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Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

ordinanza 27 marzo 2014, n. 7302

Fatto e diritto

La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 3 febbraio 2014, ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:
“Con sentenza del 18 gennaio 2012 la Corte di appello di Palermo dichiarava improcedibile il gravame proposto da G.A. avverso la decisione del Tribunale di Agrigento che aveva riconosciuto al predetto una inabilità pari al 29% come conseguenza dell’infortunio sul lavoro subito il 14.3.2007.
La Corte di merito, rilevato che la comunicazione del decreto di fissazione dell’udienza di discussione era stata ritualmente effettuata al G., a mezzo fax, il 22.9.2011, evidenziava che per detta udienza l’appellante non aveva notificato l’appello ed il pedissequo decreto e, quindi, non poteva essere concesso il termine ex art. 421 c.p.c. per la rinotifica, alla luce del nuovo orientamento della giurisprudenza di legittimità di cui alla sentenza n. 20604 del 30.7.2008. Per la Cassazione di tale decisione propone ricorso il G. affidato a quattro motivi.
Resiste con controricorso l’INAIL.
Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 17 co. 2° del d.Lgs. n. 5/2003 e degli artt. 136 co. 1° e 156 co.2° c.p.c. per avere la Corte di merito ritenuto valida la comunicazione del decreto di fissazione dell’udienza di discussione effettuata a mezzo fax nonostante non vi fosse agli atti la prova certa della avvenuta ricezione da parte del destinatario – prova richiesta dall’art. 17 co. 2° cit. – con conseguente violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio.
Con il secondo motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 435 c.p.c., alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 15/1977 e dell’art. 136 c.p.c. in quanto la Corte di merito non aveva osservato la obbligatorietà della comunicazione al difensore dell’avviso di fissazione dell’udienza di discussione e, inoltre, la cancelleria avrebbe dovuto prima tentare la comunicazione a mezzo posta elettronica certificata (PEC) e, poi, in caso di impossibilità di utilizzazione della PEC, utilizzare il fax.
Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 176 c.p.c. in quanto la comunicazione a mezzo fax avrebbe potuto essere valida solo una volta acquisita la certezza dell’avvenuto ricevimento da parte del destinatario e, comunque, le forme di comunicazione a mezzo fax o posta elettronica si aggiungevano a quelle tradizionali, se indicate dal difensore.
Con il quarto motivo viene denunciata violazione e falsa applicazione dell’art. 82 L. n. 37/1934.
In particolare si assume che, in mancanza di una elezione di domicilio nel luogo in cui ha sede l’autorità giudiziaria presso cui il giudizio è in corso, le comunicazioni al difensore esercente “extra districtum” devono essere effettuate presso la cancelleria e non è configurabile un diritto dell’avvocato esercente “extra districtum” a ricevere le comunicazioni a mezzo fax o posta elettronica certificata.
Il primo motivo ed in terzo motivo, da trattare congiuntamente in quanto connessi, sono infondati.
Questa Corte ha avuto modo di affermare il principio secondo cui in presenza di una comunicazione di cancelleria eseguita a mezzo telefax nel rispetto di quanto dispone l’art. 136 c.p.c., comma 3, l’attestato del cancelliere da cui risulti che il messaggio è stato trasmesso con successo al numero di fax corrispondente a quello del destinatario è sufficiente a far considerare la comunicazione avvenuta, salvo che il destinatario fornisca elementi idonei a fornire la prova del mancato o incompleto ricevimento. (Cass. n. 5168 del 30.3.2012; mette conto anche ricordare che la sentenza richiamata nel motivo – Cass. n. 3286 del 2006 – concerneva una fattispecie in cui non era applicabile, ratione temporis, la L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, che, modificando l’art. 136 cit., abilita l’uso della comunicazione a mezzo fax a far data dal 1° marzo 2006. In tale decisione è stato rilevato che la modificazione legislativa costituisce ulteriore conferma della invalidità, in precedenza, di detta forma di comunicazione. In senso analogo cfr: Cass. n. 15191 del 2011).
Nel caso in esame la Corte di appello, in sentenza, ha dato atto che il decreto di fissazione dell’udienza era stato ritualmente comunicato in data 22.9.2011 alle ore 16,39 al numero di fax indicato nel ricorso. Ciò posto, non essendo in discussione che il numero telefonico del ricevente fosse esatto, appaiono pienamente adempiuti i requisiti prescritti dalla citata disposizione dell’art. 136 c.p.c., la quale – come già ricordato – include senz’altro la trasmissione a mezzo telefax tra le modalità di possibile comunicazione alla parte del biglietto di cancelleria. La circostanza che, con la successiva modifica apportata dalla L. n. 183 del 12.11.2011, art. 25 al comma 3 del predetto art. 136, l’uso legittimo di siffatta modalità di comunicazione sia stato condizionato al difetto di consegna diretta ed all’impossibilità di avvalersi della posta elettronica certificata è del tutto irrilevante ai fini della presente vertenza, in cui si discute di una comunicazione avvenuta prima di quella modifica. Nè vi sono ragioni per mettere in discussione, in via generale, l’idoneità allo scopo dell’uso del telefax, che evidentemente costituisce una delle modalità oggi consentite dall’evoluzione tecnologica, di cui il legislatore ha inteso avvalersi al fine di accelerare e semplificare gli adempimenti procedurali, introducendo la citata L. n. 263 del 2005, art. 136, comma 3.
Quanto, poi, al dubbio che detto sistema di trasmissione non garantisca a sufficienza l’effettivo ricevimento dell’atto comunicato, è sufficiente osservare che, una volta dimostrato l’avvenuto inoltro del documento a mezzo telefax al numero corrispondente a quello del destinatario, è perfettamente logico presumere che detta trasmissione sia effettivamente avvenuta e che il destinatario abbia perciò avuto modo di acquisire piena conoscenza di quanto comunicatogli. Sarà suo onere, allora, dedurre e dimostrare l’esistenza di elementi idonei a confutare l’avvenuta ricezione, non bastando certo a tal fine che egli si limiti a negarla ( cfr. Cass. n. 5168/2012 cit.).
Del pari infondato è il secondo motivo in quanto non risulta che l’art. 136 c.p.c., nella formulazione “ratione temporis” applicabile alla fattispecie in esame, prevedesse la possibilità di utilizzare il fax solo in via subordinata alla posta elettronica certificata. Infatti la norma consentiva, in via alternativa, l’uso di entrambi i mezzi di trasmissione.
Destituito di fondamento è anche il quarto motivo. Dal ricorso emerge che l’avv. V.D., iscritta all’ordine degli avvocati di Agrigento, aveva eletto domicilio nel luogo ove aveva sede l’autorità giudiziaria presso lo studio dell’avv. A.T. in Palermo ragion per cui le comunicazioni correttamente non erano state effettuate presso la cancelleria della Corte di appello di Palermo.
Per tutto quanto sopra considerato, si propone il rigetto del ricorso con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 cod. proc. civ., n. 5.”.
Sono seguite le rituali comunicazione e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio.
E’ stato depositato atto di rinuncia al ricorso del 18.1.2014 sottoscritto dai difensori del ricorrente e per accettazione da quelli dell’INAIL a ciò abilitati.
In conseguenza di ciò, il processo va dichiarato estinto con compensazione – ex art.391 c.p.c. – delle spese di lite tra le parti.

P.Q.M.

La Corte dichiara estinto il processo e compensa le spese.

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