Suprema Corte di Cassazione
sezione VI
ordinanza 8 giugno 2015, n. 11744
1 – Considerato che è stata depositata relazione del seguente contenuto:
«L’I.N.P.S. proponeva appello, nei confronti di G.P. e della E.TR. S.p.A., contro la sentenza con cui il Tribunale di Catanzaro aveva accolto l’opposizione proposta dal medesimo P. avverso la cartella esattoriale per la riscossione da parte dell’istituto previdenziale dei contributi e somme aggiuntive relativi alla posizione lavorativa di propri dipendenti ed al periodo marzo/dicembre 2001 (€ 5.219,05) e ritenuto il credito prescritto. La Corte di appello di Catanzaro rigettava l’impugnazione confermando l’intervenuta prescrizione ed in particolare rilevando che le note di rettifica ai DM10 cui l’I.N.P.S. attribuiva valore di atto interruttivo della prescrizione non potevano considerarsi comunicate al P. nella pretesa data del 9/3/2005 essendo stata la relativa raccomandata firmata per ricevuta da tale “Franco Sirianni” senza alcuna specificazione della qualità dello stesso in rapporto al P..
L’I.N.P_S. propone ricorso per cassazione affidato ad un motivo. G.P. resiste con controricorso. Equitalia Sud (già E.TR.) S.p.A. è rimasta solo intimata.
Con l’unico motivo l’I.N.P.S. denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2943 cod. civ. e degli artt. 115, 167 e 426 cod. proc. civ. (art. 360, n. 3, cod. proc. Civ.). Si duole del fatto che la Corte territoriale abbia ritenuto che le note di rettifica ai DM 10 con le quali era stato chiesto il pagamento dei contributi relativi al periodo marzo – dicembre 2001 non fossero state consegnate al destinatario, G.P., in quanto sull’avviso di ricevimento era annotato che la relativa raccomandata era stata consegnata a tale “Franco Sirianni”, senza altra indicazione. Rileva che nel corso del giudizio di primo grado il P. non aveva mai contestato di aver ricevuto tali note ed evidenzia che ciò che conta non è chi sia stato il prenditore materiale della raccomandata che questa sia stata consegnata presso l’indirizzo del destinatario.
Il motivo presenta plurimi profili di inammissibilità.
Occorre rilevare che, pur a fronte di un denunciato vizio di violazione di legge, in realtà l’I.N.P.S. lamenta essenzialmente una erronea valutazione di circostanze fattuali che, se rettamente apprezzate, avrebbero dovuto condurre a ritenere ritualmente comunicato il preteso atto interruttivo e dunque, un vizio motivazionale.
Inoltre l’Istituto incentra i propri rilievi su atti (note di rettifica di DM10 asseritamente inviate a G.P. a mezzo raccomandata e relativo avviso di ricevimento) senza che tali documenti risultino prodotti unitamente al ricorso per cassazione ovvero che degli stessi sia trascritto il contenuto, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso.
Neppure è indicato quando tali atti siano stati depositati nel giudizio di merito.
Con le suddette omissioni il ricorrente ha impedito alla Corte di procedere alla preliminare verifica di ammissibilità del motivo di ricorso mediante accertamento della rilevanza e decisività del vizio denunciato rispetto alla pronuncia impugnata per cassazione.
Questa Corte ha avuto modo di chiarire che “l’onere di specificazione non concerne solo il c.d. contenente, cioè il documento o l’atto processuale come entità materiale, ma anche il c.d. contenuto, cioè quanto il documento o l’atto processuale racchiudono in sé e fornisce fondamento al motivo di ricorso. Sotto questo profilo l’onere di indicazione si può adempiere trascrivendo la parte del documento su cui si fonda il motivo o almeno riproducendola indirettamente in modo da consentire alla Corte di cassazione di esaminare il documento o l’atto processuale proprio in quella parte su cui il ricorrente ha fondato il motivo, sì da scongiurare un inammissibile soggettivismo della Corte nella individuazione di quella parte del documento o dell’atto su cui il ricorrente ha inteso fondare il motivo” (cfr. Cass. n. 20595 del 30 settembre 2014; in termini: Cass. n. 15628 del 3 luglio 2009; Cass. n. 2966 del 7 febbraio 2011). Resta, in ogni caso, fermo l’onere cli individuazione con riferimento alla sequenza di documentazione dello svolgimento del processo nel suo complesso, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (si vedano anche Cass. n. 22607 del 24 ottobre 2014; Cass. n. 20737 del 1 ° ottobre 2014; Cass. n. 8569 del 9 aprile 2013; Cass. n. 4220 del 16 marzo 2012 – )
Anche l’affermazione secondo la quale il P. nel corso del giudizio di primo grado non contestò minimamente di aver ricevuto il suddetto atto interruttivo è rimasta priva di ogni indicazione che consentisse a questa Corte di effettuare il necessario riscontro. Peraltro il controricorrente ha dedotto (riproducendo il contenuto dei verbali di .causa e delle note autorizzate, depositate il 15/5/2009) di aver contestato tempestivamente nel corso del giudizio di primo grado la rilevanza e l’efficacia probatoria dell’atto integrante, secondo quanto sostenuto e affermato dalla parte opposta, la diffida interruttiva della prescrizione.
