Cassazione10

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

sentenza 21 ottobre 2015, n. 21318

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere

Dott. BARRECA Giuseppina L. – Consigliere

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1130-2014 proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)

– ricorrente –

e contro

(OMISSIS), (OMISSIS) SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 8449/2012 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata il 13/07/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/09/2015 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPA CARLUCCIO.

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

 

Un riferimento a un sinistro stradale, (OMISSIS) convenne in giudizio (OMISSIS) e le (OMISSIS) Spa: nel 2005, per il risarcimento del danno al motociclo, conclusosi con la sentenza di condanna del Giudice di pace; nel 2006 per il risarcimento del danno patrimoniale, e non, relativo alle lesioni personali. Il Tribunale di Napoli, nel decidere la domanda risarcitoria delle lesioni personali, la dichiaro’ improponibile, ravvisando un abuso del diritto sulla base dell’orientamento della giurisprudenza di legittimita’, anche in riferimento al credito risarcitorio (Sentenza 13 luglio 2012).

2. La Corte di appello di Napoli dichiaro’ inammissibile l’appello in mancanza di una ragionevole possibilita’ di essere accolto, pronunciando ordinanza ex articolo 348 bis c.p.c..

2. Avverso la sentenza di primo grado, (OMISSIS) propone rituale ricorso per cassazione affidato a tre motivi. Le parti, ritualmente intimate, non svolgono difese.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

 

1. Con riferimento alle censure, preliminarmente va rilevato che, nonostante nel terzo motivo si deduca una eccezione di incostituzionalita’ dell’articolo 348 bis e dell’articolo 360 c.p.c., sulla base della parte esplicativa dello stesso, non puo’ considerarsi prospettata una eccezione di incostituzionalita’. L’esplicazione della censura, infatti, si sostanzia in affermazioni apodittiche, scollegate dalla causa, e non vi e’ alcun riferimento a parametri costituzionali.

2. Il Tribunale ha deciso la controversia applicando la giurisprudenza di legittimita’ in tema di abuso del diritto nell’ipotesi di frazionamento della domanda di risarcimento davanti a distinti giudici (Sez. Un. n. 23726 del 2007; Cass. n. 28286 del 2011).

2.1. I tre motivi sono strettamente collegati.

Si invoca, con il primo, violazione e falsa applicazione dell’articolo 1175 c.c., omesso accoglimento della domanda, erronea valutazione dei fatti e documenti di causa, violazione dell’articolo 116 c.p.c..

Con il secondo motivo, l’omesso esame di un fatto decisivo.

In estrema sintesi si sostiene che il Tribunale, nel ritenere integrata l’ipotesi di abuso del diritto per il frazionamento dell’azione di risarcimento sulla base delle sentenze di legittimita’, ha violato le norme invocate per aver applicato un principio astratto, senza verificare se il (OMISSIS) avesse tenuto comportamenti tali da giustificare la “sanzione”; per non aver considerato in concreto, sotto il profilo della correttezza, il comportamento della controparte Assicurazione, che avrebbe tenuto comportamenti omissivi e dilatori rispetto al risarcimento del danno per le lesioni personali (primo e secondo motivo).

Con il terzo, nella parte esplicativa, si limita a richiamare delle sentenze di legittimita’ da cui si desumerebbero incrinature nella giurisprudenza successiva di legittimita’ nella applicazione del principio fatto proprio dal giudice del merito.

3. Le censure non hanno pregio e vanno rigettate.

La Corte di legittimita’, dopo le Sez. Un. 23726del 2007, ha espressamente esteso il principio dell’abuso del diritto all’ipotesi di frazionamento della domanda di risarcimento davanti a distinti giudici (Cass. n. 28286 del 2011).

Con quest’ultima decisione si e’ affermato che “In tema di risarcimento dei danni da responsabilita’ civile, non e’ consentito al danneggiato, in presenza di un danno derivante da un unico fatto illecito, riferito alle cose ed alla persona, gia’ verificatosi nella sua completezza, di frazionare la tutela giurisdizionale mediante la proposizione di distinte domande, parcellizzando l’azione extracontrattuale davanti al giudice di pace ed al tribunale in ragione delle rispettive competenze per valore, e cio’ neppure mediante riserva di far valere ulteriori e diverse voci di danno in altro procedimento, in quanto tale disarticolazione dell’unitario rapporto sostanziale nascente dallo stesso fatto illecito, oltre ad essere lesiva del generale dovere di correttezza e buona fede, per l’aggravamento della posizione del danneggiante-debitore, si risolve anche in un abuso dello strumento processuale”.

Il principio, che il Collegio condivide pienamente, al contrario di quanto sostiene il ricorrente con il non conferente richiamo di alcune sentenze di legittimita’, si e’ consolidato in molteplici pronunce (cfr. Cass. n. 14374 del 2012, n. 4702 del 2015; n. 7195 del 2015). D’altra parte, del tutto non conferente rispetto alla tematica e’ l’ottica assunta dal ricorrente nel censurarlo.

Infatti, si lamenta che giudice del merito non avrebbe attribuito rilievo a comportamenti non scorretti dell’attore/creditore e a contrapposti comportamenti contrari alla correttezza da parte dell’Assicurazione debitrice. Invece, non vengono in rilievo i contrapposti interessi considerati da una ottica soggettivistica, ma – in un’ottica di sistema generale della tutela processuale – la mancanza di tutela apprestata dall’ordinamento costituzionale al creditore quando l’utilizzo dello strumento processuale e’ effettuato oltre i limiti della sua funzionalizzazione al perseguimento del diritto per cui e’ stato conferito (cfr Cass. n. 7195 del 2015, in motivazione).

4. Il ricorso va, pertanto, rigettato.

Non avendo gli intimati svolto attivita’ difensiva, non sussistono i presupposti per la pronuncia sulle spese processuali del giudizio di legittimita’.

 

P.Q.M.

 

LA CORTE DI CASSAZIONE

rigetta il ricorso.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater inserito dalla Legge n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17 dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

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