Cassazione 13

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

ordinanza 2 settembre 2015, n. 17480

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere

Dott. RUBINO Lina – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso per regolamento di competenza rg. 29334/2014 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso da se stesso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) SPA, in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce alla memoria difensiva;

– resistente –

avverso l’ordinanza n. 66334/2013 del TRIBUNALE di ROMA del 10/11/2014, depositata il 12/11/2014;

sulle conclusioni scritte dal Procuratore Generale in persona del Dott. CARMELO SGROI, il quale visti gli articoli 41 e 380 ter c.p.c., chiede il rigetto del ricorso per regolamento di competenza con le conseguenze di legge;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/07/2015 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE FRASCA.

FATTO E DIRITTO

Ritenuto quanto segue:

p. 1. L’avvocato (OMISSIS), in proprio, ha proposto ricorso per regolamento di competenza avverso l’ordinanza in data 10-12 novembre 2014 del Tribunale di Roma, resa nel giudizio civile n. 66334/2013 RG pendente tra lo stesso ricorrente, attore, e (OMISSIS) s.p.a., con la quale il Tribunale ha declinato la propria competenza in favore di quella del Tribunale di Milano.

p. 2. Il Tribunale di Roma ha declinato la accolto l’eccezione di incompetenza territoriale formulata dalla societa’ (OMISSIS), convenuta per danni conseguenti alla “perdita” del numero telefonico del ricorrente in relazione alla c.d. portabilita’ dell’utenza dal precedente gestore di telefonia ( (OMISSIS) s.p.a.), ed ha individuato la competenza del Tribunale di Milano sul rilievo della clausola n. 25 delle condizioni generali di contratto inter partes, sottoscritta specificamente dall’interessato a norma dell’articolo 1341, secondo comma, c.c., che individua appunto nel foro di Milano quello prescelto in sede negoziale.

Il ricorrente ha criticato questa conclusione in base all’argomento incentrato sull’applicazione della Legge n. 249 del 1997, articolo 1, il quale stabilisce, nella materia, l’obbligo di esperire il tentativo obbligatorio di conciliazione dinanzi al (OMISSIS), tentativo da svolgere, secondo l’articolo 3 e ss. del relativo regolamento attuativo, presso l’organismo del luogo in cui e’ ubicata la postazione fissa dell’utente finale ovvero del domicilio indicato dall’utente in sede contrattuale, e dunque nella specie quello di Roma, con la conseguenza che anche l’autorita’ giudiziaria competente alla cognizione della controversia deve essere individuata secondo lo stesso criterio, alla luce della disposizione del Decreto Legislativo n. 28 del 2010, articolo 4, secondo il quale la domanda di mediazione si propone all’organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia, cosi’ stabilendo – sempre secondo il ricorrente – il principio della necessaria coincidenza tra la competenza territoriale dell’organismo conciliativo e quella dell’ufficio giudiziario dinanzi al quale portare la controversia.

p. 3. All’istanza di regolamento di competenza ha resistito con memoria la s.p.a. (OMISSIS).

p. 4. Prestandosi il ricorso ad essere trattato con il procedimento di cui all’articolo 380 ter c.p.c., e’ stata fatta richiesta al Pubblico Ministero presso la Corte di formulare le sue conclusioni ed all’esito del loro deposito ne e’ stata fatta notificazione agli avvocati delle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

p. 4. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Considerato quanto segue:

p. 1. Nelle sue conclusioni il Pubblico Ministero ha osservato quanto segue:

“Considerato che la tesi del ricorso non e’ suscettibile di essere accolta, per le seguenti ragioni:

A) la Legge n. 249 del 1997, articolo 1, (Istituzione dell’Autorita’ per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo), invocato dal ricorrente a presupposto della censura, nei suoi commi 11 e 12 cosi’ dispone:

“11. L’Autorita’ disciplina con propri provvedimenti le modalita’ per la soluzione non giurisdizionale delle controversie che possono insorgere fra utenti o categorie di utenti ed un soggetto autorizzato o destinatario di licenze oppure tra soggetti autorizzati o destinatari di Licenze tra loro. Per le predette controversie,individuate con provvedimenti dell’Autorita’, non puo’ proporsi ricorso in sede giurisdizionale fino a che non sia stato esperito un tentativo obbligatorio di conciliazione da ultimare entro tenta giorni dalla proposizione dell’istanza all’Autorita’. A tal fine, i termini per agire in sede giurisdizionale sono sospesi fino alla scadenza del termine per la conclusione del procedimento di conciliazione.

