hermes III

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE VI

Ordinanza 18 febbraio 2014, n. 3853

Fatto e diritto

1) Con ricorso notificato il 21 giugno 2011 la Fontessa spa ha impugnato la sentenza emessa il 21 dicembre 2010 dal tribunale di Pavia, che ha rigettato l’appello da essa proposto avverso la sentenza del locale giudice di pace n. 2338/09.
L’Avvocatura dello Stato si è costituita con controricorso, in difesa del Ministero dell’Interno e della Prefettura di Milano.
Il giudice relatore ha avviato la causa a decisione con il rito previsto per il procedimento in camera di consiglio.
La controversia concerne la violazione dell’art. 45 comma 9 bis CdS, contestata alla ricorrente per aver fatto uso del dispositivo Hermes Plus III (Kermes in controricorso), ritenuto in grado di localizzare i cc.dd. autovelox e dunque di consentire al conducente di eludere i controlli della velocità degli autoveicoli.
Con il primo motivo è denunciata violazione dell’art. 45 c. 9 bis e dell’art. 142 c.6 bis CdS.
Con il secondo sono denunciati tutti i possibili vizi di motivazione.
2) Entrambi i motivi si risolvono in una censura della motivazione, giacché anche il primo non espone un’errata interpretazione normativa, ma si concretizza nel negare che l’apparecchio utilizzato svolga quelle funzioni che sono state descritte dalla sentenza 12150/07, applicata dal tribunale.
Si sostiene infatti che l’apparecchio Hermes, non diversamente dai normali navigatori satellitari consentiti anche dalle Circolari ministeriali, è idoneo soltanto a svolgere funzione di assistente alla guida, segnalando le postazioni in cui potrebbero essere in funzione i controlli, e non gli apparecchi effettivamente in funzione.
Il secondo motivo, complementare al primo, censura la mancata acquisizione di una consulenza tecnica atta a verificare il regolare funzionamento dell’apparecchio, la sussistenza o meno della idoneità a interferire con misuratori delle forze dell’ordine o a localizzare un misuratore non mappato.
3) Il ricorso appare fondato.
L’avvocatura dello Stato ha dedotto che sarebbe pacifico, perché accertato in causa e confermato dal sito internet della casa costruttrice, che l’apparecchio rientra tra quelli proibiti.
Ha quindi descritto l’apparecchio – sulla base di informazioni da essa asseritamente assunte da un sito internet, al quale questa Corte non può accedere dovendo rispettare i limiti del proprio sindacato, – come apparecchio che segnala una serie di impianti, indicando tempestivamente la velocità permessa e calcolando anche la velocità media in relazione a quella prescritta dai cosiddetti impianti Tutor.
Sembra quindi confermare che si tratti di un “assistente alla guida”, ma con caratteristiche sofisticate che vanno indagate, per comprendere in che termini esso eluda i divieti di legge.
Non a caso infatti il ricorso ricorda che ex art. 142 CDS la presenza degli autovelox deve essere indicata da apposita segnaletica.
Tuttavia, sebbene dall’epigrafe della sentenza impugnata risulti che la questione sia stata posta al tribunale, invocando l’acquisizione di consulenza, in sentenza non si rinviene alcun approfondimento motivazionale, ma solo l’apodittica affermazione che l’apparecchio localizzerebbe gli autovelox e consentirebbe l’elusione dei controlli.
Ciò viene affermato senza neppure chiarire se nella specie si fosse constatato il possesso di quelle funzioni specifiche che sono richieste nella sentenza di legittimità posta a base della motivazione.
3.1) In ricorso per contro si ricorda che già al momento di redazione del verbale e successivamente nei due gradi di giudizio di merito, il conducente aveva fatto presente che le caratteristiche dichiarate dalla casa produttrice del meccanismo escludevano le caratteristiche ritenute illecite.
È invece indispensabile, per interpretare e applicare correttamente la normativa che complessivamente regola la materia, conoscere la specifica tipologia dell’apparecchio di cui si tratta, in relazione alle caratteristiche di quelli conosciuti ed eventualmente contemplati anche nella normativa secondaria.
Si configura pertanto un’insufficienza di motivazione così grave da sostanziarsi in omessa motivazione e da richiedere la cassazione della sentenza, con rinvio al giudice di merito per le verifiche del caso.
La Corte condivide la valutazione espressa dalla relazione preliminare, il cui contenuto è stato in buona parte qui ripreso.
Appare infatti necessario distinguere con precisione le caratteristiche dell’apparecchio utilizzato, onde poter stabilire senza equivoci o indebite presunzioni quali ne siano le potenzialità e di conseguenza se rientrino nel disposto normativo.
Solo una ragionata conoscenza degli apparati esistenti all’epoca dell’entrata in vigore della modifica dell’art. 45 e delle precise caratteristiche di quello in esame può infatti consentire una meditata valutazione della conformità di esso alle disposizioni vigenti.
Discende da quanto esposto l’accoglimento del ricorso.
La sentenza impugnata va cassata e la cognizione rimessa ad altro giudice del tribunale di Pavia per nuovo esame, che completi la motivazione con una descrizione puntuale e comparativa delle caratteristiche dell’apparecchiatura.
Il giudice di rinvio liquiderà le spese di questo giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia al tribunale di Pavia in persona di diverso magistrato, che provvederà anche sulla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

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