Cassazione 15

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

ordinanza 2 dicembre 2015, n. 24489

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1423-2014 proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso (OMISSIS) SRL, rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS) giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE di CASTELLAMMARE DI STABIA, (OMISSIS) SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 419/2013 del TRIBUNALE di TORRE ANNUNZIATA SEZIONE DISTACCATA di CASTELLAMMARE DI STABIA dell’1/07/2013, depositata il 02/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/11/2015 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;

udito l’Avvocato (OMISSIS) difensore del ricorrente che si riporta agli scritti.

 

PREMESSO IN FATTO

 

E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione: “con la sentenza impugnata il Tribunale ha rigettato l’appello, proposto da (OMISSIS), avverso la sentenza del giudice di pace, emessa in data 13/07/2011, perche’ ha ritenuto non fondata l’unica censura mossa dell’appellante in riferimento alla compensazione delle spese effettuata per la sussistenza di “opportuni motivi” dal giudice di prime cure; il Tribunale – ritenuto che la motivazione posta a fondamento della compensazione delle spese fosse “insufficiente” – ha ribadito tuttavia che “sussistono, nella specie giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di lite del primo grado di giudizio” ed ha individuato siffatti motivi nella circostanza che il giudice di prime cure avrebbe dovuto dichiarare la domanda attorea inammissibile, avendo l’attore impugnato un estratto di ruolo; ricorre per cassazione avverso la detta sentenza (OMISSIS), affidando le sorti dell’impugnazione a tre motivi di ricorso; gli intimati non svolgono attivita’ difensiva;

1.- con il primo motivo di ricorso e’ dedotta violazione e falsa applicazione degli articoli 329, 336 e 346 c.p.c., in riferimento all’articolo 360, comma 1, n. 3, perche’ il Tribunale avrebbe errato nel decidere il merito della controversia, dichiarando l’inammissibilita’ della domanda formulata in primo grado, in presenza di un unico motivo di appello che censurava solo la compensazione delle spese e in assenza di appello incidentale da parte degli odierni intimati; si ritiene che il motivo sia inammissibile perche’ non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata: il ricorrente erra nel ritenere che il giudice del gravame abbia deciso nel merito la controversia perche’, in realta’, il Tribunale ha semplicemente integrato la motivazione data dal giudice di prime cure per giustificare la compensazione delle spese, pronunciandosi proprio sull’unica censura proposta dall’odierno ricorrente in sede di appello; di talche’ la decisione e’ corretta e conforme all’orientamento di questa Corte, la quale sul punto ha ritenuto che ai fini della compensazione delle spese, i giusti motivi – che, nei procedimenti instaurati dopo il 1 marzo 2006, devono essere esplicitamente indicati in motivazione – possono, per colmare il tenore della pronuncia di primo grado, essere integrati, anche d’ufficio, in sede di appello, dal giudice chiamato a valutare la correttezza della statuizione sulle spese, dovendosi riconoscere al giudice del gravame l’esercizio del potere di correzione, ossia di dare, entro i limiti del devolutum, un diverso fondamento al dispositivo contenuto nella sentenza impugnata (Cfr. Cass. 23 dicembre 2010, n. 26083);

2.- con il secondo mezzo e’ denunciata omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto il giudice di secondo grado avrebbe errato nel ritenere la domanda inammissibile sull’assunto che l’attore avrebbe “impugnato semplicemente l’estratto di ruolo”; la censura risulta inammissibile;

il ricorrente erroneamente denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, cioe’ del vizio previsto nel testo dell’articolo 360, n. 5), cosi’ come formulato anteriormente alla recente riforma, di cui all’articolo 54 del Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito in Legge 7 agosto 2012, n. 134: le sentenze depositate dopo il giorno 11 settembre 2012 ormai sono ricorribili per cassazione, ai sensi del nuovo testo dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), soltanto qualora siano viziate “da un omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti”; posto che la sentenza impugnata dal ricorrente e’ stata depositata il 2 luglio 2013, la doglianza e’ inammissibile poiche’ e’ stata formulata sulla base di una norma di legge non piu’ applicabile;

