Suprema Corte di Cassazione
sezione VI
sentenza 12 marzo 2014, n. 11900
REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MILO Nicola – Presidente
Dott. LANZA Luigi – Consigliere
Dott. FIDELBO Giorgio – rel. Consigliere
Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere
Dott. DI SALVO Emanuele – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 5 dicembre 2012 emessa dalla Corte d’appello di Reggio Calabria;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione del consigliere Dott. Giorgio Fidelbo;
udite le richieste del sostituto procuratore generale Carmine Stabile, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MILO Nicola – Presidente
Dott. LANZA Luigi – Consigliere
Dott. FIDELBO Giorgio – rel. Consigliere
Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere
Dott. DI SALVO Emanuele – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 5 dicembre 2012 emessa dalla Corte d’appello di Reggio Calabria;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione del consigliere Dott. Giorgio Fidelbo;
udite le richieste del sostituto procuratore generale Carmine Stabile, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la decisione in epigrafe indicate la Corte d’appello di Reggio Calabria, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Palmi in data 2 aprile 2012, ha confermato il giudizio di responsabilita’ di (OMISSIS) in ordine al reato di detenzione a fine di spaccio di grammi 9,5 di cocaina, riducendo la pena ad anni tre di reclusione ed euro 10.000 di multa.
2. L’imputato ha proposto personalmente ricorso per cassazione.
Con l’unico motivo dedotto censura la sentenza assumendo la violazione dell’articolo 192 c.p.p., e Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, nonche’ il vizio di motivazione: sostiene che la Corte d’appello non avrebbe preso in considerazione le argomentazioni della difesa, confermando acriticamente la tesi della sentenza di primo grado. In particolare, secondo il ricorrente i giudici avrebbero tenuto in considerazione il solo elemento del quantitativo di sostanza stupefacente detenuto, superiore ai limiti tabellari, trascurando altre e rilevanti circostanze, sia oggettive che soggettive, dalle quali si sarebbe dovuto escludere che la detenzione fosse diretta ad un uso non esclusivamente personale: nessuna considerazione sulle modalita’ di presentazione della sostanza stupefacente, che non risultava frazionata in dosi e che e’ stata rinvenuta in casa, dove non vi erano bilancini di precisione, ne’ denaro contante, tutti elementi che avrebbero dovuto fare escludere un’attivita’, anche rudimentale, di spaccio, riconoscendo la detenzione per un uso personale della sostanza. Nel ricorso si rileva che gli elementi valorizzati dalla sentenza, cioe’ il tentativo del (OMISSIS) di disfarsi dell’involucro, l’immotivata consistenza della scorta di stupefacente in relazione all’uso dichiarato dallo stesso imputato e la mancata dimostrazione di essere un soggetto dedito al consumo occasionale di stupefacenti, appaiono del tutto neutri, comunque inidonei ad affermare una sua responsabilita’ e anzi evidenziano l’illogicita’ e l’insufficienza della motivazione.
2. L’imputato ha proposto personalmente ricorso per cassazione.
Con l’unico motivo dedotto censura la sentenza assumendo la violazione dell’articolo 192 c.p.p., e Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, nonche’ il vizio di motivazione: sostiene che la Corte d’appello non avrebbe preso in considerazione le argomentazioni della difesa, confermando acriticamente la tesi della sentenza di primo grado. In particolare, secondo il ricorrente i giudici avrebbero tenuto in considerazione il solo elemento del quantitativo di sostanza stupefacente detenuto, superiore ai limiti tabellari, trascurando altre e rilevanti circostanze, sia oggettive che soggettive, dalle quali si sarebbe dovuto escludere che la detenzione fosse diretta ad un uso non esclusivamente personale: nessuna considerazione sulle modalita’ di presentazione della sostanza stupefacente, che non risultava frazionata in dosi e che e’ stata rinvenuta in casa, dove non vi erano bilancini di precisione, ne’ denaro contante, tutti elementi che avrebbero dovuto fare escludere un’attivita’, anche rudimentale, di spaccio, riconoscendo la detenzione per un uso personale della sostanza. Nel ricorso si rileva che gli elementi valorizzati dalla sentenza, cioe’ il tentativo del (OMISSIS) di disfarsi dell’involucro, l’immotivata consistenza della scorta di stupefacente in relazione all’uso dichiarato dallo stesso imputato e la mancata dimostrazione di essere un soggetto dedito al consumo occasionale di stupefacenti, appaiono del tutto neutri, comunque inidonei ad affermare una sua responsabilita’ e anzi evidenziano l’illogicita’ e l’insufficienza della motivazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso e’ fondato.
