cassazione 8
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE VI

SENTENZA 1 giugno 2015, n.11333

Ritenuto in fatto

Il Gestore dei Servizi Energetici S.p.a. (di seguito GSE), già G.R.T.N. (Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale s.p.a.) ha proposto ricorso per cassazione contro M.A. e l’Enel Distribuzione s.p.a. avverso la sentenza del 26 settembre 2013, con la quale il Tribunale di Catanzaro ha dichiarato inammissibile per tardività l’appello da essa ricorrente proposto contro la sentenza n. 676 del 2007 del Giudice di Pace di Chiaravalle Centrale, con la quale quel giudice, investito dal M. di una domanda di risarcimento dei danni sofferti a causa del noto black out intervenuto nella distribuzione dell’energia elettrica fra il 27 ed il 28 settembre del 2003, aveva rigettato la domanda di risarcimento danni dell’attore nei riguardi dell’Enel Distribuzione e l’aveva accolta nei confronti della qui ricorrente.
p.2. Il Tribunale di Catanzaro ha dichiarato la tardività dell’appello, in quanto ha ritenuto che esso fosse stato proposto tardivamente rispetto alla notificazione della sentenza di primo grado impugnata, la quale era stata effettuata presso la cancelleria del Giudice di Pace, in applicazione dell’art. 82 del r.d. n. 37 del 1934, per avere nel giudizio di primo grado i difensori della qui ricorrente eletto domicilio in Catanzaro e non nel comune sede del giudice di pace.
Il Tribunale, nel formulare tale valutazione ha considerato che altra notificazione della sentenza di primo grado – eseguita presso quel domicilio e perfezionatasi per il notificante prima di quella avvenuta presso la cancelleria e per la destinataria invece dopo il momento di perfezionamento della stessa – fosse stata nulla e, dunque inidonea a far decorrete il termine breve dell’appello sì da potersi considerare tempestivo l’appello con riferimento ad essa.
p.3. Nessuno degli intimati ha svolto attività difensiva.
Parte ricorrente ha depositato memoria.

Motivi della decisione

p.1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia ‘violazione dell’art. 47 c.c. – Violazione e falsa applicazione dell’art. 82 R.D. n. 37 del 22 gennaio 1934, nonché degli artt. 24 e 111 della Costituzione italiana: art. 360 n. 3 c.p.c. – Omessa motivazione: art. 360 n. 5 c.p.c.’.

Il motivo si articola in due distinte censure.

p.1.1. Con la prima si prospetta che erroneamente il Tribunale avrebbe ritenuto nulla la notificazione eseguita presso il domicilio eletto per il giudizio di primo grado dai difensori della ricorrente in Catanzaro, nel cui circondario era compreso l’ufficio del giudice di pace adito: l’elezione di domicilio in questione, essendo atto di autonomia privata doveva considerasi al contrario valida ed efficace, con la conseguenza che non ne poteva derivare la nullità della notificazione presso tale domicilio eseguita.

p.1.2. Con la seconda censura si prospetta sostanzialmente che in ogni caso il Tribunale avrebbe erroneamente reputato che l’elezione di domicilio in Catanzaro e, dunque, nell’ambito della circoscrizione del tribunale in cui era compreso l’ufficio del giudice di pace, fosse da considerare idonea a dare luogo all’applicazione della domiciliazione ex lege presso la cancelleria dell’ufficio del giudice di pace e ciò perché l’art. 82 del r.d. n. 37 del 1934, alludendo ad un agire fuori della circoscrizione del tribunale dovrebbe essere inteso, evidentemente anche quando il difensore agisce al di fuori della circoscrizione del tribunale presso cui è iscritto, nel senso che il difensore, pur esercente al di fuori della circoscrizione di iscrizione, possa utilmente domiciliarsi anche in luogo sito nel comune sede del tribunale di cui fa parte l’ufficio del giudice di pace.

Presupposto di tale assunto è un’esegesi del citato art. 82, che ne legge la previsione nel senso che essa, quando si agisce davanti ad uffici giudiziali siti nel circondario di iscrizione del difensore, non imponga a costui l’onere di domiciliarsi nel comune sede del giudice adito e, dunque, del giudice di pace, se si agisce davanti ad esso, ma semplicemente quello di domiciliarsi in luogo sito nel comune sede del tribunale, nel cui circondario insiste l’ufficio del giudice onorario adito.

p.2. Questa seconda censura, il cui esame è logicamente preliminare, è manifestamente inammissibile ai sensi dell’art. 360-bis n. 1 c.p.c..

