Suprema Corte di Cassazione
sezione VI
sentenza 1 agosto 2014, n. 34181
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 18 novembre 2013 il Tribunale di Bergamo ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di G.V. in ordine al reato di cui all’art. 570, commi 1 e 2, n. 2, c.p., per difetto della condizione di procedibilità.
2. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione il P.G. della Repubblica presso la Corte d’appello di Brescia, deducendo il vizio di erronea applicazione di legge per l’omessa qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 3 della L. n. 54/2006 – reato procedibile ex officio – e la conseguente erronea affermazione della improcedibilità per difetto di querela. In tal modo qualificato il fatto, il Giudice non avrebbe potuto emettere declaratoria di improcedibilità, ma avrebbe dovuto decidere nel merito, con l’affermazione della penale responsabilità dell’imputato.
Considerato in diritto
3. Il ricorso è fondato e va accolto per le ragioni di seguito indicate.
4. E’ noto che la qualificazione giuridica del fatto è materia sottratta alla disponibilità di parte e che l’errore su di essa costituisce errore di diritto rilevante ai sensi dell’art. 606, lett. b) cod. proc. pen. (Sez. Un., n. 5 del 19/01/2000, dep. 28/04/2000, Rv. 215825).
Nel caso in esame, la declaratoria di improcedibilità per difetto di querela è stata adottata sul rilievo che, alla data del 9 giugno 2011, tutti i figli dell’imputato erano divenuti maggiorenni, e che, in ragione della contestazione dal P.M. erroneamente formulata, il delitto era procedibile a querela ai sensi dell’art. 570, comma 3, c.p. .
Occorre tuttavia considerare, alla stregua dell’insegnamento giurisprudenziale da questa Suprema Corte ormai da tempo dettato (Sez. 6, n. 36263 del 22/09/2011, dep. 06/10/2011, Rv. 250879), che, in tema di reati contro la famiglia, la violazione degli obblighi di natura economica posti a carico del genitore separato, cui si applica la disposizione dell’art. 12-sexies della I. 10 dicembre 1970, n. 898, stante il richiamo operato dalla previsione di cui all’art. 3 della l. 8 febbraio 2006, n. 54 (recante disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli), riguarda l’inadempimento dell’obbligo di mantenimento in favore dei figli (minorenni e maggiorenni), dovendosi escludere invece l’inadempimento di analogo obbligo posto nei confronti dei coniuge separato, cui è applicabile la tutela già predisposta dall’art. 570 cod. pen.
Costituisce, inoltre, ius receptum, nella giurisprudenza di questa Suprema Corte, il principio secondo cui la su indicata fattispecie di cui all’art. 12-sexies è procedibile d’ufficio e non a querela della persona offesa (Sez. Un. n. 23866 del 31/01/2013, dep. 31/05/2013, Rv. 255270), e punisce il mero inadempimento dell’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento stabilito dal giudice in favore dei figli, senza limitazione di età (Sez. 6, 18 novembre 2008, n 6575, Rv. 243529), purché economicamente non autonomi.
5. Sulla base delle su esposte considerazioni s’impone, dunque, l’annullamento della pronuncia impugnata, con rinvio al Giudice competente per l’appello, a norma dell’art. 569, comma quarto, cod. proc. pen.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte d’appello di Brescia.
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