12. I provvedimenti dell’Autorita’ definiscono le procedure relative ai criteri minimi adottati dalle istituzioni dell’Unione Europea per la regolamentazione delle procedure non giurisdizionali a tutela dei consumatori e degli utenti. I criteri individuati dall’Autorita’ nella definizione delle predette procedure costituiscono principi per la definizione delle controversie che le parti concordino di deferire ad arbitri”;

Nella sua formulazione testuale, dunque, la disposizione della Legge n. 249 del 1997, non solo nulla stabilisce in merito alla questione della competenza territoriale, limitandosi a prescrivere una condizione di proponibilita’ della domanda (Cass., n. 24334/2008; peraltro non vincolante quanto all’organismo ivi indicato, nella fase di transizione, fino al funzionamento dei Comitati regionali per le comunicazioni: Cass. n. 14103/2011), ma si limita, per chiaro dettato, a regolare una fase pre-giurisdizionale (la “soluzione non giurisdizionale delle controversie”), senza interferire con la individuazione del giudice o con le regole di determinazione della competenza e dunque senza interessarsi della fase giudiziale successiva;

B) il Decreto Legislativo n. 28 del 2010, articolo 4, (Attuazione della Legge 18 giugno 2009, n. 69, articolo 60, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali), parallelamente invocato dal ricorrente in una sorta di combinato disposto con la norma di cui al punto che precede – nel testo, applicabile temporalmente, susseguente alle modifiche di cui al Decreto Legge n. 69 del 2013, conv. dalla Legge n. 98 del 2013, a decorrere peraltro non dall’8 settembre 2013, come afferma il ricorso, ma dal 20 settembre 2013, ossia trenta giorni dopo l’entrata in vigore della legge di conversione e cioe’ a partire dal 21 agosto 2013, giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale; cfr. articolo 1, comma 3, della legge in discorso – a sua volta, stabilisce, per quanto qui rileva, nel comma 1:

“Accesso alla mediazione.

1. La domanda di mediazione relativa alle controversie di cui all’articolo 2 e’ presentata mediante deposito di un’istanza presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia. In caso di piu’ domande relative alla stessa controversia, la mediazione si svolge davanti all’organismo territorialmente competente presso il quale e’ stata presentata la prima domanda. Per determinare il tempo della domanda si ha riguardo alla data del deposito dell’istanza”.

Le controversie di cui all’articolo 2 del medesimo testo normativo, al quale la citata disposizione fa rinvio, sono cosi’ indirettamente definite:

“Controversie oggetto di mediazione.

1. Chiunque puo’ accedere alla mediazione per la conciliazione di una controversia civile e commerciale vertente su diritti disponibili, secondo le disposizioni del presente decreto.

2. Il presente decreto non preclude le negoziazioni volontarie e paritetiche relative alle controversie civili e commerciali, ne’ le procedure di reclamo previste dalle carte dei servizi”.

Ma le controversie nelle quali e’ prevista la mediazione quale condizione di procedibilita’ sono definite nell’articolo 5 dello stesso testo legislativo; esse, dopo la sentenza della Corte cost. n. 272/2012 e nel testo novellato dal citato Decreto Legge n. 69 del 2013, conv. in Legge n. 98 del 2013, sono, in base alla disposizione del comma 1 bis, cosi’ enumerate:

“1-bis. Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilita’ medica e sanitaria da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicita’, contratti assicurativi, bancari e finanziari, e’ tenuto, assistito dall’avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto ovvero il procedimento di conciliazione previsto dal Decreto Legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, ovvero il procedimento istituito in attuazione dell’articolo 128 bis, del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, per le materie ivi regolate. L’esperimento del procedimento di mediazione e’ condizione di procedibilita’ della domanda giudiziale, (omissis)”.

Si ricava da tali disposizioni la triplice conseguenza che:

1) la regolazione della mediazione obbligatoria – ovvero quale condizione di proponibilita’ della domanda – posta dal Decreto Legislativo n. 28/2010 non concerne, per materia, la controversia in esame;

2) la generica previsione della corrispondenza tra luogo di organismo di mediazione e giudice territorialmente competente a conoscere della controversia, indicata nel Decreto Legislativo n. 28 del 2010, articolo 4, per le cause non a mediazione obbligatoria, non puo’ trovare applicazione nella controversia in esame, che, essendo regolata dalla Legge n. 249 del 1997, secondo un modulo di conciliazione preventiva obbligatorio, presuppone che sussista il rapporto di condizionamento tra previo esperimento della fase pre-giudiziale e causa, rapporto che non e’ predicabile in base all’articolo 2 invocato;

3) inoltre, ed in linea di principio e’ rilievo dirimente, la regola di corrispondenza tra luogo dell’organismo di conciliazione e luogo del giudice competente, regola sulla quale il ricorrente incentra la propria doglianza, deve essere rovesciata, poiche’ – anche secondo il tenore letterale della norma, che collega la localizzazione dell’organismo amministrativo al foro della controversia, non viceversa, e che dunque suppone come operazione preliminare la determinazione del giudice, da cui quella dell’organismo deriva – altrimenti si verificherebbe una distorsione delle regole processuali sulla competenza, sostanzialmente abrogate nell’intera materia in discorso e sostituite dal solo criterio di determinazione dell’organismo di conciliazione.