Nelle ordinanze nn. 17764 e 17908 del 2013, sulla base dell’evocazione dei principi affermati da Cass. sez. un. n. 5100 del 1990 e n. 5704 del 1990 a proposito del problema con riferimento all’ufficio pretorile e, quindi, di quelli affermati da Cass. sez. un. 10143 del 2012 è già stato affermato il principio di diritto secondo cui “L’art. 82 del r.d. n. 37 del 1934, là dove impone all’avvocato iscritto nella circoscrizione di un determinato tribunale di domiciliarsi, allorquando agisce al di fuori della sua circoscrizione di iscrizione, presso l’autorità giudiziaria adita, prevede questo obbligo anche qualora detta autorità sia rappresentata da un giudice di pace, dovendo, dunque, escludersi che egli si possa domiciliare presso il comune sede del tribunale nella cui circoscrizione agisce (o presso un diverso comune in essa compresa) ed essendo necessaria la domiciliazione nel comune sede del giudice di pace adito, senza che in contrario possa rilevare che la domiciliazione sia stata fatta comunque presso un avvocato iscritto nella circoscrizione in cui è compreso quel giudice. Ne segue che, ove il detto avvocato, come nella specie, si sia domiciliato in primo grado presso un comune diverso da quello del giudice di pace adito, la sentenza gli viene notificata correttamente agli effetti dell’art. 325 c.p.c. presso la cancelleria di quel giudice”.

Tale principio viene ignorato dalla parte ricorrente e, d’altro canto, le argomentazioni con cui la censura è stata sostenuta sono confutate dalle ampie considerazioni svolte dalle citate decisioni e, a maggior ragione, non offrono elementi per porle in discussione.

p.3. Il motivo è, invece, fondato quanto alla prima censura.

Queste le ragioni.

p.3.1. Deve, infatti, ritenersi che erroneamente il Tribunale abbia considerato che la notificazione della sentenza di primo grado eseguita presso il domicilio eletto dai difensori della ricorrente in Catanzaro fosse nulla in quanto l’elezione di domicilio in quel luogo si sarebbe dovuta considerare tamquam non esset.

Per giustificare il suo assunto il Tribunale ha evocato Cass. n. 15500 del 2008.

Senonché questa decisione si è, però, limitata a dire che tamquam non esset dovesse considerarsi un’elezione di domicilio fatta fuori del comune sede del giudice, ma lo ha fatto semplicemente per giustificare la correttezza dell’unica notificazione della sentenza che era stata eseguita appunto presso la cancelleria. La sentenza ha voluto in tal modo dire che colui che aveva notificato in cancelleria aveva legittimamente ignorato la domiciliazione avversaria, cioè l’aveva considerata tamquam non esset all’atto di notificare la sentenza.

La sentenza non ha voluto invece affatto affermare – come ha supposto il Tribunale – che in generale un’elezione di domicilio, da parte di un difensore agente al di fuori del circondario di iscrizione, fatta non già nel comune sede dell’ufficio adito, bensì in altro comune, sia da considerare tamquam non esset in assoluto, cioè sia da ritenere del tutto priva di effetti, con la conseguenza, in particolare, che la controparte debba (ma lo stesso discorso vale per le comunicazioni e le notificazioni da farsi dall’ufficio adito) considerarla tale, sì da non poterle attribuire, sebbene in base ad una libera scelta, qualsiasi valore.

p.3.2. Si rileva, al riguardo, che già Cass. n. 976 del 1977 aveva precisato quanto segue: “L’art. 82 del r.d. 22 gennaio 1934 n. 37 (ordinamento della professione di avvocato e procuratore), il quale dispone che il procuratore della parte, ove eserciti il suo ministero fuori della circoscrizione del tribunale cui e assegnato, e non abbia provveduto ad eleggere domicilio nella sede del giudice adito, deve ritenersi domiciliato presso la cancelleria di quest’ultimo, mira a rendere più agevoli e sollecite le comunicazioni e notificazioni al difensore degli atti processuali, ma non osta a che le medesime possano essere validamente eseguite, oltre che presso quel domicilio, anche in luogo diverso (nella specie, presso lo studio del procuratore)”.

Il principio di diritto qui riportato è stato costantemente ribadito: si vedano Cass. n. 5669 del 1979; n. 1291 del 1981; 1616 del 1987; n. 4520 del 1994; n. 9811 del 1997; (ord.). n. 5892 del 2006; n. 9349 del 2009.

