impugnata sentenza con rinvio alla Corte di Appello di Torino in diversa composizione che deciderà la causa in conformità del predetto principio di diritto provvedendo anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla Corte di Appello di Torino in diversa composizione anche per le spese del presente giudizio.

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