Secondo una giurisprudenza di legittimita’ consolidata, il mero dato quantitativo del superamento dei limiti tabellari previsti dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1 bis, lettera a), come modificato dalla Legge n. 49 del 2005, non costituisce una presunzione, sia pure relativa, sulla destinazione della sostanza ad un uso non esclusivamente personale, in quanto il giudice e’ comunque chiamato ad effettuare, sulla base degli ulteriori parametri indicati nella disposizione normativa citata, una valutazione diretta a verificare se le modalita’ di presentazione e le altre circostanze dell’azione siano tali da escludere una finalita’ esclusivamente personale della detenzione, ne’ puo’ dirsi che il superamento del dato quantitativo della sostanza detenuta determini una inversione dell’onere della prova a carico dell’imputato in ordine alla destinazione della droga detenuta, rimanendo tale onere a carico dell’accusa.
Nel caso in esame, la Corte d’appello, preso atto che l’imputato deteneva un quantitativo di cocaina superiore ai limiti tabellari, ha, correttamente, operato una verifica anche in relazione ad altri parametri, che pero’ non appaiono idonei a giustificare in maniera logica la detenzione della droga per finalita’ di uso non personale.
In particolare, nella motivazione della sentenza, per escludere la configurabilita’ di una destinazione ad uso personale, si insiste molto sulla reazione dell’imputato che, “in maniera fin troppo repentina” si sarebbe disfatto dell’involucro contenente la cocaina, condotta questa che viene ritenuta dimostrativa della consapevolezza “del carattere illecito della detenzione”: la motivazione appare evidentemente illogica, in quanto anche la detenzione di stupefacente per uso personale e’ condotta considerata illecita dalla legge, tanto e’ vero che viene punita con sanzioni di carattere amministrativo, anche particolarmente afflittive, sicche’ la “reazione” cui si riferisce la sentenza impugnata non puo’ assurgere a indizio significativo circa la finalita’ della detenzione.
Altro elemento che viene preso in considerazione e’ l’assenza di “valida giustificazione (…) sulla dedotta condizione di assuntore di sostanza stupefacente” da parte dell’imputato: si tratta di una valutazione ambigua, che sembrerebbe voler addossare, indirettamente, all’imputato l’onere probatorio di dimostrare l’uso esclusivamente personale della droga detenuta, pur dinanzi alla dichiarazione di essere consumatore saltuario di cocaina; d’altra parte, non e’ neppure indicato quale prova l’imputato avrebbe potuto offrire circa il suo stato di consumatore occasionale, condizione che non e’ certo documentabile, come ad esempio puo’ accadere per un tossicodipendente in cura preso strutture pubbliche o private.
Infine, il terzo ed ultimo elemento che viene preso in considerazione dalla Corte territoriale riguarda la giustificazione fornita dall’imputato circa la detenzione del quantitativo di droga: i giudici ritengono inverosimile che l’imputato abbia acquistato circa 9,5 grammi di cocaina, corrispondenti a circa 20 dosi medie singole, per costituirsi una “riserva” per i mesi a venire, sostenendo l’inconsistenza di tale giustificazione per l’eccessiva lunghezza del periodo di approvvigionamento che, considerata la quantita’ che l’imputato assumeva settimanalmente, arriverebbe a nove mesi. In questo caso, le argomentazioni contenute in sentenza appaiono frutto di mere congetture, non emergendo fatti o circostanze da cui desumere l’inverosimiglianza di una utilizzo personale della droga cosi’ prolungato nel tempo; al contrario, non puo’ escludersi che proprio la sua condizione di consumatore occasionale lo abbia determinato ad un acquisto di droga superiore a suo fabbisogno per costituire una “riserva”, evitando di rivolgersi con maggior frequenza al mercato degli spacciatori.
In conclusione, dalla motivazione, cosi’ come rappresentata, gli elementi indiziari su cui poggia la decisione di colpevolezza non sono idonei, neppure complessivamente considerati, a dimostrare l’uso non esclusivamente personale della droga da parte dell’imputato. D’altra parte, la sentenza ha del tutto tralasciato di prendere in considerazione altri elementi rilevanti per accertare la finalita’ della detenzione dello stupefacente, come ad esempio le modalita’ di conservazione o di occultamento della droga, il luogo in cui e’ stata rinvenuta, la presenza in casa di bilancini o altri oggetti funzionali allo spaccio o, ancora, la disponibilita’ di denaro contente da parte dell’imputato.
4. Dal rilevato vizio di motivazione consegue l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio per un nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’appello di Reggio Calabria.