Per tutto quanto sopra considerato, si propone la declaratoria di inammissibilità del ricorso, con ordinanza, ai sensi dell’art 375, n. 5, cod. proc. civ.».
2 – Entrambe le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc civ..
3 — Questa Corte ritiene che le osservazioni in fatto e le considerazioni e conclusioni in diritto svolte dal relatore siano del tutto condivisibili, siccome coerenti alla consolidata giurisprudenza di legittimità in materia.
Anche a voler ritenere che il ricorso superi il vaglio di ammissibilità in ragione del fatto che, essendosi il giudice di appello limitato ad affermare che le c.d. note di rettifica ai DM10 non erano pervenute nella sfera giuridica di conoscenza del destinatario, questa Corte non dovrebbe analizzare il contenuto di tali note (non riprodotto in sede di ricorso) bensì solo valutare la correttezza giuridica del ragionamento che ha condotto ad escludere l’avvenuta ricezione da parte del destinatario, il ricorso è comunque destituito di fondamento.
E’ vero che un atto di costituzione in mora del debitore, per produrre i suoi effetti e, in particolare, l’effetto interruttivo della prescrizione, deve essere diretto al suo legittimo destinatario, ma non è soggetto a particolari modalità di trasmissione, né alla normativa sulla notificazione degli atti giudiziari. Pertanto, nel caso in cui detta intimazione sia inoltrata con raccomandata a mezzo del servizio postale, la sua ricezione da parte del destinatario può essere provata anche sulla base della presunzione di recepimento fondata sull’arrivo della raccomandata all’indirizzo del destinatario, che dovrà, dal suo canto, provare di non averne avuta conoscenza senza sua colpa – così Cass. n. 10058 del 27 aprile 2010; Cass. n. 13651 del 13 giugno 2006; Cass. n. 10926 del 24 M. 2005 -. Trattasi, dunque, di presunzione iuris tantum (art. 1335 cod. civ.). Nel caso in questione la Corte territoriale ha valorizzato la circostanza della totale estraneità dei soggetto che aveva firmato per ricevuta la raccomandata () evidenziando che non risultava alcuna specificazione della qualità dello stesso in rapporto a P. e che si trattava di soggetto del tutto estraneo al debitore. Si consideri, del resto, che quest’ultimo già nel corso del giudizio di primo grado aveva contestato la rilevanza e l’efficacia probatoria dell’atto asseritamente integrante la diffida interruttiva della prescrizione ed altresì documentato l’estraneità del firmatario della ricevuta a mezzo della produzione, in grado di appello, dello stato di famiglia di G.P. (pag. 11 del controricorso e all. 4 del fascicolo di parte del grado di appello) da cui si evinceva che il P. e Franco Sirianni non erano familiari né conviventi, circostanze, queste, chiaramente deponenti in favore dell’effettiva impossibilità per il primo di avere notizia dell’atto e della non ascrivibilità di tale situazione a sua colpevolezza, oltre che mai contestate dalla difesa dell’I.N.P.S. (neppure sotto il profilo della tardività della relativa eccezione) nel giudizio di appello.
Va, dunque, ritenuto, argomentando da quanto affermato da Cass. n. 9303 dell’8 giugno 2012 (si veda anche Cass. n. 20924 del 27 ottobre 2005), che la spedizione di un atto al corretto inc!iri7zo del destinatario non basta, da sola, per presumere che il destinatario l’abbia conosciuto. A tal fine è invece necessario che il plico sia effettivamente pervenuto a destinazione, in quanto il principio di presunzione di conoscenza, posto dall’art. 1335 cod. civ., opera per il solo fatto oggettivo dell’arrivo della dichiarazione nel luogo di destinazione, ma non quando l’agente postale abbia consegnato lo stesso a soggetto del tutto estraneo al destinatario.
Ricorre con ogni evidenza il presupposto dell’art. 375, n. 5, cod. proc. civ. per la definizione camerale del processo. 4 – In conclusione il ricorso va rigettato.
5 – La regolamentazione delle spese segue la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna l’I.N.P.S. al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 100,00 per esborsi ed curo 2.000,00 per compensi professionali oltre accessori di legge e rimborso forfetario in misura del 15%.
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