www.studiodisa.it

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

sentenza 21 ottobre 2013, n. 43119

 

REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SERPICO Frances – rel. Presidente

Dott. GRAMENDOLA Francesco P. – Consigliere

Dott. ROTUNDO Vincenzo – Consigliere

Dott. PETRUZZELLIS Anna – Consigliere

Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 470/2010 CORTE APPELLO di TRENTO, del 23/12/2011;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 25/09/2013 la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCESCO SERPICO;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. D’AMBROSIO che ha concluso per n rigetto del ricorso;

udito per la parte civile l’Avv. (OMISSIS) che conclude per il rigetto, del ricorso e si riporta alle conclusioni scritte chiedendone l’accoglimento.

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Sull’appello proposto da (OMISSIS) avverso la sentenza del Tribunale di Rovereto in comp.ne monocratica del 15-6-2010 che, all’esito di giudizio abbreviato condizionato ad escussione testi, lo aveva dichiarato colpevole del reato di cui all’articolo 12 sexies Legge 898/70 in relazione all’articolo 570 c.p., commi 1 e 2, per aver violato gli obblighi di assistenza familiare nei confronti delle figlie minori e della moglie, facendo loro mancare i mezzi di sussistenza ed omettendo di versare integralmente la somma a titolo di mantenimento come stabilita con provvedimento provvisorio del Presidente del Tribunale in sede, ritenuto cessato il fatto dal (OMISSIS), condannandolo alla pena di mesi tre di reclusione ed euro 400,00 di multa, con risarcimento danni e spese in favore della parte civile, subordinando la pena sospesa al pagamento della somma risarcitoria, la Corte di Appello di Trento, con sentenza in data 23-12-2011, in parziale riforma della decisione di 1 grado, operata la riduzione di un terzo per il rito, determinava la pena in mesi due di reclusione ed euro 267,00 di multa, fissando nella misura di 43.000,00 per ciascuna delle parti civili costituite la quantificazione del danno morale, con rimessione al giudice civile per l’esatta determinazione del danno patrimoniale, ribadendo la comprovata responsabilita’ dell’imputato in ordine al reato ascrittogli, in difetto di accertata sua incapacita’ economica, pacifica essendo l’illegittima autoriduzione della somma stabilita dal cennato provvedimento presidenziale. Avverso tale sentenza il (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, deducendo a motivi del gravame, a mezzo del proprio difensore, sostanzialmente ed in sintesi:1) Violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), per inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, essendo intervenuta condanna per pretesa configurazione di fattispecie delittuose diverse da quelle contestate nel capo di imputazione, essendo pacifico che il fatto addebitabile al ricorrente fosse quello di cui all’articolo 570 c.p., come evincibile nell’impugnata sentenza che, invece, aveva addebitato al predetto una responsabilita’ diversa e maggiore di quella originariamente contestatagli, invocando addirittura tre distinte ipotesi di reato e segnatamente riferibili all’ipotesi di cui alla Legge n. 898 del 1970, articolo 12 sexies, quella di cui all’articolo 570 c.p., comma 1, e quella di cui all’articolo 570 c.p., comma 2, cosi compromettendo il diritto di difesa quanto a specificita’ dell’imputazione rispetto a quella originariamente contestata;

2) Violazione dell’articolo 606 c.p.p., lettera b), per erronea applicazione della Legge n. 898 del 1970, articolo 12 sexies, non ravvisabile in un momento in cui non vi era in atto alcuna decisione attinente divorzio o separazione tra coniugi, ma solo in presenza di provvedimenti presidenziali assunti in via provvisoria, limitati ad autorizzare i coniugi a vivere separati, di guisa che, fino all’emissione di sentenza di separazione o divorzio, era contestabile il solo reato di cui all’articolo 570 c.p., di cui, tuttavia, non ricorrevano comprovatamente i presupposti e gli elementi costitutivi, quanto a stato di bisogno degli aventi diritto ed alla possibilita’ ad adempiere dell’obbligato;

