La massima
Per la parte vittoriosa, una totale compensazione delle spese del giudizio, motivata con il “valore assai esiguo della causa”, si risolve in una sostanziale soccombenza di fatto, con ribaltamento del principio di responsabilità che presiede alla disciplina dettata dagli artt. 91[1] e 92[2] c.p.c.
Il testo integrale
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE VI CIVILE
Sentenza 10 giugno 2011, n. 12893
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Con ricorso al Tribunale, giudice del lavoro, di Trani, depositato il 6.7.2006, S.F. chiedeva la condanna dell’Inps al pagamento della differenza fra quanto corrispostogli a titolo di rivalutazione monetaria per il ritardato pagamento del T.F.R. e quanto effettivamente dovuto per il medesimo titolo, in applicazione degli indici ISTAT di rivalutazione relativi al mese di aprile 2006.
Con sentenza n. 3298 in data 1.6.2007 il Tribunale adito accoglieva la domanda.
Avverso tale sentenza proponeva appello l’Inps deducendone la erroneità.
Con sentenza in data 15.10/2.11.2009 la Corte d’appello di Bari dichiarava l’inammissibilità dell’atto di gravame in quanto depositato oltre il termine di trenta giorni dalla notifica della sentenza al procuratore dell’Inps, compensando le spese del giudizio di secondo grado.
Avverso questa sentenza propone ricorso per cassazione lo S. con un motivo di impugnazione.
L’Inps non ha svolto attività difensiva.
Col predetto ricorso il ricorrente lamenta violazione dell’art. 91 c.p.c., e art. 92 c.p.c., comma 2 (ex art. 360 c.p.c., n. 3).
In particolare rileva come la Corte territoriale, disponendo la compensazione delle spese in considerazione “del valore assai esiguo della causa”, aveva violato il disposto dei suddetti artt. 91 e 92 c.p.c., ponendo a fondamento della propria statuizione delle ragioni palesemente erronee che vanificavano l’esito positivo del giudizio.
Il Consigliere relatore ha depositato relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., che è stata comunicata al Procuratore Generale e notificata al difensore costituito.
Il ricorso è fondato.
In proposito rileva innanzi tutto il Collegio che nel caso di specie è applicabile, ratione temporis, la disposizione dell’art. 92 c.p.c., comma 2, come modificato dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, con effetto dal 1 marzo 2006, secondo cui il giudice può compensare, parzialmente o per intero, tra le parti le spese del giudizio se concorrono “giusti motivi, esplicitamente indicati nella motivazione”.
La giurisprudenza formatasi sul punto, già con riferimento alla precedente formulazione della norma che non richiedeva la espressa indicazione di tali ragioni, aveva rilevato, per l’ipotesi in cui il decidente avesse comunque esplicitato in motivazione la ragioni della propria statuizione, la necessità che non fossero addotte ragioni illogiche o erronee (Cass. 11.1.1982 n. 115; Cass. sez. 1^, 13.8.1999 n. 8635; Cass. sez. 2^, 23.4.2001 n. 5988; Cass. sez. 3^, 18.11.2003 n. 17424).
La necessità di una coerente e logica motivazione in ordine alla disposta compensazione si appalesa vieppiù cogente avuto riguardo alla nuova formulazione della norma, dovendosi ritenere il vizio di violazione di legge nell’ipotesi in cui le ragioni addotte si appalesino illogiche o erronee.
Siffatta evenienza si verifica nel caso di specie, nel quale l’importo delle spese del giudizio è tale da vanificare in larga parte o in tutto o, addirittura, da superare quello del pregiudizio economico che la parte, poi risultata vittoriosa nei merito, abbia inteso evitare agendo in giudizio al fine di far valere un proprio diritto da altri leso; in tal caso la compensazione delle spese, motivata in considerazione del “valore assai esiguo della causa”, si traduce, in buona sostanza, nella mortificazione del diritto di “agire in giudizio” ed in quello, connesso, di difendersi, a tutti garantito dall’art. 24 Cost. In siffatta ipotesi deve convenirsi che, per la parte vittoriosa, una totale compensazione delle spese del giudizio, motivata con il “valore assai esiguo della causa”, si risolve in una sostanziale soccombenza di fatto, con ribaltamento del principio di responsabilità che presiede alla disciplina dettata dagli artt. 91 e 92 c.p.c. (Cass. sez. 2^, 26.9.2007 n. 20017).
Si impone pertanto, in accoglimento del suddetto motivo di ricorso, la cassazione dell’impugnata sentenza con rinvio della causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Bari, in diversa composizione, perchè motivi, alla stregua dei principi sopra esposti, in ordine al regolamento delle spese del giudizio di secondo grado.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Bari, in diversa composizione.
[1] Articolo 91 – Condanna alle spese
Il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell’altra parte e ne liquida l’ammontare insieme con gli onorari di difesa. Se accoglie la domanda in misura non superiore all’eventuale proposta conciliativa, condanna la parte che ha rifiutato senza giustificato motivo la proposta al pagamento delle spese del processo maturate dopo la formulazione della proposta, salvo quanto disposto dal secondo comma dell’articolo 92. (1) (2)
Le spese della sentenza sono liquidate dal cancelliere con nota in margine alla stessa; quelle della notificazione della sentenza, del titolo esecutivo e del precetto sono liquidate dall’ufficiale giudiziario con nota in margine all’originale e alla copia notificata.
I reclami contro le liquidazioni di cui al comma precedente sono decisi con le forme previste negli articoli 287 e 288 dal capo dell’ufficio a cui appartiene il cancelliere o l’ufficiale giudiziario.
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(1) Per la liquidazione degli onorari e dei diritti agli avvocati e procuratori v. R.D.L. 27.11.1933, n. 1578, convertito nella L. 22.01.1934, n. 36; L. 13.06.1942, n. 794 modificata con L. 19.12.1949, n. 957, e, quanto alla tariffa, il D.M. 24.11.1990, n. 392.
(2) Il presente comma è stato così modificato dall’art. 45, L. 18.06.2009, n. 69, (G.U. 19.06.2009, n. 140, S.O. n. 95), con decorrenza dal 04.07.2009. Si riporta di seguito il testo previgente: “Il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell’altra parte e ne liquida l’ammontare insieme con gli onorari di difesa. Eguale provvedimento emette nella sua sentenza il giudice che regola la competenza.”
[2] Articolo 92 – Condanna alle spese per singoli atti. Compensazione delle spese
Il giudice, nel pronunciare la condanna di cui all’articolo precedente, può escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice, se le ritiene eccessive o superflue; e può, indipendentemente dalla soccombenza, condannare una parte al rimborso delle spese, anche non ripetibili, che, per trasgressione al dovere di cui all’ articolo 88 , essa ha causato all’ altra parte .
Se vi è soccombenza reciproca o concorrono altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione, il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti. (1)
Se le parti si sono conciliate, le spese si intendono compensate, salvo che le parti stesse abbiano diversamente convenuto nel processo verbale di conciliazione.
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(1) Il presente comma prima così sostituito dall’art. 2 L. 28.12.2005 n. 263, come modificato dall’art. 39 quater, D.L. 30.12.2005, n. 273, è stato successivamente modificato dall’art. 45, L. 18.06.2009, n. 69, (G.U. 19.06.2009, n. 140, S.O. n. 95), con decorrenza dal 04.07.2009.. Si riporta di seguito il testo previgente:
“Se vi è soccombenza reciproca o concorrono altri giusti motivi, esplicitamente indicati nella motivazione, il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti. “
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