Suprema Corte di Cassazione
sezione VI
ordinanza 19 febbraio 2015, n. 3300
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BOGNANNI Salvatore – Presidente
Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere
Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere
Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere
Dott. PERRINO Angelina Maria – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 28330/2013, proposto da:
Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso gli uffici della quale, in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, domicilia;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), rappresentato e difeso, giusta procura in calce al controricorso, dall’avv. (OMISSIS), col quale elettivamente domicilia in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 47 della Commissione tributaria regionale della Liguria, sezione 8, depositata in data 10 maggio 2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22 gennaio 2015 dal consigliere Angelina – Maria Perrino e letta la relazione da lei depositata, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
constatata la regolarita’ delle comunicazioni.
osserva quanto segue.
La Commissione tributaria provinciale ha accolto il ricorso e quella regionale ha respinto l’appello dell’ufficio, reputando che l’atto debba essere tassato a prescindere dal numero delle cessioni in esso contenute, giacche’, ha chiosato, la cessione di quote societarie sconta soltanto una volta l’imposta di registro in misura fissa, anche se vi sono piu’ acquirenti.
Propone ricorso l’Agenzia delle entrate, per ottenere la cassazione della sentenza, affidandolo ad un unico motivo, al quale il contribuente replica con controricorso, che illustra con memoria.
2.- E, in particolare, fondato l’unico motivo di ricorso, col quale l’Agenzia denuncia la violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, articoli 20 e 21, in combinazione con l’articolo 11 della tariffa, parte I, allegata al medesimo decreto.
2.1.-Al caso in esame si attaglia il consolidato orientamento della Corte, secondo cui il Decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, articolo 21, nello stabilire il regime tributario di registro applicabile nel caso in cui l’atto contenga piu’ disposizioni, detta il criterio distintivo tra tassazione unica (da applicare con riguardo alla disposizione soggetta all’imposizione piu’ onerosa: comma 1) e tassazione separata delle singole disposizioni (comma 2), individuandolo – in linea con il principio generale della tassazione secondo l’intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto, a prescindere dal nomen iuris adoperato (articolo 20) – nella sussistenza, o meno, del requisito che esse “derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre”.
2.2.- In particolare, la Corte costantemente interpreta tale criterio -anche con riferimento al previgente Decreto del Presidente della Repubblica n. 634 del 1972, articolo 20, di contenuto identico alla norma attuale, e, prima ancora, al Regio Decreto n. 3269 del 1923, articolo 9, il quale a sua volta gia’ esprimeva un concetto del tutto analogo-, nel senso che le disposizioni soggette a tassazione unica sono soltanto quelle fra le quali intercorre, in virtu’ della legge o per esigenza obiettiva del negozio giuridico, e non per volonta’ delle parti, un vincolo di connessione, o compenetrazione, immediata e necessaria: occorre, cioe’, che sussista tra le convenzioni, ai fini della tassazione unica, un collegamento che non dipenda dalla volonta’ delle parti, ma sia, con carattere di oggettiva causalita’, connaturato, come necessario giuridicamente e concettualmente, alle convenzioni stesse (tra le altre, Cass., sez. un., n. 406 del 1973eCass. nn. 1202 del 1972, 1886 del 1973, 2215 del 1980; piu’ recentemente, Cass. nn. 10789 del 2004 e 10180 del 2009).
2.3.- In definitiva, la distinzione tra il 1 ed il Decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, articolo 21, comma 2, coglie la differenza fra il negozio complesso ed i negozi collegati, in virtu’ della quale il negozio complesso e’ contrassegnato da una causa unica, la’ dove, nel collegamento negoziale, distinti ed autonomi negozi si riannodano ad una fattispecie complessa pluricausale, della quale ciascuno realizza una parte, ma pur sempre in base ad interessi immediati ed autonomamente identificabili.
2.4.- Nel caso in esame, allora, e’ evidente il collegamento negoziale tra piu’ pattuizioni, ciascuna adeguatamente giustificata sotto il profilo causale e non gia’ il negozio complesso richiesto dalla giurisprudenza (conforme, tra varie, Cass. 16 dicembre 2014, n. 26440).
3.- Ne’, ad escludere l’applicabilita’ di tale costante orientamento puo’ incidere l’osservazione, da taluno mossa, secondo cui l’atto in questione, risolvendosi in una modifica statutaria, si sarebbe dovuto considerare in maniera unitaria.