Secondo una giurisprudenza di legittimita’ consolidata, il mero dato quantitativo del superamento dei limiti tabellari previsti dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1 bis, lettera a), come modificato dalla Legge n. 49 del 2005, non costituisce una presunzione, sia pure relativa, sulla destinazione della sostanza ad un uso non esclusivamente personale, in quanto il giudice e’ comunque chiamato ad effettuare, sulla base degli ulteriori parametri indicati nella disposizione normativa citata, una valutazione diretta a verificare se le modalita’ di presentazione e le altre circostanze dell’azione siano tali da escludere una finalita’ esclusivamente personale della detenzione, ne’ puo’ dirsi che il superamento del dato quantitativo della sostanza detenuta determini una inversione dell’onere della prova a carico dell’imputato in ordine alla destinazione della droga detenuta, rimanendo tale onere a carico dell’accusa.
Nel caso in esame, la Corte d’appello, preso atto che l’imputato deteneva un quantitativo di cocaina superiore ai limiti tabellari, ha, correttamente, operato una verifica anche in relazione ad altri parametri, che pero’ non appaiono idonei a giustificare in maniera logica la detenzione della droga per finalita’ di uso non personale.
In particolare, nella motivazione della sentenza, per escludere la configurabilita’ di una destinazione ad uso personale, si insiste molto sulla reazione dell’imputato che, “in maniera fin troppo repentina” si sarebbe disfatto dell’involucro contenente la cocaina, condotta questa che viene ritenuta dimostrativa della consapevolezza “del carattere illecito della detenzione”: la motivazione appare evidentemente illogica, in quanto anche la detenzione di stupefacente per uso personale e’ condotta considerata illecita dalla legge, tanto e’ vero che viene punita con sanzioni di carattere amministrativo, anche particolarmente afflittive, sicche’ la “reazione” cui si riferisce la sentenza impugnata non puo’ assurgere a indizio significativo circa la finalita’ della detenzione.
Altro elemento che viene preso in considerazione e’ l’assenza di “valida giustificazione (…) sulla dedotta condizione di assuntore di sostanza stupefacente” da parte dell’imputato: si tratta di una valutazione ambigua, che sembrerebbe voler addossare, indirettamente, all’imputato l’onere probatorio di dimostrare l’uso esclusivamente personale della droga detenuta, pur dinanzi alla dichiarazione di essere consumatore saltuario di cocaina; d’altra parte, non e’ neppure indicato quale prova l’imputato avrebbe potuto offrire circa il suo stato di consumatore occasionale, condizione che non e’ certo documentabile, come ad esempio puo’ accadere per un tossicodipendente in cura preso strutture pubbliche o private.
Infine, il terzo ed ultimo elemento che viene preso in considerazione dalla Corte territoriale riguarda la giustificazione fornita dall’imputato circa la detenzione del quantitativo di droga: i giudici ritengono inverosimile che l’imputato abbia acquistato circa 9,5 grammi di cocaina, corrispondenti a circa 20 dosi medie singole, per costituirsi una “riserva” per i mesi a venire, sostenendo l’inconsistenza di tale giustificazione per l’eccessiva lunghezza del periodo di approvvigionamento che, considerata la quantita’ che l’imputato assumeva settimanalmente, arriverebbe a nove mesi. In questo caso, le argomentazioni contenute in sentenza appaiono frutto di mere congetture, non emergendo fatti o circostanze da cui desumere l’inverosimiglianza di una utilizzo personale della droga cosi’ prolungato nel tempo; al contrario, non puo’ escludersi che proprio la sua condizione di consumatore occasionale lo abbia determinato ad un acquisto di droga superiore a suo fabbisogno per costituire una “riserva”, evitando di rivolgersi con maggior frequenza al mercato degli spacciatori.
In conclusione, dalla motivazione, cosi’ come rappresentata, gli elementi indiziari su cui poggia la decisione di colpevolezza non sono idonei, neppure complessivamente considerati, a dimostrare l’uso non esclusivamente personale della droga da parte dell’imputato. D’altra parte, la sentenza ha del tutto tralasciato di prendere in considerazione altri elementi rilevanti per accertare la finalita’ della detenzione dello stupefacente, come ad esempio le modalita’ di conservazione o di occultamento della droga, il luogo in cui e’ stata rinvenuta, la presenza in casa di bilancini o altri oggetti funzionali allo spaccio o, ancora, la disponibilita’ di denaro contente da parte dell’imputato.
4. Dal rilevato vizio di motivazione consegue l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio per un nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’appello di Reggio Calabria.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello di Reggio Calabria per nuovo giudizio.
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