Si rammenta, altresì, che proprio nella logica sottesa allo stesso principio già Cass. n. 12064 del 1995 ebbe ad affermare che “L’art. 82, secondo comma, del R.D. 22 gennaio 1934, n. 37 (applicabile anche dopo l’entrata in vigore dell’attuale codice di rito) stabilendo che se il procuratore che esercita il proprio ufficio in un giudizio svolgentesi fuori della circoscrizione del tribunale al quale è assegnato non ha eletto domicilio nel luogo dove ha sede l’autorità giudiziaria procedente il domicilio si intende eletto presso la cancelleria della stessa autorità giudiziaria, comporta che tutte le notificazioni degli atti del processo, ivi compresa la sentenza conclusiva dello stesso, possono essere eseguite presso la cancelleria di detto giudice. La suddetta disposizione, essendo dettata al solo fine di esonerare la parte alla quale incombe la notificazione dai maggiori oneri connessi all’esecuzione della stessa fuori del circondario non implica, tuttavia, alcuna nullità della notificazione eseguita al domicilio eletto dalla controparte presso lo studio del difensore esercente fuori del circondario (ma nel medesimo distretto), giacché in tal caso la parte interessata alla notificazione adempie in maniera ancor più diligente agli obblighi che le incombono ai fini della ritualità della notifica stessa, che in siffatta forma vale ancor più a far raggiungere all’atto lo scopo previsto dalla legge”.

Da ultimo, mette conto di rilevare che tale indirizzo, già costantemente ribadito, è stato riaffermato da Cass. n. 4247 del 2015, che ha così statuito: “L’art. 82, secondo comma, del r.d. 22 gennaio 1934, n. 37, nello stabilire che, se il procuratore esercente il proprio ufficio fuori della circoscrizione del tribunale al quale è assegnato non ha eletto domicilio nel luogo dove ha sede l’autorità giudiziaria procedente, il domicilio si intende eletto presso la cancelleria della stessa autorità giudiziaria, va interpretato nel senso che tutte le notificazioni degli atti del processo, ivi compresa la sentenza conclusiva dello stesso, possono essere eseguite presso la cancelleria di detto giudice. La suddetta disposizione, essendo dettata al solo fine di esonerare la parte alla quale incombe la notificazione dai maggiori oneri connessi all’esecuzione della stessa fuori del circondario, non implica, tuttavia, alcuna nullità della notificazione eseguita al domicilio eletto dalla controparte presso lo studio del difensore esercente fuori del circondario (ma nel medesimo distretto), giacché, in tal caso, la parte interessata alla notificazione adempie in maniera ancor più diligente agli obblighi che le incombono ai fini della ritualità della notifica stessa, che, in siffatta forma, vale ancor più a far raggiungere all’atto lo scopo previsto dalla legge” (Cass. n. 4247 del 2015).

Deve, poi, rammentarsi che, in linea generale, “La notificazione della sentenza, ai fini della decorrenza del termine breve per l’impugnazione, nel caso del difensore iscritto all’albo della circoscrizione del giudice adito il quale abbia indicato il domicilio in un comune al di fuori di detta circoscrizione (ma nel medesimo distretto), è valida sia che venga eseguita nel domicilio indicato nel comune fuori della circoscrizione dell’albo cui è iscritto, poiché in tal caso la parte interessata adempie in maniera ancor più diligente agli obblighi che le incombono ai fini della ritualità della notifica stessa (che in siffatta forma vale ancor più al raggiungimento dello scopo dell’atto), sia che venga eseguita nel domicilio che la legge gli assegna nella circoscrizione del giudice adito, poiché la diversa indicazione del domicilio in comune di altra circoscrizione non comporta ipotesi di revoca ovvero di inoperatività del domicilio ex lege che autorizzi, perciò, la notificazione in cancelleria” (Cass. n. 14254 del 2004).

I rilievi svolti, naturalmente, si riferiscono esclusivamente al caso in cui il difensore abbia irritualmente eletto domicilio in altro comune e per tale ragione risulti ex lege, cioè in forza del citato art. 82, domiciliato presso la cancelleria del giudice adito.

