maltrattamenti-violenza

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

sentenza 1 agosto 2014, n. 34197


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGINIO Adolfo – Presidente
Dott. LEO Guglielmo – Consigliere
Dott. DI STEFANO Pierlui – rel. Consigliere
Dott. DI SALVO Emanuele – Consigliere
Dott. DE AMICIS Gaetano – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) n. (OMISSIS);
avverso la sentenza 1505/2012 del 25/11/2013 della CORTE DI APPELLO DI L’AQUILA;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERLUIGI DI STEFANO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Iacoviello Francesco Mauro, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza;
Udito il difensore Avv. (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE
La Corte di Appello di L’Aquila con sentenza del 25 novembre 2013 confermava in punto di responsabilita’, riducendo la pena, la sentenza di condanna di (OMISSIS) emessa dal Tribunale di Chieti, sezione distaccata di Ortona, il 15 dicembre 2011 per il reato di cui all’articolo 572 c.p. – maltrattamenti – nei confronti del coniuge (OMISSIS), con condotta consistita nel sottoporlo a continue vessazioni tra l'(OMISSIS) consistite in:
– la rottura di suppellettili durante una cena nel (OMISSIS), in ragione di un litigio; il taglio di abiti del (OMISSIS), custoditi nell’armadio, condotta reiterata nella primavera del (OMISSIS); il danneggiamento nell’aprile (OMISSIS) della autovettura del (OMISSIS), realizzato con la incisione sulla carrozzeria di scritte facendo uso di oggetti acuminati; il danneggiamento, in una singola occasione nel (OMISSIS), di piante e dell’impianto di irrigazione di un piccolo orto realizzato dai genitori della persona offesa; nello stesso periodo, un episodio di lancio in giardino dei piatti utilizzati dal marito e dal figlio per la cena.
La Corte riteneva che entita’ dei fatti e tensione sussistente tra i coniugi, poi separatisi, giustificasse la applicazione delle attenuanti generiche non riconosciute in primo grado.
Propone ricorso la (OMISSIS) a mezzo del proprio difensore deducendo con primo motivo la violazione dell’articolo 192 c.p.p. per errori ed omissioni nella valutazione delle prove, non avendo la Corte di Appello tenuto conto dei vari elementi che dimostravano una particolare animosita’ del (OMISSIS) e lo spirito di vendetta del marito. Inoltre la Corte non aveva tenuto conto della accertata falsita’ di una denuncia presentata contro di lei dal (OMISSIS), relativa ad una sua grave condotta in danno del figlio, fatto risultato del tutto infondato in sede di indagini, e del fatto che il testimone (OMISSIS), le cui dichiarazioni erano state valorizzate dalla Corte, era stato sottoposto a processo penale per falsa testimonianza resa nel corso del processo civile, venendo poi prosciolto per aver ritrattato la testimonianza stessa.
Con il secondo motivo deduce erronea qualificazione giuridica del fatto mancando il carattere di abitualita’ delle vessazioni e mancando qualsiasi risposta sul punto della dedotta insussistenza del dolo del reato in questione.
Il ricorso e’ fondato.
In particolare e’ fondato il secondo motivo che porta alla totale esclusione della ricorrenza della ipotesi di reato nella vicenda di specie con conseguente annullamento della sentenza senza rinvio.
L’articolo 572 c.p., come chiaramente scritto nel testo dell’articolo, richiede condotte ben piu’ lesive, fisicamente o psicologicamente di quelle qui in esame, condotte che devono essere tale da portare a sofferenze morali (tra le varie: Il delitto di maltrattamenti in famiglia non e’ integrato soltanto dalle percosse, lesioni, ingiurie, minacce, privazioni e umiliazioni imposte alla vittima, ma anche dagli atti di disprezzo e di offesa alla sua dignita’, che si risolvano in vere e proprie sofferenze morali. (Fattispecie in cui la condotta era consistita nell’ingiuriare la vittima, aggredendola fisicamente, tentando di costringerla a rapporti sessuali e limitandone il rapporto affettivo con il figlio minore). (Sez. 6, n. 44700 del 08/10/2013 – dep. 06/11/2013, P., Rv. 256962).
Nel caso in esame, invece, per quanto fastidioso il comportamento della imputata nei confronti del coniuge, lo stesso, valutato oggettivamente, non e’ andato al di la’ della obiettiva attitudine a portare ad una, pur comprensibile ma non penalmente rilevante, condizione di “stizza”.
Escluso il reato ascritto, va considerato come le condotte in contestazione integrino varie ipotesi di danneggiamento, ma le stesse non sono punibili ai sensi dell’articolo 649 c.p., non essendo in discussione che all’epoca dei fatti vi fosse un regolare rapporto di coniugio.
Pertanto va disposto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata con conseguente assoluzione perche’ il fatto non sussiste.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perche’ il fatto non sussiste

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