3.1.- Secondo tale prospettazione, l’atto rogato avrebbe di per se’ determinato la modificazione del contratto sociale.
3.2.- Di contro, e’ giustappunto la norma invocata al riguardo a sostegno di quest’affermazione a smentirla.
L’articolo 2252 c.c., difatti, connette l’effetto della modificazione del contratto sociale invocato dalla contribuente non gia’ alle cessioni di quota, bensi’ al consenso di tutti soci; coerentemente, la Corte ha chiarito che “tale consenso non incide peraltro sul perfezionamento e sulla validita’ del negozio di cessione, ma opera come una condicio iuris per l’opponibilita’ del trasferimento della quota sociale alla societa’” (Cass. 9 settembre 1997, n. 8784).
3.3.- In definitiva, la modificazione del contratto sociale e’ effetto connesso ad autonoma manifestazione di volonta’, data dal consenso dei soci, del tutto estranea e comunque logicamente e cronologicamente successiva al contratto di cessione di una o piu’ quote (conformi, Cass. ord. 5 novembre 2014, n. 23519, 23518, 23516; ord. 29 ottobre 2014, n. 22900).
3.4.- E, in questa sequenza, e’ circostanza di mero fatto inidonea a modificarla, la circostanza, di cui da conto il ricorso e che, peraltro, non emerge dalla sentenza impugnata, che in esito alla cessione le parti contraenti fossero titolari dell’intero capitale sociale.
4.- Infine, non si ravvisa il contrasto giurisprudenziale prospettato in memoria.
4.1.- Le sentenze all’uopo citate dal contribuente si riferiscono, invero, tutte, al diverso caso dell’obbligazione indivisibile disciplinata dall’articolo 1316 c.c., avente ad oggetto una prestazione unica ed inscindibile.
4.2.- Questa norma regola sia l’obbligazione oggettivamente indivisibile, tale, cioe’, in ragione dell’utilita’ oggettiva e della funzione economico-sociale propria della cosa o del fatto che il debitore e’ tenuto a prestare al creditore, sia l’obbligazione soggettivamente indivisibile, caratterizzata dall’impossibilita’ di frazionamento in piu’ parti della cosa o del fatto, in dipendenza di una particolare pattuizione, esplicita o implicita, che abbia attribuito un vincolo di indissolubilita’ all’utilita’ connessa al bene oggetto della obbligazione (Cass. 25 maggio 1983, n. 3622).
4.3.- La distinzione, dinanzi illustrata, tra cessione delle quote sociali e modificazione del contratto sociale evidenzia l’insussistenza dell’indissolubilita’ oggettiva della cessione plurima di quote. Ne’, comunque, per quanto irrilevante, emerge l’indissolubilita’ soggettivamente impressa, ad esempio mediante la pattuizione di un unico prezzo.
P.4.- Si consideri, sul punto, che la giurisprudenza, compresa quella indicata dal contribuente, annovera fra le obbligazioni indivisibili la promessa di vendita di un bene indiviso considerato come un unicum inscindibile (Cass. 23 maggio 2014, n. 11549; 11 ottobre 2005, n. 1975); la stipulazione di due contratti preliminari di vendita cumulativa, con la pattuizione di un solo prezzo (Cass. 20 giugno 2013, n. 15545); la promessa di piu’ soggetti di acquistare in comune un immobile considerato nella sua interezza (Cass. 7 aprile 2005, n. 7287; 5 dicembre 2001, n. 15354; 11 febbraio 1997, n. 1258; 7 luglio 1987, n. 5903).
4.5.- Tutte ipotesi, queste, manifestamente differenti da quella in esame.
5.- Il ricorso va in conseguenza accolto e la sentenza impugnata va cassata.
5.1- Non sussistendo necessita’ di ulteriori accertamenti di fatto, non emergendo dalla sentenza e comunque dal controricorso che altre questioni proposte in primo grado siano state ritualmente riproposte in secondo, il giudizio va deciso nel merito, col rigetto dell’impugnazione originariamente proposta.
5.2.- La circostanza che l’orientamento della corte si sia definitivamente consolidato in tempi recenti comporta la compensazione di tutte le voci di spesa.
accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, respinge l’impugnazione originariamente proposta; compensa tutte le voci di spesa
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