Non sono, invece, in alcun modo relativi – si precisa – all’ipotesi in cui il difensore, per sua scelta, abbia con apposita dichiarazione eletto domicilio presso la cancelleria del giudice adito. La ragione è evidente: questa è un’elezione di domicilio volontaria e non ex lege ai sensi del citato art. 83. Di fronte ad essa chi dee notificare deve necessariamente farvi esclusivo riferimento. E semmai, ove la notifica sia compiuta in altro luogo la sua idoneità sarà apprezzata secondo i normali principi della irrilevanza delle nullità per inosservanza di forme in ragione del raggiungimento dello scopo dell’atto.

p.3.3. Sulla base delle emergenze della richiamata giurisprudenza di questa Corte, risulta a questo punto palese che l’affermazione del Tribunale di Catanzaro che la notificazione della sentenza al domicilio eletto in Catanzaro fosse nulla appare priva di fondamento.

Essa, infatti, era stata fatta legittimamente dalla controparte della qui ricorrente, che, a seguito della domiciliazione in un comune diverso da quello sede del giudice di pace adito in primo grado, aveva piena facoltà di notificare in cancelleria, ma non era obbligata a farlo. E ciò, come emergerà dalle considerazioni seguenti, perché si trattava della prima attività notificatoria intrapresa riguardo alla sentenza di quel giudice.

p.4. Una volta rivelatasi fallace l’affermazione de qua, ai fini dello scrutinio del motivo, là dove essa postula che la notificazione nel domicilio eletto dovesse considerarsi l’unica idonea a far decorrere il termine di breve, va dato rilievo ad una circostanza che questa Corte, al di là della prospettazione della ricorrente, deve rilevare nell’esercizio del proprio potere di esatta individuazione del diritto applicabile con riferimento alla questione proposta.

Tale questione, come si è visto, pertiene all’essere stata dal Tribunale considerata idonea a far decorrere il termine breve non la notificazione fatta presso il domicilio eletto in Catanzaro, bensì quella fatta presso la cancelleria.

p.4.1. Il punto di partenza per l’esame della detta questione dev’essere il rilievo che, una volta considerato che erroneamente il Tribunale calabrese ha considerato nulla la prima di dette notificazioni, il problema di quale fra di esse fosse stata idonea a far decorrere il termine breve si deve risolvere considerando, sulla base della giurisprudenza sopra evocata, che la situazione nella quale la parte rappresentata da difensore che, agendo fuori della circoscrizione di appartenenza, si domicili in un comune diverso da quello sede del giudice adito, nello stesso distretto (od anche in altro), è tale che, in ragione della determinazione di tale situazione, la controparte non ha l’obbligo, bensì – a fini di agevolazione dell’esercizio del proprio diritto di difesa – soltanto la facoltà di considerare che ai fini della notificazioni il luogo rilevante sia la cancelleria del giudice adito.

Ebbene, se la controparte ha la facoltà, ma non l’obbligo di dare rilievo a tale domiciliazione e può, quindi, a sua scelta anche dare rilievo utilmente e legittimamente alla domiciliazione elettivamente allocata in un comune diverso da quello sede del giudice adito, si deve reputare che, se egli esercita la scelta attivando il potere notificatorio in uno dei due modi possibili, il suo atteggiamento implichi la rinuncia per fatto concludente ad avvalersi dell’altra possibilità che gli era data, con la conseguenza che diventa rilevante solo la prima attività notificatoria.

Ne segue che, se la controparte scelga di avvalersi della facoltà di notificare presso la cancelleria, si deve ritenere che abbia sostanzialmente rinunciato ad avvalersi della possibilità, che pure aveva, di notificare comunque presso il domicilio eletto.

Al contrario, se la controparte scelga di avvalersi della facoltà di notificare al domicilio comunque eletto, è da ritenere che abbia legittimamente rinunciato alla possibilità di avvalersi della domiciliazione ex lege.

p.4.2. Si può e si deve semmai ritenere, in ragione della funzione di assicurare l’agevole esercizio del diritto di impugnazione che è da riconoscere alla domiciliazione ex lege presso la cancelleria, che solo se ed in quanto la notificazione eseguita elettivamente al domicilio (irritualmente eletto) non vada in porto perché nel luogo indicato come domicilio il procedimento di notificazione non si completi e si perfezioni nei confronti del destinatario, gli effetti della detta scelta vengano meno e si risolvano e che, dunque, per una nuova notificazione si possa utilizzare il domicilio ex lege che prima non si era utilizzato. Ciò, appunto perché, gli effetti della scelta di non avvalersi di quest’ultimo, si debbono ragionevolmente reputare venuti meno.