3) Violazione dell’articolo 606 c.p.p., lettera b), in relazione al principio di tassativita’ e determinatezza delle norme penali con riferimento all’ipotesi di cui alla Legge n. 54 del 2006, articolo 3, che invoca l’applicazione della Legge n. 898 del 1970, articolo 12 sexies, in casi di violazione degli obblighi di natura economica, normativa che, per i suoi caratteri di indeterminatezza e carenza di tassativita’ precettiva era da considerarsi in palese violazione dei precetti costituzionali anche in punto di divieto di analogia in materia penale, con violazione dell’articolo 25, comma 2, della Carta costituzionale. Di qui la sollecitazione a sollevare la relativa eccezione di legittimita’ costituzionale della richiamata normativa;

4) Violazione dell’articolo 606 c.p.p., lettera e), per mancanza, contraddittorieta’ e/o manifesta illogicita’ della motivazione rispetto all’individuazione del concreto reato oggetto della condanna impugnata, con mancato accertamento in concreto dello stato di bisogno dei beneficiari e della sufficienza di quanto versato ai fini di garantire i mezzi di sussistenza agli aventi diritto.

Il ricorso e’ infondato e va rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonche’ alla rifusione di quelle in favore della costituita parte civile, liquida te complessivamente per il presente giudizio come da dispositivo.

Ed invero, contrariamente a quanto pur in termini di apprezzabile sforzo argomentativo ha dedotto la difesa con i motivi anzidetti a supporto del proposto gravame, giova ribadire il principio di diritto, utilmente richiamato in sentenza quanto alla corretta qualificazione normativo del reato (cfr. foll. 7 – 8 in richiamo alla sentenza n. 16458 della Sez. 6 di questa Corte in data 5-5-2011-RV 250090), secondo cui la violazione della Legge n. 898 del 1970, articolo 12 sexies, in virtu’ dell’estensione operata dalla Legge n. 54 del 2006, articolo 3, si riferisce alla posizione dei figli, indipendentemente dall’eta’ o dalla prova del loro stato di bisogno, quanto al mancato adempimento o parziale adempimento dell’assegno di mantenimento statuito in sede covile con provvedimento presidenziale, fermo restando che a tale violazione si accompagna anche quella di cui all’articolo 570 c.p., comma 2, ove tale omissione comporti anche il pregiudizio dei mezzi di sussistenza verso figli minori di eta’, mentre verso il coniuge opera utilmente la tutela dell’articolo 570 c.p., comma 1.

Al riguardo, con motivazione esaustiva in punto anche di logica, si e’ sottolineata la comprovata situazione di sussistenza del reato anzidetto nei confronti della (OMISSIS) (cfr. fol. 9 sentenza impugnata) avuto riguardo ad una corretta lettura della portata concettuale e sostanziale dei “mezzi di sussistenza”, ricomprendente non solo i mezzi di sopravvivenza vitale (vitto e alloggio) ma anche quelli che consentano il soddisfacimento di altre e non secondarie esigenze della vita quotidiana (ad es. abbigliamento necessario, mezzi trasporto, mezzi di comunicazione essenziali, etc. cfr. in termini Cass. pen. Sez. 6 , 13-11-08 n. 2736 RV 242855). Non si vede, pertanto, in che termini sia ragionevolmente ravvisabile un carattere di apprezzabile contrasto costituzionale con la normativa in esame, fermo restando, in ogni caso, che l’impugnata sentenza si e’ fatta motivato e corretto carico di rispondere (crr. foll. 9-10) alle controdeduzioni difensive in punto di asserita mancanza di stato di bisogno e di incapacita’ del ricorrente ad assovere a quanto dovuto.Di qui l’infondatezza delle doglianze anzidette, segnatamente riferite ai motivi sub 3) e 4) del ricorso in esame.

S’impone, pertanto il rigetto di quest’ultimo, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di quelle in favore della costituita parte civile liquidate complessivamente come da dispositivo, oltre IVA e CPA.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonche’ alla rifusione delle spese in favore della parte civile liquidate complessivamente in euro 2.500,00 oltre IVA e CPA.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *