La massima

Il solo fatto dell’adempimento da parte del debitore, della propria obbligazione pecuniaria con un altro sistema di pagamento (ovverossia di messa a disposizione del valore monetario spettante)- sistema che comunque assicuri ugualmente la disponibilità della somma dovuta – non legittima affatto il creditore a rifiutare il pagamento stesso essendo all’uopo necessario che il rifiuto sia sorretto anche da un giustificato motivo.

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

ordinanza del 25 maggio 2012, n. 8374

Svolgimento

E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
“Poste Italiane S.p.A. propose opposizione all’esecuzione mobiliare avviata nei suoi confronti dall’avv. T.G. per sentire dichiarare la legittimità del pagamento effettuato mediante assegno postale dell’importo di lire 5.032.057, ricevuto dalla creditrice in data 16 febbraio 2001, nonchè della ritenuta IRPEF operata alla fonte, e quindi assegnare al creditore la somma di Euro 2.598,84, illegittimamente rifiutata, ovvero quella di lire 5.185.530, pagata con altro assegno postale, ricevuto il 17 agosto 2001, dopo la notificazione del primo atto di precetto, con detrazione delle spese legali dovute all’opponente.
Il Tribunale di Roma rigettò l’opposizione. La Corte d’Appello, investita del gravame da parte di Poste Italiane S.p.A., ha invece accolto l’appello e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, ha dichiarato la nullità dell’esecuzione forzata intrapresa da T.G.; ha altresì rigettato l’appello incidentale proposto dalla T. per il pagamento delle spese anche del primo grado di giudizio; ha condannato la T. al pagamento delle spese di entrambi i gradi.
1.- Con l’unico motivo di ricorso, è dedotta la violazione degli artt. 1277 – 2730 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3; è dedotto altresì error in procedendo, con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione dell’art. 112 c.p.c.. Assume la ricorrente che erroneamente la Corte capitolina avrebbe ritenuto che l’invio dell’assegno postale di lire 5.032.057 avrebbe estinto l’obbligazione nei confronti dell’avv. T., dal momento che risulta che l’assegno non venne mai incassato, ma venne restituito alla debitrice perchè ritenuto incongruo; aggiunge che anche il secondo assegno emesso da Poste Italiane S.p.A. in suo favore non venne mai posto all’incasso. Data tale situazione, la ricorrente deduce che, anche a voler ritenere contrario a buona fede il rifiuto del/i pagamento/i offerti dalla debitrice, si dovrebbe ritenere comunque persistente il diritto di credito dell’avv. T., quanto meno per la sorte capitale (essendosi invece caducati il diritto agli interessi di mora, nonchè il diritto alle spese di precetto e pignoramento); e pertanto si dovrebbe ritenere legittima l’azione espropriativa intrapresa dalla stessa creditrice al solo fine di ottenere il pagamento della sorte capitale.
1.1.- Il motivo è infondato.
La Corte d’Appello non ha affatto affermato che il pagamento effettuato con assegno postale fosse liberatorio per il debitore, a prescindere dalla riscossione dell’assegno da parte della creditrice.
Il giudice di merito ha fatto, invece, corretta applicazione del principio di diritto espresso da questa Corte a Sezioni Unite con la sentenza n. 26617 del 2007, con riferimento all’assegno circolare, ma ribadito dalle stesse Sezioni Unite con la sentenza n. 13658 del 2010 anche con riferimento all’assegno bancario, in forza del quale il pagamento con un sistema diverso dalla moneta avente corso legale nello Stato, ma che assicuri al creditore la disponibilità della somma dovuta, può essere rifiutato dal creditore soltanto per un giustificato motivo, dovendosi altrimenti intendere il rifiuto come contrario al principio di correttezza e buona fede.
Dall’applicazione di detto principio al caso di specie la Corte d’appello ha tratto la conseguenza dell’illegittimità dell’azione esecutiva intrapresa dall’avv. T., malgrado la persistenza del credito di quest’ultima; e ciò in ragione del fatto che tale persistenza non era imputabile al soggetto debitore ma soltanto alla creditrice che, indebitamente, aveva rifiutato il pagamento legittimamente tentato con la corresponsione di ben due assegni postali.
2.- Non sussiste il contrasto di giurisprudenza paventato in ricorso, in particolare con riferimento alle statuizioni di questa Corte a Sezioni Unite sopra menzionate: non è condivisibile l’assunto della ricorrente secondo cui con la prima delle decisioni si sarebbe affermato che tra gli strumenti legali di estinzione delle obbligazioni pecuniarie non rientri l’assegno bancario e con la seconda, invece, si sarebbe affermata l’efficacia solutoria di quest’ultimo. Piuttosto, nè l’una nè l’altra hanno ritenuto l’immediata efficacia estintiva dell’obbligazione, con effetto liberatorio per il debitore, del pagamento con assegno circolare (Cass. S.U. n. 26617/07) o bancario (Cass. n. 13658/10), ma entrambe hanno concluso nel senso che il solo fatto dell’adempimento da parte del debitore, della propria obbligazione pecuniaria con un altro sistema di pagamento (ovverossia di messa a disposizione del valore monetario spettante)- sistema che comunque assicuri ugualmente la disponibilità della somma dovuta – non legittima affatto il creditore a rifiutare il pagamento stesso essendo all’uopo necessario che il rifiuto sia sorretto anche da un giustificato motivo , che il creditore deve allegare ed all’occorrenza anche provare (secondo quanto si legge nella sentenza a S.U. del 2010, che, in motivazione, dichiaratamente richiama i principi già espressi dalla sentenza a S.U. del 2007)”.
La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti.
Non sono state presentate conclusioni scritte.

Motivi

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione.
Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 1.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge.

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