Allo stesso modo, si deve per converso reputare che, ove per qualsiasi ragione la notificazione presso la cancelleria non abbia a perfezionarsi, la parte riacquisti la possibilità di notificare nuovamente, oltre che al domicilio ex lege, al domicilio eletto.

Queste considerazioni suppongono che il notificante che può avvalersi della domiciliazione ex lege in cancelleria dell’avversario tenti la notifica nei due sensi in cui è legittimato a farla in tempi diversi.

p.4.3. Può, però, accadere che la controparte di chi risulti domiciliato ai sensi dell’art. 82 del r.d. n. 37 del 1934 ed abbia indicato un domicilio in luogo diverso da quello sede del giudice adito, attivi il procedimento notificatorio contemporaneamente presso il domicilio ex lege e presso quello elettivo richiedendo contemporaneamente la notificazione all’ufficiale giudiziario o redigendo ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. a), della l. n. 53 del 1994 la relata di notificazione, sicché sull’originale da notificarsi e sulla copia risultino entrambe le richieste.

In tal caso la contemporaneità della richiesta di attivazione del procedimento notificatorio esclude che possa individuarsi una scelta a favore di una o dell’altra forma di notificazione e, pertanto, si dovrà reputare produttiva di effetti la notificazione che si perfezioni per prima nei riguardi del destinatario e, qualora se ne perfezioni una sola fra esse, quella che risulti appunto perfezionata. Con la conseguenza che, qualora il perfezionamento per il destinatario risulti realizzato prima presso la cancelleria, cioè presso il domicilio ex lege, chi figuri come destinatario della notificazione e riceva quella fatta preso il domicilio irritualmente eletto, è tenuto, potendo percepire che sono state fatte due notificazioni, a verificare se la prima risulti perfezionata antecedentemente, di modo che, in caso positivo, il termine per impugnare si intende decorso da essa.

Questa soluzione è conforme al principio di buona fede processuale.

p.5. Questo descritto essendo, dunque, il funzionamento della previsione dell’art. 82 del r.d., si tratta di applicare gli esposti principi al caso di specie.

In esso è accaduto:

a) che la controparte della ricorrente, come risulta dalla produzione presente nel fascicolo di parte di secondo grado come doc. 2, indicata ritualmente come tale nel ricorso ai sensi dell’art. 366 n. 6 c.p.c., ha attivato un procedimento di notificazione a mezzo posta della sentenza, facendone istanza all’ufficiale giudiziario il giorno 27 dicembre 2007, con riferimento al domicilio irritualmente eletto al di fuori del comune sede del giudice di pace in Catanzaro, cioè nel circondario di appartenenza del medesimo giudice onorario;

b) che l’ufficiale giudiziario ebbe ad eseguire la spedizione del plico postale tramite l’ufficio postale lo stesso giorno 27 dicembre 2007;

c) che, come risulterebbe, per quanto allegato nel ricorso, dalla produzione come documento n. 1 del fascicolo della parte avversa alla ricorrente nel giudizio di secondo grado, il giorno successivo, cioè il 28 dicembre 2007, venne rivolta istanza all’ufficiale giudiziario per la notificazione presso la cancelleria.

Ora, va rilevato che tale seconda produzione – che si dice avvenuta ad istanza della controparte all’udienza di precisazione delle conclusioni del giudizio di appello e riguardo alla quale è, dunque assolto l’onere di indicazione specifica dell’art. 366 n. 6 c.p.c. quanto al luogo e modo di produzione nel giudizio di merito e quanto al luogo in cui il documento sarebbe presente – non è stata fatta dalla ricorrente agli effetti di cui all’art. 369, secondo comma, n. 4 c.p.c..

Non essendosi costituita la parte intimata in questa sede l’esame dell’atto non è possibile da parte di questa Corte attraverso l’accesso al fascicolo della stessa parte, dove è stato indicato presente.

p.5.1. La censura è, però, procedibile, la dove ai fini del suo scrutinio importa stabilire quale fra i due procedimenti notificatori venne attivato per primo dalla qui ricorrente.

Occorre considerare che la sentenza impugnata da atto che la notificazione in cancelleria avvenne il 28 dicembre 2007 e ragiona, quindi, a pagina 3, della irrilevanza del momento di perfezionamento delle due notificazioni, dovendo darsi rilievo, a so dire, al perfezionamento per la parte destinataria. Ciò ha fatto osservare al Tribunale che la notifica al domicilio irritualmente eletto si era perfezionata dopo il perfezionamento di quella presso la cancelleria. Con ciò il Tribunale ha chiaramente voluto dire che mentre il perfezionamento per il destinatario di quest’ultima era avvenuto lo stesso 28 dicembre 2007, quello dell’altra notifica era stato successivo.