Il meccanismo legislativo postula che sia dapprima individuato il foro giudiziale, secondo le regole sottese a tale determinazione, e solo di riflesso sia individuato l’organismo cui accedere in fase conciliativa;

C) in connessione con il rilievo appena indicato, non si potrebbe fare leva sulla disciplina regolamentare – anche essa invocata nel ricorso – di cui alla delibera dell’Autorita’ per le garanzie nelle comunicazioni n. 173/2007, e segnatamente dell’articolo 4, rubricato “competenza per territorio”, il quale prevede che “per determinare il (OMISSIS) territorialmente competente per l’esperimento del tentativo di conciliazione di cui all’articolo 2, si ha riguardo al luogo in cui e’ ubicata la postazione fissa ad uso dell’utente finale ovvero, negli altri casi, al domicilio indicato dall’utente al momento della conclusione del contratto o, in mancanza, alla sua residenza o sede legale”, perche’ tale delibera dell’Autorita’ garante non potrebbe in alcun caso incidere, tanto piu’ in assenza di autorizzazione primaria, sulla fonte di livello legislativo e segnatamente sulle regole processuali in materia di competenza, riservate, per Costituzione, alla fonte legislativa (statale). Sicche’ non potrebbe una fonte di livello regolamentare costituire valida disposizione costitutiva di quella “inderogabilita’ disposta espressamente dalla legge” alla quale ha riguardo l’articolo 28 c.p.c. e che e’ dedotta dal ricorso a sostegno della impugnativa, quale (unica) ragione di superamento della clausola concordata.

Considerato che per le ragioni anzidette non puo’ accogliersi l’unico motivo della censura mossa nei riguardi della declinatoria della competenza da parte del giudice di Roma, non essendo per il resto in discussione la validita’ della clausola di determinazione convenzionale che indica in quello di Milano il foro competente (e non essendo, peraltro, ex se inefficace quale condizione processuale di proponibilita’ l’avvenuto esperimento dell’istanza di conciliazione, ancorche’ svolto dinanzi a un organismo incompetente)”.

p. 1.1. Sulla base delle riportate conclusioni il Pubblico Ministero ha concluso per il rigetto dell’istanza di regolamento di competenza.

p. 2. Il Collegio condivide le argomentazioni e le conclusioni del Pubblico Ministero, alle quali deve aggiungesi solo quanto segue.

Nella memoria parte ricorrente dissente da esse insistendo nella sua prospettazione secondo cui il disposto regolamentare dell’Autorita’ Garante avrebbe l’effetto di individuare, per il tramite dell’indicazione dell’organo competente a ricevere il procedimento di definizione alternativa della lite, anche la competenza territoriale. Tale assunto si scontra in primo luogo contro il criterio esegetico che impone di leggere l’oggetto di disciplina come limitato all’individuazione della sede del detto procedimento e preclude qualsiasi lettura estensiva, in assenza di indici che la rivelino. Inoltre, se anche l’esegesi suggerita dal ricorrente avesse una qualche legittimazione nel disposto normativo, si tratterebbe di esegesi che non si potrebbe preferire o che comunque si dovrebbe disattendere mediante il criterio della disapplicazione degli atti amministrativi illegittimi, perche’ una fonte regolamentare avrebbe preteso di derogare alla legge, cioe’ al codice di rito. E cio’ in mancanza di una previsione di legge (nella Legge n. 249 del 1997, o altrove) legittimante un simile effetto mediante la tecnica del c.d. regolamento autorizzato a modificare disposizioni di legge, per il tramite dell’avallo di un fenomeno di c.d. delegificazione.

p. 3. L’istanza di regolamento dev’essere, dunque, rigettata e dev’essere dichiarata la competenza del Tribunale di Milano, dinanzi al quale il giudizio sara’ riassunto nel termine di ci all’articolo 50 c.p.c., decorrente dalla comunicazione del deposito della presente.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo ai sensi del Decreto Ministeriale n. 55 del 2014.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato articolo 13.

P.Q.M.

La Corte dichiara la competenza del Tribunale di Milano. Fissa per la riassunzione il termine di cui all’articolo 50 c.p.c., con decorso dalla comunicazione del deposito della presente. Condanna il ricorrente alla rifusione alla resistente delle spese del giudizio di regolamento, liquidate in euro millequattrocento, di cui duecento per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13 comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato articolo 13, comma 1 bis.

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