3.- con il terzo motivo di ricorso e’ denunciata la “erroneita’ della sentenza nella parte in cui dispone la compensazione delle spese legali di primo grado” per illogicita’ e mancanza di una motivazione, nonche’ falsa applicazione dell’articolo 92 c.p.c., perche’ il Tribunale avrebbe erroneamente disatteso l’oggetto del giudizio di gravame, il quale verteva unicamente sulla esistenza o meno dei “giusti motivi” per disporre la compensazione delle spese; la doglianza appare manifestamente infondata;

preliminarmente e’ opportuno precisare che al caso di specie e’ applicabile l’articolo 92 c.p.c., comma 2, come modificato dalla Legge n. 69 del 2009, articolo 45, comma 11, a norma del quale “se vi e’ soccombenza reciproca o concorrono altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione, il giudice puo’ compensare parzialmente o per intero, le spese tra le parti”; orbene, l’articolo 92 c.p.c., comma 2, nel testo ratione temporis applicabile, e’ violato quando il giudice non abbia fornito affatto la specificazione della ragioni di compensazione (o la stessa risulti apparente), ovvero quando sia censurabile il giudizio espresso dal giudice di merito sulla gravita’ ed eccezionalita’ delle ragioni poste a fondamento della decisione di compensazione. A quest’ultimo proposito, le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che “l’articolo 92 c.p.c., comma 2, nella parte in cui permette la compensazione delle spese di lite allorche’ concorrano “gravi ed eccezionali ragioni”, costituisce una norma elastica, quale clausola generale che il legislatore ha previsto per adeguarla ad un dato contesto storico-sociale o a speciali situazioni, non esattamente ed efficacemente determinabili “a priori”, ma da specificare in via interpretativa da parte del giudice del merito, con un giudizio censurabile in sede di legittimita’, in quanto fondato su norme giuridiche. In particolare, anche la novita’ delle questioni affrontate integra la suddetta nozione, se ed in quanto sia sintomo di un atteggiamento soggettivo del soccombente, ricollegabile alla considerazione delle ragioni che lo hanno indotto ad agire o resistere in giudizio e, quindi, da valutare con riferimento al momento in cui la lite e’ stata introdotta o e’ stata posta in essere l’attivita’ che ha dato origine alle spese, sempre che si tratti di questioni sulle quali si sia determinata effettivamente la soccombenza, ossia di questioni decise (Cass. S.U. 22 febbraio 2012, n. 2572);

posto che il giudice del gravame ha giustificato in motivazione la decisione di compensazione delle spese e considerato che il contrasto giurisprudenziale presupposto dal giudice – circa l’impugnabilita’ degli estratti di ruolo (cfr. Cass. n. 6610/13, nel senso dell’inammissibilita’ dell’impugnazione; Cass. ord. n. 2248/14, nel senso dell’ammissibilita’ dell’impugnazione)- e’ idoneo a costituire grave ed eccezionale ragione per la compensazione delle spese, trattandosi di questione su cui anche questa Corte di legittimita’ ha fornito soluzioni contrastanti (cfr. Cass. ord. 10 febbraio 2014 n. 2883), non sussiste la violazione dell’articolo 92 cod. proc. civ., nel testo su richiamato;

3.1.- sempre con il terzo motivo, il ricorrente deduce erroneita’ della sentenza nella parte in cui dispone la condanna alle spese di giudizio di secondo grado, nonche’ illogicita’, mancanza di motivazione e falsa applicazione dell’articolo 92 c.p.c.;

in materia di condanna alle spese di lite, il sindacato della Corte di cassazione deve limitarsi ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa (Cfr. Cass. 5 aprile 2003, n. 5386);

nel caso di specie il Tribunale si e’ attenuto al principio dettato da questa Corte ed ha correttamente posto le spese del grado di appello a carico del soggetto appellante, applicando il criterio della soccombenza”.

La relazione e’ stata notificata come per legge.

Parte ricorrente ha depositato memoria in data 11 novembre 2015.

 

RITENUTO IN DIRITTO

 

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione.

La memoria depositata dal ricorrente e’ tardiva, in quanto pervenuta in data 11 novembre 2015, per l’adunanza del 12 novembre 2015, quindi oltre il termine di cinque giorni di cui all’articolo 380 bis c.p.c., comma 2, ult. inc..

Conclusivamente, il ricorso va rigettato.

Non vi e’ luogo a provvedere sulle spese perche’ gli intimati non si sono difesi.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.

 

P.Q.M.

 

La Corte rigetta il ricorso; nulla sulle spese.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si da atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.

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