Ne segue che non si può dubitare che, dal punto di vista del notificante il perfezionamento operò invece in senso opposto, cioè che il procedimento per la notifica al domicilio irritualmente eletto si perfezionò dal punto di vista della notificante e qui ricorrente prima di quello presso la cancelleria.

Da tanto deriva che il Tribunale, avendo la parte appellata e qui intimata notificato la sentenza di primo grado, dal punto di vista del perfezionamento nei suoi riguardi, prima presso il domicilio irritualmente eletto e solo il giorno dopo presso la cancelleria, e dunque avendo scelto di notificare presso il domicilio eletto, avrebbe dovuto – in forza dei principi che si sono sopra esposti – reputare che vi fosse stata rinuncia alla facoltà di notificare presso la cancelleria e che, dunque, ponendo in essere la seconda attività notificatoria presso la cancelleria la parte de qua aveva utilizzato una facoltà che aveva perduto per effetto di tale scelta e che, d’altro canto, non poteva dirsi riacquistata per effetto di evento risolutivo degli effetti della rinuncia, ricollegabile al fatto che la prima notificazione non si fosse perfezionata nei confronti della destinataria e qui ricorrente. Infatti, tale prima notificazione presso il domicilio irritualmente eletto risultava pacificamente perfezionatasi ed andata a buon fine.

p.5.2. Da tanto consegue che il Tribunale avrebbe dovuto considerare decorso il termine breve soltanto dalla notificazione della sentenza effettuata presso il domicilio irritualmente eletto, essendo stata priva di rilevanza la notifica della sentenza presso la cancelleria.

L’appello si sarebbe, dunque, dovuto considerare tempestivo ed a torto è stato considerato tardivo.

p.6. La sentenza impugnata dev’essere, dunque cassata in accoglimento per quanto di ragione del primo motivo, sulla base del seguente principio di diritto: “In tema di notificazione della sentenza ai fini del decorso del termine breve di impugnazione, quando il difensore agente al di fuori del circondario di iscrizione, avendo eletto domicilio in un comune diverso da quello sede dell’ufficio giudiziario adito, si debba considerare ex lege domiciliato presso la cancelleria ai sensi dell’art. 82 del r.d. n. 37 del 1934, si deve ritenere che tale domiciliazione, essendo prevista nell’interesse della controparte, comporti a carico di quest’ultima non già l’obbligo, ma solo la facoltà di notificare presso la cancelleria, potendo a sua scelta anche notificare presso il domicilio (sebbene irritualmente) eletto. Ne consegue che, qualora detta parte eserciti quest’ultima scelta con l’attivazione del procedimento notificatorio presso il domicilio irritualmente eletto, si deve considerare che abbia rinunciato ad avvalesi della possibilità di notificazione presso la cancelleria, potendo tale possibilità recuperasi solo se il procedimento notificatorio così attivato non risulti perfezionato nei confronti del destinatario. Da tanto deriva che, se la notificazione della sentenza sia stata eseguita dal punto di vista del notificante presso il domicilio irritualmente eletto e solo in un momento successivo (e, dunque, non coevamente, cioè con attività di richiesta risultante unico actu, in modo che il destinatario possa percepire tale dato) sempre dal punto di vista del notificante, presso la cancelleria ed entrambe le notifiche si perfezionino dal punto di vista del destinatario, la notifica idonea a far decorrere il termine breve è solo la prima, ancorché nei confronti del destinatario si sia perfezionata dopo l’altra, dato che l’attività notificatoria a quest’ultima relativa è stata compiuta senza che ve ne fosse la facoltà, che era stata per fatto concludente rinunciata”.

p.7.1 restanti due motivi restano assorbiti.

La causa va rinviata al Tribunale di Catanzaro, che deciderà in persona di diverso magistrato addetto all’ufficio anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie per quanto di ragione il primo motivo di ricorso. Dichiara assorbiti gli altri motivi. Cassa la sentenza impugnata in relazione e rinvia al Tribunale di Catanzaro, che deciderà in persona di diverso magistrato addetto all’ufficio anche sulle spese del giudizio di cassazione.

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