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Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

 ordinanza 6 settembre 2013, n. 20587

Ritenuto in fatto e in diritto

1.- La Corte d’appello di Roma, con sentenza depositata in data 10.3.2011, ha rigettato l’opposizione proposta da P.D. contro lo stato passivo del fallimento della s.r.l. Spazio Ambiente ai sensi degli artt. 98 l. fall., confermando l’esclusione del credito maturato nei confronti della società fallita per prestazioni connesse alla sua qualità di componente del collegio sindacale. Ha sostenuto che il P. aveva riproposto la domanda d’ammissione nei medesimi termini in cui l’aveva sottoposta al giudice delegato che l’aveva respinta per carenza di prova; seppur nell’atto d’opposizione si fosse affermata l’allegazione di alcuni documenti, tra cui i verbali delle riunioni del collegio sindacale, non ne risultava l’acquisizione non risultando depositato il fascicolo di parte.
Contro la sentenza l’opponente ha proposto ricorso per cassazione affidato ad unico motivo. Non ha svolto difese la curatela intimata.
1.1.- È stata depositata relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..
Il relatore ha concluso per la manifesta fondatezza del ricorso.
La relazione, con il decreto di fissazione dell’adunanza, è stata notificata alle parti e comunicata al P.M..
2.- Il ricorrente ascrive alla Corte del merito l’errata applicazione del disposto dell’art. 2729 c.c. e lamenta l’omessa attivazione dei poteri istruttori attribuiti al giudice d’appello in caso di smarrimento del fascicolo di parte, contenente i documenti offerti a prova del credito, prodotto nelle due fasi di merito ed andato smarrito, comunque non ritirato.
3.- Il ricorso appare manifestamente fondato. “Poiché il ritiro e il rideposito del fascicolo di parte devono necessariamente avvenire per il tramite del cancelliere che custodisce l’incartamento processuale, ove non risulti alcuna annotazione dell’avvenuto ritiro del fascicolo di una parte (e quindi neanche del successivo rideposito), il giudice non può rigettare una domanda, o un’eccezione per mancanza di una prova documentale inserita del fascicolo di parte, ma deve ritenere (in carenza di contraria risultanza, ovvero della prova rigorosa fornita da controparte che l’appellante abbia ritirato il proprio fascicolo) che le attività delle parti e dell’ufficio si siano svolte nel rispetto delle norme processuali e quindi che il fascicolo non sia mai stato ritirato dopo l’avvenuto deposito. Conseguentemente il giudice deve disporre le opportune ricerche tramite la cancelleria, e, in caso di insuccesso, concedere un termine all’appellante per la ricostruzione del proprio fascicolo, non potendo gravare sulla parte le conseguenze del mancato reperimento. Soltanto all’esito infruttuoso delle ricerche da parte della cancelleria, ovvero in caso di inottemperanza della parte all’ordine di ricostruire il proprio fascicolo, il giudice potrà pronunciare sul merito della causa in base agli atti a sua disposizione” (Cass. 11. 15060/2003).
La sentenza impugnata contrasta con il principio innanzi enunciato. Il ricorrente ripercorre la vicenda processuale rilevando che, secondo quanto emerge dai verbali del grado d’appello, il fascicolo delle produzioni del primo grado andò smarrito, indi, in parte ricostruito, non venne rinvenuto nella fase intercorrente tra la fase delle conclusioni e la decisione. Dell’avvenuto ritiro non vi è attestazione ufficiale, dunque se ne dovrebbe presumere un ulteriore smarrimento.
Il provvedimento impugnato, dunque, deve essere cassato essendo necessario un nuovo esame da parte del giudice del merito, il quale provvederà anche sulle spese relative al giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato e rinvia alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese.